Maria Fiore
di
Lucrezia
genere
feticismo
Maria Fiore era la classica ragazza da tutti definita "strana", o non parlava con nessuno o parlava troppo.
A scuola poche amicizie, quasi tutte femminili, ma a quell'età è normale; io non ero la più intima, troppo estroversa e per una intimista come lei non dovevo andarle molto a genio.
Ma evidentemente dovevo avere una marcia in più, perché un giorno mi fa: "Lú ti devo parlare" e parlammo e capii.
Ci accordammo per vederci dopo la scuola ai giardinetti sotto casa, abitavamo vicine, ma non ci avevo mai fatto caso, questo per dire quanto mi importava di lei, ma dopo la chiacchierata cambiai opinione anche su questo aspetto.
Parlammo di me, della mia esuberanza e della sua timidezza, mi disse di essere insicura perché aveva paura che la giudicassero male per le sue strane manie.
Oddio che manie, mi spaventi, le dissi. Ma lei mi assicurò che non era un'assassina e che le sue manie riguardavano la sfera sessuale.
Interessante, che manie, mi piace l'argomento.
Mi parlò della sua ossessione per il proprio seno, una quarta misura bella piena, di come la eccitasse schiaffeggiarlo, tirarsi i capezzoli fino a sentire male e cose simili.
Io non seppi che dire, però non la giudicai.
A casa la sera però provai a prendere a schiaffi le mie tette, ma a parte il dolore non provai altro.
Il giorno dopo a scuola con me fu più espansiva, e io ne fui compiaciuta, forse il mio atteggiamento verso la sua mania l'aveva rassicurata, fatto è che ci parlavamo tranquillamente.
Anzi a ricreazione le dissi che la sera a casa avevo provato a prendermi a schiaffi il seno, ma non avevo provato altro che dolore.
Lei mi disse di aspettarla e corse in aula, quando tornò aveva in mano l'astuccio porta matite, mi disse solo: seguimi, e mi portò in un'aula vuota dello scantinato.
Da come la conosceva, compresi che ci doveva venire spesso e confesso che ero un po' in apprensione, ma decisi di fidarmi.
Entrati chiuse la porta dietro di noi, non a chiave e questo mi rassicurò, poi mi fece: guarda, e si tolse la maglia restando a seno nudo, davvero un bel seno devo ammettere con una punta di invidia.
Poi aprì l'astuccio e ne tirò fuori alcuni elastici per capelli.
Prese un seno con le mani e lo tirò su, fino a prendersi un capezzolo in bocca, stringendolo con i denti lasciò andare le mani, la massa del seno ricadde ma rimase come appesa per il capezzolo.
Io guardavo affascinata e non parlavo, non volevo disturbarla.
Lei prese in mano un elastico e lasciò andare il seno, poi con una mano strizzó il capezzolo, mentre con l'altra cominciò ad applicare l'elastico facendogli fare due giri; io vedevo che usciva circa tre o quattro centimetri di capezzolo e non me ne capacitavo, poi capii che si era elasticata, per così dire, l'aureola, che così dava l'impressione di avere un enorme capezzolo.
Continuò quella che a me appariva come una feroce tortura, applicando altri due elastici, poi passando all'altro seno, ripeté l'operazione.
Finito di applicarsi gli elastici si guardò fiera l'opera compiuta, poi guardò me e mi chiese se mi piacevano i suoi capezzoli così.
Da parte mia dissi che trovavo la cosa affascinante ma sicuramente dolorosa.
Lei intanto aveva preso a masturbarsi i capezzoli come fossero due cazzi, mi disse che il dolore le piaceva e per dimostrarmelo si tirò due schiaffoni ai seni.
Io rimasi a bocca aperta, Maria non aveva battuto ciglio. Anzi, mi parve di cogliere in lei quasi un moto di eccitazione.
Però guardai l'ora e mi accorsi che eravamo via da più di mezz'ora, sicuramente cercavo una scusa per andarmene ora che sapevo, ora che avevo visto.
Maria dal canto suo si rimise la maglia senza togliersi gli elastici, i capezzoli ora si vedevano eccome, e si vedevano anche i miei, mi ero eccitata.
Glielo feci notare e le dissi che dovevamo approfondire il gioco con più calma in un luogo tranquillo, Maria mi fece solo un segno di assenso, poi tornammo in classe.
Lú
A scuola poche amicizie, quasi tutte femminili, ma a quell'età è normale; io non ero la più intima, troppo estroversa e per una intimista come lei non dovevo andarle molto a genio.
Ma evidentemente dovevo avere una marcia in più, perché un giorno mi fa: "Lú ti devo parlare" e parlammo e capii.
Ci accordammo per vederci dopo la scuola ai giardinetti sotto casa, abitavamo vicine, ma non ci avevo mai fatto caso, questo per dire quanto mi importava di lei, ma dopo la chiacchierata cambiai opinione anche su questo aspetto.
Parlammo di me, della mia esuberanza e della sua timidezza, mi disse di essere insicura perché aveva paura che la giudicassero male per le sue strane manie.
Oddio che manie, mi spaventi, le dissi. Ma lei mi assicurò che non era un'assassina e che le sue manie riguardavano la sfera sessuale.
Interessante, che manie, mi piace l'argomento.
Mi parlò della sua ossessione per il proprio seno, una quarta misura bella piena, di come la eccitasse schiaffeggiarlo, tirarsi i capezzoli fino a sentire male e cose simili.
Io non seppi che dire, però non la giudicai.
A casa la sera però provai a prendere a schiaffi le mie tette, ma a parte il dolore non provai altro.
Il giorno dopo a scuola con me fu più espansiva, e io ne fui compiaciuta, forse il mio atteggiamento verso la sua mania l'aveva rassicurata, fatto è che ci parlavamo tranquillamente.
Anzi a ricreazione le dissi che la sera a casa avevo provato a prendermi a schiaffi il seno, ma non avevo provato altro che dolore.
Lei mi disse di aspettarla e corse in aula, quando tornò aveva in mano l'astuccio porta matite, mi disse solo: seguimi, e mi portò in un'aula vuota dello scantinato.
Da come la conosceva, compresi che ci doveva venire spesso e confesso che ero un po' in apprensione, ma decisi di fidarmi.
Entrati chiuse la porta dietro di noi, non a chiave e questo mi rassicurò, poi mi fece: guarda, e si tolse la maglia restando a seno nudo, davvero un bel seno devo ammettere con una punta di invidia.
Poi aprì l'astuccio e ne tirò fuori alcuni elastici per capelli.
Prese un seno con le mani e lo tirò su, fino a prendersi un capezzolo in bocca, stringendolo con i denti lasciò andare le mani, la massa del seno ricadde ma rimase come appesa per il capezzolo.
Io guardavo affascinata e non parlavo, non volevo disturbarla.
Lei prese in mano un elastico e lasciò andare il seno, poi con una mano strizzó il capezzolo, mentre con l'altra cominciò ad applicare l'elastico facendogli fare due giri; io vedevo che usciva circa tre o quattro centimetri di capezzolo e non me ne capacitavo, poi capii che si era elasticata, per così dire, l'aureola, che così dava l'impressione di avere un enorme capezzolo.
Continuò quella che a me appariva come una feroce tortura, applicando altri due elastici, poi passando all'altro seno, ripeté l'operazione.
Finito di applicarsi gli elastici si guardò fiera l'opera compiuta, poi guardò me e mi chiese se mi piacevano i suoi capezzoli così.
Da parte mia dissi che trovavo la cosa affascinante ma sicuramente dolorosa.
Lei intanto aveva preso a masturbarsi i capezzoli come fossero due cazzi, mi disse che il dolore le piaceva e per dimostrarmelo si tirò due schiaffoni ai seni.
Io rimasi a bocca aperta, Maria non aveva battuto ciglio. Anzi, mi parve di cogliere in lei quasi un moto di eccitazione.
Però guardai l'ora e mi accorsi che eravamo via da più di mezz'ora, sicuramente cercavo una scusa per andarmene ora che sapevo, ora che avevo visto.
Maria dal canto suo si rimise la maglia senza togliersi gli elastici, i capezzoli ora si vedevano eccome, e si vedevano anche i miei, mi ero eccitata.
Glielo feci notare e le dissi che dovevamo approfondire il gioco con più calma in un luogo tranquillo, Maria mi fece solo un segno di assenso, poi tornammo in classe.
Lú
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