La tua richiesta
di
Tenkara
genere
etero
Da ormai diversi minuti mi trovo davanti a questo schermo a fissare in modo ipnotico il cursore lampeggiare sulla pagina ancora bianca ed indifferente ai miei pensieri ed alle mie difficoltà.
Scrivere un racconto su di te, la tua richiesta.
Legittima, certo, semplice a dirsi, ad immaginarsi, ma poi… poi bisogna renderlo reale, dare forma alle parole e dare loro l’armonia necessaria perché giungano al loro scopo.
Ti chiesi di ispirarmi, come più volte sei riuscita magnificamente a fare, con un gesto, uno sguardo, un messaggio…
«Ripensa a quella sera» fu la tua risposta laconica.
Già, quella sera.
Come se non ci ripensassi già abbastanza, come se ogni singolo fotogramma non fosse scolpito nella mia seppur labile memoria, pronto a rispondere all’appello non appena i miei sensi sempre così affamati lo richiedano, bramosi, voluttuosi, desiderosi di rivivere quei minuti interminabili.
Ripenso spesso ai tuoi baci, alla meravigliosa sensazione della tua pelle serica sotto le mie mani tremanti… ed anche a ciò che ci siamo detti, al tuo esserti spogliata di ogni pregiudizio dinanzi a me con tanta naturalezza, parlando di tutto, dalle tue preferenze nel sesso orale all’autoerotismo, mio vero punto debole.
Ed è questo il punto, il più grande ostacolo nello scrivere, oggi, per te, solo per te.
Vorrei che il mio racconto facesse breccia nel tuo intimo più profondo.
Vorrei che tu, leggendolo, ti sentissi pervasa dalla stessa eccitazione che provo io nel pensare a quella sera.
Vorrei che ogni mia singola parola sfiorasse la tua pelle nuda scatenando brividi di piacere che possano catturare i tuoi sensi rendendoli schiavi del turbine di sensazioni che me stesso pervadono.
Vorrei che la tua voglia di me salisse a tal punto da doverti masturbare.
Vorrei, più di ogni altra cosa, vederti farlo mentre leggi il mio racconto, vorrei vedere la magia erotica delle mie parole prendere possesso della tua volontà e della tua voluttà, incrociare il tuo sguardo mentre seguo la lenta discesa delle tue dita sul tuo monte di venere così liscio, delicato ma lascivo al tempo stesso, sino al fulcro del tuo esser donna, colante del desiderio di sentirti riempita da me.
Desiderio che rivedo in quella sera.
Dal primo abbraccio dopo tantissimo tempo, all’aperitivo, condito di parole, ricordi, racconti e desideri inespressi, la voglia di sentire il tuo corpo sul mio lì, in mezzo al locale, dimentico o incurante della gente che ci circondava.
Dalla frugale cena che ci siamo concessi, piccante per tua volontà quasi a palesarne il seguito, sino al guardare distratto la televisione una volta sul divano, con te adagiata sul mio corpo ed alla mia mercé, inebriandomi del tuo profumo e del tuo esser donna.
La tua mano sulla mia gamba, così innocente ma così vicina ad afferrare il manifesto della mia erezione, nel suo lento scendere e risalire, tortura infinita; la mia mano molto meno pudica e fremente del contatto col tuo seno, sodo e perfettamente disegnato, con i tuoi capezzoli così sensibili e pronti alla risposta, sino a scendere, centimetro dopo centimetro, varcando il limite pudico delle tue mutandine ed accarezzandoti veloce nello sfuggire ai tuoi vani e fittizi tentativi di fermarla.
I tuoi baci, così decisi e con una tale foga dall’avermi trovato impreparato, sorpreso piacevolmente dal sentirmi tanto desiderato, l’unione frenetica delle nostre lingue, amanti esse stesse prima di noi.
Quanto ho immaginato quelle stesse labbra stringersi lungo il mio membro eretto, scorrere lungo l’asta turgida e pulsante mentre i nostri occhi si cercano, giocare con la lingua con la mia cappella gonfia per portarmi al limite nella più piacevole delle sofferenze; e quanto ho immaginato che tu cavalcassi quello stesso membro riempiendoti di me, due corpi maturi, adulti, desiderosi solo di darsi piacere l’un l’altro, di liberarsi delle remore e delle scorie della quotidianità per vivere un momento di pura estasi.
Sentire i muscoli della tua vagina stringersi attorno al mio cazzo quasi a carpirne ogni resistenza, abbandonarmi a quel caldo abbraccio denso del tuo nettare, vederti sopra di me vittoriosa, dominante, decisa ma generosa amante al tempo stesso.
Anche ora, mentre ripercorro quegli istanti, la mia mano non sta ferma…
Sento il cazzo crescere velocemente ad ogni immagine evocata, lo stringo, forte quasi a farmi male, come punizione per non aver trovato e dato a te soddisfazione quella sera, ma conscio che i capitoli di questo racconto possano esser solo al loro incipit, desideroso di vivere altri, prelibati, infiniti episodi.
Scrivere un racconto su di te, la tua richiesta.
Legittima, certo, semplice a dirsi, ad immaginarsi, ma poi… poi bisogna renderlo reale, dare forma alle parole e dare loro l’armonia necessaria perché giungano al loro scopo.
Ti chiesi di ispirarmi, come più volte sei riuscita magnificamente a fare, con un gesto, uno sguardo, un messaggio…
«Ripensa a quella sera» fu la tua risposta laconica.
Già, quella sera.
Come se non ci ripensassi già abbastanza, come se ogni singolo fotogramma non fosse scolpito nella mia seppur labile memoria, pronto a rispondere all’appello non appena i miei sensi sempre così affamati lo richiedano, bramosi, voluttuosi, desiderosi di rivivere quei minuti interminabili.
Ripenso spesso ai tuoi baci, alla meravigliosa sensazione della tua pelle serica sotto le mie mani tremanti… ed anche a ciò che ci siamo detti, al tuo esserti spogliata di ogni pregiudizio dinanzi a me con tanta naturalezza, parlando di tutto, dalle tue preferenze nel sesso orale all’autoerotismo, mio vero punto debole.
Ed è questo il punto, il più grande ostacolo nello scrivere, oggi, per te, solo per te.
Vorrei che il mio racconto facesse breccia nel tuo intimo più profondo.
Vorrei che tu, leggendolo, ti sentissi pervasa dalla stessa eccitazione che provo io nel pensare a quella sera.
Vorrei che ogni mia singola parola sfiorasse la tua pelle nuda scatenando brividi di piacere che possano catturare i tuoi sensi rendendoli schiavi del turbine di sensazioni che me stesso pervadono.
Vorrei che la tua voglia di me salisse a tal punto da doverti masturbare.
Vorrei, più di ogni altra cosa, vederti farlo mentre leggi il mio racconto, vorrei vedere la magia erotica delle mie parole prendere possesso della tua volontà e della tua voluttà, incrociare il tuo sguardo mentre seguo la lenta discesa delle tue dita sul tuo monte di venere così liscio, delicato ma lascivo al tempo stesso, sino al fulcro del tuo esser donna, colante del desiderio di sentirti riempita da me.
Desiderio che rivedo in quella sera.
Dal primo abbraccio dopo tantissimo tempo, all’aperitivo, condito di parole, ricordi, racconti e desideri inespressi, la voglia di sentire il tuo corpo sul mio lì, in mezzo al locale, dimentico o incurante della gente che ci circondava.
Dalla frugale cena che ci siamo concessi, piccante per tua volontà quasi a palesarne il seguito, sino al guardare distratto la televisione una volta sul divano, con te adagiata sul mio corpo ed alla mia mercé, inebriandomi del tuo profumo e del tuo esser donna.
La tua mano sulla mia gamba, così innocente ma così vicina ad afferrare il manifesto della mia erezione, nel suo lento scendere e risalire, tortura infinita; la mia mano molto meno pudica e fremente del contatto col tuo seno, sodo e perfettamente disegnato, con i tuoi capezzoli così sensibili e pronti alla risposta, sino a scendere, centimetro dopo centimetro, varcando il limite pudico delle tue mutandine ed accarezzandoti veloce nello sfuggire ai tuoi vani e fittizi tentativi di fermarla.
I tuoi baci, così decisi e con una tale foga dall’avermi trovato impreparato, sorpreso piacevolmente dal sentirmi tanto desiderato, l’unione frenetica delle nostre lingue, amanti esse stesse prima di noi.
Quanto ho immaginato quelle stesse labbra stringersi lungo il mio membro eretto, scorrere lungo l’asta turgida e pulsante mentre i nostri occhi si cercano, giocare con la lingua con la mia cappella gonfia per portarmi al limite nella più piacevole delle sofferenze; e quanto ho immaginato che tu cavalcassi quello stesso membro riempiendoti di me, due corpi maturi, adulti, desiderosi solo di darsi piacere l’un l’altro, di liberarsi delle remore e delle scorie della quotidianità per vivere un momento di pura estasi.
Sentire i muscoli della tua vagina stringersi attorno al mio cazzo quasi a carpirne ogni resistenza, abbandonarmi a quel caldo abbraccio denso del tuo nettare, vederti sopra di me vittoriosa, dominante, decisa ma generosa amante al tempo stesso.
Anche ora, mentre ripercorro quegli istanti, la mia mano non sta ferma…
Sento il cazzo crescere velocemente ad ogni immagine evocata, lo stringo, forte quasi a farmi male, come punizione per non aver trovato e dato a te soddisfazione quella sera, ma conscio che i capitoli di questo racconto possano esser solo al loro incipit, desideroso di vivere altri, prelibati, infiniti episodi.
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