Madame L. al cospetto di Madonna (parte 2)
di
PifferaioMagico
genere
dominazione
Dopo un'interessante sessione di "domination douce" con vista parigina su Place de la Concorde, il mio amico Jean-Claude appariva piuttosto provato. Leccarmi la punta degli stivali e subire qualche decina di morbidi frustate era stata per lui una prova più faticosa del previsto.
– Sei fuori allenamento, mon amour – dissi io al momento di rivestirci.
– Sei sempre più padrona degli stati d'animo di uno schiavo – ribatté lui, riallacciandosi l'orologio.
– Non è colpa mia se l'anal-plug all'inizio non voleva saperne di entrare nel tuo piccolo culetto da garçon...
Fu in quel momento che il mio amico ricevette un WhatsApp dall'assistente personale di Madame X, al secolo Madonna Louise Veronica Ciccone. La popstar, alloggiata in una suite al piano superiore dell'Hôtel de Crillon, faceva sapere a Jean-Claude che solo io ero ammessa al suo cospetto.
La notizia mi lasciò qualche brivido misto di paura e insieme di piacere. Lui faceva l'offeso.
– Vai pure Madame L. – mi disse baciandomi sul collo mentre uscivo dalla stanza – ma stai attenta a quella donna.
Salendo in ascensore guardai nello specchio l'immagine che restituivo al mondo. Stavo entrando al cospetto di una fra le dive più famose del pianeta in elegante tubino corto blu scuro con bustino, autoreggenti color carne a rete larga e immancabili stivali scuri cuissard al ginocchio. Sopra, per proteggermi dagli spifferi e dalle occhiate sensuali degli ospiti del Grand Hotel, indossavo un giubbotto monopetto in pelle rossa D&G, modello biker. Con cinturini, cerniere e collo alla coreana.
Sfilai sotto lo sguardo severo di due bodyguard posizionati a inizio corridoio. Sorprendentemente fu lei in persona ad aprirmi la porta della stanza imperiale otto-zero-uno. Dal vivo Madonna era più bassa del previsto, ma emanava un fascino cento volte superiore rispetto alle immagini televisive. Era vestita come nel video di Medellín, con la camicia bianca da uomo, la gonna lunga nera da educatrice con spacco laterale, bretelle rosse, cravatta scura e scarpe in pelle nera a doppio cinturino. L'allure da padrona era espressa da tre semplici accessori fuori corso: i guanti neri in pelle sopra al gomito, il frustino da cavallerizza e un'inquietante benda da pirata in pelle rossa che le avvolgeva completamente l'occhio sinistro. Il destro era di un blu-verde indefinibile.
Gentilissima e quasi un po' intimidita, Madame X mi offrì spremuta d'arancia e salatini vegani. Sedute fianco a fianco sul divano in stile liberty, iniziammo a parlare dei massimi sistemi, del fatto che la musica di oggi ha un significato etico diverso da quella pop degli anni Novanta. Poi Madonna, nel suo americano inglesizzato, cercò di capire come la pensavo sulla condizione delle donne europee, chiedendomi con finta distrazione cosa mi avesse spinto a svolgere una vita da dominatrice. Sapeva tutto di me, e non faceva nulla per nasconderlo.
Dopo avermi chiesto un parere estetico sul nuovo videoclip del singolo Medellín, la signora Veronica Ciccone passò al tema principale, quello per cui mi aveva fatto convocare. Me ne parlò per circa una decina minuti, con particolare vigore: si capiva quanto la questione le stesse particolarmente a cuore. Disse testuale che sperava di trovare in me (incredibile a pensarci) un aiuto o una soluzione...
Fu in quel momento che presi coraggio (nonostante la sua benda da pirata mi incutesse soggezione) e le spiegai ciò che avevo pensato durante il viaggio in aereo, l'idea che mi era balenata in testa immaginando il motivo che avrebbe potuto accomunarci. Lei rimase in silenzio mentre dal mio smartphone le mostrai le immagini che avevo salvato. Si ricordò di aver letto qualcosa del genere sul New York Times e su altri magazine come Variety. Poi mi chiese se le due donne a cui avevo pensato erano pornostar realmente famose.
Solo alla fine, quando il progetto le sembrò chiaro e lineare, mi batté sorridendo un colpo di frustino sulla coscia, alzandosi con energia e chiamando a gran voce "Jenifer", pronunciandolo alla francese. Jenifer era la sua assistente alla produzione, responsabile del team che doveva ideare la sceneggiatura e la regia dei prossimi videoclip per l'album "Madame X". Elegante, dai tratti somatici latini e dagli occhi nocciola penetranti, la giovane arrivò tenendo in mano una cartellina di fogli manoscritti.
Madonna mi presentò a Jenifer spiegandole in trenta secondi perché io fossi lì. Poi la congedò bruscamente, chiedendo a me se potevo rimanere ancora un po' in camera con lei. Il motivo? Per – disse testualmente – bere un po' di champagne, ridere e spettegolare come vecchie amiche. E magari per conoscerci un po' meglio, senza tutto questo abbigliamento...
Madame L. e Madonna? Si je rêve, ne me réveille pas!
[CONTINUA / 2]
– Sei fuori allenamento, mon amour – dissi io al momento di rivestirci.
– Sei sempre più padrona degli stati d'animo di uno schiavo – ribatté lui, riallacciandosi l'orologio.
– Non è colpa mia se l'anal-plug all'inizio non voleva saperne di entrare nel tuo piccolo culetto da garçon...
Fu in quel momento che il mio amico ricevette un WhatsApp dall'assistente personale di Madame X, al secolo Madonna Louise Veronica Ciccone. La popstar, alloggiata in una suite al piano superiore dell'Hôtel de Crillon, faceva sapere a Jean-Claude che solo io ero ammessa al suo cospetto.
La notizia mi lasciò qualche brivido misto di paura e insieme di piacere. Lui faceva l'offeso.
– Vai pure Madame L. – mi disse baciandomi sul collo mentre uscivo dalla stanza – ma stai attenta a quella donna.
Salendo in ascensore guardai nello specchio l'immagine che restituivo al mondo. Stavo entrando al cospetto di una fra le dive più famose del pianeta in elegante tubino corto blu scuro con bustino, autoreggenti color carne a rete larga e immancabili stivali scuri cuissard al ginocchio. Sopra, per proteggermi dagli spifferi e dalle occhiate sensuali degli ospiti del Grand Hotel, indossavo un giubbotto monopetto in pelle rossa D&G, modello biker. Con cinturini, cerniere e collo alla coreana.
Sfilai sotto lo sguardo severo di due bodyguard posizionati a inizio corridoio. Sorprendentemente fu lei in persona ad aprirmi la porta della stanza imperiale otto-zero-uno. Dal vivo Madonna era più bassa del previsto, ma emanava un fascino cento volte superiore rispetto alle immagini televisive. Era vestita come nel video di Medellín, con la camicia bianca da uomo, la gonna lunga nera da educatrice con spacco laterale, bretelle rosse, cravatta scura e scarpe in pelle nera a doppio cinturino. L'allure da padrona era espressa da tre semplici accessori fuori corso: i guanti neri in pelle sopra al gomito, il frustino da cavallerizza e un'inquietante benda da pirata in pelle rossa che le avvolgeva completamente l'occhio sinistro. Il destro era di un blu-verde indefinibile.
Gentilissima e quasi un po' intimidita, Madame X mi offrì spremuta d'arancia e salatini vegani. Sedute fianco a fianco sul divano in stile liberty, iniziammo a parlare dei massimi sistemi, del fatto che la musica di oggi ha un significato etico diverso da quella pop degli anni Novanta. Poi Madonna, nel suo americano inglesizzato, cercò di capire come la pensavo sulla condizione delle donne europee, chiedendomi con finta distrazione cosa mi avesse spinto a svolgere una vita da dominatrice. Sapeva tutto di me, e non faceva nulla per nasconderlo.
Dopo avermi chiesto un parere estetico sul nuovo videoclip del singolo Medellín, la signora Veronica Ciccone passò al tema principale, quello per cui mi aveva fatto convocare. Me ne parlò per circa una decina minuti, con particolare vigore: si capiva quanto la questione le stesse particolarmente a cuore. Disse testuale che sperava di trovare in me (incredibile a pensarci) un aiuto o una soluzione...
Fu in quel momento che presi coraggio (nonostante la sua benda da pirata mi incutesse soggezione) e le spiegai ciò che avevo pensato durante il viaggio in aereo, l'idea che mi era balenata in testa immaginando il motivo che avrebbe potuto accomunarci. Lei rimase in silenzio mentre dal mio smartphone le mostrai le immagini che avevo salvato. Si ricordò di aver letto qualcosa del genere sul New York Times e su altri magazine come Variety. Poi mi chiese se le due donne a cui avevo pensato erano pornostar realmente famose.
Solo alla fine, quando il progetto le sembrò chiaro e lineare, mi batté sorridendo un colpo di frustino sulla coscia, alzandosi con energia e chiamando a gran voce "Jenifer", pronunciandolo alla francese. Jenifer era la sua assistente alla produzione, responsabile del team che doveva ideare la sceneggiatura e la regia dei prossimi videoclip per l'album "Madame X". Elegante, dai tratti somatici latini e dagli occhi nocciola penetranti, la giovane arrivò tenendo in mano una cartellina di fogli manoscritti.
Madonna mi presentò a Jenifer spiegandole in trenta secondi perché io fossi lì. Poi la congedò bruscamente, chiedendo a me se potevo rimanere ancora un po' in camera con lei. Il motivo? Per – disse testualmente – bere un po' di champagne, ridere e spettegolare come vecchie amiche. E magari per conoscerci un po' meglio, senza tutto questo abbigliamento...
Madame L. e Madonna? Si je rêve, ne me réveille pas!
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