Donatella cap.4 - le avances di Gabriella

di
genere
feticismo

Fu quando Gabriella mi scrisse il lunedì successivo che cominciai a preoccuparmi. Il messaggio diceva semplicemente di trovarci ad una certa ora allo stesso posto in cui l'avevo fatta salire in auto qualche giorno prima. Mi presentai puntuale ed ella era lì che mi aspettava. Notai subito il suo look, decisamente diverso dai soliti e cominciai a preoccuparmi. Indossava una gonna blu, delle calze nere, delle scarpe basse ed una giacca sempre blu sotto alla quale aveva una dolcevita bianca.
Accostai ed ella salì in macchina. Ripartii subito andando verso la periferia per cercare un luogo appartato dove parlare.
“Dove mi stai portando?”.
“Mi allontano dal nostro quartiere, tutto lì”.
“Abuserai anche di me come fai con mia madre?”, mi chiese con tono malizioso.
“Ma che stai dicendo? Una settimana fa dovevo farti del male e adesso questo, ma per chi mi hai preso?”.
Non disse più nulla finché non parcheggiai l'auto in un luogo lontano da sguardi indiscreti. Mi chiese cosa pensavo di fare questa settimana e se avessi trovato un luogo diverso da casa loro. Le dissi che non ero riuscito a trovare nulla.
“Non è possibile!”mi disse, con tono cupo”Te lo avevo chiesto appositamente!”.
“Non saprei dove andare”le risposi, quasi mortificato.
“Bisogna trovare un posto! Ci sarà qualcosa da qualche parte che si presta a quello che ci serve”.
“A quello che ti serve”, sottolineai.
“Non mi sembra ti dispiaccia essere spiato quando la scopi. Se ti dispiacesse non avresti quelle gran prestazioni, eh?!?!”.
Mi fece anche l'occhiolino. Effettivamente aveva ragione, ma odiavo quando mi trattava in quel modo.
“Per questa settimana allora facciamo ancora a casa, ma dalla prossima cerco un albergo. Lo prenoto io e mi sistemo all'interno, prima che voi arriviate, in modo che quando arriverete io sarò già lì, ok?”.
“Tu sei pazza!”, le dissi.
“Probabilmente si, ma nemmeno mia madre scherza, vero?”.
Aveva ragione. Non c'erano dubbi.
“Ok. Allora all'albergo ci pensi tu. Possiamo tornare?”.
“Aspetta. Che fretta hai?”.
Fu quella domanda, insieme alla sua mano che si poggiò sul mio ginocchio a farmi capire che quanto avevo previsto si stava avverando. Deglutii senza sapere che fare. Notai che si voltò guardandomi con i suoi grandi occhioni, completamente diversi da quelli di sua madre che invece erano molto piccoli.
“Secondo te sono bella?”, mi chiese sorniona.
“Certo. Io penso che tu sia davvero una bella ragazza”, le risposi, quasi come se qualcuno mi stesse tenendo un fucile puntato.
“Ti eccito?”.
“Sapere che ci guardi mi eccita. Sì”.
“Non ti ho chiesto questo. Ti ho chiesto se io ti eccito”.
“Non ho mai pensato a te da questo punto di vista Gabriella. Hai la metà dei miei anni!”le dissi mentendo. Avevo pensato invece a lei come amante, ma avevo scalzato quei pensieri che ritenevo indecorosi in generale, ma soprattutto nei confronti di Donatella.
“Sai che non ho l'intimo sotto ai collant? Se non sbaglio è una cosa che a te piace un sacco”, mi chiese all'improvviso.
“No, non lo so. E come potrei saperlo?”, le risposi spazientito. Ma la sua mano cominciò a salire verso il mio pacco mentre ella scavallò le gambe.
“Sai che stare qui in macchina con l'amante di mia madre è parecchio eccitante?”.
“Dai Gabriella, piantala. Se ci vede qualcuno siamo spacciati”.
“E chi ci deve vedere? Non c'è nessuno! Se non volevi rischiare questo dovevi scegliere un posto un po' più affollato. Oppure forse volevi trovarti in un luogo appartato con me e lo hai fatto volontariamente?”.
“No. Questo no”, le dissi. Ed era la verità. Le tolsi la mano dalla mia gamba, allontanandogliela.
Allora ella si infilò la mano tra le cosce mentre la gonna le si sollevò fino in grembo. Cercai di non guardare, voltandomi dal lato opposto, ma ella mi prese per il mento e mi voltò il viso verso di lei.
“Sono già tutta calda, lo sai? E sai cosa faccio adesso? Voglio soddisfarmi! O lo vuoi fare tu?”.
“No, no. Io non lo farò”, risposi.
“Devo fare sempre tutto da sola, allora...”, concluse sbuffando.
Quello che accadde di lì in avanti è ancora impresso nella mia mente con una chiarezza così lampante da sembrare quasi un sogno ad occhi aperti. Mi tenne il volto per il mento orientato verso di lei e mi guardò negli occhi dandomi quasi l'impressione di guardarmi dentro. Si morse leggermente le labbra e nel frattempo la sua mano destra lavorò con sapienza tra le sue cosce spalancate. Mi guardava senza dire nulla mentre ogni tanto si passava velocemente la lingua sulle labbra e sorrideva.
Era inquieta e si muoveva sul sedile in preda alla eccitazione del momento. Era piuttosto magra e le sue cosce, completamente aperte, mettevano in mostra il lavoro della sua mano. Ogni tanto si dava una leggera palpeggiata alle tette, che non erano troppo grosse e poi mi riprendeva per il mento, in modo che la guardassi.
“Toccami, se vuoi, sono tutta bagnata. Cazzo quanto sono eccitata!!!”, mi disse ad un certo punto, ma io non feci niente anche se, quasi mi vergogno a dirlo, ero incredibilmente eccitato.
“Se non vuoi farlo tu, allora lo faccio da sola. Sono davvero brava. Spero di non macchiarti il sedile della macchina”, mi disse. Andò avanti per dieci minuti, accarezzandosi la passera attraverso il nylon del collant, dapprima lentamente e poi incrementando il ritmo a seconda del piacere che provava. Ad un certo punto sollevò anche un piede poggiandolo sul cruscotto. Continuò così, mugugnando ed ansimando, finché non raggiunse il suo orgasmo. Il suo primo orgasmo sul sedile della mia auto. Nemmeno Donatella era riuscita ad arrivare a tanto. A quel punto mollò il mio mento e si portò entrambe le mani sulla figa, premendosele contro, quasi come a non lasciare sfuggire il piacere.
Quando le fu passato, si abbassò la gonna e mi disse:”Certo che sei incredibile! Pensavo che ad un certo punto mi avresti violentata. E invece: niente. Si vede che non ti eccito per niente! Comunque: bravo. Non sarai fedele a tua moglie, ma la fedeltà a mia madre va premiata. Prima ti ho mentito: questa settimana non sarò spettatrice dei vostri incontri perché ho da fare. Fate ciò che volete, dove volete. La settimana prossima però voglio vedervi, ok?”.
“Ok”, risposi. Non dissi altro. Mi chiesi come avrei potuto spiegare a Donatella (o a mia moglie) che ero stato in macchina con una ventenne ad osservarla mentre si masturbava.
Accesi l'auto e ripartii. Gabriella mi disse dove farla scendere, aprì la portiera e mi salutò.
Poi tornò indietro, mi chiese di abbassare il finestrino e mi disse:”Questo sarà il nostro segreto, ok? Non lo diremo mai a nessuno!”. Poi si voltò e se ne andò.
Quel mercoledì io e Donatella scopammo sul divano. Non ci spostammo nemmeno in camera. Venivo da due serate in cui, per tentare di dimenticare Gabriella e quel momento nell'auto, avevo posseduto mia moglie e quella mattina stessa Donatella fu costretta a chiedermi di rallentare.
“Piano, cazzo! Così mi fai male!”, mi disse anche ad un certo punto.
Ero entrato in casa come un fulmine e non avevo voluto nemmeno il caffé. Lei era stata contenta e mi aveva chiesto subito di andare sul divano. Sapendo che Gabriella non si sarebbe vista accettai. La feci venire una volta, dopo aver lacerato il collant che aveva indossato senza slip, poi lei si prese cura di me e quando io fui pronto, salì a cavalcioni sopra di me. Le dissi che era una porca ed ella ne fu contenta, ma quando incrementai il ritmo ed i colpi mi chiese di rallentare.
“Scusami, mi sono lasciato trascinare dalla eccitazione”.
“Niente, ma se spingi così forte poi non riesco a venire”.
Alla fine non era stata una gran scopata. Donatella era comunque venuta due o tre volte. Quando giunse il mio momento, la stavo penetrando da sopra. Uscii dal suo sesso, le presi i piedi e me li portai sul cazzo.
“Hai dei piedi fantastici, mi fanno morire”, le dissi, facendole capire di incrementare il ritmo. Ella comprese subito e mi strinse il membro tra le piante, di fatto masturbandomi. Per me fu bellissimo e quando eiaculai, glieli riempii di sperma.
“Facciamo attenzione a non sporcare il divano, altrimenti chi lo spiega a quello la?!?!”, disse lei.
Restammo abbracciati sul divano a riposarci. Qualche coccola e qualche tenerezza non guastavano mai. Parlammo di varie cose e poi, senza che ella sospettasse nulla, feci scivolare il discorso su Gabriella.
Lei ne parlò un po', come faceva di solito, poi mi disse:”Comunque è un periodo che è strana. Non so cos'abbia, penso qualche problema di cuore, ma è strana. Hai presente come si veste di solito? Ecco. Pensa che l'altro giorno si è messa una gonna con le ballerine e tutta seria è uscita di casa. Secondo me si incontrava con qualcuno perché è impossibile che ella si vesta in quel modo!”.
Deglutii e trattenni un colpo di tosse per pura fortuna.
“Cerca di indagare”, le suggerii.
“Non è facile con lei. Abbiamo un bellissimo rapporto e trascorriamo molto tempo insieme, ma da quel punto di vista non è una che si apre molto”.
Strano, pensai. Con me si è aperta come un fiore.
“Cosa pensi che farebbe se ci scoprisse?”, le chiesi.
“Ci ucciderebbe e lo direbbe immediatamente a suo padre. Ne sono certa”.
Bene, pensai. Ecco come i genitori conoscono i propri figli. Quel pomeriggio stesso Gabriella mi scrisse dandomi le coordinate dell'albergo che aveva trovato per la settimana successiva. Aveva affittato due stanze attigue e collegate tra loro sia da una porta interna che dal balcone esterno. Io avrei dovuto convincere Gabriella a recarsi lì ed io ovviamente avrei dovuto pagare, anche se non costava troppo. La camera era disponibile dalle 9 alle 12, quindi avevamo un sacco di tempo.
Quando glielo proposi, ella accettò subito. Inizialmente avevo pensato che avrebbe opposto resistenza, invece fu conquistata dal senso di novità di quella esperienza.
“Mi sento già eccitata all'idea di andare in un albergo con te”, mi disse lunedì quando ci sentimmo al pomeriggio.
“Veramente?”.
“Sì, hai avuto una grande idea. Fa molto storia clandestina e mi intriga. Non sto più nella pelle e sto già pensando a cosa indossare o a cosa non indossare”.
“Collant”, le dissi “portane più di un paio, ho in mente un paio di cose”.
“Wow! Non sto più nella pelle. Sono curiosissima”.
“Mercoledì è solo tra 48 ore, lo scoprirai in fretta. Hai delle scarpe con il tacco?”.
“Sì, non troppo alto ma non le metto mai”.
“Beh, indossale quel giorno. Tanto per cambiare”.
“Ok. Sono eccitatissima”, mi disse lei.
“Cosa ti eccita così tanto?”.
“La situazione. Penso sia la clandestinità, ma soprattutto la location, proprio come si vede nei film. Sono qui sdraiata sul divano e mi sento tutta un calore...”.
“Toccati, dai, fatti passare l'eccitazione”, le dissi, quasi per scherzo.
“Vorrei fossi qui con me”.
“Invece sono in autostrada e non posso fartela passare. Toccati, dai” insistetti, quasi per metterla alla prova. Ed ella accettò.
“Sai quanti anni è che non lo faccio?”, mi chiese mentre già mugugnava, segno che stava cercando il proprio piacere.
“Non penso troppi, viste le soddisfazioni che ti da tuo marito”.
“Scemo”.
“Come sei vestita? O sei già svestita?”, le chiesi.
“Avevo la gonna, ma l'ho già tolta ed è in terra. Ma scusa un attimo, facciamo una videochiamata su Whatsapp?”.
Accettai e fui costretto ad accostare in una piazzola. Non si vedeva benissimo, ma si sentiva alla perfezione. Aveva posizionato il telefono sul lato opposto del divano e da lì mi potei gustare un po' tutta la scena. Vedevo la sua mano, infilata dentro a collant e slip, armeggiare con il suo sesso.
“Sei bagnata?”.
“Sì, cazzo sono un lago”.
“Infilati le dita, dai”, le suggerii.
“Lo sto facendo. Mmmhh....”.
“Fammi vedere le tette, dai...”, le chiesi.
Allora ella si sfilò il maglione che indossava ed anche il reggiseno. Si strinse i capezzoli tra le dita e si avvicinò al telefono mostrandomele in primo piano.
“Sei davvero una porca”, le dissi.
“Sì, lo so, ma adesso voglio godere”, mi disse tornando al suo posto e infilando nuovamente le mani dentro a collant e slip. La osservai masturbarsi per altri dieci minuti, finché non la vidi mettersi seduta sul divano ed incrementare in modo incredibile i movimenti della sua mano sul suo sesso. Negli ultimi attimi prima dell'orgasmo, sobbalzò quasi sul divano e infine proruppe in un urlo, tenuto a freno solo dalla consapevolezza che qualcuno nel condominio l'avesse sentita.
Quando rimisi in moto, dopo averla salutata, fui costretto anch'io a fermarmi nel bagno dell'autogrill. Era molto tempo che non lo facevo, ma dopo quella videochiamata non avevo decisamente scelta.
La settimana era cominciata sotto i migliori auspici, mercoledì speravo sarebbe stato speciale.
scritto il
2018-09-09
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