26 giugno 2134 cap.6

di
genere
etero

Come detto nell’incipit questo racconto è pensato perché ogni lettore/scrittore possa farlo proprio continuandolo a suo piacimento. Io ne pubblicherò ogni volta un piccolo pezzo dal finale aperto. Buona lettura




E’ qualche giorno che sto male, mentalmente non fisicamente, o forse anche fisicamente. Con mio marito si è risolto tutto la sera stessa, mi ha chiesto scusa ma sono io che dovevo delle scuse a lui, lui non centra… ma continuo a ripensare a quanto successo… sentirmi dare della troia mi ha ferito profondamente ma capire che il mio corpo reagiva in maniera diversa mi ha mandato letteralmente in crisi. E’ vero l’ha detto solo una volta e quando l’orgasmo ormai mi stava scuotendo ma era come se me lo aspettassi, come se desiderassi sentimelo dire. E questo mi ha ferito più della parola stessa, e questo è quello che ha fatto scattare in me quella reazione… è con me stessa che non va bene, anche il fatto di star bene senza reggiseno e mutandine, di stare in spiaggia col seno libero, di sentirmi troppe volte eccitata in situazioni sconvenienti questo mi destabilizza, mi fa star male. Poi ieri è successa una cosa… una cosa… schifosa, si, schifosa… ero in spiaggia da sola, Alberto era andato a giocare a tennis, e poco lontano da me c’erano tre coppie di qualche anno più vecchie. Si capiva che tra di loro c’era molto affiatamento e un po’ ne soffrivo, mi mancano molto i miei amici, ma più passava il tempo e più il contatto fisico tra di loro diventava intimo, fino a quando una delle donne ha tirato fuori il pene di suo marito e se l’è infilato in bocca, così, in mezzo a tutti! Che schifo! Che vergogna! Volevo andarmene, dovevo andarmene ma qualcosa nella mia testa mi tratteneva. Continuavo a ripetermi “ora smettono, è uno scherzo, non voglio tornare in casa sono solo le dieci!” e non riuscivo a smettere di guardarli. Momenti interminabili di irrazionale stupore, stavo vivendo una situazione assurda, lontana da ogni logica per il mio perbenismo antico, per la mia mente innocente. E intanto il gioco cresceva nei modi e nei numeri. Una delle altre donne, quella che sembrava la più giovane ha cominciato a guardarmi, come se mi sfidasse, come se mi invitasse a partecipare, ha allargato le gambe e senza staccare un attimo gli occhi dai miei ha cominciato a masturbarsi… non sapevo cosa fare, non sapevo dove guardare, cercavo di resistere ma i miei occhi tornavano su quella donna… era come sulle montagne russe, paura adrenalina gioia, in un continuo susseguirsi, senza sosta, in crescendo… e il mio corpo reagiva, avrei voluto strapparmi la gonna, l’ultimo baluardo di decenza, ma resistevo, le gambe serrate a difendere quel pudore che è base della mia vita. Le mani chiuse a coppa sul seno per la vergogna di certificare a tutti come fossi eccitata. Intanto nel volgare gioco si erano aggiunti anche gli altri con uno degli uomini che stava penetrando la donna intenta a succhiare il pene del marito, se era il marito, mentre l’altro uomo e l’altra donna, beh, avete capito, faccio fatica anche a dirlo. E tutto intorno la vita continuava come se niente fosse, come se fosse normale fare sesso in mezzo alla gente, così, liberamente. Ad un certo punto mi sono ritrovata a correre verso casa sconvolta dalla situazione, imbarazzata da quanto visto, eccitata da quei corpi, quei gesti. E li ho potuto sfogare il pianto, allentare la tensione. Un pianto liberatorio mentre la mia mano scendeva a cercare il fulcro del piacere. Allora, come non avevo mai fatto prima ho infilato un dito tra le labbra gonfie del mio sesso e, quasi con violenza, mi sono donata quel piacere fino a quel momento trattenuto. E il pianto è diventato di rabbia. E così mi ha trovata mio marito.
scritto il
2019-10-19
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