Femmina folle

di
genere
etero

Era una delle tante stupide feste che frequentava in quel periodo, uno di quegli eventi a cui partecipano presunti vip, aspiranti tali e perfetti sconosciuti che desiderano solo poter dire di esserci stati e di avere conosciuto questo o quello. Una folla di persone che al contrario di ciò che pensavano non avevano nulla da dire ma sapevano dirlo benissimo, dando anche l'impressione di essere intelligenti. Una schiera di ragazze scosciatissime che esibivano per un incerto avvenire le loro gioie presenti prima che l'usura del tempo le arrugginisse.
Forse la notò perché era una delle poche con le gambe coperte in quanto indossava pantaloni bianchi, nemmeno aderenti. Non era giovanissima, doveva essere sulla trentina e sorseggiava un aperitivo al tavolo dei rinfreschi. Non era nemmeno particolarmente bella, semmai gradevole e comunque il suo aspetto era tranquillo, non aggressivo o vistoso come quello della maggior parte degli esemplari femminili che giravano per il salone. Si ritrovò a fissarla senza neanche rendersene conto e lei ricambiò lo sguardo senza fastidio o curiosità ma lanciandogli un'occhiata attenta.
"Ciao, sono Fabio", disse alla fine.
"Monica", rispose lei.
"Ti annoi ?"
"No, ma nemmeno mi diverto in modo particolare."
"Sei stata invitata?"
"Più o meno. Tu conosci D'Arrigo?"
"Il protagonista della serata? No e non ho mai letto i suoi libri ma conosco il suo ghost writer."
"Vuoi dire che non li scrive lui?"
"E' un personaggio di successo e tra un'apparizione televisiva e una conferenza non ha tempo per scrivere. Si limita a fornire lo spunto e poi il mio amico glielo sviluppa."
"E il tuo amico perché non li firma lui i libri?"
"Perché nessuno lo conosce e nessuno li comprerebbe, così invece riceve un ottimo stipendio dall'editore."
Ora lo fissava divertita, incuriosita.
"Succede spesso ?"
"In campo editoriale? Sì, spesso ma sempre meno che nella vita."
"Che intendi dire ?"
"Che pochi scrivono il libro della propria esistenza, la maggior parte si limita a mettere la firma su un copione già scritto."
"Da chi?"
"Da altri, dal destino, magari da Dio che, naturalmente, non esiste."
"Naturalmente."
Aveva un certo modo di sbattere le palpebre e a volte iniziava un sorriso che non si espandeva del tutto. Gli piaceva, decise lui.
"Visto che non ce ne importa niente di D'Arrigo perché non ce ne andiamo in un bar a bere un vero cocktail e non questa porcheria?"
Lei sembrò esitare.
"Sei venuta con qualcuno."
"No, ma ho incontrato delle amiche con cui avevo appuntamento."
"E ora dove sono?"
"A farsi firmare le loro copie del libro."
"Rischiano di invecchiarci, data la fila."
"Hai ragione, andiamo."
A sorpresa si mosse verso il centro della folla, dopo avere afferrato una minuscola borsa griffata, e con uno slalom si fece strada verso una delle uscite. La seguì a fatica, arrancando, rispondendo a due o tre saluti, superando la barriera dei buttafuori che teneva a bada chi non era degno di entrare e uscirono a respirare la fresca aria della sera primaverile. Poco lontano c'era davvero un bar, vi si infilarono e sedettero aspettando le bevande che avevano ordinato.
"Che lavoro fai, Monica?"
"Dirigo una boutique di ..." e nominò un famoso stilista.
"Caspita!"
"Finora, almeno."
"Perché, stai per cambiare lavoro?"
"In un certo senso. Diciamo che sono alla vigilia di una decisione importante e ...bene, non so ancora se è quella giusta. Stasera sono uscita per chiarirmi le idee."
"Te le sei chiarite?"
"Non ancora."
Fabio provò un po' di delusione. "Eccone un'altra", pensò,"che si da arie da donna misteriosa."
Lei lo guardò in silenzio. Sembrava non avessero più nulla di cui parlare, poi lei disse:"Ti ho visto in teatro qualche settimana fa."
Fabio si irrigidì. "Mi hai riconosciuto."
"Ho seguito per due anni , era una soap molto popolare."
"Già."
"Ora hai ricominciato dal teatro."
"Pensavo che non avrei ricominciato da nessuna parte."
Lei fissava il riflesso di un vetro, pensierosa.
"E' strano", disse, "fare l'attore, desiderare la popolarità e ritrovarsi con le foto sui giornali e le copertine per uno scandalo."
"Se ho sbagliato, ho pagato con gli interessi."
"Per sbagliare, hai sbagliato senz'altro."
"Grazie della sincerità."
"Non è questione di sincerità ma di ...constatazione. Aveva quindici anni, no?"
"Quasi sedici."
"Ah, scusa allora."
"Mi prendi in giro?"
"Non mi permetterei mai, anche perché come hai detto, hai pagato con gli interessi."
Per la stima e l'ammirazione spesso non basta una vita, per lo scorno e il disonore è sufficiente un minuto di stupidità. Si era accorto da tempo che Lusi (così la chiamavano tutti abbreviando Maria Luisa) sbavava per lui. Era la figlia di amici, aveva quindici anni e mezzo, bei capelli biondi e un corpo davvero discreto. Quella notte lui era ospite dei genitori, il temporale era scoppiato da pochi minuti e lampi spaventosi anticipavano fragorosi tuoni. Si era appena fatto la doccia e sedeva sul letto coperto da un accappatoio quando lei aveva aperto la porta. Si scusò dicendo di avere bussato ma i tuoni coprivano i rumori. Indossava una maglietta scollata e degli shorts che le lasciavano nude le belle gambe. Si erano guardati mentre un tuono spaventoso, quasi una bomba, era scrosciato sopra di loro. Non ci voleva molto per capire cosa voleva, gli fu subito addosso, e cominciò a baciarlo con tutta la passione di un'adolescente che vuole diventare donna. Avrebbe potuto e dovuto respingerla e forse lo avrebbe fatto ma il suo seno era così pieno e invitante, il suo corpo delizioso, così privo di imperfezioni, così lontano dalle smagliature e dalla cellulite che il tempo impietoso avrebbe portato con sé. E lui era lusingato che quella ragazza gli si offrisse, fosse innamorata persa e gli donasse così generosamente la propria nudità. Fra un "amami" e un "prendimi" pensò che non poteva perdere quello che gli veniva dato con tanta facilità. I loro gemiti erano stati coperti dal temporale, complice e ruffiano dell'incontro appassionato dell'uomo e della ragazzina. E, alla fine, la gioia di lei e il terrore di lui, la consapevolezza di avere superato una barriera dietro la quale si spalancava l'abisso...Che imbecille era stato, Lusi era rimasta incinta, i genitori avevano denunciato l'ex amico, la promettente carriera di un attore in ascesa stroncata dallo scandalo...
"Chi non è stato stupido a quindici anni ?", diceva Monica bevendo il suo Negroni. "E' per questo che chi ne ha molti di più dovrebbe avere cervello per entrambi."
"Sei una maestra di vita", rispose sarcastico.
"Al massimo un'alunna ma la voglia di imparare l'ho sempre avuta."
"Senti, non so neanche come ci siamo messi a parlare di questa cosa che come puoi immaginare non è per me un argomento piacevole di conversazione, perciò, qualunque cosa tu possa pensare di me ti chiedo, senza preamboli: ci vieni a letto con me?"
Non sembrò sorpresa né scandalizzata.
"E' per questo che sei andato all'evento, per rimorchiare?"
"Anche, perché no?"
"Immagino che avrai ancora un buon successo con le donne e quanto è accaduto attirerà ancora di più qualcuna."
"Esatto, sapessi quante lettere mi sono arrivate durante il processo e quasi tutte di solidarietà femminile."
"Tu odi le donne."
"Al contrario, sarebbe un brutto mondo senza di loro."
"Per via del sesso?"
"E' una cosa importante, no?"
"Se una ti piace non puoi evitare di pensare come sarebbe nell'intimità..."
"Penso che sia così per tutti gli uomini e le donne."
"Tutti pensano al sesso."
"Altrimenti perchè andrebbero a letto insieme?"
"Forse qualcuno ci mette anche un pò di sentimento. I tuoi genitori non credi che si amassero?"
"I miei genitori sono morti, lasciamoli in pace."
Fabio chiamò il cameriere per il conto. Era irritato, quella era solo una scema che si divertiva a stuzzicare gli uomini e a fargli perdere tempo.
"Andiamo a casa tua?" chiese lei. Per la seconda volta era riuscita a sorprenderlo e a prendere in mano la situazione. La condusse alla sua auto, parcheggiata poco lontano.
Durante il tragitto parlarono poco; per fortuna non abitava lontano, un piccolo appartamento al piano terra in un palazzo d'inizio novecento, tutto marmi e rilievi dorati.
Lei si guardò intorno incuriosita ma se sperava di notare qualcosa che rivelasse la personalità del padrone di casa rimase delusa perché l'appartamento l'aveva preso già arredato e ci aveva aggiunto ben poco di suo. Lo fissò in modo così penetrante da metterlo a disagio.
"Ora,"disse,"immagino di dovermi spogliare."
"Nessuno ti obbliga, mi pare."
"Ovvio, ci sono venuta da me, non sono ubriaca o incapace di intendere e non ho quindici anni."
Si spogliò davvero, restando solo con la biancheria intima. Il suo corpo era molto interessante, più di quanto si potesse immaginare vedendolo vestito. Pur desiderandolo, Fabio provava una specie di impaccio, come un ragazzo alla prima esperienza. Non riusciva a inquadrare quella donna e ciò che non capiva lo metteva in difficoltà.
"Che c'è, non mi vuoi più?"
Non lo disse in modo provocante ma come se stesse chiedendogli una cosa qualunque. Fabio si riscosse, in fondo nessuna donna si era mai spogliata nella sua stanza da letto per andarsene poi con un nulla di fatto. Perché perdere quello che gli veniva dato con tanta facilità?
Monica era seduta sul letto e lui le si pose accanto. Iniziarono a baciarsi, le lingue si cercavano curiose. Lei aveva allacciato le braccia dietro la sua nuca e le mani di Fabio le accarezzavano la pelle della schiena e poi scesero sulle gambe. Prese a baciarla sul collo e lei lo lasciò fare, chiudendo gli occhi, stringendolo di più e tenendogli la testa con una mano. Lui scese sul petto e le slacciò il reggiseno, affondando il viso tra un capezzolo e l'altro. Lei si era abbandonata a lui, aveva chiuso gli occhi, inarcata la testa all'indietro.
Fabio si liberò della parte inferiore dei vestiti, scoprì il pube che Monica scrutò senza imbarazzo e senza malizia. Si era sdraiata sul letto e si era sfilata il perizoma, aprì le gambe e si preparò ad accoglierlo, mentre lui la baciava dappertutto e con una mano la masturbava.
Infine, con agilità e con forza insieme, le fu dentro e iniziò a possederla e a spingere dentro di lei con un ritmo veloce. Lui gemeva, lei sospirava ma non si capiva se fossero sospiri di piacere o altro, ma Fabio li interpretò come un invito ad affondare sempre più i colpi. Il ritmo si intensificò, il godimento del maschio anche, finchè lui venne, ansimando e abbandonandosi sopra di lei che pensava di avere ormai aveva ricomposto i pezzi del mosaico. Aveva trentun anni, era una donna libera ed emancipata, piaceva agli uomini, viveva a contatto con l'alta società, con gente che poteva spendere lo stipendio di un operaio per una cravatta o una camicia, e poi le feste, le vacanze di lusso, non farsi mancare nulla, compreso ciò che non serve, e farsi baciare i seni da labbra avide. Continuare a vivere così, credendo di essere libera, incontrando molti maschi e nessun uomo, contemplando il vuoto interiore di chi si affida all'apparenza...E la disperazione e la noia che aveva letto negli occhi di quel povero attore fallito che aveva ottenuto la facile conquista del suo corpo e cercava le donne solo per inondarle del suo sperma e forse non si era mai dato veramente a nessuna. Se tutto questo aveva un senso, lei non lo capiva più.
Quando si fu riposato abbastanza si accorse che lei era andata a ripulirsi e a rivestirsi in bagno. Si rese conto che a lui era piaciuto molto più che a lei e si domandò se aveva sbagliato in qualcosa. Quando lei uscì gli chiese il favore di chiamarle un taxi.
"Grazie", gli fece, dopo che aveva telefonato. Aggiunse:"Di tutto."
"Di cosa?"
"Mi hai aiutato a chiarirmi le idee."
"Per quella decisione importante che devi prendere?"
"Sì. Se avevo dei dubbi, stasera me li sono tolti. La gente alla serata, poi tu, ora so cosa devo fare."
"Bè, auguri, qualunque cosa sia."
"Grazie." La accompagnò alla porta, la vide uscire dal portone. Pensò che forse avrebbe potuto farle compagnia fuori fino all'arrivo del taxi, in fondo era quasi notte, ma esitò e chiuse la porta scrollando le spalle.

Qualche settimana dopo Fabio sognò Monica. Erano al giardino zoologico, alcuni babbuini stavano accoppiandosi e allora anche loro, incuranti della gente, cominciarono a fare l'amore, spogliandosi completamente. Si ritrovò un'erezione favolosa e Monica urlava e godeva come una forsennata ma ad un tratto si accorse che era diventata troppo giovane, un'adolescente ed ebbe paura, la gente diceva il suo nome e commentava il fatto che ci fosse ricascato con una minorenne. Si svegliò di colpo e desiderò rivederla. Non si erano nemmeno scambiati i numeri di cellulare, evidentemente convinti di non rivedersi più. Allora chiamò Umberto, l'amico che scriveva per conto terzi, chiedendogli se poteva aiutarlo a rintracciarla.
"E' quella con cui ti sei allontanato la sera di D'Arrigo?", chiese l'amico.
"Sì, so che dirige un negozio di quelli importanti..."
"Forse ho capito, deve essere amica di Sandra, la nostra segretaria editoriale. Dammi tempo e ti faccio sapere."
Qualche giorno dopo Umberto andò a prenderlo a teatro, dopo una replica dello spettacolo.
"L'hai trovata?", gli chiese.
"In un certo senso."
"Che vuol dire?"
"Si è licenziata e si è congedata dagli amici."
"E che fine ha fatto?"
"Se ne è andata in un convento di clausura."
"E' uno scherzo?"
"Per niente. Ha fatto scalpore."
Fabio rimase senza parole.
"Quella sera", disse poi, "è venuta a letto con me, un bel modo di prepararsi al convento. Cos'era: il canto del cigno?"
Scoppiò a ridere. "Cose da pazzi. Mi ero reso conto che era strana ma fino a questo punto...Quale ragazza sana di mente rinuncia alla vita per seppellirsi viva in un'esistenza inutile?"
"Non so, penso che nessuno sia all'altezza di stabilire quale vita sia utile e quale no. Siamo uomini e donne liberi, se vogliamo che le nostre scelte di vita vengano rispettate è giusto che noi rispettiamo quelle degli altri."
"Sarà, ma quella è pazza, secondo me. Aveva uno sguardo strano."
"Allora l'hai scampata bella,"concluse Umberto. E pensò fra sé:"O forse è lei che l'ha scampata bella con te."

scritto il
2018-04-14
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