Tuo Servo
di
Tenkara
genere
masturbazione
Lenta ma inesorabile la tua parola scava nei meandri del mio io più profondo recependo i ferini istinti dell'animo ancestrale e selvaggio che s'agita dietro la maschera imposta dal quotidiano e dalle convenzioni sociali.
Non trova resistenza alcuna nel far breccia in me catturando ogni mia stilla di piacere e voluttà, rendendomene schiavo e servo fedele, dipendente bramosia che come linfa nutre ogni mio pensiero e guida ogni mio movimento.
L'attesa d'ella che sempre mi percuote e divora trova subitaneo sollievo e ristoro, dimentico di ogni remora e scrupolo dettati dall'io esteriore, disobbediente ad ogni buon proposito che vanamente mi prometto d'attuare.
Tanto forte il sapore della pietanza servitami tanto vuoto ed insipido appare il digiuno sin lì vissuto, inutile transizione tra un pasto e l'altro, foto sbiadita di contrasto alla vivida realtà.
Il membro, sinora dormiente comprimario, s'erge desto al tuo tacito appello, tronfio e testardo sembra rinfacciarmi il debole suo trascinarsi spingendo orgoglioso sotto il pudico velo dell'intimo.
Il Cazzo, poiché è questo il nome col quale vuol esser chiamato, cazzo! Non scialbi termini anatomici o timidi vezzeggiativi, cazzo! Cazzo! Solo e fortisssimamente cazzo! Turgido e duro, nervo pulsante, chiama a se la mia mano come calamita, la pretende nella sua stretta vigorosa, la brama bruciando di passionale calore, ché l'abbraccio si compia quale mascolina esibizione in fronte al mondo bigotto e meschino, manifesto virile, verga marmorea coronata da purpurea e vivida cappella.
Se tu solo avessi piena consapevolezza di quale potere hai su corpo e mente, di quanto ogni tua parola, ogni sillaba, ogni singola lettera portino scompiglio e frenesia, svestano la realtà della sua finzione confrontandosi col mio vero essere, spoglio, verace, libero ed incatenato al contempo, preda che si finge cacciatore perché non resti nell'ombra dell'oblio.
La mano obbediente e schiava tradisce indugi e passate promesse cominciando il suo lento incedere lungo l'asta, centimetro dopo centimetro, brivido dopo brivido, percorso noto e reiterato infinite volte eppur così gradito e piacevole, essenziale, nutrimento della psiche ancor prima che del fisico; emozioni, pensieri e colori si fondono in una sinestesia frenetica e incontrollata, mentre la mente riporta alla vista il contorno delicato delle tue areole, la dolce curva dei tuoi seni così lascivi nella loro innocenza, il profilo del tuo monte di Venere, pomposo preambolo della tua femminilità oscenamente esposta, fonte di nettare da suggere tanto da sentirne il sapore pervadermi bocca e lingua.
Il ritmo aumenta parimenti alla pressione della mia mano sul cazzo e viceversa, l'atmosfera attorno si impregna dell'odore primitivo del sesso e della passione per te, della voglia di riempirti e di sentirmi un tutt'uno, fusione di corpi e intenti, di sentire i tuoi gemiti ed assistere alla trasfigurazione del tuo piacere per mezzo del mio.
Guardami ora, adesso, osserva il tuo servo, scruta questo corpo prossimo all'orgasmo, il respiro affannato, il cazzo teso allo spasimo, desideralo, fallo tuo, avverti l'elettricità che mi scuote nell'ultimo teatrale atto; il caldo seme mi invade la mano, mentre le membra si rilassano esauste ridando lentamente contezza alla realtà d'intorno.
Ancora qualche secondo prima che mi rivesta, che rimetta la maschera dell'oggi, che tutto torni avvolto nel torpore così rassicurante, così consono, sino ai tuoi prossimi sguardi, alle tue prossime parole...
Non trova resistenza alcuna nel far breccia in me catturando ogni mia stilla di piacere e voluttà, rendendomene schiavo e servo fedele, dipendente bramosia che come linfa nutre ogni mio pensiero e guida ogni mio movimento.
L'attesa d'ella che sempre mi percuote e divora trova subitaneo sollievo e ristoro, dimentico di ogni remora e scrupolo dettati dall'io esteriore, disobbediente ad ogni buon proposito che vanamente mi prometto d'attuare.
Tanto forte il sapore della pietanza servitami tanto vuoto ed insipido appare il digiuno sin lì vissuto, inutile transizione tra un pasto e l'altro, foto sbiadita di contrasto alla vivida realtà.
Il membro, sinora dormiente comprimario, s'erge desto al tuo tacito appello, tronfio e testardo sembra rinfacciarmi il debole suo trascinarsi spingendo orgoglioso sotto il pudico velo dell'intimo.
Il Cazzo, poiché è questo il nome col quale vuol esser chiamato, cazzo! Non scialbi termini anatomici o timidi vezzeggiativi, cazzo! Cazzo! Solo e fortisssimamente cazzo! Turgido e duro, nervo pulsante, chiama a se la mia mano come calamita, la pretende nella sua stretta vigorosa, la brama bruciando di passionale calore, ché l'abbraccio si compia quale mascolina esibizione in fronte al mondo bigotto e meschino, manifesto virile, verga marmorea coronata da purpurea e vivida cappella.
Se tu solo avessi piena consapevolezza di quale potere hai su corpo e mente, di quanto ogni tua parola, ogni sillaba, ogni singola lettera portino scompiglio e frenesia, svestano la realtà della sua finzione confrontandosi col mio vero essere, spoglio, verace, libero ed incatenato al contempo, preda che si finge cacciatore perché non resti nell'ombra dell'oblio.
La mano obbediente e schiava tradisce indugi e passate promesse cominciando il suo lento incedere lungo l'asta, centimetro dopo centimetro, brivido dopo brivido, percorso noto e reiterato infinite volte eppur così gradito e piacevole, essenziale, nutrimento della psiche ancor prima che del fisico; emozioni, pensieri e colori si fondono in una sinestesia frenetica e incontrollata, mentre la mente riporta alla vista il contorno delicato delle tue areole, la dolce curva dei tuoi seni così lascivi nella loro innocenza, il profilo del tuo monte di Venere, pomposo preambolo della tua femminilità oscenamente esposta, fonte di nettare da suggere tanto da sentirne il sapore pervadermi bocca e lingua.
Il ritmo aumenta parimenti alla pressione della mia mano sul cazzo e viceversa, l'atmosfera attorno si impregna dell'odore primitivo del sesso e della passione per te, della voglia di riempirti e di sentirmi un tutt'uno, fusione di corpi e intenti, di sentire i tuoi gemiti ed assistere alla trasfigurazione del tuo piacere per mezzo del mio.
Guardami ora, adesso, osserva il tuo servo, scruta questo corpo prossimo all'orgasmo, il respiro affannato, il cazzo teso allo spasimo, desideralo, fallo tuo, avverti l'elettricità che mi scuote nell'ultimo teatrale atto; il caldo seme mi invade la mano, mentre le membra si rilassano esauste ridando lentamente contezza alla realtà d'intorno.
Ancora qualche secondo prima che mi rivesta, che rimetta la maschera dell'oggi, che tutto torni avvolto nel torpore così rassicurante, così consono, sino ai tuoi prossimi sguardi, alle tue prossime parole...
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