I tormenti di nonna Marta (parte ottava)
di
Marco Sala
genere
incesti
Libera Traduzione
Mia figlia Agnese, la più giovane, fu molto felice nel sapere della mia intenzione andarla a trovare per alcuni giorni. Viviamo piuttosto lontane e non sempre abbiamo la possibilità di incontrarci. Conoscendo la mia avversione ai lunghi viaggi, sia treno che auto, mi propose di prendere l’aereo, viste le ormai numerose promozioni che ci sono anche con questo mezzo. Gli confessai la mia paura per il volo e che, nonostante la mia età non avevo mai preso l’aereo ma lei, rassicurandomi, mi convinse. Mentre ero al telefono con lei, consultò in tempo reale in un sito internet orari e tariffe e, nel tempo della nostra conversazione, mi prenotò voli e biglietti. Partenza dopodomani mattina e ritorno la sera di quattro giorni dopo. Durante la nostra telefonata mi guardai bene dal dirle il vero motivo del mio viaggio, ovvero farle confessare i rapporti che aveva avuto con suo padre. Mio marito aveva approfittato delle mie figlie ed aveva avuto un bambino, Leonardo l’amico di mio nipote, da Sabina, una ragazza all’epoca ancora vergine, che era passata a ringraziarmi per l’aiuto che le avevo prestato in un omento di difficoltà. Solo all’idea che quel bastardo, mentre io ero al lavoro, lui a casa si scopava le nostre figlie e chissà quali altre ragazze ancora mi inorridisce. Anche se ormai è passato a miglior vita, in qualche modo dovevo vendicarmi di lui. Prima di coricarmi diedi uno sguardo alla borsa con gli acquisti fatti da mia figlia e da mia nipote. C’erano un sacco di “giocattoli” sessuali, persino un cazzo con una cintura che aveva delle dimensioni incredibili, per niente umane. Decisi di non provare niente di tutto questo ben di dio, avrei rimandato tutto all’indomani. Nel letto da sola, mi accarezzavo lentamente pensando a quello che avrei escogitato all’indomani, quale piccola vendetta, nei confronti del mio defunto nonché bastardo marito. Il giorno dopo, mio nipote Davide arrivò verso le 5 del pomeriggio. Appena mi vide rimase sbalordito. Per mettere in opera la mia vendetta mi ero vestita, o meglio camuffata da vedova inconsolabile. Tutta abbigliata di nero con anche un velo sul viso. Di fronte allo sguardo confuso del mio nipotino gli dissi: “Non preoccuparti, ti spiegherò tutto a suo tempo. Ora vieni e baciami.” Gli dissi alzando il velo nero che nascondeva il mio viso. “Nonna, che strano vederti così” “Ora andremo al cimitero, alla tomba di tuo nonno, ho qualcosa da fare lì” “Ma nonna, io non amo andare per cimiteri. Pensavo volessi divertirti un poco con me.” “Più tardi, lo faremo più tardi, promesso.” Anche se un poco contrariato dalla cosa Davide, in silenzio, mi accompagnò” Prima di entrare nel cimitero, acquistai un mazzo di fiori da una delle bancarelle all’esterno, quindi mi avviai tra i viali seguita dal mio nipotino borbottante. Prima di arrivare alla tomba di mio marito gli sussurrai in un orecchio: “Davide, lo sai che indosso delle mutandine con lo spacco?” “Oh nonna, non è questo il posto per dirmi una cosa del genere.” “Perché no? Scommetto che ti piacerebbe scoparmi qui, per giunta tutta vestita.” Mi guardò con sorpresa senza dire una parola. Deposi, o meglio, buttai il mazzo di fiori contro la tomba di mio marito e dissi: “Davide vieni qui con me.” Lui mi seguì dietro la grande lapide che sormontava la tomba guardandomi con fare interrogativo. “Amore, mi sa che il mio reggicalze si è sganciato, sento che una calza sta scendendo da una parte, ti va di mettermela a posto?” Lui capì subito le mie intenzioni, diede uno sguardo in giro per vedere se qualcuno era nelle vicinanze quindi si accucciò dietro di me per alzarmi la gonna e provvedere alla mia richiesta. Appoggiata alla lapide con le mani, approfittai per stuzzicarlo con il piede in mezzo alla gambe. Maliziosamente lui fece scivolare le sue mani per tutta la lunghezza delle mie gambe, quindi agganciò correttamente la calza. Le sue mani allora corsero nuovamente lungo le mie gambe fino ad arrivare al mio pube e si intrufolarono tra lo spacco delle mutandine. Con il piede sentivo il suo cazzo che si stava sempre più indurendo. Prendendomi per i fianchi, mi fece girare con la schiena contro la lapide e subito si infilò con la testa sotto la mia gonna cercando con la sua bocca la mia fica. Lo assecondai divaricando le gambe e subito sentii la sua lingua battere sul mio clitoride. Mi alzò una gamba e la appoggiò sulla sua spalla per essere in grado di leccarmi meglio. Questa situazione insolita eccitò entrambi. Le prime ombre della sera cominciavano a calare, ormai il cimitero si stava svuotando, le poche persone presenti erano ormai lontane dirette verso l’uscita, mentre io ero lì con la mia fica umida alla mercé della bocca di mio nipote che me la leccava divinamente. “Oh amore, scopami ora se ne hai voglia.” “Qui?” “Si qui presto, dai prendimi da dietro.” Mi girai e, appoggiandomi alla lapide gli offrii il mio lato B. Mi alzò la gonna e subito sentii il suo cazzo contro le mie labbra umide. Con la mano lo guidai e senza problemi scivolò dentro di me. Stavo provando un piacere incredibile, Davide faceva l’amore con grande delicatezza ma in quel momento volevo altro, volevo di più, allora lo esortai: “Amore inculami, fammi male! Scatena la tua voglia nel mio culo.” Davide, senza farselo ripetere, uscì dalla mi fica e, aprendomi per bene le chiappe, penetrò il mio buchino con violenza, impalandomi di colpo. Avendo premeditato tutto durante la notte, mi ero premunita, lubrificandomi il culetto prima di uscire. Sentivo il suo arnese andare e venire dentro di me, era una sensazione fantastica. I suoi movimenti erano lenti, lo esortai ad andare più veloce, con più forza. Per tutto il tempo in cui lui mi martellò con i suoi colpi, io continuai ad imprecare e a borbottare il mio risentimento verso mio marito rivolgendomi a lui come se potesse vedermi. “Bastardo, guarda questo giovanotto come mi sta inculando bene. Ha un cazzo che mi fa godere come una troia, non come te, povero coglione.” Dalla mia bocca continuarono ad uscire improperi ed oscenità finché Davide, al colmo dell’eccitazione arrivò all’orgasmo e sborrò nel mio culo. Cercai di trattenermi, non volevo godere, il mio piacere era più subdolo e sarebbe venuto dopo. “Davide scusami un attimo, ti pulisco dopo, fammi passare.” Contrassi lo sfintere per non lasciare uscire niente, feci qualche passo e mi posizionai a gambe aperte sopra ultima dimora del mio defunto marito e quindi, con una serie di scorreggette, scaricai tutto il seme del mio giovane amante sulla sua tomba quale mia ultima vendetta. Dopo essermi pulita con un fazzolettino dissi a Davide: “Su dai, andiamo ora, il cimitero sta per chiudere.” In macchina il mio adorato nipotino, dopo qualche attimo di imbarazzo, osò dire: “Nonna, non è bello ciò che abbiamo fatto oggi.” “Al contrario, a parte che mi piace come mi scopi, avevo proprio bisogno di farlo. Poi era una vendetta nei confronti di tuo nonno, suppongo tu l’abbia capito. Ora mi sento libera e soprattutto più serena.” Riaccompagnai Davide a casa da sua madre. Virginia rimase sorpresa di vedermi abbigliata in quel modo, gli spiegai che ero stata al cimitero senza dire altro, e lei non mi chiese più niente fortunatamente. Per contro era molto contenta della mia presenza tanto che mi propose di passare la serata con lei e i suoi figli, con degli sguardi che lasciavano intendere diversi sottintesi. Gli spiegai che non potevo fermarmi, dovevo partire il giorno dopo per andare a trovare sua sorella e non avevo ancora preparato la valigia. Cristina, che aveva ascoltato la nostra conversazione dalla sua camera, mi apparve improvvisamente e saltandomi al collo mi sussurrò con la sua falsa innocenza: “Dai nonna, non vuoi che ti dia una piccola leccatina?” “No tesoro, devo proprio andare, poi tuo fratello ha delle cose da raccontarti.” “Ok nonna, come vuoi tu. A proposito, hai visto le cose che abbiamo acquistato ieri?” “Si, gli ho dato un’occhiata veloce ma senza interesse specifico.” “Va bene, guarda meglio stasera, poi voglio che tu usi qualcosa di quello che abbiamo acquistato, poi mi dici cosa hai scelto.” Come al solito il suo ruolo dominante si rivelò con quelle parole pronunciate con autorità. “Va bene tesoro, lo farò, te lo prometto.” “Ok, fai il nodo al fazzoletto, non dimenticartelo.” Arrivata a casa non vedevo l’ora di farmi una bella doccia. I cupi vestiti da vedova lasciarono il posto ad una vestaglia molto succinta. Anche se non aspettavo nessuno per la serata, sentivo il bisogno di essere sexy e provocante. Non passò troppo tempo che ricevetti un messaggio da Cristina. Quella porcellina era impaziente di sapere con cosa mi sarei divertita. Digitando goffamente sulla tastiera gli risposi. Versai il contenuto della borsa sul tavolo e finalmente mi impegnai a capire l’uso di ogni oggetto. Indossai un grosso strap-on regolando le cinture per la mia taglia e immaginai di usarlo, poi cominciai ad esplorare anche gli altri “giocattoli”. Il mio sguardo fu attratto da un oggetto curvo ovoidale, la forma era piacevole ed era fatto di un materiale molto delicato, incomprensibile erano le istruzione per l’uso. Vidi anche alcuni “giocattoli” di chiaro uso anale ma, per provarli, avrebbero richiesto che il mio buchino quella sera fosse stato meno infiammato, quindi, la mia scelta cadde sul giochino che aveva attirato la mia attenzione precedentemente. Chiamai Cristina e glielo dissi. “Eccomi, ho scelto qualcosa, è…” E cominciai a descrivere l’oggetto, precisando che non capivo nulla delle istruzioni in quanto erano solo in inglese e cinese. “Super scelta nonna. Sapevo che lo avresti provato per primo. È un giochino con comando remoto, la commessa lo ha collegato al mio cellulare. Tu fai quello che ti chiedo, dopo sarò io a comandare il suo funzionamento dal mio telefonino.” Iniziai a giocarci sfregandolo sulla mia patatina senza dimenticare di accarezzarmi il clitoride. Quando sentii che ero bella lubrificata me lo infilai. “Eccomi amore, ora l’ho infilato dentro di me.” “Ok, ora provo, dimmi se senti qualcosa.” Dopo qualche secondo sentii una vibrazione appena percettibile nella mia vagina. Subito misi al corrente Cristina. “Bene, ora non devi fare nient’altro che lasciarlo dov’è e continuare a fare le tue faccende. A più tardi nonnina.” Un po’ delusa mi chiesi se fosse tutto lì il gioco. “Va bene tesoro, un bacione.” Camminare con quell’oggetto in vagina era un po’ difficoltoso, anzi tendeva ad uscire, allora decisi di andare in camera per indossare un paio di mutandine per trattenere meglio il giochino. A metà della scala che portava al piano delle camere, il mio corpo si paralizzò. Il mio basso ventre vibrò intensamente per qualche secondo. Mi aggrappai al corrimano per non cadere. Con prudenza arrivai in cima alle scale e subito parti un’altra scarica di vibrazioni più lunga della precedente. Finalmente capii il gioco. Cristina dominava i mie sensi ed il mio piacere anche da lontano. Pensai che avrei potuto toglierlo in modo da finire il subito il gioco, invece no, qualcosa in me aspettava che arrivasse la prossima vibrazione. Lentamente entrai nella mia stanza e mentre ero sulla porta sentii il tremore arrivare e crescere lentamente per poi trasformarsi in un forte battito. Mi premetti una mano sulla vagina e di corsa mi distesi sul letto. Avevo l’impressione di avere un’orchestra nella mia figa e che a dirigerla era proprio quella porcellina di Cristina. Cambiava il ritmo e la frequenza della vibrazione ed io non potevo farci nulla. Quella sinfonia di vibrazioni scatenarono il mio orgasmo, che io accompagnai con un lungo grido di piacere. Si, in pochi minuti quella impudente ragazzina mi aveva portato il mio piacere al settimo cielo, per giunta senza neanche toccarmi e vedermi. In fretta tolsi dal mio corpo questo oggetto alieno e lo buttai sul letto mentre ancora stava vibrando, al fine riavermi e riprendere la mia normale respirazione. Questo oggetto era diabolicamente piacevole, poche volte avevo avuto orgasmi intensi come questo. Dopo essermi ripresa, scesi le scale e chiamai Cristina mentre il giochino ancora vibrava nelle mie mani. “Oh Cristina amore mio, ora puoi fermare le vibrazioni.”, e gli raccontai del godimento folgorante che avevo avuto, divertendola molto. “A proposito nonna, mio fratello mi ha raccontato quello che avete fatto al cimitero. È una cosa molto brutta.” Aggiunse falsamente. “Ora la mamma lo sta sculacciando per punizione, li senti?” Da quello che sentivo mi parevano più lamenti di godimento che di dolore. Riattaccammo desiderandoci a vicenda e dandoci appuntamento al più presto. Dopo un lungo sospiro di desiderio iniziai i preparativi per il viaggio. Per prima cosa andai nel ripostiglio in cerca di una valigia o una borsone per il viaggio. Nell’ultimo scaffale in alto ne vidi una che era della misura giusta per quei pochi giorni che sarei dovuta stare fuori casa. Mentre la prendevo cadde anche una scatola di metallo che era appartenuta a mio marito e della quale me ne ero completamente dimenticata. Cercai di aprirla ma era chiusa con un lucchettino, mannaggia. Se fino allora avevo trascurato di approfondire i suoi affari, ora volevo sapere a tutti i costi cosa conteneva quella scatola.
Dopo aver preparato la borsa per il viaggio del giorno dopo, mentre mangiavo qualcosa seduta in cucina, pensavo a come aprire la scatola appartenuta a mio marito. Ero impaziente di sapere cosa contenesse. Provai con un paio di forbici ma niente, alla fine presi un grosso cacciavite e, facendo leva tra il lucchettino e la scatola, riuscii a romperlo e la scatola si aprì. Subito vidi dei pacchetti che sembrava contenessero delle fotografie del genere “Polaroid” a sviluppo istantaneo. Aprii il primo pacchetto, i colori erano sbiaditi, ma subito riconobbi Virginia adolescente, la mia prima figlia, in pose lascive, in abbigliamento intimo o, più spesso, nuda, distesa sul nostro letto matrimoniale. Un altro pacchetto conteneva le foto di Agnese, anche lei nuda, in posizioni altrettanto lascive dove mostrava, senza vergogna, la sua micettina da ragazzina ancora acerba. In un altro pacchetto c’erano foto che immortalavano Agnese e altre due ragazzine che non conoscevo, mentre si baciavano e si accarezzavano le parti intime mentre, ridendo, si offrivano all’obiettivo della macchina fotografica. In un altro pacchetto c’erano cinque foto di quel porco di mio marito disteso sul corpo di Agnese con lei che le chiudeva le gambe attorno alle reni e le braccia al collo nel chiaro atto di essere penetrata dal padre. Le foto erano probabilmente scattate da una delle ragazze viste prima, in quanto Virginia mi aveva giurato che quando aveva giaciuto con il padre erano sempre e solo loro due. Le sfogliai tutte, c’erano diverse dozzine, forse un centinaio di queste fotografie oscene, foto che forse quel maiale, amava sfogliare nel tempo libero, magari masturbandosi. Anche se ormai sapevo della sua perversità, nel vedere queste foto oscene mi vennero dei conati di vomito dalla rabbia. Ancora più umiliante è stato scoprire che, mentre io lavoravo per procurarci un reddito che aiutasse a vivere meglio la famiglia, lui a casa organizzava queste orge con le ragazzine. Ancora di più rimasi ferita nello scoprire che mia figlia Agnese era sua complice nel circuire le sue amichette. A quel punto, riavutami dalla brutta sorpresa, selezionai alcune foto, soprattutto quelle con protagonista Agnese, le infilai nella borsa, con l’intento di parlarne il giorno dopo con la mia figlia più piccola. A questo punto ero ancora più soddisfatta e felice di aver fatto l’amore sulla tomba di quel bastardo di mio marito, tanto più che l’indolenzimento ed il bruciore all’ano mi ricordava in ogni momento il cazzone del mio adorato nipotino. Al pensiero di come mi aveva scopata mi venne voglia di riprovare l’ebbrezza della dilatazione anale, a tale bisogna avevo sotto mano i giochini che poco prima avevo visto nella borsa della “spesa”. Con un po’ di lubrificante mi inserii nell’ano, con non poca difficoltà, un oggetto a forma conica con un colletto finale che, sulla scatola, recitava “plug anale”. Nonostante il bruciore che ancora pervadeva il mio buchino, volli a tutti i costi infilarmelo per riprovare le piacevoli sensazioni vissute nell’ultimo periodo quando, Davide o Leonardo, mi inculavano con tutto l’ardore della loro giovane età. La parte più larga del cono era davvero imponente e, quando fu entrata tutta, ebbi una strana sensazione di pienezza che partiva dal mio culetto fino alla bocca dello stomaco. Mi scostai un poco le natiche per accomodarlo bene dentro al mio fiorellino ormai dilatato come una rosa alla sera. Ad ogni passo che facevo, il giocattolino mi ricordava la sua presenza tanto era grosso. Mancava all’appello solo Sabina e, prontamente, ricevetti una sua telefonata. La ragazza, non senza lasciar intendere il suo secondo fine, voleva invitarmi a passare la serata a casa sua con lei e l’adorabile Leonardo. Fui costretta declinare l’invito, magari posticipandolo di qualche giorno, spiegandogli che ero in partenza la mattina successiva, per trascorre qualche giorno a casa di Agnese. Dopo aver chiuso la telefonata, l’immagine di Leonardo disteso su di me mentre mi stava inculando alimentò la mia fantasia. No, purtroppo non l’aveva così grosso, e nemmeno Davide. Mi sentivo di un’assoluta perversione immaginarmi distesa prona, offendo il mio lato B alla mercé dei mie giovani amanti, ma purtroppo era proprio quello che in quel momento stavo desiderando. Qualche minuto dopo, mentre stavo finendo di riassettare la cucina, mi chiamò mia figlia Agnese. “Mamma hai tutto pronto? Hai fatto tutto ciò che ti ho detto?” Deglutii la saliva e aspettai qualche secondo prima di rispondere. “Si, penso proprio di aver preparato tutto. Biglietto aereo, documenti, carta di credito nel caso servisse, e nel borsone ho infilato tutto ciò che mi servirà in questi giorni. Ma verrai tu a prendermi all’aeroporto o dovrò raggiungerti in taxi?” “No, non preoccuparti, verrò io a prenderti all’aeroporto. Non so se le ragazze verranno con me, ma sicuramente io ci sarò.” Mentre stavo parlando con Agnese, aggiustai meglio l’ospite della mia cavità anale e, involontariamente, emisi un piccolo gemito. Subito Agnese preoccupata: “Mamma che c’è? Stai Bene?” “Si amore, non è niente, mi sono solo pizzicata un dito.” Mi venne spontaneo inventarmi questa scusa. Come potevo dirle che avevo un oggetto enorme nel culo e che me lo stava dilatando in modo sublime? Ci lasciammo con delle dolci ed amorevoli parole, dentro di me ero molto arrabbiata ma felice di essere riuscita a contenermi e a non darlo a vedere durante questa nostra breve conversazione. Che la mia piccola Agnese facesse sesso con il padre e che addirittura procurasse delle sue amichette per soddisfare l’appetito di quel porco bastardo, proprio non mi andava giù. L’oggetto che mi penetrava era troppo grande per sperare di andare a dormire con lui nel mio ventre, allora mi dedicai a toglierlo, operazione delicata come l’intromissione. Tuttavia il piacere di questa dilatazione anale ancora mi pervadeva. Finalmente andai a letto ma, una volta sdraiata, mi prese un senso d’angoscia. La paura di ciò che avrei fatto il giorno dopo s’impadronì di me. Avevo paura di prendere l’aereo, di rivedere mia figlia, di come avrebbe reagito quando gli avrei detto che sapevo ciò che aveva fatto. Come avrei fatto a affrontare tutte queste cose? Continuai a girarmi e rigirarmi nel letto finché, al pensiero di Leonardo e della sua mamma, ed al piacere di rivederli al mio ritorno, riuscii finalmente ad addormentarmi. L’indomani mattina, il taxi che avevo prenotato, arrivò con molto ritardo a causa di una gomma bucata, così almeno si giustificò il tassista. Per giunta, all’aeroporto, durante i controlli di sicurezza, non so per quale motivo, fui presa in parte per una perquisizione personale. L’addetta a tale compito, dopo avermi fatta accomodare in una stanzetta chiusa, ispezionò con molta scrupolosità non solo il mio vestito ma anche il mio abbigliamento intimo e, per fortuna, non osò andare oltre. Dopo quasi 20 minuti di controlli e palpeggiamenti vari, finalmente potei proseguire verso il gate. Nonostante fossi in difficoltà per la borsa molto pesante, nessun uomo dei presenti pensò di darmi una mano. Soltanto una ragazzina dai capelli rossi si offrì di aiutarmi. Una galanteria che ormai pensavo fosse scomparsa. La stessa ragazzina, con estrema gentilezza, dopo aver consultato il mio biglietto, mi accompagnò al relativo posto aiutandomi a riporre il borsone. La rabbia per ciò che avevo passato in aeroporto era ancora molto visibile sul mio volto ma un sorriso ed un ringraziamento per l’aiuto non potei negarglieli. Il mio posto era quello vicino al finestrino e, per raggiungerlo, dovetti disturbare una signora già seduta nella poltrona lungo il corridoio. Era un’elegante signora bruna, sulla quarantina, genere “donna d’affari”, occupata a digitare sul suo PC portatile. Non mi guardò nemmeno, quasi irritata per aver interrotto il suo lavoro. Mi sedetti al suo fianco e, con molta difficoltà, cercai di allacciarmi la cintura. La brunetta accanto a me stranamente, notando la mia inesperienza, si offrì di aiutarmi ed io, educatamente, la ringraziai. Dopo qualche minuto, l’hostess di turno, diede le consuete istruzioni da seguire in caso di emergenza, fatto che mi agitò ancora di più. Seduta sulla mi poltrona, quando l’aereo cominciò a rullare non riuscivo a stare ferma, un poco per le recenti “intromissioni” nel mio buchino, un poco per la paura. La mia vicina invece, come se nulla fosse, chiuse il suo PC e mise il telefonino in modalità “aereo” aspettando tranquillamente il decollo. Si vedeva chiaramente che era abituata a viaggiare in aereo, prese una rivista e tranquillamente si mise a sfogliarla. Io avrei voluto essere calma e rilassata come lei ma non ci riuscivo. Giunto a fondo pista, l’aereo porto al massimo i motori e via, sempre più veloce sulla pista di decollo. Con il corpo schiacciato sulla poltrona, quando staccò le ruote da terra, senza rendermene conto, strinsi l’avambraccio della mia vicina così forte da infilare le unghie nella sua carne. Subito me ne scusai e lei, dando prova di grande comprensione, mise la mano sulla mia e con voce suadente mi disse: “Su, mi dia la mano, forse questo potrà rassicurarla.” Non capivo se questo gesto era solo gentilezza o avesse qualche interesse per me. Non me lo feci ripetere due volte, incrociai le mie dita con le sue e ce le stringemmo reciprocamente, avvicinandoci e premendo le spalle l’una contro l’altra. Dalla tensione, il palmo della mia mano era umido ma la cosa, per fortuna, non disturbava la mia vicina. Forse per cercare di distrarmi e farmi pensare ad altro, la morettina al mio fianco, si allungò verso di me indicandomi la spettacolare vista che si aveva dal finestrino dell’aereo. Mi indicava con il dito i particolari della città visibili sotto di noi ed, ogni volta che indicava qualcosa, la sua mano sfiorava più o meno intensamente il mio seno. Questi contatti clandestini furono molto apprezzati da me e dalla mia micetta che si bagnò anche lei. Ora passai io all’attacco. Muovendomi quasi innocentemente sulla poltrona continuavo a chiedere cosa fossero le infrastrutture, i fiumi o le strade che si vedevano, ma non per avere delle risposte, bensì perché lei continuasse a sfiorarmi. Il mio invito non sfuggì alla mia vicina, soprattutto quando io mi spostai in avanti per prolungare e rendere più profondi i contatti. Ricevuto il messaggio, con il palmo della mano massaggiò i miei capezzoli per più di un minuto, tanto da farmi emettere un chiaro sospiro di piacere. La mia patatina si stava bagnando sempre di più e la mia ansia stava sparendo. Le lanciai uno sguardo supplichevole per esortarla a ricominciare il gradevole massaggio e lei mi guardò con un piccolo sorriso complice. Sapeva che ero in attesa di nuove carezze, allora pose la mano sul mio seno, afferrò i capezzoli tra indice e pollice e cominciò a stringerli facendoli roteare tra le dita in un modo tale da farmi sobbalzare. Le scariche di dolore delle sue strette seguite dal piacere dei massaggi mi provocarono un orgasmo spontaneo e inatteso che non potei nascondere. Avvicinandosi mi sussurrò: “ Vedo che ti piace quello che ti sto facendo.” Annuendo con la testa gli sussurrai: “Si. Il tuo tocco è delizioso.” “Ora apri la tua camicetta.” “Qui?” Chiesi stupita. “Si, e non preoccuparti, non ci vedrà nessuno.” Allora slaccia due bottoni, non ci volle molto prima di sentire la sua mano che nuovamente cominciava a massaggiare i miei seni in modo tale da farmi quasi svenire dal piacere. Senza interrompere il suo lavoro, mi si avvicinò al viso e sussurrò all’orecchio: “Forse potremmo fare di meglio, togliti il reggiseno. In fondo all’aereo c’è il bagno, vacci e fai come ti ho detto. Io ti aspetto.” Riabbottonai la camicetta, e lei si alzò per farmi passare. Rossa dall’emozione percorsi il corridoio dell’aereo incrociando lo sguardo preoccupato della ragazza dai capelli rossi che prima mi aveva aiutato ad accomodare il borsone. Arrivata alla toilette, tolsi la camicia e mi slacciai il reggiseno. Rimasi qualche secondo a rimirare il mio seno allo specchio, orgogliosa di me stessa per il fatto di avere un seno ancora così bello e sodo alla mia età. Approfittai per tamponare con della carta igienica i miei umori vaginali che ormai copiosi, avevano bagnato le mie mutandine. Prima di uscire dal bagno mi resi conto che non avevo preso la borsa per poter nasconderci dentro il reggiseno. Mannaggia, lo avvolsi su se stesso, cercando di nasconderlo sotto l’ascella durante il percorso di ritorno al posto. Appena aperta la porta della toilette, mi trovai faccia a faccia con la gentile ragazzina dai capelli rossi che, quasi preoccupata, mi chiese: “Tutto bene signora?” I suoi occhi si posero subito sul mio seno e sul reggiseno che cercavo di nascondere sotto il braccio. Abbozzò un sorriso, allungò una mano verso l’ultima fila di poltrone e prese il sacchetto da usarsi in caso di mal d’aria. “Prego signora, lo metta qui.” Quasi vergognandomi di essere stata presa in castagna, infilai il reggiseno nel sacchetto e mormorai: “Basta con la signora, chiamami Marta. Sono in debito con te un’altra volta.” “Piacere Marta, io sono Melania.” Non so cosa mi prese, mi allungai verso di lei e gli dissi: “Un bacio ti può bastare come ringraziamento per tutto quello che hai fatto per me?” “Certo, e con molto piacere.” Rispose la “rossa”. Mi si avvicinò mettendomi naturalmente un braccio attorno alla vita, io avvicinai le mie labbra sulla sua guancia dandogli un casto bacio. Arrossendo, Melania, con gesto spontaneo ed incontrollato, mi abbracciò più forte stringendosi forte al mio seno. Subito riprendendosi mi chiese scusa per averlo fatto. Questo breve ma intenso contatto mi turbò, riaccendendo la mia voglia tanto che a mia volta cercai di abbracciarla. Melania, accortasi della situazione imbarazzante che si stava creando, mi respinse delicatamente. Dopo qualche secondo di silenzio gli chiesi: “Allora Melania, come mai una ragazza giovane come te si interessa ad una matura signora come me?” “Diciamo che la stavo osservando dal decollo. La sua vicina di posto è molto intraprendente, vero?” “L’hai vista mentre..” “Si, e non penso di essere stata l’unica.” “Ma dimmi, perché guardavi proprio me?” “Lei assomiglia un sacco ad una persona a cui tengo molto, avete dei tratti somatici molto simili. È una donna. Mi sento molto meno in imbarazzo a dirglielo dopo che ho costatato come lei ha apprezzato le carezze della sua vicina di posto. Da ciò ho dedotto che anche lei ama le donne.” Dentro di me pensai che da qualche parte devo aver scritto qualcosa tipo “nonna da baciare” o “vecchia in calore” viste le avances ricevute, e le mie guance divennero rosse dalla vergogna. E sorridendo continuò: “Su, venga a sedersi vicina a me, c’è un posto libero. Vorrei chiacchierare un po’ con lei, niente di più.” Mi rassicurò. Quando ritornai al mio posto, la brunetta “donna d’affari”, aveva ricominciato a digitare sul suo PC senza prestare nessuna attenzione a me. La sua indifferenza mi diede fastidio. Come mai prima aveva giocato con me in quel modo e ora mi ignorava? La sfiorai per fargli capire di alzarsi per farmi passare e lei, quasi arrabbiata allontanò la mia mano. Questo suo atteggiamento bipolare mi preoccupò. Prima mi aveva palpeggiata alla grande, ora mi ignorava completamente. Poi, guardando verso Melania, incrociai il suo sguardo in cerca di una mia risposta mentre mi indicava la poltrona vuota. A quel punto la decisione fu facile, presi la mia borsa e raggiunsi la piccola rossa. Camminando per il corridoio mi resi conto che, senza il reggiseno, il mio seno era clamorosamente visibile attraverso la camicia. Gli sguardi degli uomini erano così penetranti da sentirmi nuda. Ero così arrabbiata per l’atteggiamento della morettina che poco prima stava seduta vicino a me che, invece di essere imbarazzata, ero orgogliosa di essere il bersaglio degli sguardi degli uomini che sbavavano sulle mie tette. Mi sedetti vicino a Melania, e per prima cosa mi confidò di avere vent’anni anche se sembrava ne avesse 15 o giù di li. Dopo poche battute si rivelò estremamente affascinate, simpatica ed anche un po’ sfacciata, mi ricordava la mia piccola Cristina. Subito si instaurò un feeling molto speciale tra di noi tanto da iniziare a farci delle confidenze molto intime sottovoce. Le raccontai tutta la mia storia e la rivoluzione sessuale avvenuta nella mia vita recentemente, grazie ad un ragazzo, a sua sorella, alla loro madre, ad un suo amico ed alla mamma del suo amico. Le dissi che la mia liberazione sessuale mi aveva permesso di amare in tutti i modi possibili le donne ed i ragazzi giovani, cosa per me tabù fino a qualche mese prima. Raccontando tutto questo mi venivano alla mente le prime carezze di Davide sul mio seno, il suo modo di scopare, il suo modo di provocarmi affinché facessi sesso con i suoi amici, fino a spingermi ad andare a letto con il suo caro amico Leonardo. Ad un certo punto, come se leggesse i miei pensieri, mi chiese: “Ma questo giovane uomo non farà per caso parte della sua famiglia?” Stupita dalla precisione della sua domanda gli risposi chiaramente: “Effettivamente si, non so come l’hai indovinato, ma questo ragazzo è il mio adorato nipotino Davide, ancora giovane ma con una grosso attrezzo tra le gambe.” Ridemmo entrambe di cuore. Era curioso come le stavo raccontando i miei segreti quando, neanche due ore prima, nemmeno la conoscevo. Non lo so, ma mi sentivo bene in sua compagnia. “ Sai, è veramente curioso come lei assomigli alla mia amica.” Disse Melania diventando seria di colpo. “E’ lei che tu rivedi in me?” “Fisicamente molto, ma rivedo anche altre cose tipo la gentilezza, la tenerezza e probabilmente, come la mia amica, lei è anche un’ottima.. leccatrice di fica.” Disse lei ridendo. “No, non sono molto esperta in questo campo.” Dissi arrossendo. “Mi scusi se sono stata così impertinente, ma mi sembra di conoscerla da una vita.” “Anch’io ho la stessa impressione, ti va di darmi del “tu”?” “Certo, ne sarei molto felice, Marta.” “Bene, ora raccontami qualcosa di te.” Melania mi confidò che amava solo le donne, in particolare quelle mature, non le ragazzine sue coetanee ne tantomeno i ragazzi. Da due anni aveva una intensa relazione con una donna sulla quarantina, forse qualche anno meno, con due figli e sposata con un tipo che da tempo aveva abbandonato il tetto coniugale. Aggiunse che era follemente innamorata di questa persona anche se, vista la loro differenza di età, avrebbe potuto essere sua madre. Continuammo a chiacchierare alternando alle chiacchiere gustose risate. Il resto del viaggio passò in modo molto piacevole al punto che ero quasi dispiaciuta quando la hostess annunciò che eravamo prossimi all’atterraggio. Mentre ci allacciavamo le cinture ci scambiammo i numeri di telefono promettendoci che saremmo rimaste in contatto. All’arrivo Melania recuperò il mio borsone e mi aiutò a trasportarlo fino all’uscita. Quando le porte della sala arrivi si aprirono, scorsi in lontananza mia figlia Agnese, subito le feci un cenno affinché mi vedesse. Scorgendomi da lontano improvvisamente il suo volto divenne cupo e sorpreso. Pensai subito che la mia camicetta aperta senza reggiseno mostrasse qualcosa che non avrei dovuto mostrare ma ero sicura che la giacca nascondesse tutto. Di conseguenza anch’io mostrai sorpresa per quell’espressione.
Mia figlia Agnese, la più giovane, fu molto felice nel sapere della mia intenzione andarla a trovare per alcuni giorni. Viviamo piuttosto lontane e non sempre abbiamo la possibilità di incontrarci. Conoscendo la mia avversione ai lunghi viaggi, sia treno che auto, mi propose di prendere l’aereo, viste le ormai numerose promozioni che ci sono anche con questo mezzo. Gli confessai la mia paura per il volo e che, nonostante la mia età non avevo mai preso l’aereo ma lei, rassicurandomi, mi convinse. Mentre ero al telefono con lei, consultò in tempo reale in un sito internet orari e tariffe e, nel tempo della nostra conversazione, mi prenotò voli e biglietti. Partenza dopodomani mattina e ritorno la sera di quattro giorni dopo. Durante la nostra telefonata mi guardai bene dal dirle il vero motivo del mio viaggio, ovvero farle confessare i rapporti che aveva avuto con suo padre. Mio marito aveva approfittato delle mie figlie ed aveva avuto un bambino, Leonardo l’amico di mio nipote, da Sabina, una ragazza all’epoca ancora vergine, che era passata a ringraziarmi per l’aiuto che le avevo prestato in un omento di difficoltà. Solo all’idea che quel bastardo, mentre io ero al lavoro, lui a casa si scopava le nostre figlie e chissà quali altre ragazze ancora mi inorridisce. Anche se ormai è passato a miglior vita, in qualche modo dovevo vendicarmi di lui. Prima di coricarmi diedi uno sguardo alla borsa con gli acquisti fatti da mia figlia e da mia nipote. C’erano un sacco di “giocattoli” sessuali, persino un cazzo con una cintura che aveva delle dimensioni incredibili, per niente umane. Decisi di non provare niente di tutto questo ben di dio, avrei rimandato tutto all’indomani. Nel letto da sola, mi accarezzavo lentamente pensando a quello che avrei escogitato all’indomani, quale piccola vendetta, nei confronti del mio defunto nonché bastardo marito. Il giorno dopo, mio nipote Davide arrivò verso le 5 del pomeriggio. Appena mi vide rimase sbalordito. Per mettere in opera la mia vendetta mi ero vestita, o meglio camuffata da vedova inconsolabile. Tutta abbigliata di nero con anche un velo sul viso. Di fronte allo sguardo confuso del mio nipotino gli dissi: “Non preoccuparti, ti spiegherò tutto a suo tempo. Ora vieni e baciami.” Gli dissi alzando il velo nero che nascondeva il mio viso. “Nonna, che strano vederti così” “Ora andremo al cimitero, alla tomba di tuo nonno, ho qualcosa da fare lì” “Ma nonna, io non amo andare per cimiteri. Pensavo volessi divertirti un poco con me.” “Più tardi, lo faremo più tardi, promesso.” Anche se un poco contrariato dalla cosa Davide, in silenzio, mi accompagnò” Prima di entrare nel cimitero, acquistai un mazzo di fiori da una delle bancarelle all’esterno, quindi mi avviai tra i viali seguita dal mio nipotino borbottante. Prima di arrivare alla tomba di mio marito gli sussurrai in un orecchio: “Davide, lo sai che indosso delle mutandine con lo spacco?” “Oh nonna, non è questo il posto per dirmi una cosa del genere.” “Perché no? Scommetto che ti piacerebbe scoparmi qui, per giunta tutta vestita.” Mi guardò con sorpresa senza dire una parola. Deposi, o meglio, buttai il mazzo di fiori contro la tomba di mio marito e dissi: “Davide vieni qui con me.” Lui mi seguì dietro la grande lapide che sormontava la tomba guardandomi con fare interrogativo. “Amore, mi sa che il mio reggicalze si è sganciato, sento che una calza sta scendendo da una parte, ti va di mettermela a posto?” Lui capì subito le mie intenzioni, diede uno sguardo in giro per vedere se qualcuno era nelle vicinanze quindi si accucciò dietro di me per alzarmi la gonna e provvedere alla mia richiesta. Appoggiata alla lapide con le mani, approfittai per stuzzicarlo con il piede in mezzo alla gambe. Maliziosamente lui fece scivolare le sue mani per tutta la lunghezza delle mie gambe, quindi agganciò correttamente la calza. Le sue mani allora corsero nuovamente lungo le mie gambe fino ad arrivare al mio pube e si intrufolarono tra lo spacco delle mutandine. Con il piede sentivo il suo cazzo che si stava sempre più indurendo. Prendendomi per i fianchi, mi fece girare con la schiena contro la lapide e subito si infilò con la testa sotto la mia gonna cercando con la sua bocca la mia fica. Lo assecondai divaricando le gambe e subito sentii la sua lingua battere sul mio clitoride. Mi alzò una gamba e la appoggiò sulla sua spalla per essere in grado di leccarmi meglio. Questa situazione insolita eccitò entrambi. Le prime ombre della sera cominciavano a calare, ormai il cimitero si stava svuotando, le poche persone presenti erano ormai lontane dirette verso l’uscita, mentre io ero lì con la mia fica umida alla mercé della bocca di mio nipote che me la leccava divinamente. “Oh amore, scopami ora se ne hai voglia.” “Qui?” “Si qui presto, dai prendimi da dietro.” Mi girai e, appoggiandomi alla lapide gli offrii il mio lato B. Mi alzò la gonna e subito sentii il suo cazzo contro le mie labbra umide. Con la mano lo guidai e senza problemi scivolò dentro di me. Stavo provando un piacere incredibile, Davide faceva l’amore con grande delicatezza ma in quel momento volevo altro, volevo di più, allora lo esortai: “Amore inculami, fammi male! Scatena la tua voglia nel mio culo.” Davide, senza farselo ripetere, uscì dalla mi fica e, aprendomi per bene le chiappe, penetrò il mio buchino con violenza, impalandomi di colpo. Avendo premeditato tutto durante la notte, mi ero premunita, lubrificandomi il culetto prima di uscire. Sentivo il suo arnese andare e venire dentro di me, era una sensazione fantastica. I suoi movimenti erano lenti, lo esortai ad andare più veloce, con più forza. Per tutto il tempo in cui lui mi martellò con i suoi colpi, io continuai ad imprecare e a borbottare il mio risentimento verso mio marito rivolgendomi a lui come se potesse vedermi. “Bastardo, guarda questo giovanotto come mi sta inculando bene. Ha un cazzo che mi fa godere come una troia, non come te, povero coglione.” Dalla mia bocca continuarono ad uscire improperi ed oscenità finché Davide, al colmo dell’eccitazione arrivò all’orgasmo e sborrò nel mio culo. Cercai di trattenermi, non volevo godere, il mio piacere era più subdolo e sarebbe venuto dopo. “Davide scusami un attimo, ti pulisco dopo, fammi passare.” Contrassi lo sfintere per non lasciare uscire niente, feci qualche passo e mi posizionai a gambe aperte sopra ultima dimora del mio defunto marito e quindi, con una serie di scorreggette, scaricai tutto il seme del mio giovane amante sulla sua tomba quale mia ultima vendetta. Dopo essermi pulita con un fazzolettino dissi a Davide: “Su dai, andiamo ora, il cimitero sta per chiudere.” In macchina il mio adorato nipotino, dopo qualche attimo di imbarazzo, osò dire: “Nonna, non è bello ciò che abbiamo fatto oggi.” “Al contrario, a parte che mi piace come mi scopi, avevo proprio bisogno di farlo. Poi era una vendetta nei confronti di tuo nonno, suppongo tu l’abbia capito. Ora mi sento libera e soprattutto più serena.” Riaccompagnai Davide a casa da sua madre. Virginia rimase sorpresa di vedermi abbigliata in quel modo, gli spiegai che ero stata al cimitero senza dire altro, e lei non mi chiese più niente fortunatamente. Per contro era molto contenta della mia presenza tanto che mi propose di passare la serata con lei e i suoi figli, con degli sguardi che lasciavano intendere diversi sottintesi. Gli spiegai che non potevo fermarmi, dovevo partire il giorno dopo per andare a trovare sua sorella e non avevo ancora preparato la valigia. Cristina, che aveva ascoltato la nostra conversazione dalla sua camera, mi apparve improvvisamente e saltandomi al collo mi sussurrò con la sua falsa innocenza: “Dai nonna, non vuoi che ti dia una piccola leccatina?” “No tesoro, devo proprio andare, poi tuo fratello ha delle cose da raccontarti.” “Ok nonna, come vuoi tu. A proposito, hai visto le cose che abbiamo acquistato ieri?” “Si, gli ho dato un’occhiata veloce ma senza interesse specifico.” “Va bene, guarda meglio stasera, poi voglio che tu usi qualcosa di quello che abbiamo acquistato, poi mi dici cosa hai scelto.” Come al solito il suo ruolo dominante si rivelò con quelle parole pronunciate con autorità. “Va bene tesoro, lo farò, te lo prometto.” “Ok, fai il nodo al fazzoletto, non dimenticartelo.” Arrivata a casa non vedevo l’ora di farmi una bella doccia. I cupi vestiti da vedova lasciarono il posto ad una vestaglia molto succinta. Anche se non aspettavo nessuno per la serata, sentivo il bisogno di essere sexy e provocante. Non passò troppo tempo che ricevetti un messaggio da Cristina. Quella porcellina era impaziente di sapere con cosa mi sarei divertita. Digitando goffamente sulla tastiera gli risposi. Versai il contenuto della borsa sul tavolo e finalmente mi impegnai a capire l’uso di ogni oggetto. Indossai un grosso strap-on regolando le cinture per la mia taglia e immaginai di usarlo, poi cominciai ad esplorare anche gli altri “giocattoli”. Il mio sguardo fu attratto da un oggetto curvo ovoidale, la forma era piacevole ed era fatto di un materiale molto delicato, incomprensibile erano le istruzione per l’uso. Vidi anche alcuni “giocattoli” di chiaro uso anale ma, per provarli, avrebbero richiesto che il mio buchino quella sera fosse stato meno infiammato, quindi, la mia scelta cadde sul giochino che aveva attirato la mia attenzione precedentemente. Chiamai Cristina e glielo dissi. “Eccomi, ho scelto qualcosa, è…” E cominciai a descrivere l’oggetto, precisando che non capivo nulla delle istruzioni in quanto erano solo in inglese e cinese. “Super scelta nonna. Sapevo che lo avresti provato per primo. È un giochino con comando remoto, la commessa lo ha collegato al mio cellulare. Tu fai quello che ti chiedo, dopo sarò io a comandare il suo funzionamento dal mio telefonino.” Iniziai a giocarci sfregandolo sulla mia patatina senza dimenticare di accarezzarmi il clitoride. Quando sentii che ero bella lubrificata me lo infilai. “Eccomi amore, ora l’ho infilato dentro di me.” “Ok, ora provo, dimmi se senti qualcosa.” Dopo qualche secondo sentii una vibrazione appena percettibile nella mia vagina. Subito misi al corrente Cristina. “Bene, ora non devi fare nient’altro che lasciarlo dov’è e continuare a fare le tue faccende. A più tardi nonnina.” Un po’ delusa mi chiesi se fosse tutto lì il gioco. “Va bene tesoro, un bacione.” Camminare con quell’oggetto in vagina era un po’ difficoltoso, anzi tendeva ad uscire, allora decisi di andare in camera per indossare un paio di mutandine per trattenere meglio il giochino. A metà della scala che portava al piano delle camere, il mio corpo si paralizzò. Il mio basso ventre vibrò intensamente per qualche secondo. Mi aggrappai al corrimano per non cadere. Con prudenza arrivai in cima alle scale e subito parti un’altra scarica di vibrazioni più lunga della precedente. Finalmente capii il gioco. Cristina dominava i mie sensi ed il mio piacere anche da lontano. Pensai che avrei potuto toglierlo in modo da finire il subito il gioco, invece no, qualcosa in me aspettava che arrivasse la prossima vibrazione. Lentamente entrai nella mia stanza e mentre ero sulla porta sentii il tremore arrivare e crescere lentamente per poi trasformarsi in un forte battito. Mi premetti una mano sulla vagina e di corsa mi distesi sul letto. Avevo l’impressione di avere un’orchestra nella mia figa e che a dirigerla era proprio quella porcellina di Cristina. Cambiava il ritmo e la frequenza della vibrazione ed io non potevo farci nulla. Quella sinfonia di vibrazioni scatenarono il mio orgasmo, che io accompagnai con un lungo grido di piacere. Si, in pochi minuti quella impudente ragazzina mi aveva portato il mio piacere al settimo cielo, per giunta senza neanche toccarmi e vedermi. In fretta tolsi dal mio corpo questo oggetto alieno e lo buttai sul letto mentre ancora stava vibrando, al fine riavermi e riprendere la mia normale respirazione. Questo oggetto era diabolicamente piacevole, poche volte avevo avuto orgasmi intensi come questo. Dopo essermi ripresa, scesi le scale e chiamai Cristina mentre il giochino ancora vibrava nelle mie mani. “Oh Cristina amore mio, ora puoi fermare le vibrazioni.”, e gli raccontai del godimento folgorante che avevo avuto, divertendola molto. “A proposito nonna, mio fratello mi ha raccontato quello che avete fatto al cimitero. È una cosa molto brutta.” Aggiunse falsamente. “Ora la mamma lo sta sculacciando per punizione, li senti?” Da quello che sentivo mi parevano più lamenti di godimento che di dolore. Riattaccammo desiderandoci a vicenda e dandoci appuntamento al più presto. Dopo un lungo sospiro di desiderio iniziai i preparativi per il viaggio. Per prima cosa andai nel ripostiglio in cerca di una valigia o una borsone per il viaggio. Nell’ultimo scaffale in alto ne vidi una che era della misura giusta per quei pochi giorni che sarei dovuta stare fuori casa. Mentre la prendevo cadde anche una scatola di metallo che era appartenuta a mio marito e della quale me ne ero completamente dimenticata. Cercai di aprirla ma era chiusa con un lucchettino, mannaggia. Se fino allora avevo trascurato di approfondire i suoi affari, ora volevo sapere a tutti i costi cosa conteneva quella scatola.
Dopo aver preparato la borsa per il viaggio del giorno dopo, mentre mangiavo qualcosa seduta in cucina, pensavo a come aprire la scatola appartenuta a mio marito. Ero impaziente di sapere cosa contenesse. Provai con un paio di forbici ma niente, alla fine presi un grosso cacciavite e, facendo leva tra il lucchettino e la scatola, riuscii a romperlo e la scatola si aprì. Subito vidi dei pacchetti che sembrava contenessero delle fotografie del genere “Polaroid” a sviluppo istantaneo. Aprii il primo pacchetto, i colori erano sbiaditi, ma subito riconobbi Virginia adolescente, la mia prima figlia, in pose lascive, in abbigliamento intimo o, più spesso, nuda, distesa sul nostro letto matrimoniale. Un altro pacchetto conteneva le foto di Agnese, anche lei nuda, in posizioni altrettanto lascive dove mostrava, senza vergogna, la sua micettina da ragazzina ancora acerba. In un altro pacchetto c’erano foto che immortalavano Agnese e altre due ragazzine che non conoscevo, mentre si baciavano e si accarezzavano le parti intime mentre, ridendo, si offrivano all’obiettivo della macchina fotografica. In un altro pacchetto c’erano cinque foto di quel porco di mio marito disteso sul corpo di Agnese con lei che le chiudeva le gambe attorno alle reni e le braccia al collo nel chiaro atto di essere penetrata dal padre. Le foto erano probabilmente scattate da una delle ragazze viste prima, in quanto Virginia mi aveva giurato che quando aveva giaciuto con il padre erano sempre e solo loro due. Le sfogliai tutte, c’erano diverse dozzine, forse un centinaio di queste fotografie oscene, foto che forse quel maiale, amava sfogliare nel tempo libero, magari masturbandosi. Anche se ormai sapevo della sua perversità, nel vedere queste foto oscene mi vennero dei conati di vomito dalla rabbia. Ancora più umiliante è stato scoprire che, mentre io lavoravo per procurarci un reddito che aiutasse a vivere meglio la famiglia, lui a casa organizzava queste orge con le ragazzine. Ancora di più rimasi ferita nello scoprire che mia figlia Agnese era sua complice nel circuire le sue amichette. A quel punto, riavutami dalla brutta sorpresa, selezionai alcune foto, soprattutto quelle con protagonista Agnese, le infilai nella borsa, con l’intento di parlarne il giorno dopo con la mia figlia più piccola. A questo punto ero ancora più soddisfatta e felice di aver fatto l’amore sulla tomba di quel bastardo di mio marito, tanto più che l’indolenzimento ed il bruciore all’ano mi ricordava in ogni momento il cazzone del mio adorato nipotino. Al pensiero di come mi aveva scopata mi venne voglia di riprovare l’ebbrezza della dilatazione anale, a tale bisogna avevo sotto mano i giochini che poco prima avevo visto nella borsa della “spesa”. Con un po’ di lubrificante mi inserii nell’ano, con non poca difficoltà, un oggetto a forma conica con un colletto finale che, sulla scatola, recitava “plug anale”. Nonostante il bruciore che ancora pervadeva il mio buchino, volli a tutti i costi infilarmelo per riprovare le piacevoli sensazioni vissute nell’ultimo periodo quando, Davide o Leonardo, mi inculavano con tutto l’ardore della loro giovane età. La parte più larga del cono era davvero imponente e, quando fu entrata tutta, ebbi una strana sensazione di pienezza che partiva dal mio culetto fino alla bocca dello stomaco. Mi scostai un poco le natiche per accomodarlo bene dentro al mio fiorellino ormai dilatato come una rosa alla sera. Ad ogni passo che facevo, il giocattolino mi ricordava la sua presenza tanto era grosso. Mancava all’appello solo Sabina e, prontamente, ricevetti una sua telefonata. La ragazza, non senza lasciar intendere il suo secondo fine, voleva invitarmi a passare la serata a casa sua con lei e l’adorabile Leonardo. Fui costretta declinare l’invito, magari posticipandolo di qualche giorno, spiegandogli che ero in partenza la mattina successiva, per trascorre qualche giorno a casa di Agnese. Dopo aver chiuso la telefonata, l’immagine di Leonardo disteso su di me mentre mi stava inculando alimentò la mia fantasia. No, purtroppo non l’aveva così grosso, e nemmeno Davide. Mi sentivo di un’assoluta perversione immaginarmi distesa prona, offendo il mio lato B alla mercé dei mie giovani amanti, ma purtroppo era proprio quello che in quel momento stavo desiderando. Qualche minuto dopo, mentre stavo finendo di riassettare la cucina, mi chiamò mia figlia Agnese. “Mamma hai tutto pronto? Hai fatto tutto ciò che ti ho detto?” Deglutii la saliva e aspettai qualche secondo prima di rispondere. “Si, penso proprio di aver preparato tutto. Biglietto aereo, documenti, carta di credito nel caso servisse, e nel borsone ho infilato tutto ciò che mi servirà in questi giorni. Ma verrai tu a prendermi all’aeroporto o dovrò raggiungerti in taxi?” “No, non preoccuparti, verrò io a prenderti all’aeroporto. Non so se le ragazze verranno con me, ma sicuramente io ci sarò.” Mentre stavo parlando con Agnese, aggiustai meglio l’ospite della mia cavità anale e, involontariamente, emisi un piccolo gemito. Subito Agnese preoccupata: “Mamma che c’è? Stai Bene?” “Si amore, non è niente, mi sono solo pizzicata un dito.” Mi venne spontaneo inventarmi questa scusa. Come potevo dirle che avevo un oggetto enorme nel culo e che me lo stava dilatando in modo sublime? Ci lasciammo con delle dolci ed amorevoli parole, dentro di me ero molto arrabbiata ma felice di essere riuscita a contenermi e a non darlo a vedere durante questa nostra breve conversazione. Che la mia piccola Agnese facesse sesso con il padre e che addirittura procurasse delle sue amichette per soddisfare l’appetito di quel porco bastardo, proprio non mi andava giù. L’oggetto che mi penetrava era troppo grande per sperare di andare a dormire con lui nel mio ventre, allora mi dedicai a toglierlo, operazione delicata come l’intromissione. Tuttavia il piacere di questa dilatazione anale ancora mi pervadeva. Finalmente andai a letto ma, una volta sdraiata, mi prese un senso d’angoscia. La paura di ciò che avrei fatto il giorno dopo s’impadronì di me. Avevo paura di prendere l’aereo, di rivedere mia figlia, di come avrebbe reagito quando gli avrei detto che sapevo ciò che aveva fatto. Come avrei fatto a affrontare tutte queste cose? Continuai a girarmi e rigirarmi nel letto finché, al pensiero di Leonardo e della sua mamma, ed al piacere di rivederli al mio ritorno, riuscii finalmente ad addormentarmi. L’indomani mattina, il taxi che avevo prenotato, arrivò con molto ritardo a causa di una gomma bucata, così almeno si giustificò il tassista. Per giunta, all’aeroporto, durante i controlli di sicurezza, non so per quale motivo, fui presa in parte per una perquisizione personale. L’addetta a tale compito, dopo avermi fatta accomodare in una stanzetta chiusa, ispezionò con molta scrupolosità non solo il mio vestito ma anche il mio abbigliamento intimo e, per fortuna, non osò andare oltre. Dopo quasi 20 minuti di controlli e palpeggiamenti vari, finalmente potei proseguire verso il gate. Nonostante fossi in difficoltà per la borsa molto pesante, nessun uomo dei presenti pensò di darmi una mano. Soltanto una ragazzina dai capelli rossi si offrì di aiutarmi. Una galanteria che ormai pensavo fosse scomparsa. La stessa ragazzina, con estrema gentilezza, dopo aver consultato il mio biglietto, mi accompagnò al relativo posto aiutandomi a riporre il borsone. La rabbia per ciò che avevo passato in aeroporto era ancora molto visibile sul mio volto ma un sorriso ed un ringraziamento per l’aiuto non potei negarglieli. Il mio posto era quello vicino al finestrino e, per raggiungerlo, dovetti disturbare una signora già seduta nella poltrona lungo il corridoio. Era un’elegante signora bruna, sulla quarantina, genere “donna d’affari”, occupata a digitare sul suo PC portatile. Non mi guardò nemmeno, quasi irritata per aver interrotto il suo lavoro. Mi sedetti al suo fianco e, con molta difficoltà, cercai di allacciarmi la cintura. La brunetta accanto a me stranamente, notando la mia inesperienza, si offrì di aiutarmi ed io, educatamente, la ringraziai. Dopo qualche minuto, l’hostess di turno, diede le consuete istruzioni da seguire in caso di emergenza, fatto che mi agitò ancora di più. Seduta sulla mi poltrona, quando l’aereo cominciò a rullare non riuscivo a stare ferma, un poco per le recenti “intromissioni” nel mio buchino, un poco per la paura. La mia vicina invece, come se nulla fosse, chiuse il suo PC e mise il telefonino in modalità “aereo” aspettando tranquillamente il decollo. Si vedeva chiaramente che era abituata a viaggiare in aereo, prese una rivista e tranquillamente si mise a sfogliarla. Io avrei voluto essere calma e rilassata come lei ma non ci riuscivo. Giunto a fondo pista, l’aereo porto al massimo i motori e via, sempre più veloce sulla pista di decollo. Con il corpo schiacciato sulla poltrona, quando staccò le ruote da terra, senza rendermene conto, strinsi l’avambraccio della mia vicina così forte da infilare le unghie nella sua carne. Subito me ne scusai e lei, dando prova di grande comprensione, mise la mano sulla mia e con voce suadente mi disse: “Su, mi dia la mano, forse questo potrà rassicurarla.” Non capivo se questo gesto era solo gentilezza o avesse qualche interesse per me. Non me lo feci ripetere due volte, incrociai le mie dita con le sue e ce le stringemmo reciprocamente, avvicinandoci e premendo le spalle l’una contro l’altra. Dalla tensione, il palmo della mia mano era umido ma la cosa, per fortuna, non disturbava la mia vicina. Forse per cercare di distrarmi e farmi pensare ad altro, la morettina al mio fianco, si allungò verso di me indicandomi la spettacolare vista che si aveva dal finestrino dell’aereo. Mi indicava con il dito i particolari della città visibili sotto di noi ed, ogni volta che indicava qualcosa, la sua mano sfiorava più o meno intensamente il mio seno. Questi contatti clandestini furono molto apprezzati da me e dalla mia micetta che si bagnò anche lei. Ora passai io all’attacco. Muovendomi quasi innocentemente sulla poltrona continuavo a chiedere cosa fossero le infrastrutture, i fiumi o le strade che si vedevano, ma non per avere delle risposte, bensì perché lei continuasse a sfiorarmi. Il mio invito non sfuggì alla mia vicina, soprattutto quando io mi spostai in avanti per prolungare e rendere più profondi i contatti. Ricevuto il messaggio, con il palmo della mano massaggiò i miei capezzoli per più di un minuto, tanto da farmi emettere un chiaro sospiro di piacere. La mia patatina si stava bagnando sempre di più e la mia ansia stava sparendo. Le lanciai uno sguardo supplichevole per esortarla a ricominciare il gradevole massaggio e lei mi guardò con un piccolo sorriso complice. Sapeva che ero in attesa di nuove carezze, allora pose la mano sul mio seno, afferrò i capezzoli tra indice e pollice e cominciò a stringerli facendoli roteare tra le dita in un modo tale da farmi sobbalzare. Le scariche di dolore delle sue strette seguite dal piacere dei massaggi mi provocarono un orgasmo spontaneo e inatteso che non potei nascondere. Avvicinandosi mi sussurrò: “ Vedo che ti piace quello che ti sto facendo.” Annuendo con la testa gli sussurrai: “Si. Il tuo tocco è delizioso.” “Ora apri la tua camicetta.” “Qui?” Chiesi stupita. “Si, e non preoccuparti, non ci vedrà nessuno.” Allora slaccia due bottoni, non ci volle molto prima di sentire la sua mano che nuovamente cominciava a massaggiare i miei seni in modo tale da farmi quasi svenire dal piacere. Senza interrompere il suo lavoro, mi si avvicinò al viso e sussurrò all’orecchio: “Forse potremmo fare di meglio, togliti il reggiseno. In fondo all’aereo c’è il bagno, vacci e fai come ti ho detto. Io ti aspetto.” Riabbottonai la camicetta, e lei si alzò per farmi passare. Rossa dall’emozione percorsi il corridoio dell’aereo incrociando lo sguardo preoccupato della ragazza dai capelli rossi che prima mi aveva aiutato ad accomodare il borsone. Arrivata alla toilette, tolsi la camicia e mi slacciai il reggiseno. Rimasi qualche secondo a rimirare il mio seno allo specchio, orgogliosa di me stessa per il fatto di avere un seno ancora così bello e sodo alla mia età. Approfittai per tamponare con della carta igienica i miei umori vaginali che ormai copiosi, avevano bagnato le mie mutandine. Prima di uscire dal bagno mi resi conto che non avevo preso la borsa per poter nasconderci dentro il reggiseno. Mannaggia, lo avvolsi su se stesso, cercando di nasconderlo sotto l’ascella durante il percorso di ritorno al posto. Appena aperta la porta della toilette, mi trovai faccia a faccia con la gentile ragazzina dai capelli rossi che, quasi preoccupata, mi chiese: “Tutto bene signora?” I suoi occhi si posero subito sul mio seno e sul reggiseno che cercavo di nascondere sotto il braccio. Abbozzò un sorriso, allungò una mano verso l’ultima fila di poltrone e prese il sacchetto da usarsi in caso di mal d’aria. “Prego signora, lo metta qui.” Quasi vergognandomi di essere stata presa in castagna, infilai il reggiseno nel sacchetto e mormorai: “Basta con la signora, chiamami Marta. Sono in debito con te un’altra volta.” “Piacere Marta, io sono Melania.” Non so cosa mi prese, mi allungai verso di lei e gli dissi: “Un bacio ti può bastare come ringraziamento per tutto quello che hai fatto per me?” “Certo, e con molto piacere.” Rispose la “rossa”. Mi si avvicinò mettendomi naturalmente un braccio attorno alla vita, io avvicinai le mie labbra sulla sua guancia dandogli un casto bacio. Arrossendo, Melania, con gesto spontaneo ed incontrollato, mi abbracciò più forte stringendosi forte al mio seno. Subito riprendendosi mi chiese scusa per averlo fatto. Questo breve ma intenso contatto mi turbò, riaccendendo la mia voglia tanto che a mia volta cercai di abbracciarla. Melania, accortasi della situazione imbarazzante che si stava creando, mi respinse delicatamente. Dopo qualche secondo di silenzio gli chiesi: “Allora Melania, come mai una ragazza giovane come te si interessa ad una matura signora come me?” “Diciamo che la stavo osservando dal decollo. La sua vicina di posto è molto intraprendente, vero?” “L’hai vista mentre..” “Si, e non penso di essere stata l’unica.” “Ma dimmi, perché guardavi proprio me?” “Lei assomiglia un sacco ad una persona a cui tengo molto, avete dei tratti somatici molto simili. È una donna. Mi sento molto meno in imbarazzo a dirglielo dopo che ho costatato come lei ha apprezzato le carezze della sua vicina di posto. Da ciò ho dedotto che anche lei ama le donne.” Dentro di me pensai che da qualche parte devo aver scritto qualcosa tipo “nonna da baciare” o “vecchia in calore” viste le avances ricevute, e le mie guance divennero rosse dalla vergogna. E sorridendo continuò: “Su, venga a sedersi vicina a me, c’è un posto libero. Vorrei chiacchierare un po’ con lei, niente di più.” Mi rassicurò. Quando ritornai al mio posto, la brunetta “donna d’affari”, aveva ricominciato a digitare sul suo PC senza prestare nessuna attenzione a me. La sua indifferenza mi diede fastidio. Come mai prima aveva giocato con me in quel modo e ora mi ignorava? La sfiorai per fargli capire di alzarsi per farmi passare e lei, quasi arrabbiata allontanò la mia mano. Questo suo atteggiamento bipolare mi preoccupò. Prima mi aveva palpeggiata alla grande, ora mi ignorava completamente. Poi, guardando verso Melania, incrociai il suo sguardo in cerca di una mia risposta mentre mi indicava la poltrona vuota. A quel punto la decisione fu facile, presi la mia borsa e raggiunsi la piccola rossa. Camminando per il corridoio mi resi conto che, senza il reggiseno, il mio seno era clamorosamente visibile attraverso la camicia. Gli sguardi degli uomini erano così penetranti da sentirmi nuda. Ero così arrabbiata per l’atteggiamento della morettina che poco prima stava seduta vicino a me che, invece di essere imbarazzata, ero orgogliosa di essere il bersaglio degli sguardi degli uomini che sbavavano sulle mie tette. Mi sedetti vicino a Melania, e per prima cosa mi confidò di avere vent’anni anche se sembrava ne avesse 15 o giù di li. Dopo poche battute si rivelò estremamente affascinate, simpatica ed anche un po’ sfacciata, mi ricordava la mia piccola Cristina. Subito si instaurò un feeling molto speciale tra di noi tanto da iniziare a farci delle confidenze molto intime sottovoce. Le raccontai tutta la mia storia e la rivoluzione sessuale avvenuta nella mia vita recentemente, grazie ad un ragazzo, a sua sorella, alla loro madre, ad un suo amico ed alla mamma del suo amico. Le dissi che la mia liberazione sessuale mi aveva permesso di amare in tutti i modi possibili le donne ed i ragazzi giovani, cosa per me tabù fino a qualche mese prima. Raccontando tutto questo mi venivano alla mente le prime carezze di Davide sul mio seno, il suo modo di scopare, il suo modo di provocarmi affinché facessi sesso con i suoi amici, fino a spingermi ad andare a letto con il suo caro amico Leonardo. Ad un certo punto, come se leggesse i miei pensieri, mi chiese: “Ma questo giovane uomo non farà per caso parte della sua famiglia?” Stupita dalla precisione della sua domanda gli risposi chiaramente: “Effettivamente si, non so come l’hai indovinato, ma questo ragazzo è il mio adorato nipotino Davide, ancora giovane ma con una grosso attrezzo tra le gambe.” Ridemmo entrambe di cuore. Era curioso come le stavo raccontando i miei segreti quando, neanche due ore prima, nemmeno la conoscevo. Non lo so, ma mi sentivo bene in sua compagnia. “ Sai, è veramente curioso come lei assomigli alla mia amica.” Disse Melania diventando seria di colpo. “E’ lei che tu rivedi in me?” “Fisicamente molto, ma rivedo anche altre cose tipo la gentilezza, la tenerezza e probabilmente, come la mia amica, lei è anche un’ottima.. leccatrice di fica.” Disse lei ridendo. “No, non sono molto esperta in questo campo.” Dissi arrossendo. “Mi scusi se sono stata così impertinente, ma mi sembra di conoscerla da una vita.” “Anch’io ho la stessa impressione, ti va di darmi del “tu”?” “Certo, ne sarei molto felice, Marta.” “Bene, ora raccontami qualcosa di te.” Melania mi confidò che amava solo le donne, in particolare quelle mature, non le ragazzine sue coetanee ne tantomeno i ragazzi. Da due anni aveva una intensa relazione con una donna sulla quarantina, forse qualche anno meno, con due figli e sposata con un tipo che da tempo aveva abbandonato il tetto coniugale. Aggiunse che era follemente innamorata di questa persona anche se, vista la loro differenza di età, avrebbe potuto essere sua madre. Continuammo a chiacchierare alternando alle chiacchiere gustose risate. Il resto del viaggio passò in modo molto piacevole al punto che ero quasi dispiaciuta quando la hostess annunciò che eravamo prossimi all’atterraggio. Mentre ci allacciavamo le cinture ci scambiammo i numeri di telefono promettendoci che saremmo rimaste in contatto. All’arrivo Melania recuperò il mio borsone e mi aiutò a trasportarlo fino all’uscita. Quando le porte della sala arrivi si aprirono, scorsi in lontananza mia figlia Agnese, subito le feci un cenno affinché mi vedesse. Scorgendomi da lontano improvvisamente il suo volto divenne cupo e sorpreso. Pensai subito che la mia camicetta aperta senza reggiseno mostrasse qualcosa che non avrei dovuto mostrare ma ero sicura che la giacca nascondesse tutto. Di conseguenza anch’io mostrai sorpresa per quell’espressione.
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