Tra sogno e realtà – Realtà
di
Lizbeth Gea
genere
saffico
Subito dopo la colazione, mi precipitai in centro. Mi serviva urgentemente un costume da maggiordomo, per la festa di Halloween. Ormai il sogno era completamente sparito e la realtà prese il suo posto.
La discoteca, a quanto pare, ci dava cinquanta euro di bugdet, per trovare il costume adatto. Non erano molti soldi, ma io sapevo dove andare.
Un mio amico aveva un negozio vicino a casa mia, e spesso mi faceva degli sconti. Pur sapendo che dovevo interpretare un servitore degli inizi del novecento, volevo rimanere il più possibile femminile. Ora non vi voglio annoiare elecandovi tutti i vestiti che ho scartato e su come ho fatto impazzire il mio amico, quindi vi dico che presi dei pantaloni neri strettissimi, una camicia bianca, un panciotto nero, un cravattino e una bombetta nera molto carina. In tutto spesi trentacinque euro.
Mentre tornai a casa, passai davanti a un sexy shop, mi balenò in mente una idea malsana. Avevo ancora in tasca quindici euro, e non erano miei. Conscia del sogno della sera precedente, e conscia che mi volevano vestita da maschio, perché non completare l’opera. Mi aggirai per il negozio curiosando, poi vedii uno strap-on color carne di circa 14 cm, e soprattutto sulla scatola c’era scritto flessibile, faceva al mio caso.
Tornai a casa, mi feci un sonnellino, forse speravo di risognare il me maschile. Verso le 18 infilai tutto quello che avevo comprato, nello zaino. Dopo una piccola cena per strada, raggiunsi la discoteca per le 19:30.
Li avvenne la trasformazione. Per fortuna era da sola nello spogliatoio. Per prima cosa indossai lo strap-on e le tenni verso il basso grazie alle mie mutandine, dentro di me sapevo che mi sarei pentita della mia scelta.
Misi una fascia sul seno, per evidenziarlo di meno. Venne il momento, in ordine cronologico, della camicia, dei pantaloni attillati, del panciotto e del cravattino. Ai piedi indossai delle decoltè con i tacchi, un minimo di femminilità.
In quel periodo avevo i capelli molto corti. Mi spruzzai dell’acqua a base salina per avere l’effetto bagnato e indossai la bombetta. Ero davvero carina, ma mancava qualcosa. Mi illuminai. Cercai il mascara nella borsetta e mi ci disegnai dei baffetti finti. Il capolaro era finito.
Forse ero arrivata troppo presto, i miei colleghi giunsero solo dopo mezz’ora, per passare il tempo mi misi a leggere, salutai tutti con gentilezza, soprattutto le fanciulle.
La festa iniziò alle 21:00. C’erano abiti di ogni genere. Sembrava di assistere a un ballo vittoriano. Strano pensando al locale dove si svolgeva. Come seppi in seguito, la discoteca era stata affittata da una società per una festa privata.
Tutto sommato procedeva tutto tranquillo, quel travestimento aiutava a tenere lontani i mal intensionati.
“Mi scusi signore, mi può dare un bicchiere di champagne” – Mi voltai, vidi una piccola lolita, che indossava una bella camicetta a collo alto, aveva le maniche lunghe e arricciata sul petto. La gonna aveva lo stesso stile, era nera, larga con gli orli svolazzanti. Era molto gotica. Gli stivaletti neri alla caviglia stonavano un po’.
Ma la domanda vera era: davvero mi aveva scambiata per un uomo.
Le offrii gentilmente il bicchiere e feci per andarmene.
“Cerco che questa festa è noiosa, almeno tu sei molto carino” – Mi aveva scambiata davvero per un uomo. Capisco che il locale era buio, ma davvero sembravo un ragazzo?.
Così per gioco le risposti con una voce profonda.
“Di nulla signorina” – Tornai al lavoro.
La ricontrari un oretta dopo, era visibilmente più brilla.
“Cosa fai dopo, tesoro” – Per caso questa voleva fare sesso con me?
“Nulla, sono stanca” – Rimarcai la a finale – “Penso che tornerò a casa a dormire”
Lei o non si occorse che parlai al femminile oppure se ne fregò. Mi sorrise. Mi fece la linguaccia.
“Bhe forse potrei venire a casa con te, amore” – Sorrise ancora – “Mi dici il tuo nome”
Ancora una volta stetti al gioco – “Alfred”.
“Dai mi prendi in giro, non può essere il tuo nome”
“Signorina io non mento mai”
La mia presenza fu richiesta in cucina e me ne andai ancora.
Come ho detto in precedenza la scelta d’indossare un cazzo finto mi ritorse contro, dopo due ore mi faceva male, e decisi di andare nello spogliatoio per eliminare il problema.
Verso mezzanotte giunse la mia pausa di venti minuti e corsi nello spogliatoio. Per fortuna era vuoto. Potevo togliermi quell’affare, riposare i piedi e gli occhi.
Dopo un breve momento la porta si aprii, apparse la ragazzina.
“Finalmente sei solo” – Era visibilmente ubriaca.
Io ero seduta sul divanetto. Ancora non avevo fatto in tempo a sfilarmi lo strap-on e lei si sedette sopra di me.
“Vedo che sei felice delle mia presenza” – Quanto era ragazzina.
Cercai di allontanarla, cercai di dirle che ero una donna, ma lei mi baciò. La sua lingua mi fece effetto. Ricambiai il suo bacio.
Cercai ancora di dirle che fossi una donna, ma nulla lei non mi lasciava parlare.
Si sbottonò a fatica la camicia, con mia grande sorpresa sotto aveva un seno enorme. Quel travestimento gli lo nascondeva alla grande. Non sono i maschi sono deboli, ma pure noi donzelle. Gli le baciai subito.
Lei si alzò la gonna per strusciarsi meglio sul mio rigonfiamento.
A furia di baciarmi, i miei baffi sparirono.
“Sapevo che erano finti” – Mi guardò meglio – “Hai un volto molto delicato, sarà per quello che mi piaci”
Avevo letteralmente il suo seno generoso in faccia. Pensai che tutto sarebbe finito, quando avrebbe scoperto la verità. I suoi capezzoli erano durissimi.
Appoggiò i piedi per terra. Mi coprì il viso con la sua gonna. Avevo le sue muntadine in faccia. Le scostai e gli leccai la giovane passera. Lei mi afferrò il cazzo finto in mano e mi disse.
“Signore sento che sei già duro” – Se solo avesse saputo la verità.
Mentre le leccavo la passera, le affondai le unghie nelle cosce. Li sotto non potevo vedere cosa facesse, ma visto la posizione immaginai che si toccasse le tette.
Si allontanò da me, rividi la luce. Lei si inginocchiò e iniziò a rovistare sui miei pantaloni.
“Aspetta, aspetta, ti devo dir..” – era arrivato il momento della verità.
Lei si stupì della mia voce femminile – “Ora cosa c’è, pensavo che mi volessi”
“Ti devo confessare una cosa”
Non feci in tempo, lei aveva finito il suo lavoro, i miei pantaloni si erano sfilati e il mio cazzo di gomma apparì in tutto il suo splendore, oddio non era poi questo granchè.
La sua faccia esprimeva tutta la sua delusione. Non le uscivano le parole.
“Mi hai ingannata”
“Non mi hai lasciato parlare”.
Era li mezza nuda, non sapeva neppure lei cosa fare. Guardava alternativamente i miei occhi e il cazzo di gomma. All’improvviso le apparse un sorriso malizioso.
“Sai che ti dico, chi se ne frega”
Slaccio i lacci posteriori, e la gonna cadde per terra. Tolse le mie mutandine, che tenevano piegata l’asta. Diede una leggera leccata al pene, ma fu subito schifata. Sicuramente non aveva lo stesso sapore e consistenza di quelli veri. Mi mise le mani intorno al collo. Il suo seno era davvero enorme, non c’era spazio tra di esso e il mio viso.
Appena la sua passera entrò in contatto con la cappella di gomma, si allargò. Lei sospirò.
“E’ la prima volta che bacio una ragazza” – Prima di leccarmi la lingua, sorrise di gioia.
Il suo giovane corpo, si muoveva lentamente. Si gustava il momento. Il ritmo accellerava costantemente. Si può dire tranquillamente che era lei che prendeva l’iniziativa. Lei sospirava lentamente. Di mia iniziativa mi toccavo la passera, volevo godere pure io.
“Ora sentimi mentitrice, devi farmi venire” – Non mi piacque come me lo disse.
“Allora alzati, stronzetta”
“Cosa vuoi fare?”
“Lo vedrai”.
Si alzò, la baciai ancora, le diedi piccole sberle sulle tette, la feci girare. In quel momento presi a sberle il suo sedere. Puntai la passera con il cazzo finto. Appoggiai le mani sulla sua schiena. E la sbattei con gusto. Ero così rapida che non le lasciavo il tempo di parlare. Ovviamente le afferrai il seno.
Dovevo accellare, dovevo tornare a lavorare.
Spingevo il cazzo fino in fondo all’utero. Ansimava. Dopo un buon minuto venne. La rigirai, infilai la mia lingua nella vagina, è il momento che adoro piu di tutti, quello di leccare una passera appena orgasmata. Senti tutti i sapori immaginabili.
“Basta ti prego basta”
“Sei sicura?”
“Si”
Diventò fredda improvvisamente. Probabilmente aveva ottenuto quello che voleva. Si rivestl, mi baciò sulla guancia, che delusione, e scomparse. Mi ricomposi immediatamente, rimisi il cazzo finto nello zaino, il mio lavoro non era ancora finito e volevo essere pagata.
Finalmente arrivarono le due di notte. Tutti gli invitati se ne andarono, e per fortuna non dovemmo risistemare la discoteca, a quanto pare aveva il compito una società esterna. Mi rivestii, salutai tutti, presi l’assegno con i miei 500 euro e me ne tornai in macchina.
Non accesi subito il motore, mi tornò in mente quella strana serata. Avevo ancora il suo sapore sulle labbra, sbottonai leggermente i jeans, e ci infilai dentro la mano.
Chiusi gli occhi, mi tornò in mente il suo seno. Le mie dita scorsero lungo la mia passera. Mi penetrai. Mi leccai le dita, per farle scorrere meglio e le dita divennero tre. Mi stavo masturbando in un parcheggio deserto.
Immaginai che me la stesse leccando. Non mi piaceva dove avevo parcheggiato, quindi mi diedi da fare, raggiunsi l’orgasmo in pochi secondi. Mi succhiai le dita per pulirle, richiusi i jeans e accesi il motore.
Purtroppo la ragazzina non la rividì mai più. Fu la classica scopata di una notte. Durante il viaggio sorrisi da sola come una scena, probabilmente il sogno della sera prima era stato premonitore.
La discoteca, a quanto pare, ci dava cinquanta euro di bugdet, per trovare il costume adatto. Non erano molti soldi, ma io sapevo dove andare.
Un mio amico aveva un negozio vicino a casa mia, e spesso mi faceva degli sconti. Pur sapendo che dovevo interpretare un servitore degli inizi del novecento, volevo rimanere il più possibile femminile. Ora non vi voglio annoiare elecandovi tutti i vestiti che ho scartato e su come ho fatto impazzire il mio amico, quindi vi dico che presi dei pantaloni neri strettissimi, una camicia bianca, un panciotto nero, un cravattino e una bombetta nera molto carina. In tutto spesi trentacinque euro.
Mentre tornai a casa, passai davanti a un sexy shop, mi balenò in mente una idea malsana. Avevo ancora in tasca quindici euro, e non erano miei. Conscia del sogno della sera precedente, e conscia che mi volevano vestita da maschio, perché non completare l’opera. Mi aggirai per il negozio curiosando, poi vedii uno strap-on color carne di circa 14 cm, e soprattutto sulla scatola c’era scritto flessibile, faceva al mio caso.
Tornai a casa, mi feci un sonnellino, forse speravo di risognare il me maschile. Verso le 18 infilai tutto quello che avevo comprato, nello zaino. Dopo una piccola cena per strada, raggiunsi la discoteca per le 19:30.
Li avvenne la trasformazione. Per fortuna era da sola nello spogliatoio. Per prima cosa indossai lo strap-on e le tenni verso il basso grazie alle mie mutandine, dentro di me sapevo che mi sarei pentita della mia scelta.
Misi una fascia sul seno, per evidenziarlo di meno. Venne il momento, in ordine cronologico, della camicia, dei pantaloni attillati, del panciotto e del cravattino. Ai piedi indossai delle decoltè con i tacchi, un minimo di femminilità.
In quel periodo avevo i capelli molto corti. Mi spruzzai dell’acqua a base salina per avere l’effetto bagnato e indossai la bombetta. Ero davvero carina, ma mancava qualcosa. Mi illuminai. Cercai il mascara nella borsetta e mi ci disegnai dei baffetti finti. Il capolaro era finito.
Forse ero arrivata troppo presto, i miei colleghi giunsero solo dopo mezz’ora, per passare il tempo mi misi a leggere, salutai tutti con gentilezza, soprattutto le fanciulle.
La festa iniziò alle 21:00. C’erano abiti di ogni genere. Sembrava di assistere a un ballo vittoriano. Strano pensando al locale dove si svolgeva. Come seppi in seguito, la discoteca era stata affittata da una società per una festa privata.
Tutto sommato procedeva tutto tranquillo, quel travestimento aiutava a tenere lontani i mal intensionati.
“Mi scusi signore, mi può dare un bicchiere di champagne” – Mi voltai, vidi una piccola lolita, che indossava una bella camicetta a collo alto, aveva le maniche lunghe e arricciata sul petto. La gonna aveva lo stesso stile, era nera, larga con gli orli svolazzanti. Era molto gotica. Gli stivaletti neri alla caviglia stonavano un po’.
Ma la domanda vera era: davvero mi aveva scambiata per un uomo.
Le offrii gentilmente il bicchiere e feci per andarmene.
“Cerco che questa festa è noiosa, almeno tu sei molto carino” – Mi aveva scambiata davvero per un uomo. Capisco che il locale era buio, ma davvero sembravo un ragazzo?.
Così per gioco le risposti con una voce profonda.
“Di nulla signorina” – Tornai al lavoro.
La ricontrari un oretta dopo, era visibilmente più brilla.
“Cosa fai dopo, tesoro” – Per caso questa voleva fare sesso con me?
“Nulla, sono stanca” – Rimarcai la a finale – “Penso che tornerò a casa a dormire”
Lei o non si occorse che parlai al femminile oppure se ne fregò. Mi sorrise. Mi fece la linguaccia.
“Bhe forse potrei venire a casa con te, amore” – Sorrise ancora – “Mi dici il tuo nome”
Ancora una volta stetti al gioco – “Alfred”.
“Dai mi prendi in giro, non può essere il tuo nome”
“Signorina io non mento mai”
La mia presenza fu richiesta in cucina e me ne andai ancora.
Come ho detto in precedenza la scelta d’indossare un cazzo finto mi ritorse contro, dopo due ore mi faceva male, e decisi di andare nello spogliatoio per eliminare il problema.
Verso mezzanotte giunse la mia pausa di venti minuti e corsi nello spogliatoio. Per fortuna era vuoto. Potevo togliermi quell’affare, riposare i piedi e gli occhi.
Dopo un breve momento la porta si aprii, apparse la ragazzina.
“Finalmente sei solo” – Era visibilmente ubriaca.
Io ero seduta sul divanetto. Ancora non avevo fatto in tempo a sfilarmi lo strap-on e lei si sedette sopra di me.
“Vedo che sei felice delle mia presenza” – Quanto era ragazzina.
Cercai di allontanarla, cercai di dirle che ero una donna, ma lei mi baciò. La sua lingua mi fece effetto. Ricambiai il suo bacio.
Cercai ancora di dirle che fossi una donna, ma nulla lei non mi lasciava parlare.
Si sbottonò a fatica la camicia, con mia grande sorpresa sotto aveva un seno enorme. Quel travestimento gli lo nascondeva alla grande. Non sono i maschi sono deboli, ma pure noi donzelle. Gli le baciai subito.
Lei si alzò la gonna per strusciarsi meglio sul mio rigonfiamento.
A furia di baciarmi, i miei baffi sparirono.
“Sapevo che erano finti” – Mi guardò meglio – “Hai un volto molto delicato, sarà per quello che mi piaci”
Avevo letteralmente il suo seno generoso in faccia. Pensai che tutto sarebbe finito, quando avrebbe scoperto la verità. I suoi capezzoli erano durissimi.
Appoggiò i piedi per terra. Mi coprì il viso con la sua gonna. Avevo le sue muntadine in faccia. Le scostai e gli leccai la giovane passera. Lei mi afferrò il cazzo finto in mano e mi disse.
“Signore sento che sei già duro” – Se solo avesse saputo la verità.
Mentre le leccavo la passera, le affondai le unghie nelle cosce. Li sotto non potevo vedere cosa facesse, ma visto la posizione immaginai che si toccasse le tette.
Si allontanò da me, rividi la luce. Lei si inginocchiò e iniziò a rovistare sui miei pantaloni.
“Aspetta, aspetta, ti devo dir..” – era arrivato il momento della verità.
Lei si stupì della mia voce femminile – “Ora cosa c’è, pensavo che mi volessi”
“Ti devo confessare una cosa”
Non feci in tempo, lei aveva finito il suo lavoro, i miei pantaloni si erano sfilati e il mio cazzo di gomma apparì in tutto il suo splendore, oddio non era poi questo granchè.
La sua faccia esprimeva tutta la sua delusione. Non le uscivano le parole.
“Mi hai ingannata”
“Non mi hai lasciato parlare”.
Era li mezza nuda, non sapeva neppure lei cosa fare. Guardava alternativamente i miei occhi e il cazzo di gomma. All’improvviso le apparse un sorriso malizioso.
“Sai che ti dico, chi se ne frega”
Slaccio i lacci posteriori, e la gonna cadde per terra. Tolse le mie mutandine, che tenevano piegata l’asta. Diede una leggera leccata al pene, ma fu subito schifata. Sicuramente non aveva lo stesso sapore e consistenza di quelli veri. Mi mise le mani intorno al collo. Il suo seno era davvero enorme, non c’era spazio tra di esso e il mio viso.
Appena la sua passera entrò in contatto con la cappella di gomma, si allargò. Lei sospirò.
“E’ la prima volta che bacio una ragazza” – Prima di leccarmi la lingua, sorrise di gioia.
Il suo giovane corpo, si muoveva lentamente. Si gustava il momento. Il ritmo accellerava costantemente. Si può dire tranquillamente che era lei che prendeva l’iniziativa. Lei sospirava lentamente. Di mia iniziativa mi toccavo la passera, volevo godere pure io.
“Ora sentimi mentitrice, devi farmi venire” – Non mi piacque come me lo disse.
“Allora alzati, stronzetta”
“Cosa vuoi fare?”
“Lo vedrai”.
Si alzò, la baciai ancora, le diedi piccole sberle sulle tette, la feci girare. In quel momento presi a sberle il suo sedere. Puntai la passera con il cazzo finto. Appoggiai le mani sulla sua schiena. E la sbattei con gusto. Ero così rapida che non le lasciavo il tempo di parlare. Ovviamente le afferrai il seno.
Dovevo accellare, dovevo tornare a lavorare.
Spingevo il cazzo fino in fondo all’utero. Ansimava. Dopo un buon minuto venne. La rigirai, infilai la mia lingua nella vagina, è il momento che adoro piu di tutti, quello di leccare una passera appena orgasmata. Senti tutti i sapori immaginabili.
“Basta ti prego basta”
“Sei sicura?”
“Si”
Diventò fredda improvvisamente. Probabilmente aveva ottenuto quello che voleva. Si rivestl, mi baciò sulla guancia, che delusione, e scomparse. Mi ricomposi immediatamente, rimisi il cazzo finto nello zaino, il mio lavoro non era ancora finito e volevo essere pagata.
Finalmente arrivarono le due di notte. Tutti gli invitati se ne andarono, e per fortuna non dovemmo risistemare la discoteca, a quanto pare aveva il compito una società esterna. Mi rivestii, salutai tutti, presi l’assegno con i miei 500 euro e me ne tornai in macchina.
Non accesi subito il motore, mi tornò in mente quella strana serata. Avevo ancora il suo sapore sulle labbra, sbottonai leggermente i jeans, e ci infilai dentro la mano.
Chiusi gli occhi, mi tornò in mente il suo seno. Le mie dita scorsero lungo la mia passera. Mi penetrai. Mi leccai le dita, per farle scorrere meglio e le dita divennero tre. Mi stavo masturbando in un parcheggio deserto.
Immaginai che me la stesse leccando. Non mi piaceva dove avevo parcheggiato, quindi mi diedi da fare, raggiunsi l’orgasmo in pochi secondi. Mi succhiai le dita per pulirle, richiusi i jeans e accesi il motore.
Purtroppo la ragazzina non la rividì mai più. Fu la classica scopata di una notte. Durante il viaggio sorrisi da sola come una scena, probabilmente il sogno della sera prima era stato premonitore.
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