La Dottoressa Angela - Una Madre, il figlio e una "strana urgenza"
di
Angela Kavinsky
genere
incesti
«Spero si tratti di una vera urgenza!» dissi aprendo loro le porte del mio studio. Erano le 21.30. Il mio segretario se n’era ovviamente già andato a casa, quindi eravamo solamente noi 3. Probabilmente in tutto il palazzo.
«Io… non sapevo davvero dove portarlo!» disse la madre. Antonella era una bella donna sui 50. Era truccata in maniera molto fine, con solo un pizzico di trucco sulle guance e un rossetto rosso fuoco. Aveva i capelli neri raccolti e indossava un abitino nero molto sexy e scarpe con tacco a spillo.
Poi c’era Davide, 18 anni. Davide aveva i capelli arruffati, lo sguardo perso, e indossava una tuta di nylon e scarpe da ginnastica. Notai una protuberanza molto evidente a livello dei genitali ma non dissi nulla e distolsi lo sguardo da quella zona.
«Prego sedetevi. Allora Davide, vuoi spiegarmi cosa ti è successo?»
Fu incredibilmente conciso. «Ho preso 3 pillole di viagra!». Si grattò la testa.
Rimasi esterrefatta. «Vorresti dirmi perché hai fatto una cosa del genere?»
La madre stava quasi per mettersi a piangere. «Povero figlio, è tutta colpa mia!». Si alzò in piedi, ed iniziò a girare in tondo nel mio studio mentre il ragazzo sembrava un po’ sofferente. Antonella si mise una mano sulla bocca per nascondere i singhiozzi da pianto.
«Lei ha…» chiesi, ma lei mi interruppe.
«Non è come sembra, mi creda!». Si risedette sul divano in pelle accanto al figlio, poi gli mise una mano dietro la schiena.
«Lasci che le spieghi: Avevo appena finito di prepararmi perché stasera dovevamo uscire a cena. Volevo far conoscere a Davide il mio nuovo compagno. Ma quando sono andata in camera sua per controllare che avesse scelto i vestiti adatti per la serata, l’ho trovato seduto sul letto, con la faccia bianca come un lenzuolo».
«Avevo un mal di pancia tremendo» disse lui. «Purtroppo soffro tantissimo di dolori alla pancia. Il dottore ha detto che soffro di acidità. Non è una cosa grave, ma quando mangio cose che non dovrei, poi sto male. Oggi pomeriggio sono andato a casa di un mio amico. Il fratellino piccolo ha compiuto gli anni e… Ci siamo abbuffati di una gigantesca torta al cioccolato».
«Davide! Lo sai che il cioccolato ti fa male!». Lui non disse niente. La madre riprese la parola.
«Vedendolo così mi sono spaventata e sono corsa in bagno. Ora, so che può sembrare una cosa stupida ma le due confezioni… Le confezioni di medicinali sono identiche! Quella del viagra e quella della pastiglia per l’acidità di stomaco! Dello stesso colore, della stessa forma». Singhiozzò, e il figlio le mise una mano sulla spalla. «Io non ho letto la scatola, ho solo estratto 3 pastiglie e gliele ho portate con un bicchiere d’acqua. Mi sento la madre peggiore del mondo». Scoppiò a piangere.
«Ok, ok, cerchi di calmarsi. Mi lasci solo dire che forse non è così grave…» e fissai l’erezione di Davide. Sembrava essere estremamente dotato.
«Solo non capisco perché l’ha portato da me! Perché non al pronto soccorso?»
La madre mi guardò meravigliata, poi reagì con rabbia. «”Madre che somministra al proprio figlio non 1, non 2 ma ben 3 pastiglie di viagra?”. E se la cosa si venisse a sapere? Cosa ne sarebbe di me? Di certo mi porterebbero in manicomio».
Era evidente che il suo buon nome e il suo titolo di “brava mamma” erano ben più importanti della salute di Davide.
«Loro non fanno così, mi creda. Sono tenuti al segreto professionale e poi avrebbe potuto spiegare a loro come ha fatto con me».
«Il mio compagno è un medico in quell’ospedale! Certo non poteva essere lì perché ci stava aspettando al ristorante, ma se i suoi colleghi gli avessero raccontato questa storia assurda?»
Era chiaro, non avrebbe portato Davide al pronto soccorso.
«Tu come ti senti?» chiesi.
«In realtà bene!» disse con voce ferma. «Il mal di pancia è passato, direi. Mi sento solo un po’ stordito, con le orecchie tappate, il cuore che batte e… lì sotto è tutto indolenzito».
«IL CUORE?» gridò la madre.
«Tranquilla signora» le dissi. «il farmaco non è adatto a chi soffre di problemi di cuore, ma suo figlio non ne ha ed è molto giovane». Mi schiarii la voce. «Ascoltatemi bene, il viagra ha una funzione, ossia preparare il… membro maschile al sesso. Quindi Davide, ora è quello che dovrai fare. Hai 18 anni e sono più che sicura che tu abbia capito. Quindi ora vai in bagno e fa ciò che devi. Io e tua madre ti aspetteremo qui».
Davide andò nel bagno. Mentre si trovava lì, sua madre stava ancora piangendo.
«È tutta colpa mia… sono una pessima madre!»
«E su signora, vedrà che tutto si risolverà!».
Passarono 5 minuti, poi 10, 15 e poi 20. Con un’erezione simile mi parve strano che ci volesse tutto quel tempo. Ebbi come un tremendo sospetto, che davvero il cuore di Davide non avesse retto. Corsi alla porta e bussai.
«DAVIDE, DAVIDE! È TUTTO OK? RISPONDI». Bussai più forte, e la porta si aprì da sola.
«Io non ci riesco». Almeno stava bene.
Uscì sconsolato, con una montagna che si ergeva dai suoi pantaloni. La madre lo guardò, e lui le fece un sorriso poco convinto. Poi, si fermò accanto a me e mi sussurrò nell’orecchio.
«Di solito mi viene duro quando c’è qualcosa che mi fa eccitare, ma in questo caso è già duro! Io non ci riesco. Me lo sento durissimo e non l’avevo mai visto così grosso, ma… non c’è nulla che mi fa eccitare adesso. Insomma non sono eccitato, come faccio a…?»
Piegai la testa sopra la sua spalla e sussurrai a mia volta.
«Hai uno smartphone no? Collegati a Internet e vai su un sito porno!»
«Ma io… io non c’è la faccio! Ci ho già provato. Forse il fatto è che… Oggi mi sono già fatto 2 seghe e…»
«Merda» dissi. Era chiaro che essendosi già masturbato poco prima, il ragazzo aveva perso quella voglia primordiale.
Lo feci accomodare sul divano, mentre nel frattempo pensavo a come risolvere la situazione. Poi ebbi un’idea. Forse Davide aveva solo bisogno del giusto stimolo.
«Signora Antonella, potrebbe lasciarci soli?»
«Neanche per sogno, io da qui non mi muovo senza mio figlio!». Disse lei.
«Come vuole. Potrebbe almeno alzarsi dal divano?». Scocciata obbedì.
Mi sedetti di fianco a Davide. Gli sorrisi, aprii la camicetta facendogli intravedere il seno e poi iniziai a toccare quel gigantesco pezzo di roccia. Lui strabuzzò gli occhi.
«MA COME SI PERMETTE?» gridò la madre.
«Mi lasci lavorare! Quando avrò finito ne sarà più che soddisfatta e mi pagherà il mio onorario a tariffa piena, più un extra per una consulenza fuori dall’orario di lavoro!»
Lui mi guardò. Aveva il fiatone.
«Sistemeremo questa cosa, vedrai. Dimmi cosa ti piace!».
«Mi piace tutto!» disse con un sorrisetto ebete.
Gli abbassai i pantaloni e le mutande. Quel coso non era solo lungo e duro, ma anche bello grassoccio. A vederlo in faccia non gli si darebbe un soldo bucato, ma il ragazzo nascondeva una sorpresa niente male.
Sembrava intimidito dalla mia bellezza. Ovviamente non capita tutti i giorni che una bella bionda si offra di donarti la felicità, soprattutto se sei solo un ragazzo di 18 anni neanche troppo carino. Se poi il ragazzo aveva anche la passione per le donne sofisticate, vestite in tailleur e con gli occhiali, allora sarebbe stata una cosa veloce.
«Tua madre mi pagherà profumatamente per le prestazioni di stasera, quindi non essere timido, io non lo sono!»
Antonella fissava come un’autentica maniaca il coso del figlio. Non riusciva a distogliere lo sguardo ma aveva un’espressione di tristezza sul volto.
Afferrai il pene del ragazzo, le cui vene attraversavano tutta l’asta. Per afferrarlo tutto, dalla base alla punta, avrei avuto bisogno di non una, non due ma almeno 3 mani. Accidenti era più lungo del mio avambraccio!
Iniziai a muovere la mano su e giù.
«Vediamo cosa abbiamo qui!». Sputai sul glande, e dopo 2 minuti di gioco di mani, mi sdraiai sul divano, prendendolo con i miei bellissimi piedi smaltati di fresco. Lui aveva chiuso gli occhi e teneva la bocca aperta, come se stesse urlando un gigantesco “O” silenzioso.
«Gli uomini mi fanno sempre molti complimenti per i miei piedi!». Tolsi il piede sinistro dal suo pisello e glielo infilai in bocca. Lui succhiò con ardore il mio alluce.
Dopo 4, 5 minuti di sega con i piedi, capii che dovevo cambiare approccio. Mi coricai con la testa sul suo ventre.
«Preferisci la bocca o le tette?»
«La bocca, la bocca!» disse lui.
«Era una domanda stupida, vero?».
Lo presi in bocca. In quel momento, non lo nego, iniziai a sentirmi molto eccitata. Vi era complicità tra noi 2. Lui aveva un disperato bisogno di venire, e io non disdegnavo di poter baciare un bell’attrezzo come quello.
Succhiai con incredibile calma, poi leccai alla base del glande. Sputai più e più volte su quella cappella viola e grossa quasi quanto il mio pugno, la baciai e la leccai. La mordicchiai perfino, e la cosa piaceva ad entrambi.
Stavo iniziando a perdere il controllo ma, dopotutto, questa cosa non avrebbe influito sul mio lavoro in questo caso, anzi, magari avrebbe eccitato ancora di più Davide vedermi così presa da lui e da quella mazza da baseball che stavo leccando.
Mi alzai, mi tolsi le mutande e gli saltai sopra. La madre stava girata verso la finestra, con una mano sulla fronte. Non stava guardando, ma stava ascoltando i nostri rumori selvaggi, come quello del cazzo del figlio che mi trapanava.
«Oh si, oh si, bravo Davide, ci siamo quasi!»
Con le mani mi strizzava il culo, e spingeva il suo cazzo dentro di me con brutalità. Era come se fossi il suo giocattolo, solo un bellissimo recipiente da riempire di sborra. La cosa mi stava facendo impazzire. Strappò i bottoni della camicetta e iniziò a leccarmi le tette, mentre io avevo gli occhi incrociati e la bocca costantemente attiva nel urlare. I miei occhiali erano letteralmente volati sul tappeto.
Non so se avessi mai avuto dentro un pisello “non così grosso”, perché ne avevo avuti di notevoli dentro di me, ma “così duro”. Era un’asta di metallo, che non si piegava di un grado. Rimaneva dritto, una perfetta linea retta. Dentro mi spingeva e faceva decisamente male, ma la cosa mi stava facendo andare fuori di testa. Senza controllo, gli infilai la lingua in bocca e iniziai a saltellare sul suo cazzo come un’invasata.
«AAAH!».
Ripresi il controllo. Cosa stava succedendo? Ero in piedi sul tappeto, nuda se non per la camicetta aperta. Mi stropicciai gli occhi. Davide era seduto sul divano che mi fissava. Raccolsi gli occhiali da terra.
«Oh cazzo» dissi. Non per il fatto che il pisello di Davide fosse ancora lì, luccicante e dritto, ma perché stavo letteralmente gocciolando dalla fica.
«Tu sei venuta!» disse Davide orgoglioso. Io ero esterrefatta. Tremavo.
La madre si girò verso di me, corse nella mia direzione e mi prese per un braccio.
«Brutta puttana, era questo che volevi? Fare sesso con mio figlio?»
«Io stavo cercando di aiutarlo!»
«Ho visto come lo hai aiutato. Sarai contenta adesso, hai ottenuto ciò che volevi. Rivestiti Davide, adesso andiamo all’ospedale…» disse mentre lasciava andare il mio braccio e si attaccava a quello di Davide, tirandolo verso la porta.
«NO!» gridai. «lei lo ha portato qui da me e io riuscirò ad aiutarlo!»
«Preferisco umiliare me stessa e dire a tutti che è stata colpa mia, che sono stata io a dargli le pillole, piuttosto che dare un solo centesimo ad una puttana!»
«Non voglio più i suoi soldi! È una questione di principio. E poi Davide mi ha già pagata…»
Davide sorrise. «Lurida, schifosa di una…». Davide tolse il braccio dalla morsa della mano di sua madre.
«Dai mamma, facciamole fare il suo lavoro! È brava!»
«Dici così solo perché lei ti ha appena… scopato!».
Davide fece no con la testa, poi abbracciò la madre come per rincuorarla.
Avevo un’idea.
«Davide, hai detto che ti sei fatto due seghe prima di prendere le pillole…». Lui si sentì profondamente imbarazzato, e la madre sciolse l’abbraccio con lui.
«Ecco…»
«Dai Davide! Basta col pudore; guarda me, sono nuda! Perché eri eccitato?»
«Ero su internet!»
«…E stavi guardando dei video? Di cosa?»
«beh… La seconda volta, il secondo video, trattava di un uomo che lo faceva con 2 donne»
Ménage a troi. Ecco la risposta. Ecco cosa lo faceva eccitare più di ogni altra cosa.
«Siediti sul divano» gli ordinai. «e rispogliati».
Mi avvicinai alla madre.
«Si metta addosso dei vestiti». Io le sorrisi.
«So come risolvere la situazione. Deve baciarmi, adesso!»
Le afferrai le guance. «Questa situazione l’ha creata lei, se ne rende conto? Lei gli ha dato le pillole, lei non l’ha portato all’ospedale per paura delle malelingue, lei è venuta da me. E adesso, volente o nolente, deve fare ciò che le dirò di fare. Perché se non riusciamo a far sfogare suo figlio gli rimarrà duro per una settimana e potrebbe riportare danni seri al sistema venoso. Vuole questo?»
Avevo volutamente esagerato per quanto riguardava i danni probabili per Davide. Ma al diavolo! La madre doveva assolutamente aiutarmi.
Si mise a piangere. Le lacrime le scesero dagl’occhi. Mi baciò, con passione, mentre io la svestivo. Si tolse le scarpe e si abbassò le mutandine nere mentre mi infilava la lingua in bocca. Davide si stava masturbando mentre ci fissava.
Mi inginocchiai di fronte ad Antonella, le afferrai le natiche e iniziai a leccarle la fica. Lei teneva una mano sulla mia testa. Mi allontanai dal suo cespuglietto nero e le sorrisi. «Però!» pensai. «Che cambiamento!» fino a qualche secondo prima mi dava della puttana, mentre ora si stava facendo leccare la fica. Comunque, dovevo ammetterlo. Era una donna davvero bellissima!
In ginocchio guardai verso Davide, mentre leccavo il pelo della mamma.
«Mmmh Davide, la tua mamma ha proprio una fichetta saporita!»
Improvvisamente, la mano di Davide si fece molto più veloce e convinta. Sembrava un pistone impazzito.
«SÌ!» gridai. «forse ci siamo».
«Potete aiutarmi?» chiese Davide. Sua madre era terrorizzata. «Ora o mai più» le sussurrai all’orecchio.
Ci inginocchiammo davanti a Davide. Presi il suo gigantesco pisello con la mano e lo leccai, poi lo indirizzai come un pugnale verso Antonella. «Io ci ho già provato e non ha funzionato!»
«Vuole che faccia un pompino a mio figlio?»
Ebbe come un finto mancamento ma rimase in ginocchio, poi si mise di nuovo a piangere. Davide, alla vista di sua madre che piangeva disperata, strappò il suo cazzo dalla mia mano.
«No no no!» ovvio. Quell’immagine di sua madre gli metteva tristezza e gli stava facendo perdere la libido. Ancora una volta sussurrai ad Antonella.
«Deve essere forte. Guardi! Ci eravamo così vicine. La prego Antonella… Lo faccia per lui; lo faccia per Davide».
Appena sentito quel nome, Antonella capì. Doveva essere forte. Si asciugò le lacrime e sorrise al figlio, poi, con somma sorpresa soprattutto di Davide, si gettò su di lui e inghiotti la mazza del figlio. Io piegai il collo, e presi in bocca le palle di Davide. Ogni tanto mi staccavo dal suo scroto, e osservavo come Antonella riuscisse quasi per intero ad inghiottire quello scherzo della natura. Che donna fantastica! Era ovviamente una professionista. Nessuna donna che conoscevo avrebbe potuto solo lontanamente pensare di prendere in bocca anche solo metà di quel coso. Lei ne aveva in bocca (o sarebbe meglio dire nella trachea) almeno 9 decimi. Quel grosso cazzo non si piegava quindi doveva mettere il collo in una posizione innaturale. Insomma. Era straordinaria. La migliore succhiatrice che avessi mai visto.
Ma lei non era un bello spettacolo: soffriva poverina, e in effetti le lacrime le scendevano copiose dagli occhi. Il trucco si era quasi totalmente disfatto. Tratteneva il senso di vomito, tratteneva il respiro, e il suo volto era rosso come un pomodoro. Ma lo stava facendo per suo figlio.
Davide non la stava guardando; aveva gli occhi chiusi, sorrideva e godeva. Che bastardo, pensai, e la cosa mi fece eccitare; adoro i bastardi.
Di colpo aprì gli occhi. «Sto venendo!»
Mi alzai in piedi, osservando la scena «Dai dai! State andando alla grande!»
Davide guardò per aria, poi abbassò lo sguardo. Sua madre aveva lo sguardo fisso sul suo ventre, gli occhi sbarrati, il volto quasi viola e tutto il suo cazzo in gola. Sembrava una statua che non batte ciglio, ma che continua comunque a succhiare.
In quel preciso momento Davide ebbe un sussulto, come una scarica elettrica. Fissò nel vuoto con i suoi grandi occhi azzurri e, come una frusta, batté con violenza la schiena contrò lo schienale del divano. Antonella fece un rumore, ma ovviamente con quel coso in bocca non si capì niente. Dopo un secondo, un fiume di sperma schizzò letteralmente fuori dal naso di Antonella, coprendole la parte inferiore del viso e, di conseguenza, anche il pisello di Davide. Gli occhi di Antonella si muovevano all’impazzata, mentre lo sperma continuava ad uscirle dalle narici. Poi guardò il suo Davide, e si lasciò cadere all’indietro, con il pisello del figlio che usciva, centimetro dopo centimetro dalla sua bocca.
Batté la testa sul tappeto (per fortuna che c’era il tappeto) e chiuse gli occhi. Ma la situazione mi inquietò. E se quel pisello gigantesco le avesse fatto DAVVERO del male? e se fosse rimasta a corto di aria? E se qualche vena fosse esplosa dallo sforzo? Insomma: si era sacrificata per suo figlio?
«Antonella…ANTONELLA?»
Mi avvicinai con sospetto. Sembrava aver perso i sensi.
«Mamma?». Ora Davide si stava risvegliando dal suo meraviglioso sogno.
«Oh no… Non puoi farmi questo!»
«Che le succede?» mi chiese, ma io non gli risposi. Mi gettai su di lei e provai con la respirazione bocca a bocca. Inghiottii almeno mezzo litro di sperma. Deglutii, e mi ributtai su di lei. Ora era un litro intero. Non potevo dire che mi dispiacesse, anzi, era delizioso, ma il mio obbiettivo ora era salvare Antonella.
«Coff coff…». Meno male.
Piantò le mani a terra e cercò di rialzarsi.
«Stai giù, tranquilla!»
«No è tutto ok! Sto bene. Mi sono sentita come quando sei sott’acqua e non riesci a respirare!»
«Ci credo… un po' di sperma deve esserti finito nei polmoni»
«Tu mi hai salvata?»
«Ho cercato di succhiare lo sperma che avevi in gola quindi… sì, ma non ringraziarmi; dopotutto sono una dottoressa!»
Lei mi sorrise. Il suo volto era ancora bellissimo, nonostante fosse ricoperto di sperma. Il mio non doveva essere tanto diverso.
«Guarda!» mi disse, poi gattonò ai piedi del figlio. Davide era stremato. Dopo aver sentito la voce della madre si era tranquillizzato e aveva nuovamente sbattuto la schiena contro lo schienale.
Con un gesto molto inconsueto, prese con la mano il grosso pisello del figlio. Grosso, ma grande almeno un terzo rispetto a prima. Lo strizzò, come per esserne sicura, nonostante fosse piuttosto chiaro.
«È molle! È MOLLE!». Si alzò in piedi e iniziò a saltellare, poi abbracciò il figlio, teneramente.
Beh, questo è certo, è la prima volta che sento una donna esultare per quel motivo…
«Io… non sapevo davvero dove portarlo!» disse la madre. Antonella era una bella donna sui 50. Era truccata in maniera molto fine, con solo un pizzico di trucco sulle guance e un rossetto rosso fuoco. Aveva i capelli neri raccolti e indossava un abitino nero molto sexy e scarpe con tacco a spillo.
Poi c’era Davide, 18 anni. Davide aveva i capelli arruffati, lo sguardo perso, e indossava una tuta di nylon e scarpe da ginnastica. Notai una protuberanza molto evidente a livello dei genitali ma non dissi nulla e distolsi lo sguardo da quella zona.
«Prego sedetevi. Allora Davide, vuoi spiegarmi cosa ti è successo?»
Fu incredibilmente conciso. «Ho preso 3 pillole di viagra!». Si grattò la testa.
Rimasi esterrefatta. «Vorresti dirmi perché hai fatto una cosa del genere?»
La madre stava quasi per mettersi a piangere. «Povero figlio, è tutta colpa mia!». Si alzò in piedi, ed iniziò a girare in tondo nel mio studio mentre il ragazzo sembrava un po’ sofferente. Antonella si mise una mano sulla bocca per nascondere i singhiozzi da pianto.
«Lei ha…» chiesi, ma lei mi interruppe.
«Non è come sembra, mi creda!». Si risedette sul divano in pelle accanto al figlio, poi gli mise una mano dietro la schiena.
«Lasci che le spieghi: Avevo appena finito di prepararmi perché stasera dovevamo uscire a cena. Volevo far conoscere a Davide il mio nuovo compagno. Ma quando sono andata in camera sua per controllare che avesse scelto i vestiti adatti per la serata, l’ho trovato seduto sul letto, con la faccia bianca come un lenzuolo».
«Avevo un mal di pancia tremendo» disse lui. «Purtroppo soffro tantissimo di dolori alla pancia. Il dottore ha detto che soffro di acidità. Non è una cosa grave, ma quando mangio cose che non dovrei, poi sto male. Oggi pomeriggio sono andato a casa di un mio amico. Il fratellino piccolo ha compiuto gli anni e… Ci siamo abbuffati di una gigantesca torta al cioccolato».
«Davide! Lo sai che il cioccolato ti fa male!». Lui non disse niente. La madre riprese la parola.
«Vedendolo così mi sono spaventata e sono corsa in bagno. Ora, so che può sembrare una cosa stupida ma le due confezioni… Le confezioni di medicinali sono identiche! Quella del viagra e quella della pastiglia per l’acidità di stomaco! Dello stesso colore, della stessa forma». Singhiozzò, e il figlio le mise una mano sulla spalla. «Io non ho letto la scatola, ho solo estratto 3 pastiglie e gliele ho portate con un bicchiere d’acqua. Mi sento la madre peggiore del mondo». Scoppiò a piangere.
«Ok, ok, cerchi di calmarsi. Mi lasci solo dire che forse non è così grave…» e fissai l’erezione di Davide. Sembrava essere estremamente dotato.
«Solo non capisco perché l’ha portato da me! Perché non al pronto soccorso?»
La madre mi guardò meravigliata, poi reagì con rabbia. «”Madre che somministra al proprio figlio non 1, non 2 ma ben 3 pastiglie di viagra?”. E se la cosa si venisse a sapere? Cosa ne sarebbe di me? Di certo mi porterebbero in manicomio».
Era evidente che il suo buon nome e il suo titolo di “brava mamma” erano ben più importanti della salute di Davide.
«Loro non fanno così, mi creda. Sono tenuti al segreto professionale e poi avrebbe potuto spiegare a loro come ha fatto con me».
«Il mio compagno è un medico in quell’ospedale! Certo non poteva essere lì perché ci stava aspettando al ristorante, ma se i suoi colleghi gli avessero raccontato questa storia assurda?»
Era chiaro, non avrebbe portato Davide al pronto soccorso.
«Tu come ti senti?» chiesi.
«In realtà bene!» disse con voce ferma. «Il mal di pancia è passato, direi. Mi sento solo un po’ stordito, con le orecchie tappate, il cuore che batte e… lì sotto è tutto indolenzito».
«IL CUORE?» gridò la madre.
«Tranquilla signora» le dissi. «il farmaco non è adatto a chi soffre di problemi di cuore, ma suo figlio non ne ha ed è molto giovane». Mi schiarii la voce. «Ascoltatemi bene, il viagra ha una funzione, ossia preparare il… membro maschile al sesso. Quindi Davide, ora è quello che dovrai fare. Hai 18 anni e sono più che sicura che tu abbia capito. Quindi ora vai in bagno e fa ciò che devi. Io e tua madre ti aspetteremo qui».
Davide andò nel bagno. Mentre si trovava lì, sua madre stava ancora piangendo.
«È tutta colpa mia… sono una pessima madre!»
«E su signora, vedrà che tutto si risolverà!».
Passarono 5 minuti, poi 10, 15 e poi 20. Con un’erezione simile mi parve strano che ci volesse tutto quel tempo. Ebbi come un tremendo sospetto, che davvero il cuore di Davide non avesse retto. Corsi alla porta e bussai.
«DAVIDE, DAVIDE! È TUTTO OK? RISPONDI». Bussai più forte, e la porta si aprì da sola.
«Io non ci riesco». Almeno stava bene.
Uscì sconsolato, con una montagna che si ergeva dai suoi pantaloni. La madre lo guardò, e lui le fece un sorriso poco convinto. Poi, si fermò accanto a me e mi sussurrò nell’orecchio.
«Di solito mi viene duro quando c’è qualcosa che mi fa eccitare, ma in questo caso è già duro! Io non ci riesco. Me lo sento durissimo e non l’avevo mai visto così grosso, ma… non c’è nulla che mi fa eccitare adesso. Insomma non sono eccitato, come faccio a…?»
Piegai la testa sopra la sua spalla e sussurrai a mia volta.
«Hai uno smartphone no? Collegati a Internet e vai su un sito porno!»
«Ma io… io non c’è la faccio! Ci ho già provato. Forse il fatto è che… Oggi mi sono già fatto 2 seghe e…»
«Merda» dissi. Era chiaro che essendosi già masturbato poco prima, il ragazzo aveva perso quella voglia primordiale.
Lo feci accomodare sul divano, mentre nel frattempo pensavo a come risolvere la situazione. Poi ebbi un’idea. Forse Davide aveva solo bisogno del giusto stimolo.
«Signora Antonella, potrebbe lasciarci soli?»
«Neanche per sogno, io da qui non mi muovo senza mio figlio!». Disse lei.
«Come vuole. Potrebbe almeno alzarsi dal divano?». Scocciata obbedì.
Mi sedetti di fianco a Davide. Gli sorrisi, aprii la camicetta facendogli intravedere il seno e poi iniziai a toccare quel gigantesco pezzo di roccia. Lui strabuzzò gli occhi.
«MA COME SI PERMETTE?» gridò la madre.
«Mi lasci lavorare! Quando avrò finito ne sarà più che soddisfatta e mi pagherà il mio onorario a tariffa piena, più un extra per una consulenza fuori dall’orario di lavoro!»
Lui mi guardò. Aveva il fiatone.
«Sistemeremo questa cosa, vedrai. Dimmi cosa ti piace!».
«Mi piace tutto!» disse con un sorrisetto ebete.
Gli abbassai i pantaloni e le mutande. Quel coso non era solo lungo e duro, ma anche bello grassoccio. A vederlo in faccia non gli si darebbe un soldo bucato, ma il ragazzo nascondeva una sorpresa niente male.
Sembrava intimidito dalla mia bellezza. Ovviamente non capita tutti i giorni che una bella bionda si offra di donarti la felicità, soprattutto se sei solo un ragazzo di 18 anni neanche troppo carino. Se poi il ragazzo aveva anche la passione per le donne sofisticate, vestite in tailleur e con gli occhiali, allora sarebbe stata una cosa veloce.
«Tua madre mi pagherà profumatamente per le prestazioni di stasera, quindi non essere timido, io non lo sono!»
Antonella fissava come un’autentica maniaca il coso del figlio. Non riusciva a distogliere lo sguardo ma aveva un’espressione di tristezza sul volto.
Afferrai il pene del ragazzo, le cui vene attraversavano tutta l’asta. Per afferrarlo tutto, dalla base alla punta, avrei avuto bisogno di non una, non due ma almeno 3 mani. Accidenti era più lungo del mio avambraccio!
Iniziai a muovere la mano su e giù.
«Vediamo cosa abbiamo qui!». Sputai sul glande, e dopo 2 minuti di gioco di mani, mi sdraiai sul divano, prendendolo con i miei bellissimi piedi smaltati di fresco. Lui aveva chiuso gli occhi e teneva la bocca aperta, come se stesse urlando un gigantesco “O” silenzioso.
«Gli uomini mi fanno sempre molti complimenti per i miei piedi!». Tolsi il piede sinistro dal suo pisello e glielo infilai in bocca. Lui succhiò con ardore il mio alluce.
Dopo 4, 5 minuti di sega con i piedi, capii che dovevo cambiare approccio. Mi coricai con la testa sul suo ventre.
«Preferisci la bocca o le tette?»
«La bocca, la bocca!» disse lui.
«Era una domanda stupida, vero?».
Lo presi in bocca. In quel momento, non lo nego, iniziai a sentirmi molto eccitata. Vi era complicità tra noi 2. Lui aveva un disperato bisogno di venire, e io non disdegnavo di poter baciare un bell’attrezzo come quello.
Succhiai con incredibile calma, poi leccai alla base del glande. Sputai più e più volte su quella cappella viola e grossa quasi quanto il mio pugno, la baciai e la leccai. La mordicchiai perfino, e la cosa piaceva ad entrambi.
Stavo iniziando a perdere il controllo ma, dopotutto, questa cosa non avrebbe influito sul mio lavoro in questo caso, anzi, magari avrebbe eccitato ancora di più Davide vedermi così presa da lui e da quella mazza da baseball che stavo leccando.
Mi alzai, mi tolsi le mutande e gli saltai sopra. La madre stava girata verso la finestra, con una mano sulla fronte. Non stava guardando, ma stava ascoltando i nostri rumori selvaggi, come quello del cazzo del figlio che mi trapanava.
«Oh si, oh si, bravo Davide, ci siamo quasi!»
Con le mani mi strizzava il culo, e spingeva il suo cazzo dentro di me con brutalità. Era come se fossi il suo giocattolo, solo un bellissimo recipiente da riempire di sborra. La cosa mi stava facendo impazzire. Strappò i bottoni della camicetta e iniziò a leccarmi le tette, mentre io avevo gli occhi incrociati e la bocca costantemente attiva nel urlare. I miei occhiali erano letteralmente volati sul tappeto.
Non so se avessi mai avuto dentro un pisello “non così grosso”, perché ne avevo avuti di notevoli dentro di me, ma “così duro”. Era un’asta di metallo, che non si piegava di un grado. Rimaneva dritto, una perfetta linea retta. Dentro mi spingeva e faceva decisamente male, ma la cosa mi stava facendo andare fuori di testa. Senza controllo, gli infilai la lingua in bocca e iniziai a saltellare sul suo cazzo come un’invasata.
«AAAH!».
Ripresi il controllo. Cosa stava succedendo? Ero in piedi sul tappeto, nuda se non per la camicetta aperta. Mi stropicciai gli occhi. Davide era seduto sul divano che mi fissava. Raccolsi gli occhiali da terra.
«Oh cazzo» dissi. Non per il fatto che il pisello di Davide fosse ancora lì, luccicante e dritto, ma perché stavo letteralmente gocciolando dalla fica.
«Tu sei venuta!» disse Davide orgoglioso. Io ero esterrefatta. Tremavo.
La madre si girò verso di me, corse nella mia direzione e mi prese per un braccio.
«Brutta puttana, era questo che volevi? Fare sesso con mio figlio?»
«Io stavo cercando di aiutarlo!»
«Ho visto come lo hai aiutato. Sarai contenta adesso, hai ottenuto ciò che volevi. Rivestiti Davide, adesso andiamo all’ospedale…» disse mentre lasciava andare il mio braccio e si attaccava a quello di Davide, tirandolo verso la porta.
«NO!» gridai. «lei lo ha portato qui da me e io riuscirò ad aiutarlo!»
«Preferisco umiliare me stessa e dire a tutti che è stata colpa mia, che sono stata io a dargli le pillole, piuttosto che dare un solo centesimo ad una puttana!»
«Non voglio più i suoi soldi! È una questione di principio. E poi Davide mi ha già pagata…»
Davide sorrise. «Lurida, schifosa di una…». Davide tolse il braccio dalla morsa della mano di sua madre.
«Dai mamma, facciamole fare il suo lavoro! È brava!»
«Dici così solo perché lei ti ha appena… scopato!».
Davide fece no con la testa, poi abbracciò la madre come per rincuorarla.
Avevo un’idea.
«Davide, hai detto che ti sei fatto due seghe prima di prendere le pillole…». Lui si sentì profondamente imbarazzato, e la madre sciolse l’abbraccio con lui.
«Ecco…»
«Dai Davide! Basta col pudore; guarda me, sono nuda! Perché eri eccitato?»
«Ero su internet!»
«…E stavi guardando dei video? Di cosa?»
«beh… La seconda volta, il secondo video, trattava di un uomo che lo faceva con 2 donne»
Ménage a troi. Ecco la risposta. Ecco cosa lo faceva eccitare più di ogni altra cosa.
«Siediti sul divano» gli ordinai. «e rispogliati».
Mi avvicinai alla madre.
«Si metta addosso dei vestiti». Io le sorrisi.
«So come risolvere la situazione. Deve baciarmi, adesso!»
Le afferrai le guance. «Questa situazione l’ha creata lei, se ne rende conto? Lei gli ha dato le pillole, lei non l’ha portato all’ospedale per paura delle malelingue, lei è venuta da me. E adesso, volente o nolente, deve fare ciò che le dirò di fare. Perché se non riusciamo a far sfogare suo figlio gli rimarrà duro per una settimana e potrebbe riportare danni seri al sistema venoso. Vuole questo?»
Avevo volutamente esagerato per quanto riguardava i danni probabili per Davide. Ma al diavolo! La madre doveva assolutamente aiutarmi.
Si mise a piangere. Le lacrime le scesero dagl’occhi. Mi baciò, con passione, mentre io la svestivo. Si tolse le scarpe e si abbassò le mutandine nere mentre mi infilava la lingua in bocca. Davide si stava masturbando mentre ci fissava.
Mi inginocchiai di fronte ad Antonella, le afferrai le natiche e iniziai a leccarle la fica. Lei teneva una mano sulla mia testa. Mi allontanai dal suo cespuglietto nero e le sorrisi. «Però!» pensai. «Che cambiamento!» fino a qualche secondo prima mi dava della puttana, mentre ora si stava facendo leccare la fica. Comunque, dovevo ammetterlo. Era una donna davvero bellissima!
In ginocchio guardai verso Davide, mentre leccavo il pelo della mamma.
«Mmmh Davide, la tua mamma ha proprio una fichetta saporita!»
Improvvisamente, la mano di Davide si fece molto più veloce e convinta. Sembrava un pistone impazzito.
«SÌ!» gridai. «forse ci siamo».
«Potete aiutarmi?» chiese Davide. Sua madre era terrorizzata. «Ora o mai più» le sussurrai all’orecchio.
Ci inginocchiammo davanti a Davide. Presi il suo gigantesco pisello con la mano e lo leccai, poi lo indirizzai come un pugnale verso Antonella. «Io ci ho già provato e non ha funzionato!»
«Vuole che faccia un pompino a mio figlio?»
Ebbe come un finto mancamento ma rimase in ginocchio, poi si mise di nuovo a piangere. Davide, alla vista di sua madre che piangeva disperata, strappò il suo cazzo dalla mia mano.
«No no no!» ovvio. Quell’immagine di sua madre gli metteva tristezza e gli stava facendo perdere la libido. Ancora una volta sussurrai ad Antonella.
«Deve essere forte. Guardi! Ci eravamo così vicine. La prego Antonella… Lo faccia per lui; lo faccia per Davide».
Appena sentito quel nome, Antonella capì. Doveva essere forte. Si asciugò le lacrime e sorrise al figlio, poi, con somma sorpresa soprattutto di Davide, si gettò su di lui e inghiotti la mazza del figlio. Io piegai il collo, e presi in bocca le palle di Davide. Ogni tanto mi staccavo dal suo scroto, e osservavo come Antonella riuscisse quasi per intero ad inghiottire quello scherzo della natura. Che donna fantastica! Era ovviamente una professionista. Nessuna donna che conoscevo avrebbe potuto solo lontanamente pensare di prendere in bocca anche solo metà di quel coso. Lei ne aveva in bocca (o sarebbe meglio dire nella trachea) almeno 9 decimi. Quel grosso cazzo non si piegava quindi doveva mettere il collo in una posizione innaturale. Insomma. Era straordinaria. La migliore succhiatrice che avessi mai visto.
Ma lei non era un bello spettacolo: soffriva poverina, e in effetti le lacrime le scendevano copiose dagli occhi. Il trucco si era quasi totalmente disfatto. Tratteneva il senso di vomito, tratteneva il respiro, e il suo volto era rosso come un pomodoro. Ma lo stava facendo per suo figlio.
Davide non la stava guardando; aveva gli occhi chiusi, sorrideva e godeva. Che bastardo, pensai, e la cosa mi fece eccitare; adoro i bastardi.
Di colpo aprì gli occhi. «Sto venendo!»
Mi alzai in piedi, osservando la scena «Dai dai! State andando alla grande!»
Davide guardò per aria, poi abbassò lo sguardo. Sua madre aveva lo sguardo fisso sul suo ventre, gli occhi sbarrati, il volto quasi viola e tutto il suo cazzo in gola. Sembrava una statua che non batte ciglio, ma che continua comunque a succhiare.
In quel preciso momento Davide ebbe un sussulto, come una scarica elettrica. Fissò nel vuoto con i suoi grandi occhi azzurri e, come una frusta, batté con violenza la schiena contrò lo schienale del divano. Antonella fece un rumore, ma ovviamente con quel coso in bocca non si capì niente. Dopo un secondo, un fiume di sperma schizzò letteralmente fuori dal naso di Antonella, coprendole la parte inferiore del viso e, di conseguenza, anche il pisello di Davide. Gli occhi di Antonella si muovevano all’impazzata, mentre lo sperma continuava ad uscirle dalle narici. Poi guardò il suo Davide, e si lasciò cadere all’indietro, con il pisello del figlio che usciva, centimetro dopo centimetro dalla sua bocca.
Batté la testa sul tappeto (per fortuna che c’era il tappeto) e chiuse gli occhi. Ma la situazione mi inquietò. E se quel pisello gigantesco le avesse fatto DAVVERO del male? e se fosse rimasta a corto di aria? E se qualche vena fosse esplosa dallo sforzo? Insomma: si era sacrificata per suo figlio?
«Antonella…ANTONELLA?»
Mi avvicinai con sospetto. Sembrava aver perso i sensi.
«Mamma?». Ora Davide si stava risvegliando dal suo meraviglioso sogno.
«Oh no… Non puoi farmi questo!»
«Che le succede?» mi chiese, ma io non gli risposi. Mi gettai su di lei e provai con la respirazione bocca a bocca. Inghiottii almeno mezzo litro di sperma. Deglutii, e mi ributtai su di lei. Ora era un litro intero. Non potevo dire che mi dispiacesse, anzi, era delizioso, ma il mio obbiettivo ora era salvare Antonella.
«Coff coff…». Meno male.
Piantò le mani a terra e cercò di rialzarsi.
«Stai giù, tranquilla!»
«No è tutto ok! Sto bene. Mi sono sentita come quando sei sott’acqua e non riesci a respirare!»
«Ci credo… un po' di sperma deve esserti finito nei polmoni»
«Tu mi hai salvata?»
«Ho cercato di succhiare lo sperma che avevi in gola quindi… sì, ma non ringraziarmi; dopotutto sono una dottoressa!»
Lei mi sorrise. Il suo volto era ancora bellissimo, nonostante fosse ricoperto di sperma. Il mio non doveva essere tanto diverso.
«Guarda!» mi disse, poi gattonò ai piedi del figlio. Davide era stremato. Dopo aver sentito la voce della madre si era tranquillizzato e aveva nuovamente sbattuto la schiena contro lo schienale.
Con un gesto molto inconsueto, prese con la mano il grosso pisello del figlio. Grosso, ma grande almeno un terzo rispetto a prima. Lo strizzò, come per esserne sicura, nonostante fosse piuttosto chiaro.
«È molle! È MOLLE!». Si alzò in piedi e iniziò a saltellare, poi abbracciò il figlio, teneramente.
Beh, questo è certo, è la prima volta che sento una donna esultare per quel motivo…
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