La signora Sophie Capaldi - Incontro
di
Lizbeth Gea
genere
dominazione
#lesbo #milf #pissing #dominazione #sadomaso
Erano passate due settimane da quella famosa festa di capodanno. Tenevo spento il cellulare del “lavoro” per due ragioni: uno, ero in piena sezione universitaria, due, dopo quella prestazione, avevo bisogno di qualche giorno per riprendermi e meditare sul mio futuro.
Durante questo periodo erano successe un sacco di cose, avevo conosciuto un ragazzo, ero stata a letto, finalmente, con una mia amica, avevo fatto il cambio di proprietà della Smart regalatami dal Signor Vincenzo e avevo speso tutti i soldi guadagnati in vestiti.
Finalmente avevo dato l’ultimo esame delle sezione, e decisi di riaccendere il telefono, per controllare i vari messaggi arrivati. Tra di essi c’erano quelli dei clienti abituali, poi, nella casella vocale, sentii una voce femminile, lo trovai strano anche perché aveva qualcosa di famigliare. Decisi di ascoltare tutto il messaggio.
“Salve signorina, il tuo numero mi è stato dato da Samantha, spero che non ti arrabbi, metto subito le carte in tavola, sono la donna con cui hai fatto sesso a capodanno, si quella con il figlio.” – Ora chissà che voleva, speravo sinceramente che non volesse un bis. Continuai l’ascolto del messagio.
“volevo dirti che quella sera sei stata molto brava, e soprattutto non ci hai giudicati, purtroppo lui è un mammone, e non riesce a fare sesso senza la mia presenza. Comunque sto perdendo tempo, ti ho cercata perché ho bisogno del tuo aiuto. Il primo febbraio mi devo regare a Spoleto per lavoro e, visto che sono da sola, ho bisogno di compagnia. Giuro che mio figlio non viene. Se vuoi discutere i termini, ti lascio il mio numero alla fine del messaggio”.
Me lo appuntai e per curiosità la chiamai. Non riporto la telefonata, anche perché non c’era nulla di interessante, vi posso solo dire che andai a trovarla tre giorni dopo, a casa sua.
Prima di tutto, era una casa bellissima, da lei non mi sarei aspettato altro. La cosa più bella della casa era la padrona, che io trovai luminosa. Aveva dei leggings neri che risaltavano il sedere e un top elastico, appresi che aveva appena finito di allenarsi. Mi fece accomodare.
“Prima di tutto chiamami Sophie, l’ultima volta non ho avuto il tempo di presentarmi” – Si mise a ridere – “Anche perché credo che la situazione fosse imbarazzante, almeno per te”
“In effetti” – Mi guardai in giro.
“Bene, come ti ho annunciato al telefono, mi serve una ragazza per compagnia, ma anche per aiutarmi con i clienti e, visto che non siamo ipocrite, sai benissimo cosa intendo”
“Posso immaginare”
“Ovviamente ti pagherò bene, anzi hai in mente una cifra adeguata”
“Bhe, dipende dal numero dei giorni che la devo accompagnare”
“Direi per l’intero week end”
“Dato che in media prendo 200 euro all’ora. Direi che 10000 euro possano andare bene” – Sparai alto.
“Senti, non mi prendere in giro, per quella cifra ne trovo tre di ragazze”
“Però tra mille ha chiamato me, o sbaglio, vanno bene 5000 euro più le spese”
“Bhe le spese erano scontate, va bene, pero prima devi passare il mio test”
“Test”
Allungò la mano dietro al divano, da dove prelevò un frustino sadomaso, con delle borghie al limite. Sbattè la punta sulla mano e mi fissò.
“Facciamo così, oggi ti dò 200 euro, e se mi piaci ti assumo”
Si alzò in piedi e si avvicinò a me. Mi passò il frustino sulla faccia, ed ebbi paura che mi facesse del male, invece lo fece scorrere lungo il corpo infilandolo in mezzo alle mie gambe. Per provocazione strinsi le gambe, mi diede una sberla sul seno.
“Non devi fare la furba con me”
E mi diede una sberla in piena faccia, afferrai la mano e guardandola dritta in faccia – “Prima forse mi deve pagare e, visto le sue intenzioni, il prezzo sale a 400 euro” – Poi pensando che avessi esagerare – “Se preferisce le può detrarre dal mio stipendio”
Rise, mi accarezzò dove mi aveva colpita e mi baciò.
“Mi piaci” – Si diresse forse il mobile in fondo alla stanza, la vidi scrivere qualcosa e mi consegnò un assegno. Lo misi nella borsa.
“Ora vieni con me”
“Una volta che mi ha pagata, faccio tutto quello che vuole”
Mi accompagnò verso una porta chiusa, con una strana tastiera numerica, digitò un codice e la porta si aprì, si girò verso di me.
“Qui è dove porto mio figlio, quando non fa il bravo”
Entrammo in una stanza buia, premette un interruttore e una luce blu si diffuse nel locale. Era il Luna-Park del sadomaso, non mi intimorii, ero abituata. C’erano catene, sedie, fruste, chiudi, croci e ogni genere di tortura. Immaginai suo figlio e scoppiai a ridere.
“Cazzo ridi, troia” – Mi frusto con violenza il viso, mi procurò un piccolo taglio che sanguinò. Mi leccò la verita – “ora ti voglio nuda”.
Mentre io mi spogliavo e gettavo i vestiti per terra, lei si cambio. Indossò una minigonna di pelle. Sopra le tette nude, mise una giacchetta con le borchie e ai piedi indosso degli stivali alti fino alle ginocchia e con 12 cm di tacco.
Rimasi nuda al freddo, mi strinsi le braccia intorno al petto. Lei si avvicinò con movimenti sinuosi, causati dai tacchi alti, premette due dita intorno alla mia pancia e mi girò intorno. Le sue dita scorsero sul mio corpo. Una volta dietro di me, mi frustò con violenza il culo.
Improvvisamente sentii qualcosa spingermi da dietro, probabilmente fu lei con una delle sue gambe e mi ritrovai per terra, con la faccia sul pavimento. Lei mi si accostò subito, mi prese per i capelli.
“Lecca, la moquette, idiota”
Allungai la lingua e leccai quella superficie polverosa. Lei intanto continuava a sculacciarmi, già quella sera di capodanno avevo capito che era una donna che amava avere il controllo.
Mi mise un collare intorno al collo, e mi tirò dal quinzaglio come se fossi una cagna, in effetti, in quel momento lo ero. Lei mi trascinò verso una strana panca e mi fece rialzare.
Subito mi spinse sopra quella fredda asse di legno, dove mi sdraii, mi imprigionò le braccia in delle morse di pelle. Ai lati della panca c’erano due aste nere con dei lacci. Mi fece solleva le gambe e mi imprigionò così, con le gambe alte e spalancate.
Continuava a girarmi intorno e passava la frusta sul mio corpo, sul mio viso, sul mio seno, sulla mia pancia. Una volta arrivata alla passera me la frusto. Il mio corpo ebbe un impulso elettrico, ma ero immobilizzata.
Arrivò dietro il mio viso, si girò e chinò il sedere fino alla mia bocca.
“Leccami”
Allungai la lingua e iniziai a leccare tutto quello che mi proponeva.
Intanto si accarezzava il seno sotto la giacca. Sentii un fluido scorrere dalla mia passera. Scendeva lentemente verso il passo. Mi provocò dei brividi.
Lei si sedette letteralmente sopra il mio viso e soffocai nella sue chiappe. Leccai con intensità.
“Uhnn sei molto brava”
Si girò. Mise le gambe intorno al mio viso, scese sul mio corpo lo accarezzò e mi afferrò le tette. La sua figa si strusciava sul mio naso. Potevo bere i suoi liguidi.
Si allungò sul mio corpo, mi accarezzò il clitoride, mi allargò le labbra e mi infilò la lingua, contorsi la faccia. Ero talmente eccitata, che non riuscivo a leccarla. Lei se ne accorse e mi avvicinò il suo piacere.
Improvvisamente sentii le mie gambe crollare, mi aveva liberata. Si distolse dal mio corpo e mi liberò.
“Rimani ferma”
Obbedii.
Tornò con una Ball-gag, mi imbavagliò poi mi tappò il naso, non riuscivo a respirare. Tutto questo durò un minuto, diventai rossa, sentivo il viso scoppiarmi, poi tolse le dita, e io tornai a respirare.
Riprese in mano il guinzaglio e tirò, scattai sull’attenti in un attimo, anche perché il collare era così stretto che faceva male. Lei si guardò in giro, la vedevo indecisa, poi puntò ad una croce, mi strattonò ancora.
Giungemmo a quella tortura mediovale, mi fece girare e ancora una volta mi inprigionò, stavolta in piedi.
Rovistò in un cassetto, ne prevalò due oggetti, uno strap-on e un coltello tascabile. Indossò il fallo e ,con in mano il coltello, si avvicinò a me.
Non so perché non ebbi la minima paura.
Appoggiò la lama sul mio seno rifatto e lo passò con il lato tagliente, il mio corpo iniziò a sanguinare. Ad ogni taglio corrispondeva una leccava, intanto sentivo la punta di gomma giocare con il mio clito.
Ero completamente alla sua mercè, si inginocchio e passò la lama sulle gambe. Il suo posto la prese la llingua e si avvicinò al mio monte di venere. Mi infilò il manico del coltello dentro la passera. Istintamente cercai di liberarmi, urlai, ma il bavaglio mi attenuò l’urlo.
Si rialzò e sentiti il suo corpo avvicinarsi, sentii il suo seno scontrami al mio. Infilò una mano nella tasta della giacchetta e ne estrasse una benda. Tutto intorno a me diventò buio.
Mi levò il bavaglio e sentii una lingua penetrarmi la bocca, ricambiai il bacio.
Un oggetto umido si appoggiò sulla mia gamba destra, lo sentii avanzare e, nel giro di pochi secondi, lo sentii penetrami, fui invasa nel mio piacere e dal mio piacere.
“Puttana lo senti, è piu grosso di quello di mio figlio” – Non risposi – “Rispondi troia” – Sentii qualcosa colpirmi il viso.
Il suo ritmo aumentò, impazzii, adoro farmi possedere.
Le sue mani cercarono le mie, intrecciò le dita, sentii quel cazzo di gomma raggiungermi l’utero.
Urlai, mi tappò la bocca.
Non sentivo altro che piacere. Raggiunsi immediatamente l’orgasmo, lei se ne accorse, non la percepii piu. Sentivo solo qualcuno che maneggiava le cinguie, prime le gambe, ebbi la percezione di essere sospesa sul vuoto, poi, appena mi liberò le braccia, crollai sul pavimento a peso morto.
Qualcuno tirò il quinzaglio, dopo pochi secondi rividi la luce. La prima cosa che vedetti fu la sua passera, era davanti a me a gambe aperte, nessuno mi dovette dire nulla, iniziai a leccarla, le penetrai il culo con le dita.
Si tolse la giacchetta, si strinse i seni. Le spalmai sopra la lingua, stava godendo. Le dita dentro il culo diventarono tre, poi ebbi un idea. Infilai l’altra mano nella figa, prima due dita, poi tre e poi il pugno, la riempii.
“Bastarda”
Spinsi più forte, non smetteva di urlare, aveva perso il controllo, ero io a comandare. Lei orgasmò completamente. Mi trattenne il viso tra le gambe, forse voleva che finissi di leccarla, ma invece. Cosa fece?.
Mi riempi la faccia della sua pipi.
“Sei una lurida troia, un cesso ambulante”
La sua urina mi scorreva sul viso. Aprii la bocca, la sentii entrarmi dentro, la bevvi.
Fu il tocco di classe finale.
Rimanemmo ferme un attimo per rifiatare, tornammo in salotto. Ci rivestemmo.
E, dopo un attimo di silenzio, forse stava cercando le parole giuste, mi parlò.
“Bene sei assunta, trovati davanti alla stazione centrale per le 17 del 31 dicembre”
Chiamò i domestici che mi condussero all’uscita. Un pò freddo come saluto.
A domani con il seguito: La signora Sophie Capaldi – Il lavoro
Erano passate due settimane da quella famosa festa di capodanno. Tenevo spento il cellulare del “lavoro” per due ragioni: uno, ero in piena sezione universitaria, due, dopo quella prestazione, avevo bisogno di qualche giorno per riprendermi e meditare sul mio futuro.
Durante questo periodo erano successe un sacco di cose, avevo conosciuto un ragazzo, ero stata a letto, finalmente, con una mia amica, avevo fatto il cambio di proprietà della Smart regalatami dal Signor Vincenzo e avevo speso tutti i soldi guadagnati in vestiti.
Finalmente avevo dato l’ultimo esame delle sezione, e decisi di riaccendere il telefono, per controllare i vari messaggi arrivati. Tra di essi c’erano quelli dei clienti abituali, poi, nella casella vocale, sentii una voce femminile, lo trovai strano anche perché aveva qualcosa di famigliare. Decisi di ascoltare tutto il messaggio.
“Salve signorina, il tuo numero mi è stato dato da Samantha, spero che non ti arrabbi, metto subito le carte in tavola, sono la donna con cui hai fatto sesso a capodanno, si quella con il figlio.” – Ora chissà che voleva, speravo sinceramente che non volesse un bis. Continuai l’ascolto del messagio.
“volevo dirti che quella sera sei stata molto brava, e soprattutto non ci hai giudicati, purtroppo lui è un mammone, e non riesce a fare sesso senza la mia presenza. Comunque sto perdendo tempo, ti ho cercata perché ho bisogno del tuo aiuto. Il primo febbraio mi devo regare a Spoleto per lavoro e, visto che sono da sola, ho bisogno di compagnia. Giuro che mio figlio non viene. Se vuoi discutere i termini, ti lascio il mio numero alla fine del messaggio”.
Me lo appuntai e per curiosità la chiamai. Non riporto la telefonata, anche perché non c’era nulla di interessante, vi posso solo dire che andai a trovarla tre giorni dopo, a casa sua.
Prima di tutto, era una casa bellissima, da lei non mi sarei aspettato altro. La cosa più bella della casa era la padrona, che io trovai luminosa. Aveva dei leggings neri che risaltavano il sedere e un top elastico, appresi che aveva appena finito di allenarsi. Mi fece accomodare.
“Prima di tutto chiamami Sophie, l’ultima volta non ho avuto il tempo di presentarmi” – Si mise a ridere – “Anche perché credo che la situazione fosse imbarazzante, almeno per te”
“In effetti” – Mi guardai in giro.
“Bene, come ti ho annunciato al telefono, mi serve una ragazza per compagnia, ma anche per aiutarmi con i clienti e, visto che non siamo ipocrite, sai benissimo cosa intendo”
“Posso immaginare”
“Ovviamente ti pagherò bene, anzi hai in mente una cifra adeguata”
“Bhe, dipende dal numero dei giorni che la devo accompagnare”
“Direi per l’intero week end”
“Dato che in media prendo 200 euro all’ora. Direi che 10000 euro possano andare bene” – Sparai alto.
“Senti, non mi prendere in giro, per quella cifra ne trovo tre di ragazze”
“Però tra mille ha chiamato me, o sbaglio, vanno bene 5000 euro più le spese”
“Bhe le spese erano scontate, va bene, pero prima devi passare il mio test”
“Test”
Allungò la mano dietro al divano, da dove prelevò un frustino sadomaso, con delle borghie al limite. Sbattè la punta sulla mano e mi fissò.
“Facciamo così, oggi ti dò 200 euro, e se mi piaci ti assumo”
Si alzò in piedi e si avvicinò a me. Mi passò il frustino sulla faccia, ed ebbi paura che mi facesse del male, invece lo fece scorrere lungo il corpo infilandolo in mezzo alle mie gambe. Per provocazione strinsi le gambe, mi diede una sberla sul seno.
“Non devi fare la furba con me”
E mi diede una sberla in piena faccia, afferrai la mano e guardandola dritta in faccia – “Prima forse mi deve pagare e, visto le sue intenzioni, il prezzo sale a 400 euro” – Poi pensando che avessi esagerare – “Se preferisce le può detrarre dal mio stipendio”
Rise, mi accarezzò dove mi aveva colpita e mi baciò.
“Mi piaci” – Si diresse forse il mobile in fondo alla stanza, la vidi scrivere qualcosa e mi consegnò un assegno. Lo misi nella borsa.
“Ora vieni con me”
“Una volta che mi ha pagata, faccio tutto quello che vuole”
Mi accompagnò verso una porta chiusa, con una strana tastiera numerica, digitò un codice e la porta si aprì, si girò verso di me.
“Qui è dove porto mio figlio, quando non fa il bravo”
Entrammo in una stanza buia, premette un interruttore e una luce blu si diffuse nel locale. Era il Luna-Park del sadomaso, non mi intimorii, ero abituata. C’erano catene, sedie, fruste, chiudi, croci e ogni genere di tortura. Immaginai suo figlio e scoppiai a ridere.
“Cazzo ridi, troia” – Mi frusto con violenza il viso, mi procurò un piccolo taglio che sanguinò. Mi leccò la verita – “ora ti voglio nuda”.
Mentre io mi spogliavo e gettavo i vestiti per terra, lei si cambio. Indossò una minigonna di pelle. Sopra le tette nude, mise una giacchetta con le borchie e ai piedi indosso degli stivali alti fino alle ginocchia e con 12 cm di tacco.
Rimasi nuda al freddo, mi strinsi le braccia intorno al petto. Lei si avvicinò con movimenti sinuosi, causati dai tacchi alti, premette due dita intorno alla mia pancia e mi girò intorno. Le sue dita scorsero sul mio corpo. Una volta dietro di me, mi frustò con violenza il culo.
Improvvisamente sentii qualcosa spingermi da dietro, probabilmente fu lei con una delle sue gambe e mi ritrovai per terra, con la faccia sul pavimento. Lei mi si accostò subito, mi prese per i capelli.
“Lecca, la moquette, idiota”
Allungai la lingua e leccai quella superficie polverosa. Lei intanto continuava a sculacciarmi, già quella sera di capodanno avevo capito che era una donna che amava avere il controllo.
Mi mise un collare intorno al collo, e mi tirò dal quinzaglio come se fossi una cagna, in effetti, in quel momento lo ero. Lei mi trascinò verso una strana panca e mi fece rialzare.
Subito mi spinse sopra quella fredda asse di legno, dove mi sdraii, mi imprigionò le braccia in delle morse di pelle. Ai lati della panca c’erano due aste nere con dei lacci. Mi fece solleva le gambe e mi imprigionò così, con le gambe alte e spalancate.
Continuava a girarmi intorno e passava la frusta sul mio corpo, sul mio viso, sul mio seno, sulla mia pancia. Una volta arrivata alla passera me la frusto. Il mio corpo ebbe un impulso elettrico, ma ero immobilizzata.
Arrivò dietro il mio viso, si girò e chinò il sedere fino alla mia bocca.
“Leccami”
Allungai la lingua e iniziai a leccare tutto quello che mi proponeva.
Intanto si accarezzava il seno sotto la giacca. Sentii un fluido scorrere dalla mia passera. Scendeva lentemente verso il passo. Mi provocò dei brividi.
Lei si sedette letteralmente sopra il mio viso e soffocai nella sue chiappe. Leccai con intensità.
“Uhnn sei molto brava”
Si girò. Mise le gambe intorno al mio viso, scese sul mio corpo lo accarezzò e mi afferrò le tette. La sua figa si strusciava sul mio naso. Potevo bere i suoi liguidi.
Si allungò sul mio corpo, mi accarezzò il clitoride, mi allargò le labbra e mi infilò la lingua, contorsi la faccia. Ero talmente eccitata, che non riuscivo a leccarla. Lei se ne accorse e mi avvicinò il suo piacere.
Improvvisamente sentii le mie gambe crollare, mi aveva liberata. Si distolse dal mio corpo e mi liberò.
“Rimani ferma”
Obbedii.
Tornò con una Ball-gag, mi imbavagliò poi mi tappò il naso, non riuscivo a respirare. Tutto questo durò un minuto, diventai rossa, sentivo il viso scoppiarmi, poi tolse le dita, e io tornai a respirare.
Riprese in mano il guinzaglio e tirò, scattai sull’attenti in un attimo, anche perché il collare era così stretto che faceva male. Lei si guardò in giro, la vedevo indecisa, poi puntò ad una croce, mi strattonò ancora.
Giungemmo a quella tortura mediovale, mi fece girare e ancora una volta mi inprigionò, stavolta in piedi.
Rovistò in un cassetto, ne prevalò due oggetti, uno strap-on e un coltello tascabile. Indossò il fallo e ,con in mano il coltello, si avvicinò a me.
Non so perché non ebbi la minima paura.
Appoggiò la lama sul mio seno rifatto e lo passò con il lato tagliente, il mio corpo iniziò a sanguinare. Ad ogni taglio corrispondeva una leccava, intanto sentivo la punta di gomma giocare con il mio clito.
Ero completamente alla sua mercè, si inginocchio e passò la lama sulle gambe. Il suo posto la prese la llingua e si avvicinò al mio monte di venere. Mi infilò il manico del coltello dentro la passera. Istintamente cercai di liberarmi, urlai, ma il bavaglio mi attenuò l’urlo.
Si rialzò e sentiti il suo corpo avvicinarsi, sentii il suo seno scontrami al mio. Infilò una mano nella tasta della giacchetta e ne estrasse una benda. Tutto intorno a me diventò buio.
Mi levò il bavaglio e sentii una lingua penetrarmi la bocca, ricambiai il bacio.
Un oggetto umido si appoggiò sulla mia gamba destra, lo sentii avanzare e, nel giro di pochi secondi, lo sentii penetrami, fui invasa nel mio piacere e dal mio piacere.
“Puttana lo senti, è piu grosso di quello di mio figlio” – Non risposi – “Rispondi troia” – Sentii qualcosa colpirmi il viso.
Il suo ritmo aumentò, impazzii, adoro farmi possedere.
Le sue mani cercarono le mie, intrecciò le dita, sentii quel cazzo di gomma raggiungermi l’utero.
Urlai, mi tappò la bocca.
Non sentivo altro che piacere. Raggiunsi immediatamente l’orgasmo, lei se ne accorse, non la percepii piu. Sentivo solo qualcuno che maneggiava le cinguie, prime le gambe, ebbi la percezione di essere sospesa sul vuoto, poi, appena mi liberò le braccia, crollai sul pavimento a peso morto.
Qualcuno tirò il quinzaglio, dopo pochi secondi rividi la luce. La prima cosa che vedetti fu la sua passera, era davanti a me a gambe aperte, nessuno mi dovette dire nulla, iniziai a leccarla, le penetrai il culo con le dita.
Si tolse la giacchetta, si strinse i seni. Le spalmai sopra la lingua, stava godendo. Le dita dentro il culo diventarono tre, poi ebbi un idea. Infilai l’altra mano nella figa, prima due dita, poi tre e poi il pugno, la riempii.
“Bastarda”
Spinsi più forte, non smetteva di urlare, aveva perso il controllo, ero io a comandare. Lei orgasmò completamente. Mi trattenne il viso tra le gambe, forse voleva che finissi di leccarla, ma invece. Cosa fece?.
Mi riempi la faccia della sua pipi.
“Sei una lurida troia, un cesso ambulante”
La sua urina mi scorreva sul viso. Aprii la bocca, la sentii entrarmi dentro, la bevvi.
Fu il tocco di classe finale.
Rimanemmo ferme un attimo per rifiatare, tornammo in salotto. Ci rivestemmo.
E, dopo un attimo di silenzio, forse stava cercando le parole giuste, mi parlò.
“Bene sei assunta, trovati davanti alla stazione centrale per le 17 del 31 dicembre”
Chiamò i domestici che mi condussero all’uscita. Un pò freddo come saluto.
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