Prigioniera dei viet cong
di
Yuko
genere
saffico
Jane Lynn è una giornalista freelance. Molto orgogliosa e indipendente, forte del suo corpo formoso e attraente, dei suoi capelli biondi e della carnagione scura, cerca forse con esagerata tenacia di essere indipendente e superiore ai suoi colleghi maschi.
All'epoca della guerra del Viet Nam aveva una trentina di anni e un gran bisogno di emergere.
Con il suo fare sornione ed un ostentato buon uso del proprio corpo, riusciva ad ottenere parecchi favori, anche se praticamente sempre, riusciva a cavarsela senza dare in cambio quanto lasciato immaginare.
Ebbe la felice intuizione di cavalcare la rivolta popolare contro la guerra in indocina, ottenendo di trasferirsi a Saigon nel pieno di una delle crisi della politica militare statunitense.
Forse eccessivamente fiduciosa nelle proprie doti di giornalista e nella sua capacità di persuasione, riuscì facilmente ad ottenere dal comando militare alcuni permessi che le consentirono di girare abbastanza indisturbata tra gli appostamenti americani, ma il suo preciso intento era quello di infiltrarsi in qualche rifugio di viet-cong per ottenere qualche intervista esclusiva da mostrare al popolo americano che sempre più osteggiava questa guerra assurda.
Ovviamente nessun comando poteva rilasciarle un simile permesso e pertanto, dopo aver girovagato senza concludere nulla per molto tempo, alla fine Jane si fece prestare una jeep e con una scusa qualunque, imboccò una delle strade che, oltre i confini dei territori protetti, si avventurava in terreni sotto influenza del viet-cong.
All'ultimo posto di blocco, con qualche vecchio permesso sgualcito e illeggibile e con molto savoir faire, riuscì a convincere i militari, che lei poteva passare e che sarebbe presto ritornata.
Solo, il suo autista, le lasciò il volante, preferendo aspettare al posto di blocco, anche a garanzia del suo rapido rientro.
Di tutti i personaggi di cui aveva sentito parlare, poco al comando centrale e molto in varie interviste a sottoposti, quello che più voleva incontrare era un tal Huan Chen Minh, ritenuto, nel sud del Viet Nam, il più influente e temuto comandante dei viet-cong.
Con sfacciata sicurezza di se, era convinta di convincerlo a rilasciare una intervista strepitosa che ai cittadini americani, avrebbe esposto la reale situazione di oppressione in cui si trovava il popolo del sud.
Spense la radio che mandava musica ad alto volume, mano a mano che si inoltrava nella jungla del territorio fuori dalla sorveglianza militare. Sapeva che non doveva cercare, ma che sarebbero stati gli altri a cercare lei.
Con suo disappunto, però, non successe nulla, anche se, ne era sicura, decine di occhio la stavano spiando.
-Potrei aprire la camicia e vedere se si smuove qualcosa!- pensò con stizza. Ma nulla.
Al primo accenno di tenebre dovette risolversi a tornare indietro. Voleva evitare che qualcuno dovesse venire a cercarla e che la notizia, diffondendosi, le potesse creare problemi in futuro.
Al primo spiazzo si fermò per fare inversione ed ecco....un suono sordo, un violento dolore al capo che le fece perdere coscienza.
Non era esattamente così che si aspettava di entrare in contatto con i guerriglieri e quando si svegliò, in preda ad un feroce mal di testa, sentendosi bagnata di sangue non del tutto raggrumato che le colava dalla testa, di lato, si ritrovò legata mani e piedi ad una parete.
Stava giusto per aprire gli occhi verso una fioca luce di lampadina, che una gelida secchiata d'acqua le fu gettata in volto.
-Merda.... non è un buon inizio!- sussurrò, aprendo gli occhi.
Un piccolo guerrigliero viet cong le si fece vicinissimo, alzando il dito la apostrofava urlandole suoni incomprensibili.
-Hey, cin ciun cia, non conosco la tua lingua!- ebbe l'ardire di dire, ricevendo in cambio uno schiaffone e uno sputo in faccia.
Si lasciò andare piegando le gambe, avvertendo una fitta ai polsi. Guardandosi le braccia, scoprì di essere legata con due corde ai pali alti della costruzione in cui si trovata.
Ora focalizzava che quel dolore ai polsi ce l'aveva chissà da quanto tempo. Già... ma da quanto tempo era lì?
-Fatemi parlare con Huan Chen Minh! Sono una amica, giornalista! Sono dalla parte dei viet-cong! È una sporca guerra e deve finire, e io posso aiutarvi muovendo l'opinione pubblica contro i generali!- si infervorò.
Dall'espressione cupa e ostile del guerrigliero, capì che il tizio non aveva capito neanche una parola.
-Huan Chen Minh!!!- gridò ancora, sperando che almeno le uniche parole vietnamite fossero comprese.
Il piccolo guerrigliero, la guardò con aspetto minaccioso, ma senza più farle nulla, se ne uscì dalla buia stanza.
Jane si ritrovò da sola. La camicia fradicia le si appiccicava al corpo e non riusciva a grattarsi. Tremava dal freddo e le facevano male i polsi e la testa. Appena accennava ad addormentarsi si lasciava andare appesa alle corde che le serravano i polsi, risvegliandosi subito dal dolore.
Era stata una idiota, ora se ne rendeva conto. Magari Huan Chen Minh non esisteva neanche, o era un modo di dire, o un insulto.... E ora era lì. Sarebbe morta? Torturata? Sarebbe rimasta per mesi in una cella piena di topi? Sarebbe morta di malaria? Di fame?
-Che deficiente!!!!- urlò arrabbiandosi con sé stessa, digrignando i denti e cercando di liberarsi i polsi e le caviglie, legate a gambe aperte, dimenandosi ad occhi chiusi in tutte le direzioni.
Ma nulla.
La testa le pulsava, aveva sete, la lingua secca.
Aprì lentamente gli occhi e cercò di fissare la luce fioca della lampadina.
Solo dopo si accorse che una figura la stava osservando, dal pertugio che costituiva l'uscita della sua prigione.
-Huan Chen Minh?- chiese in tono supplichevole. Ma la figura scomparve lasciandola da sola.
Forse si addormentò.
Una nuova, l'ennesima, secchiata di acqua gelida la svegliò di nuovo.
-Ma porca....................!- urlò scuotendo selvaggiamente il capo per togliersi dalla faccia i capelli impiastricciati di fango ed acqua.
Guardò con odio il vietcong che di fianco a lei la guardava in tono di sfida, gli digrignò addosso i denti cercando di raggiungerlo per morderlo, ma quello si spostò e cominciò ad urlargli addosso frasi incomprensibili.
Aveva il fiato che puzzava tremendamente di aglio, ma di tutta la spatafiata che gli vomitò addosso, Jane, almeno capì soltanto “Huan Chen Minh”.
Il vietcong si allontanò camminando all'indietro. Si udì una voce bisbigliata e questo si voltò e se ne andò chiudendo una piccola porta di legno.
Solo allora Jane si accorse che poco in disparte, davanti a lei, c'era un'altra persona.
Era comparsa una sedia e in questo momento, il nuovo soggetto la stava fissando in silenzio, appoggiato coi gomiti alla sedia.
Si accese una sigaretta. La luce dell'accendino, in quella penombra a cui ormai Jane si era abituata, le sembrò accecante.
L'uomo aspiro voluttuosamente ed iniziò a parlare a bassa voce, quasi un sussurro, mentre il fumo usciva tra le parole.
Jane non capiva nulla della lingua vietnamita e di cosa stesse dicendo chi le si trovava dinanzi.
Il tizio, evidentemente non trovando risposta, le si avvicinò. La minacciò con un pugno vicinissimo al volto continuando a bisbigliarle frasi incomprensibili.
Aveva una voce strozzata e piena di minaccia.
Jane, sfinita, scoppiò a piangere.
-Non capisco....- singhiozzò. -Non capisco la vostra lingua, lasciatemi andare, non dirò nulla! Non uccidetemi!-
Il vietcong si allontanò da lei scuotendo il capo. Guardò la sigaretta soffiando sulla cenere per ravvivarne la brace. Tornò pensoso alla sua sedia di paglia.
Poi di nuovo si rialzò venendo verso Jane. Alzò la sua mano. Jane girò la testa di lato per resistere all'imminente ceffone, che invece non arrivò.
Il guerrigliero invece le porse la sigaretta.
Jane fece un lungo sospiro di sollievo.
-Sia benedetto il cielo!- sussurrò, allungando le labbra secche verso la sigaretta ed aspirando con rabbia.
Ancora, il soldato le si avvicinò con una borraccia, cui Jane, facendo cadere la sigaretta, si avventò con un urlo selvaggio. -Seteeee!!!-
Bevve avidamente qualche sorso di acqua che, versata grossolanamente, le colava lungo la bocca, giù sul collo.
Lo sconosciuto intanto sussurrava con voce strozzata qualche altra incomprensibile frase.
Jane si interruppe di nuovo appena sentì pronunciare quel nome.
-Allora lo conosci? Puoi portarmi da Huan Chen Minh? Ti giuro che posso essere utile alla vostra causa! Scriverò di voi, delle malvagità fatte dai militari americani! La gente capirà! Ha bisogno di sapere!!!- finì con un singhiozzo, esasperata e completamente sfiduciata.
-Portatemi da Huan Chen Minh!!!!- ringhiò ancora con rabbia, tutta protesa contro lo sconosciuto carceriere.
Un nuovo schiaffone col dorso della mano le girò la faccia dall'altra parte, mentre veniva scossa da una nuova crisi di pianto.
Lo sconosciuto la stava guardando, commentando con frasi incomprensibili.
Poi di colpo, come se avesse preso una decisione, estrasse qualcosa di luccicante dalla larga divisa militare mimetica. Una lama. La lama di uno smisurato coltello da combattimento.
-Ommioddio.......!- riuscì solo a sussurrare Jane, vedendosi ormai prossima alla sua fine.
Il vietcong le si avvicinò. Con la luce alle spalle, Jane vedeva solo brillare la grossa lama, puntata sotto la sua gola.
Ma il soldato si mise la lama fra i denti. La pelle era rivestita di segni neri e verde scuro, per mimetizzarsi tra le fronde. Respirava rumorosamente.
Allungò le mani al collo di Jane...ma invece di strangolare la ragazza, lo sconosciuto le prese i lembi della camicia militare e lo strappò violentemente facendo saltare i bottoni.
Il petto si Jane si scoprì, lucido di sudore e dell'acqua delle secchiate. Dal reggiseno bianco una mammella spuntava mezzo scoperta.
-E adesso che vuole fare....?- si chiese Jane che non vedeva fine a quell'incubo.
Il vietcong la prese per il mento e se la avvicinò al proprio volto, la sua bocca fu sopra le labbra della giornalista, ma invece di un morso o di un'azione violenta, con stupore, l'americana ricevette un morbido lento bacio, una lingua che si insinuava nella sua bocca, in cerca della sua.
-Puahhh!- si ritrasse schifata, sputando per terra.
-Maledetti porci, ci manca solo che a turno mi violentate tutti prima di ammazzarmi! Andate tutti a farvi fottere!-
Il vietnamita parve arrabbiarsi molto per questa mancata sottomissione.
Impugnò con decisione il coltellaccio e si avvicinò al ventre della giornalista con il fermo proposito di sventrarla dal basso all'alto.
Jane chiuse gli occhi stringendo i denti in attesa dell'ultimo liberatorio supplizio.
-Che morte di merda, sventrata a marcire in mezzo alla giungla, con le budella di fuori...- si sorprese a pensare.
Il coltello le penetrò nei tessuti al basso ventre, ma mentre ormai Jane pensava di sentirne la lama entrarle nella pancia, con stupore scoprì che il vietnamita diresse in alto la lama, facendole saltare in un solo deciso colpo la cintura e la chiusura dei calzoni
I calzoni le scivolarono in basso scoprendo appena appena le mutandine bianche, che, bagnate dall'acqua delle secchiate, diventate trasparenti, lasciavano intuire i biondi peli del pube.
Cominciò a respirare affannosamente.
Con gesti rapidi ed esperti il suo carceriere le dilaniò a coltellate i calzoni lasciandola con le cosce nude. Quello che restava dei calzoni, ai suoi piedi.
-Porci!- sibilò.
In tutta risposta ricevette una stridula sequenza di quello che pensava fossero insulti. Aveva proprio fatto arrabbiare il vietcong che con passi decisi le si avvicinò nuovamente brandendo quel tremendo coltello. Lo puntò allo sterno della statunitense, ma ancora, invece di piantarglielo nel petto, con un solo colpo le tagliò il reggiseno, proprio tra le coppe.
Il seno di Jane esplose fuori dal tessuto, lucido e bagnato. I capezzoli irrigiditi nella tensione.
Un bel seno pieno, sodo, abbastanza abbondante, che richiamò l'attenzione del militare.
Avvicinò la punta del coltello ad un capezzolo.
-Non fatemi male....- scoppiò a piangere nella paura e nell'umiliazione, la giornalista.
-Fate di me quello che volete, ma non torturatemi.... vi prego....!-
La punta del coltello accarezzava il suo capezzolo, mentre la ragazza trasaliva in un misto di piacere e di dolore.
-Maledetti....- sussurrò ancora mentre, suo malgrado, sentiva crescere l'eccitazione.
La vulva si stava bagnando ed il vietnamita se ne sarebbe presto accorto.
In effetti la figura di fronte a sé, sempre la luce alle spalle, le si inginocchiò davanti al pube, il coltellaccio gli luccicava in mano sinistro.
Jane piangeva di terrore chiedendosi quando sarebbe finita quella tortura, ma intenzionata ad assecondare il nemico per non essere torturata.
Il vietcong si avvicinò alle mutande annusando rumorosamente l'odore intimo di Jane. Ci strofinò il naso, mentre Jane, suo malgrado sentiva la figa bagnarsi sempre di più, colando sulle mutandine.
Se ne accorse il militare, annusando con più intensità l'aroma di Jane, che pareva inebriarlo.
Poi, con più decisione iniziò a dare piccoli morsi al monte di Venere dell'americana, tirandole il tessuto delle mutandine.
A Jane piaceva quel massaggio. Cercava di trattenere i gemiti per non farsi sentire dal guerrigliero, ma le mutandine si stavano bagnando sempre di più, espandendo intorno il ben percepibile aroma del suo piacere.
-Siete tutti dei porci....- sussurrò ancora con molta meno convinzione, iniziando involontariamente a spingere il pube verso quella bocca vogliosa.
Di nuovo la lama le si avvicinò, giunta agli inguini si infilò sollo il bordo delle mutandine, facendole andare in pezzi con una facilità impressionante.
Jane capì che era meglio non muoversi vicino a quella lama che doveva essere estremamente affilata.
La vulva con i peli biondi e poco ricci del pube erano ora all'aria, sotto gli occhi curiosi del vietnamita che probabilmente non aveva mai visto prima d'ora una figa bionda e crespa.
Il vietcong avvicino la bocca a quella vulva bagnata che gli si fece incontro con desiderio.
Una piccola lingua si insinuò tra le grandi labbra, trovando spazio verso la vagina di Jane. Aperte le piccole labbra, la lingua si muoveva con esperte leccate che aumentavano il piacere della bionda americana, che ormai aveva deciso che, visto che doveva morire, almeno poteva cercare di godersela.
Le mani del guerrigliero le aprirono di più le cosce, mentre Jane trasalì sotto il tocco delle dita del militare, che, a sorpresa, trovò leggere e delicate.
Il vietcong strofinava le dita sulle cosce della giornalista mentre la lingua ne stuzzicava il clitoride.
Jane ormai godeva senza più trattenersi, desiderava essere penetrata, succedesse quello che doveva succedere. Adesso aveva voglia di sentire qualcosa spingersi dentro, profondamente, in figa.
Come se avesse trasmesso il suo pensiero, il vietcong si alzò e le si fece appresso.
Era poco più basso di lei. Con un movimento improvviso le prese in mano una tetta, stringendole il capezzolo tra due dita ed affondando le altre nel tessuto sodo. La bocca iniziò a leccarle e a succhiarle l'altro capezzolo mentre, finalmente, due dita, dopo aver strofinato la vulva di Jane, umide e lubrificate le penetrarono profondamente nella figa.
-ooooooohhhhhhhhh........- genette Jane di piacere. Almeno quel muso giallo ci sapeva fare. Mica come quei pervertiti americani. O forse era la situazione, la violenza, la paura, il rapimento, che ora la stavano facendo godere come mai le era capitato?
Il militare le succhiava il capezzolo mettendoselo tutto in bocca, mente con le dita si spingeva in profondità nella sua vagina. Jane godeva emettendo piccoli gemiti ad ogni spinta delle dita dentro di lei. Spingeva ritmicamente il bacino per sentire le dita fino in fondo.
-Allora.... ti vuoi sbrigare a scoparmi? Non ce la faccio più... sbattimi, ficcamelo dentro...!-
gemeva e sussurrava ad occhi chiusi sotto quella stimolazione esperta e continua.
Il guerrigliero seppe cogliere il giusto attimo. Poco prima dell'imminente orgasmo di Jane, si staccò da lei, lasciandola senza respiro.
-Che fai? Ti fermi proprio adesso? È questa la tortura?- gli chiese, mentre il bacino ed il seno erano ancora in preda a scosse di piacere.
Finalmente il vietcong si decise.
Con ampio gesto si tolse l'elmetto da combattimento dell'esercito nord-vietnamita buttandolo di lato.
Scosse la testa liberando una lunga capigliatura nero corvina, legata in una coda, con un cordino di cuoio. I lunghi capelli erano rimasti ben nascosti dentro l'elmetto e, alla luce della lampadina, Jane quasi con un urlo di stupore, riconobbe il volto aggraziato di una bellissima ragazza vietnamita.
Avrà avuto 25-26 anni, non di più. La pelle scura, olivastra tipica delle popolazioni del nord, gli zigomi alti e sporgenti e sue occhi nerissimi, incorniciati dalle lunghe palpebre degli occhi orientali.
Jane passò da una ipotetica violenza maschile, alla seducente ed inaspettata situazione di una seduzione da parte di una ragazza orientale, una combattente, addirittura.
L'eccitazione le avvampò il volto, senza ancora capacitarsi della sorpresa; sentì un fiotto di muco colarle dalla vagina, così dolcemente stimolata dalla ragazza.
La vietcong senza troppi convenevoli si sfilò la camicia, mostrandosi nuda sotto l'indumento militare. Un bel seno tondo su cui svettavano due capezzoli dritti al centro di scure areole fece bella mostra di sé, rapendo lo sguardo di Jane.
L'americana non aveva mai avuto esperienze di sesso saffico, anche se spesso con la fantasia ne era stata partecipe e il ritrovarsi ora in questa situazione le fecero crescere un'eccitazione incontenibile.
Il seno della ragazza era lucido di sudore, nel clima torrido tropicale, e i capezzoli brillavano alla fioca luce. Nei larghi indumenti militari, la ragazza aveva magistralmente nascosto le sue sembianze, che adesso si mostravano prepotentemente agli occhi ammaliati della giornalista.
Era eccitata, si vedeva ed ora Jane si preparava all'attacco sexy di quella inaspettata splendida guerrigliera.
La giovane rapidamente si sfilò i calzoni, mostrando il pube nudo, senza copertura di mutandine o altro indumento.
I peli neri e lucidi attirarono l'attenzione di Jane, ma la giovane vietcong, rapidamente le si avvicinò tagliandole i legacci della gambe.
-Ooooohh! Ti ringrazio....- potè finalmente proferire Jane, sgranchendosi le gambe. La ragazza, nuda davanti a lei, la guardava con fare sospettoso-
-Ti ringrazio.... Camm oon!- provò a dire Jane, accennando alle poche parole vietnamite che a stento conosceva.
Di fronte a lei, tutta nuda, con le braccia legate, Jane sentiva di desiderare il corpo tonico e giovane della ragazza. Con tanta delicatezza e tanta passione le aveva baciato i seni, succhiato e massaggiato i capezzoli... e poi il trattamento riservato alla figa denotavano che la ragazza non era certo alla sua prima esperienza lesbica.
-Ti desidero, piccola vietcong.... non aver paura, non scappo. Voglio fare l'amore con te, voglio baciare il tuo corpo....!-
La giovane vietnamita parve aver preso una decisione. Tagliò con un colpo netto i legacci che bloccavano dolorosamente i polsi di Jane.
L'americana sospirò di piacere, si massaggiò i polsi coperti di abrasioni e guardò con gratitudine la guerrigliera che l'aveva liberata dal supplizio.
-Sdraiati- le disse
la guerriera non capì.
Jane le si inginocchiò di fronte e le fece cenno di avvicinarsi.
La ragazza le fu davanti. Il suo pube, deliziosamente ricurvo nel monte di Venere, ricoperto di lunghi peli lucidi, neri come le ali di un corvo, era di fronte al volto ed alla bocca di Jane.
La giornalista ne assaporò l'aroma che si diffondeva,
La ragazza era pulita, il suo sesso profumava di desiderio. Una piccola goccia già ne era uscita e colava all'interno della coscia, sotto le grandi labbra.
Jane le scostò le cosce, divaricandole. La ragazza capì ed obbedì.
Una piccola vulva si aprì sotto le dita di Jane, impazienti di dedicarsi per la prima volta al sesso di un'altra donna. E che donna, una ragazza orientale, nel cuore della jungla vietnamita.
Jane si inebriò del profumo che ne usciva, cui si mescolava un latente aroma di sapone.
Con la lingua si spinse a sfiorare le piccole labbra della ragazza, che subiva in silenzio, trattenendo ogni suono. Le dita scostarono le piccole labbra, quasi nere, della ragazza cercando il clitoride, un piccolo bottoncino che, eretto, appariva provocante alla giunzione delle labbra.
La ragazza aveva piegato le ginocchia avvicinando il clitoride alla lingua curiosa di Jane.
La donna la leccò voluttuosamente, sentendo colarle in bocca il muco vaginale della ragazza. Lo deglutì rapida dal piacere. -Quanto sei buona, giovane viet-cong!-
La ragazza si mordeva le labbra per non emettere gemiti, Jane ne era sicura, ma le contrazioni del ventre, in cerca della lingua di Jane, testimoniavano inequivocabilmente del piacere che la giornalista le stava donando.
-Sdraiati- le disse Jane.
La vietcong sembrava non capire. Allora l'americana le prese le natiche, che senti fresche e sode sotto le dita, e la invitò a sdraiarsi.
Allargò le ginocchia della giovane, le leccò lungamente la superficie interna delle cosce, finendo sempre più vicino alla figa di lei, finchè la ragazza sussurrò -scopami....-
Prima che Jane potesse stupirsi, la ragazza le afferrò i capelli e si tirò la faccia di lei contro la figa per sentirne ancora la lingua. Jane le succhiò le piccole labbra lasciandole andare lentamente, mentre la vietnamita finalmente si lasciava esplodere in gemiti e frasi incomprensibili.
Jane si allungò una mano fin dentro alla propria vagina, che stava colando secrezioni sempre più abbondanti, si bagnò le dita e le allungò a cercare il seno duro e sodo della ragazza.
Si dedicò al suo clitoride, mentre con le dita le strofinava i grossi capezzoli scuri.
La guerrigliera le schiacciò il volto sulla propria figa ed esplose in urla ritmiche, mentre inondava di schizzi di muco misto ad urina il volto dell'americana.
Durò un'eternità quell'orgasmo, in cui Jane si sentì quasi soffocare, stretta dalle cosce della forte guerriera. Ma quando iniziò a pensare di aver finito, la giovane, come una pantera le balzò addosso.
La pelle scura le luccicava di sudore, mentre dalla figa ancora le colavano secrezioni mucose del recente estremo piacere.
Si buttò sul ventre della statunitense, mordendole i peli del pube e poi, volgendo il sedere all'americana, affondò la lingua nella figa di lei.
Jane ricominciò a gemere sotto quel repentino attacco sexy. Sentì le dita della vietnamita entrarle profondamente nella figa, mentre la lingua le massacrava il clitoride.
Al colmo del piacere, sentì un dito entrarle, bagnato di muco, fin dentro al culo, cosa che la fece urlare, per il piacere nuovo, mai provato.
Di fianco a lei il bel sedere tondo della ragazza. Non indugiò ad infilarle le dita dentro alla ricerca del culo, mentre sentiva vicino l'imminente orgasmo.
La ragazza capì le intenzioni della giornalista ed aprì le cosce mostrando un bel culetto dal buco nero e glabro, dentro il quale Jane infilò subito due dita.
Il buco era stretto e la ragazza stringeva dolorosamente, ma l'abbondante muco facilitava l'introduzione.
Leccata al clitoride, infilata nella figa e nel culo dalle lunghe dita della vietnamita, Jane sbattè forte il bacino contro la bocca della ragazza, posseduta da un incontenibile orgasmo, mentre la ragazza spingeva il culo contro le dita di lei.
All'orgasmo violento e prolungato dell'americana, si unì un secondo orgasmo, anale, della guerrigliera. Le urla e i gemiti delle due donne al colmo del piacere si sommavano senza più finire.
Ma dopo un tempo interminabile la vietcong si lasciò andare sul corpo dell'americana.
Nel torpore che ne seguì, Jane sentiva però ancora la lingua della ragazza che si faceva strada tra le sue piccole labbra.
Aprì gli occhi vedendo sopra di lei a cavalcioni la vietnamita nuda con il sedere davanti alla sua faccia.
Mentre la lingua asiatica le penetrava in profondità, prese forte i fianchi della ragazza portandosi la figa asiatica sulla faccia, iniziando a penetrarla con la lingua, spingendo con forza. Pochi secondi bastarono per un nuovo orgasmo delle due donne scatenate, che stavolta si accasciarono come svenute, il corpo giovane e sodo dell'asiatica, su quello della statunitense, il sudore dell'una su quello dell'altra.
Quando si ripresero la vietnamita si rivestì subito, buttando all'americana un paio di calzoni ed una camicia mimetica.
-Cosa devo fare, piccola guerrigliera vietcong? Che ne sarà di me?-
La vietcong le bisbigliò qualcosa che Jane non riuscì ad afferrare.
-Dove devo andare? Riuscirà mai ad incontrare Huan Chen Minh?-
-Sono io Chen Minh!- le disse allora la guerrigliera in perfetto inglese.
-Ora va, torna a casa. Sei libera, nessuno ti farà del male. La tua jeep è fuori da questa porta. Non ritornare più, torna a casa e scrivi di questa sporca guerra!- disse Chen Minh aprendole una piccola porticina. La brezza fresca della jungla sferzò il volto di Jane, mentre indossava rapidamente gli indumenti militari. Paralizzata dalla nuova ulteriore sorpresa, non riusciva a capacitarsi più di nulla.
Chen Minh le indicò la via di fuga che rapida, la giornalista, imbucò per trovarsi prossima al tramonto di un giorno sconosciuto. Poco distante era la sua jeep.
-Non ti dimenticherò, pantera nera della jungla!- riuscì solo a dire, scappando di corsa nella penombra.
All'epoca della guerra del Viet Nam aveva una trentina di anni e un gran bisogno di emergere.
Con il suo fare sornione ed un ostentato buon uso del proprio corpo, riusciva ad ottenere parecchi favori, anche se praticamente sempre, riusciva a cavarsela senza dare in cambio quanto lasciato immaginare.
Ebbe la felice intuizione di cavalcare la rivolta popolare contro la guerra in indocina, ottenendo di trasferirsi a Saigon nel pieno di una delle crisi della politica militare statunitense.
Forse eccessivamente fiduciosa nelle proprie doti di giornalista e nella sua capacità di persuasione, riuscì facilmente ad ottenere dal comando militare alcuni permessi che le consentirono di girare abbastanza indisturbata tra gli appostamenti americani, ma il suo preciso intento era quello di infiltrarsi in qualche rifugio di viet-cong per ottenere qualche intervista esclusiva da mostrare al popolo americano che sempre più osteggiava questa guerra assurda.
Ovviamente nessun comando poteva rilasciarle un simile permesso e pertanto, dopo aver girovagato senza concludere nulla per molto tempo, alla fine Jane si fece prestare una jeep e con una scusa qualunque, imboccò una delle strade che, oltre i confini dei territori protetti, si avventurava in terreni sotto influenza del viet-cong.
All'ultimo posto di blocco, con qualche vecchio permesso sgualcito e illeggibile e con molto savoir faire, riuscì a convincere i militari, che lei poteva passare e che sarebbe presto ritornata.
Solo, il suo autista, le lasciò il volante, preferendo aspettare al posto di blocco, anche a garanzia del suo rapido rientro.
Di tutti i personaggi di cui aveva sentito parlare, poco al comando centrale e molto in varie interviste a sottoposti, quello che più voleva incontrare era un tal Huan Chen Minh, ritenuto, nel sud del Viet Nam, il più influente e temuto comandante dei viet-cong.
Con sfacciata sicurezza di se, era convinta di convincerlo a rilasciare una intervista strepitosa che ai cittadini americani, avrebbe esposto la reale situazione di oppressione in cui si trovava il popolo del sud.
Spense la radio che mandava musica ad alto volume, mano a mano che si inoltrava nella jungla del territorio fuori dalla sorveglianza militare. Sapeva che non doveva cercare, ma che sarebbero stati gli altri a cercare lei.
Con suo disappunto, però, non successe nulla, anche se, ne era sicura, decine di occhio la stavano spiando.
-Potrei aprire la camicia e vedere se si smuove qualcosa!- pensò con stizza. Ma nulla.
Al primo accenno di tenebre dovette risolversi a tornare indietro. Voleva evitare che qualcuno dovesse venire a cercarla e che la notizia, diffondendosi, le potesse creare problemi in futuro.
Al primo spiazzo si fermò per fare inversione ed ecco....un suono sordo, un violento dolore al capo che le fece perdere coscienza.
Non era esattamente così che si aspettava di entrare in contatto con i guerriglieri e quando si svegliò, in preda ad un feroce mal di testa, sentendosi bagnata di sangue non del tutto raggrumato che le colava dalla testa, di lato, si ritrovò legata mani e piedi ad una parete.
Stava giusto per aprire gli occhi verso una fioca luce di lampadina, che una gelida secchiata d'acqua le fu gettata in volto.
-Merda.... non è un buon inizio!- sussurrò, aprendo gli occhi.
Un piccolo guerrigliero viet cong le si fece vicinissimo, alzando il dito la apostrofava urlandole suoni incomprensibili.
-Hey, cin ciun cia, non conosco la tua lingua!- ebbe l'ardire di dire, ricevendo in cambio uno schiaffone e uno sputo in faccia.
Si lasciò andare piegando le gambe, avvertendo una fitta ai polsi. Guardandosi le braccia, scoprì di essere legata con due corde ai pali alti della costruzione in cui si trovata.
Ora focalizzava che quel dolore ai polsi ce l'aveva chissà da quanto tempo. Già... ma da quanto tempo era lì?
-Fatemi parlare con Huan Chen Minh! Sono una amica, giornalista! Sono dalla parte dei viet-cong! È una sporca guerra e deve finire, e io posso aiutarvi muovendo l'opinione pubblica contro i generali!- si infervorò.
Dall'espressione cupa e ostile del guerrigliero, capì che il tizio non aveva capito neanche una parola.
-Huan Chen Minh!!!- gridò ancora, sperando che almeno le uniche parole vietnamite fossero comprese.
Il piccolo guerrigliero, la guardò con aspetto minaccioso, ma senza più farle nulla, se ne uscì dalla buia stanza.
Jane si ritrovò da sola. La camicia fradicia le si appiccicava al corpo e non riusciva a grattarsi. Tremava dal freddo e le facevano male i polsi e la testa. Appena accennava ad addormentarsi si lasciava andare appesa alle corde che le serravano i polsi, risvegliandosi subito dal dolore.
Era stata una idiota, ora se ne rendeva conto. Magari Huan Chen Minh non esisteva neanche, o era un modo di dire, o un insulto.... E ora era lì. Sarebbe morta? Torturata? Sarebbe rimasta per mesi in una cella piena di topi? Sarebbe morta di malaria? Di fame?
-Che deficiente!!!!- urlò arrabbiandosi con sé stessa, digrignando i denti e cercando di liberarsi i polsi e le caviglie, legate a gambe aperte, dimenandosi ad occhi chiusi in tutte le direzioni.
Ma nulla.
La testa le pulsava, aveva sete, la lingua secca.
Aprì lentamente gli occhi e cercò di fissare la luce fioca della lampadina.
Solo dopo si accorse che una figura la stava osservando, dal pertugio che costituiva l'uscita della sua prigione.
-Huan Chen Minh?- chiese in tono supplichevole. Ma la figura scomparve lasciandola da sola.
Forse si addormentò.
Una nuova, l'ennesima, secchiata di acqua gelida la svegliò di nuovo.
-Ma porca....................!- urlò scuotendo selvaggiamente il capo per togliersi dalla faccia i capelli impiastricciati di fango ed acqua.
Guardò con odio il vietcong che di fianco a lei la guardava in tono di sfida, gli digrignò addosso i denti cercando di raggiungerlo per morderlo, ma quello si spostò e cominciò ad urlargli addosso frasi incomprensibili.
Aveva il fiato che puzzava tremendamente di aglio, ma di tutta la spatafiata che gli vomitò addosso, Jane, almeno capì soltanto “Huan Chen Minh”.
Il vietcong si allontanò camminando all'indietro. Si udì una voce bisbigliata e questo si voltò e se ne andò chiudendo una piccola porta di legno.
Solo allora Jane si accorse che poco in disparte, davanti a lei, c'era un'altra persona.
Era comparsa una sedia e in questo momento, il nuovo soggetto la stava fissando in silenzio, appoggiato coi gomiti alla sedia.
Si accese una sigaretta. La luce dell'accendino, in quella penombra a cui ormai Jane si era abituata, le sembrò accecante.
L'uomo aspiro voluttuosamente ed iniziò a parlare a bassa voce, quasi un sussurro, mentre il fumo usciva tra le parole.
Jane non capiva nulla della lingua vietnamita e di cosa stesse dicendo chi le si trovava dinanzi.
Il tizio, evidentemente non trovando risposta, le si avvicinò. La minacciò con un pugno vicinissimo al volto continuando a bisbigliarle frasi incomprensibili.
Aveva una voce strozzata e piena di minaccia.
Jane, sfinita, scoppiò a piangere.
-Non capisco....- singhiozzò. -Non capisco la vostra lingua, lasciatemi andare, non dirò nulla! Non uccidetemi!-
Il vietcong si allontanò da lei scuotendo il capo. Guardò la sigaretta soffiando sulla cenere per ravvivarne la brace. Tornò pensoso alla sua sedia di paglia.
Poi di nuovo si rialzò venendo verso Jane. Alzò la sua mano. Jane girò la testa di lato per resistere all'imminente ceffone, che invece non arrivò.
Il guerrigliero invece le porse la sigaretta.
Jane fece un lungo sospiro di sollievo.
-Sia benedetto il cielo!- sussurrò, allungando le labbra secche verso la sigaretta ed aspirando con rabbia.
Ancora, il soldato le si avvicinò con una borraccia, cui Jane, facendo cadere la sigaretta, si avventò con un urlo selvaggio. -Seteeee!!!-
Bevve avidamente qualche sorso di acqua che, versata grossolanamente, le colava lungo la bocca, giù sul collo.
Lo sconosciuto intanto sussurrava con voce strozzata qualche altra incomprensibile frase.
Jane si interruppe di nuovo appena sentì pronunciare quel nome.
-Allora lo conosci? Puoi portarmi da Huan Chen Minh? Ti giuro che posso essere utile alla vostra causa! Scriverò di voi, delle malvagità fatte dai militari americani! La gente capirà! Ha bisogno di sapere!!!- finì con un singhiozzo, esasperata e completamente sfiduciata.
-Portatemi da Huan Chen Minh!!!!- ringhiò ancora con rabbia, tutta protesa contro lo sconosciuto carceriere.
Un nuovo schiaffone col dorso della mano le girò la faccia dall'altra parte, mentre veniva scossa da una nuova crisi di pianto.
Lo sconosciuto la stava guardando, commentando con frasi incomprensibili.
Poi di colpo, come se avesse preso una decisione, estrasse qualcosa di luccicante dalla larga divisa militare mimetica. Una lama. La lama di uno smisurato coltello da combattimento.
-Ommioddio.......!- riuscì solo a sussurrare Jane, vedendosi ormai prossima alla sua fine.
Il vietcong le si avvicinò. Con la luce alle spalle, Jane vedeva solo brillare la grossa lama, puntata sotto la sua gola.
Ma il soldato si mise la lama fra i denti. La pelle era rivestita di segni neri e verde scuro, per mimetizzarsi tra le fronde. Respirava rumorosamente.
Allungò le mani al collo di Jane...ma invece di strangolare la ragazza, lo sconosciuto le prese i lembi della camicia militare e lo strappò violentemente facendo saltare i bottoni.
Il petto si Jane si scoprì, lucido di sudore e dell'acqua delle secchiate. Dal reggiseno bianco una mammella spuntava mezzo scoperta.
-E adesso che vuole fare....?- si chiese Jane che non vedeva fine a quell'incubo.
Il vietcong la prese per il mento e se la avvicinò al proprio volto, la sua bocca fu sopra le labbra della giornalista, ma invece di un morso o di un'azione violenta, con stupore, l'americana ricevette un morbido lento bacio, una lingua che si insinuava nella sua bocca, in cerca della sua.
-Puahhh!- si ritrasse schifata, sputando per terra.
-Maledetti porci, ci manca solo che a turno mi violentate tutti prima di ammazzarmi! Andate tutti a farvi fottere!-
Il vietnamita parve arrabbiarsi molto per questa mancata sottomissione.
Impugnò con decisione il coltellaccio e si avvicinò al ventre della giornalista con il fermo proposito di sventrarla dal basso all'alto.
Jane chiuse gli occhi stringendo i denti in attesa dell'ultimo liberatorio supplizio.
-Che morte di merda, sventrata a marcire in mezzo alla giungla, con le budella di fuori...- si sorprese a pensare.
Il coltello le penetrò nei tessuti al basso ventre, ma mentre ormai Jane pensava di sentirne la lama entrarle nella pancia, con stupore scoprì che il vietnamita diresse in alto la lama, facendole saltare in un solo deciso colpo la cintura e la chiusura dei calzoni
I calzoni le scivolarono in basso scoprendo appena appena le mutandine bianche, che, bagnate dall'acqua delle secchiate, diventate trasparenti, lasciavano intuire i biondi peli del pube.
Cominciò a respirare affannosamente.
Con gesti rapidi ed esperti il suo carceriere le dilaniò a coltellate i calzoni lasciandola con le cosce nude. Quello che restava dei calzoni, ai suoi piedi.
-Porci!- sibilò.
In tutta risposta ricevette una stridula sequenza di quello che pensava fossero insulti. Aveva proprio fatto arrabbiare il vietcong che con passi decisi le si avvicinò nuovamente brandendo quel tremendo coltello. Lo puntò allo sterno della statunitense, ma ancora, invece di piantarglielo nel petto, con un solo colpo le tagliò il reggiseno, proprio tra le coppe.
Il seno di Jane esplose fuori dal tessuto, lucido e bagnato. I capezzoli irrigiditi nella tensione.
Un bel seno pieno, sodo, abbastanza abbondante, che richiamò l'attenzione del militare.
Avvicinò la punta del coltello ad un capezzolo.
-Non fatemi male....- scoppiò a piangere nella paura e nell'umiliazione, la giornalista.
-Fate di me quello che volete, ma non torturatemi.... vi prego....!-
La punta del coltello accarezzava il suo capezzolo, mentre la ragazza trasaliva in un misto di piacere e di dolore.
-Maledetti....- sussurrò ancora mentre, suo malgrado, sentiva crescere l'eccitazione.
La vulva si stava bagnando ed il vietnamita se ne sarebbe presto accorto.
In effetti la figura di fronte a sé, sempre la luce alle spalle, le si inginocchiò davanti al pube, il coltellaccio gli luccicava in mano sinistro.
Jane piangeva di terrore chiedendosi quando sarebbe finita quella tortura, ma intenzionata ad assecondare il nemico per non essere torturata.
Il vietcong si avvicinò alle mutande annusando rumorosamente l'odore intimo di Jane. Ci strofinò il naso, mentre Jane, suo malgrado sentiva la figa bagnarsi sempre di più, colando sulle mutandine.
Se ne accorse il militare, annusando con più intensità l'aroma di Jane, che pareva inebriarlo.
Poi, con più decisione iniziò a dare piccoli morsi al monte di Venere dell'americana, tirandole il tessuto delle mutandine.
A Jane piaceva quel massaggio. Cercava di trattenere i gemiti per non farsi sentire dal guerrigliero, ma le mutandine si stavano bagnando sempre di più, espandendo intorno il ben percepibile aroma del suo piacere.
-Siete tutti dei porci....- sussurrò ancora con molta meno convinzione, iniziando involontariamente a spingere il pube verso quella bocca vogliosa.
Di nuovo la lama le si avvicinò, giunta agli inguini si infilò sollo il bordo delle mutandine, facendole andare in pezzi con una facilità impressionante.
Jane capì che era meglio non muoversi vicino a quella lama che doveva essere estremamente affilata.
La vulva con i peli biondi e poco ricci del pube erano ora all'aria, sotto gli occhi curiosi del vietnamita che probabilmente non aveva mai visto prima d'ora una figa bionda e crespa.
Il vietcong avvicino la bocca a quella vulva bagnata che gli si fece incontro con desiderio.
Una piccola lingua si insinuò tra le grandi labbra, trovando spazio verso la vagina di Jane. Aperte le piccole labbra, la lingua si muoveva con esperte leccate che aumentavano il piacere della bionda americana, che ormai aveva deciso che, visto che doveva morire, almeno poteva cercare di godersela.
Le mani del guerrigliero le aprirono di più le cosce, mentre Jane trasalì sotto il tocco delle dita del militare, che, a sorpresa, trovò leggere e delicate.
Il vietcong strofinava le dita sulle cosce della giornalista mentre la lingua ne stuzzicava il clitoride.
Jane ormai godeva senza più trattenersi, desiderava essere penetrata, succedesse quello che doveva succedere. Adesso aveva voglia di sentire qualcosa spingersi dentro, profondamente, in figa.
Come se avesse trasmesso il suo pensiero, il vietcong si alzò e le si fece appresso.
Era poco più basso di lei. Con un movimento improvviso le prese in mano una tetta, stringendole il capezzolo tra due dita ed affondando le altre nel tessuto sodo. La bocca iniziò a leccarle e a succhiarle l'altro capezzolo mentre, finalmente, due dita, dopo aver strofinato la vulva di Jane, umide e lubrificate le penetrarono profondamente nella figa.
-ooooooohhhhhhhhh........- genette Jane di piacere. Almeno quel muso giallo ci sapeva fare. Mica come quei pervertiti americani. O forse era la situazione, la violenza, la paura, il rapimento, che ora la stavano facendo godere come mai le era capitato?
Il militare le succhiava il capezzolo mettendoselo tutto in bocca, mente con le dita si spingeva in profondità nella sua vagina. Jane godeva emettendo piccoli gemiti ad ogni spinta delle dita dentro di lei. Spingeva ritmicamente il bacino per sentire le dita fino in fondo.
-Allora.... ti vuoi sbrigare a scoparmi? Non ce la faccio più... sbattimi, ficcamelo dentro...!-
gemeva e sussurrava ad occhi chiusi sotto quella stimolazione esperta e continua.
Il guerrigliero seppe cogliere il giusto attimo. Poco prima dell'imminente orgasmo di Jane, si staccò da lei, lasciandola senza respiro.
-Che fai? Ti fermi proprio adesso? È questa la tortura?- gli chiese, mentre il bacino ed il seno erano ancora in preda a scosse di piacere.
Finalmente il vietcong si decise.
Con ampio gesto si tolse l'elmetto da combattimento dell'esercito nord-vietnamita buttandolo di lato.
Scosse la testa liberando una lunga capigliatura nero corvina, legata in una coda, con un cordino di cuoio. I lunghi capelli erano rimasti ben nascosti dentro l'elmetto e, alla luce della lampadina, Jane quasi con un urlo di stupore, riconobbe il volto aggraziato di una bellissima ragazza vietnamita.
Avrà avuto 25-26 anni, non di più. La pelle scura, olivastra tipica delle popolazioni del nord, gli zigomi alti e sporgenti e sue occhi nerissimi, incorniciati dalle lunghe palpebre degli occhi orientali.
Jane passò da una ipotetica violenza maschile, alla seducente ed inaspettata situazione di una seduzione da parte di una ragazza orientale, una combattente, addirittura.
L'eccitazione le avvampò il volto, senza ancora capacitarsi della sorpresa; sentì un fiotto di muco colarle dalla vagina, così dolcemente stimolata dalla ragazza.
La vietcong senza troppi convenevoli si sfilò la camicia, mostrandosi nuda sotto l'indumento militare. Un bel seno tondo su cui svettavano due capezzoli dritti al centro di scure areole fece bella mostra di sé, rapendo lo sguardo di Jane.
L'americana non aveva mai avuto esperienze di sesso saffico, anche se spesso con la fantasia ne era stata partecipe e il ritrovarsi ora in questa situazione le fecero crescere un'eccitazione incontenibile.
Il seno della ragazza era lucido di sudore, nel clima torrido tropicale, e i capezzoli brillavano alla fioca luce. Nei larghi indumenti militari, la ragazza aveva magistralmente nascosto le sue sembianze, che adesso si mostravano prepotentemente agli occhi ammaliati della giornalista.
Era eccitata, si vedeva ed ora Jane si preparava all'attacco sexy di quella inaspettata splendida guerrigliera.
La giovane rapidamente si sfilò i calzoni, mostrando il pube nudo, senza copertura di mutandine o altro indumento.
I peli neri e lucidi attirarono l'attenzione di Jane, ma la giovane vietcong, rapidamente le si avvicinò tagliandole i legacci della gambe.
-Ooooohh! Ti ringrazio....- potè finalmente proferire Jane, sgranchendosi le gambe. La ragazza, nuda davanti a lei, la guardava con fare sospettoso-
-Ti ringrazio.... Camm oon!- provò a dire Jane, accennando alle poche parole vietnamite che a stento conosceva.
Di fronte a lei, tutta nuda, con le braccia legate, Jane sentiva di desiderare il corpo tonico e giovane della ragazza. Con tanta delicatezza e tanta passione le aveva baciato i seni, succhiato e massaggiato i capezzoli... e poi il trattamento riservato alla figa denotavano che la ragazza non era certo alla sua prima esperienza lesbica.
-Ti desidero, piccola vietcong.... non aver paura, non scappo. Voglio fare l'amore con te, voglio baciare il tuo corpo....!-
La giovane vietnamita parve aver preso una decisione. Tagliò con un colpo netto i legacci che bloccavano dolorosamente i polsi di Jane.
L'americana sospirò di piacere, si massaggiò i polsi coperti di abrasioni e guardò con gratitudine la guerrigliera che l'aveva liberata dal supplizio.
-Sdraiati- le disse
la guerriera non capì.
Jane le si inginocchiò di fronte e le fece cenno di avvicinarsi.
La ragazza le fu davanti. Il suo pube, deliziosamente ricurvo nel monte di Venere, ricoperto di lunghi peli lucidi, neri come le ali di un corvo, era di fronte al volto ed alla bocca di Jane.
La giornalista ne assaporò l'aroma che si diffondeva,
La ragazza era pulita, il suo sesso profumava di desiderio. Una piccola goccia già ne era uscita e colava all'interno della coscia, sotto le grandi labbra.
Jane le scostò le cosce, divaricandole. La ragazza capì ed obbedì.
Una piccola vulva si aprì sotto le dita di Jane, impazienti di dedicarsi per la prima volta al sesso di un'altra donna. E che donna, una ragazza orientale, nel cuore della jungla vietnamita.
Jane si inebriò del profumo che ne usciva, cui si mescolava un latente aroma di sapone.
Con la lingua si spinse a sfiorare le piccole labbra della ragazza, che subiva in silenzio, trattenendo ogni suono. Le dita scostarono le piccole labbra, quasi nere, della ragazza cercando il clitoride, un piccolo bottoncino che, eretto, appariva provocante alla giunzione delle labbra.
La ragazza aveva piegato le ginocchia avvicinando il clitoride alla lingua curiosa di Jane.
La donna la leccò voluttuosamente, sentendo colarle in bocca il muco vaginale della ragazza. Lo deglutì rapida dal piacere. -Quanto sei buona, giovane viet-cong!-
La ragazza si mordeva le labbra per non emettere gemiti, Jane ne era sicura, ma le contrazioni del ventre, in cerca della lingua di Jane, testimoniavano inequivocabilmente del piacere che la giornalista le stava donando.
-Sdraiati- le disse Jane.
La vietcong sembrava non capire. Allora l'americana le prese le natiche, che senti fresche e sode sotto le dita, e la invitò a sdraiarsi.
Allargò le ginocchia della giovane, le leccò lungamente la superficie interna delle cosce, finendo sempre più vicino alla figa di lei, finchè la ragazza sussurrò -scopami....-
Prima che Jane potesse stupirsi, la ragazza le afferrò i capelli e si tirò la faccia di lei contro la figa per sentirne ancora la lingua. Jane le succhiò le piccole labbra lasciandole andare lentamente, mentre la vietnamita finalmente si lasciava esplodere in gemiti e frasi incomprensibili.
Jane si allungò una mano fin dentro alla propria vagina, che stava colando secrezioni sempre più abbondanti, si bagnò le dita e le allungò a cercare il seno duro e sodo della ragazza.
Si dedicò al suo clitoride, mentre con le dita le strofinava i grossi capezzoli scuri.
La guerrigliera le schiacciò il volto sulla propria figa ed esplose in urla ritmiche, mentre inondava di schizzi di muco misto ad urina il volto dell'americana.
Durò un'eternità quell'orgasmo, in cui Jane si sentì quasi soffocare, stretta dalle cosce della forte guerriera. Ma quando iniziò a pensare di aver finito, la giovane, come una pantera le balzò addosso.
La pelle scura le luccicava di sudore, mentre dalla figa ancora le colavano secrezioni mucose del recente estremo piacere.
Si buttò sul ventre della statunitense, mordendole i peli del pube e poi, volgendo il sedere all'americana, affondò la lingua nella figa di lei.
Jane ricominciò a gemere sotto quel repentino attacco sexy. Sentì le dita della vietnamita entrarle profondamente nella figa, mentre la lingua le massacrava il clitoride.
Al colmo del piacere, sentì un dito entrarle, bagnato di muco, fin dentro al culo, cosa che la fece urlare, per il piacere nuovo, mai provato.
Di fianco a lei il bel sedere tondo della ragazza. Non indugiò ad infilarle le dita dentro alla ricerca del culo, mentre sentiva vicino l'imminente orgasmo.
La ragazza capì le intenzioni della giornalista ed aprì le cosce mostrando un bel culetto dal buco nero e glabro, dentro il quale Jane infilò subito due dita.
Il buco era stretto e la ragazza stringeva dolorosamente, ma l'abbondante muco facilitava l'introduzione.
Leccata al clitoride, infilata nella figa e nel culo dalle lunghe dita della vietnamita, Jane sbattè forte il bacino contro la bocca della ragazza, posseduta da un incontenibile orgasmo, mentre la ragazza spingeva il culo contro le dita di lei.
All'orgasmo violento e prolungato dell'americana, si unì un secondo orgasmo, anale, della guerrigliera. Le urla e i gemiti delle due donne al colmo del piacere si sommavano senza più finire.
Ma dopo un tempo interminabile la vietcong si lasciò andare sul corpo dell'americana.
Nel torpore che ne seguì, Jane sentiva però ancora la lingua della ragazza che si faceva strada tra le sue piccole labbra.
Aprì gli occhi vedendo sopra di lei a cavalcioni la vietnamita nuda con il sedere davanti alla sua faccia.
Mentre la lingua asiatica le penetrava in profondità, prese forte i fianchi della ragazza portandosi la figa asiatica sulla faccia, iniziando a penetrarla con la lingua, spingendo con forza. Pochi secondi bastarono per un nuovo orgasmo delle due donne scatenate, che stavolta si accasciarono come svenute, il corpo giovane e sodo dell'asiatica, su quello della statunitense, il sudore dell'una su quello dell'altra.
Quando si ripresero la vietnamita si rivestì subito, buttando all'americana un paio di calzoni ed una camicia mimetica.
-Cosa devo fare, piccola guerrigliera vietcong? Che ne sarà di me?-
La vietcong le bisbigliò qualcosa che Jane non riuscì ad afferrare.
-Dove devo andare? Riuscirà mai ad incontrare Huan Chen Minh?-
-Sono io Chen Minh!- le disse allora la guerrigliera in perfetto inglese.
-Ora va, torna a casa. Sei libera, nessuno ti farà del male. La tua jeep è fuori da questa porta. Non ritornare più, torna a casa e scrivi di questa sporca guerra!- disse Chen Minh aprendole una piccola porticina. La brezza fresca della jungla sferzò il volto di Jane, mentre indossava rapidamente gli indumenti militari. Paralizzata dalla nuova ulteriore sorpresa, non riusciva a capacitarsi più di nulla.
Chen Minh le indicò la via di fuga che rapida, la giornalista, imbucò per trovarsi prossima al tramonto di un giorno sconosciuto. Poco distante era la sua jeep.
-Non ti dimenticherò, pantera nera della jungla!- riuscì solo a dire, scappando di corsa nella penombra.
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