L'agente di cambio.

di
genere
dominazione

Solita colazione di lavoro. Due coglioni insopportabili che mi trattano con sufficienza, pensando di avere a che fare con la classica arrampicatrice sociale, che ha fatto carriera, arrivando a dirigere la più grossa filiale italiana di una banca di investimenti di livello mondiale, grazie alla propria avvenenza e ai numerosi “favori” che ha elargito. I due coglioni non sanno che il mio prossimo passo sarà la direzione generale, e che diventeranno due miei “sottoposti”. E che mi ricorderò di questa giornata.
Sempre i due coglioni non sanno che nel frattempo sono diventata l’amante italiana di Bill Stromberg che della suddetta banca è amministratore e vicepresidente.
All’assemblea annuale degli azionisti che si terrà tra qualche settimana in un prestigioso Hotel di Denver, nel Colorado, ci saranno anche i rinnovi delle cariche, e verrò ufficialmente nominata Direttore Generale per l’ltalia.
Tutte le battutine velate, che ho dovuto “digerire” sulla facilità che otterrebbero grazie all’avvenenza “alcune colleghe donne” nel fare carriera, se le dovranno ricordare bene, e soprattutto pentirsi di averle cosi’ stupidamente palesate, pensando di fare i gradassi, senza sapere di darsi una bel colpo di zappa sui piedi.
Anche perché proprio quello sarà l’arnese che dovranno imparare a maneggiare, dopo che li avrò cacciati a calci nel culo.
Certo devo confessare, che a me gli argomenti non mancano di certo. Superati da poco i quaranta anni, ma con un fisico tonico e scolpito come una ventenne, tette nuove di zecca, leggero lifting facciale, quattro volte alla settimana in palestra. Vestiti sartoriali, macchina sportiva, single e indipendente, da tutto e tutti.
Ho avuto cinque amanti, sempre a salire nella scala sociale, e grazie a loro sto per arrivare sulla cima della montagna.
Dopo questo passo, sarò in grado di camminare da sola, con le conoscenze che in questi anni ho coltivato, i segreti che ho carpito, la mia naturale dote per l’intrigo e il sotterfugio, arriverò a dirigere prima l’Europa, e poi il mio traguardo finale che è la presidenza del consiglio di amministrazione.
Tra non molto congedo questi due, e poi me ne torno in ufficio. Darò le disposizioni per domattina, e poi a casa. Lunga doccia, prendo il bagaglio che la colf mi ha preparato, aereoporto, e volo per Miami.
Bill mi ha invitata ad una piccola festa che ogni anno organizza per pochi intimi nella sua casa alle Barbados.
Prima però mi devo masturbare. Ho questa strana patologia che chiamano iper sessualità femminile, e che se da un lato mi ha agevolato, facendo pensare ai miei amanti che i molti orgasmi che raggiungo durante i rapporti sessuali, siano dovuti a delle loro particolari abilità, però mi costringe a delle fughe al bagno o in qualche altro posto appartato, dove poter rapidamente sfogare queste mie improvvise pulsioni.
A volte mi basta un dettaglio, un pensiero malizioso, anche la cosa più banale, per scatenare in me la voglia, che non riesco a controllare. Per fortuna con il tempo ho imparato a gestire questa situazione, a limitare gli episodi, e proprio quando non ne posso fare a meno, la soluzione più rapida è masturbarmi velocemente.
Ora so già che andrò al bagno, e in piedi con una gamba appoggiata sul wc, le cosce spalancate, le mutandine abbassate, mi toccherò infilando due dita e massaggiando il clitoride con il pollice,e mi basteranno un paio di minuti per raggiungere l’orgasmo. Dopo il quale ritrovata la calma e la lucidità, sono pronta ad affrontare qualunque tipo di situazione.

L’Airbus è decollato da almeno un ora. Siedo comoda in uno dei nove posti della prima classe,che Bill mi ha riservato, in attesa del servizio ristorante. Ho già sorseggiato il Cristal che normalmente viene servito come benvenuto, e mi guardo attorno. Ci sono i soliti business man di ritorno negli Stati Uniti, dopo qualche viaggio di affari in Europa. L’unica donna, suscita la mia curiosità ed è seduta nella poltrona vicino alla mia.
Ha un età indefinita, tra i quaranta e i sessanta anni, capelli corti, un pochino brizzolati, è magra, comunque curata, ed indossa un vestito giacca pantaloni, di taglio molto maschile, e di fattura sartoriale, fatto su misura.
Noto che ogni tanto mi osserva, e cosi inizio una conversazione. Mi dice essere una sorta di agente di cambio, a livello molto elevato, cura grosse transazioni, cercando di gestire e favorire la miglior condizione per i propri clienti. Non ho ben capito dove lavora, se per conto di qualche società o se direttamente, ma non ho nemmeno troppa voglia di approfondire. Come spesso capita con sconosciuti compagni di viaggio, ci si racconta anche fatti personali, magari restando nel vago, facendosi scudo dell’anonimato, del fatto che molto probabilmente, non ci si rincontrerà mai più nella vita. Mi dice che vive sola, accudita da un maggiordomo fidato, che si occupa di tutte le faccende domestiche, mentre lei è spesso in viaggio.
Non ho remore a confessare che raggiungo il mio amante, e che il mio non è un viaggio di lavoro ma di puro piacere. Chiacchierare con questa donna mi rilassa mi mette a mio agio, e questo al pari delle tensioni, a volte mi procura qualcuna delle mie strane pulsioni, che questa volta sono agevolate dall’aereo, un luogo dove difficilmente riesco ad evitarle. Cosi nel bel mezzo della conversazione, il mio desiderio di masturbarmi diventa irresistibile, e con la scusa di un bisogno, corro nel piccolo wc e dò sfogo al mio desiderio di toccarmi. Appena dentro alzo la gonna di Armani fino alle anche, sono senza mutandine.
Guardandomi allo specchio del lavabo, mi masturbo veloce, vedo le mie dita che sfregano il clitoride, sento gli umori che mi colano lungo le cosce, bagnando le autoreggenti, e poi godo, con le gambe che mi tremano, e il clitoride che mi pulsa, la vescica che schizza fuori un liquido bianco e appiccicoso.
Torno al mio sedile,dopo essermi ricomposta,umettata con le salviette profumate, risciacquata e pettinata.
La donna di fianco mi guarda con un sorrisetto malizioso, e poi dopo qualche istante mi rivela di aver capito quello che sono andata a fare in bagno. Prima ancora che possa negare o replicare mi dice di non preoccuparmi, che anche lei in passato ha sofferto di questa strana e conturbante patologia, ma di conoscere qualcuno, in grado di guarirmi, come d’altronde anche lei ne era guarita.
Poi mi porge un bigliettino con un numero di telefono, e mi dice, una volta ritornata di chiamare, che avrei avuto istruzioni su come e quando incontrare quella persona, e che se mi fossi attenuta alle indicazioni che mi avrebbe fornito, avrei risolto per sempre il mio problema.
Volevo dirle che si sbagliava, che non avevo nessun problema, ma poi presi il biglietto, e facendo finta di nulla lo riposi nella tasca della giacca.
La mattina ormai atterrate ci siamo salutate, con la mia compagna di viaggio che si è raccomandata di contattare la persona che mi ha segnalato. Vedrai che mi ringrazierai è la frase pronunciata prima di sparire al di là dell’uscita, nella folla dell’aereo porto di Miami.
La vacanza è stata fantastica, scandita da orgasmi lunghi e ripetuti e giornate soleggiate, su di una spiaggia bianca.
Bill è un uomo di mezza età, ancora vigoroso, ben tenuto, e a letto riesce ancora a fare il suo dovere, certo facilitato dalla mia propensione a raggiungere un orgasmo dopo l’altro, senza dovermi mai sforzare.
I pochi giorni trascorrono veloci, cosi come le settimane che mi separano dalla mia promozione, che finalmente avviene alla convention annuale, il cui culmine è l’assemblea degli azionisti, dove si decidono spesse volte i destini delle persone.
Torno a casa e prendo il timone della nave, sono il comandante, ora almeno qui, ho tutti ai miei piedi.
Il primo giorno, quando prendo possesso dell’ufficio di Direttore Generale, sono tremendamente eccitata.
Prima ancora di riuscire a sedermi su quell’enorme poltrona di pelle, dietro alla pesante scrivania in cristallo che sarà il mio ponte di comando, devo andare in bagno, mi devo masturbare.
Per fare prima mi sono portata un piccolo vibratore, che seduta sul wc, appoggio sul clitoride, faccio partire alla massima velocità e sfrego prima piano, e poi premendo,sempre più forte, fino a godere, a svuotare tutte le tensioni, espellerle con i liquidi vaginali.
E’ verso la fine della giornata che mi ritorna in mente lo strano incontro con quella donna sull’aereo,con l’agente di cambio.
Prendo il portafoglio,e nello scomparto dei bigliettini trovo quello che mi aveva lasciato, quello con il numero del presunto guaritore. La curiosità è davvero forte, mista al desiderio tenuto nascosto, di poter un giorno liberarmi da questa schiavitù, che anche se piacevole, potrebbe prima o poi procurarmi qualche guaio, qualche impedimento. Alla fine cedo alla tentazione e chiamo. Mi risponde la voce di un uomo, molto professionale e distaccata. Mi informa che era stato informato sul fatto che avrei chiamato, e che era a conoscenza delle circostanze in cui avevo avuto il suo recapito telefonico, e della natura del mio problema.
Mi fissa un appuntamento e mi assegna un incarico. Mi sarei dovuta presentare indossando una gonna, e dovevo recarmi in un negozio di finimenti per cavalli, per acquistare un frustino di cuoio, da portare con me.
L’appuntamento era per il mercoledi a venire alle nove della sera nella sua abitazione, di cui mi fornisce l’indirizzo. Si raccomanda di non ritardare, che la puntualità sarebbe stata fondamentale.
Cosi mi recai nella migliore selleria della città, dove trovai uno splendido frustino, dal manico lavorato, custodito in una scatola di legno di mogano intarsiato.
La sera convenuta, con la mia custodia sotto braccio suonavo il campanello dell’unico portone di un palazzo settecentesco in pieno centro città. Mi apre un maggiordomo tutto impettito, che mi saluta, chiamandomi per nome e dicendo che la signora mi stava aspettando.
Come la signora? Non doveva essere un uomo il presunto “guaritore”?
Mentre mi sto chiedendo in quale ingarbuglio mi sia cacciata, scortata dal maggiordomo giungo in un ampia sala affrescata, dai soffitti alti, dai quali scendono appesi due coloratissimi lampadari di vetro di murano.
Al centro della sala un enorme tavolo di legno massiccio, e ai lati una libreria ingombra di grossi volumi e un armadio chiuso. Su di una poltrona c’è seduta una donna sulla quarantina, capelli lunghi e neri, sguardo penetrante, aria risoluta e decisa. Di fronte a lei una sedia, sulla quale mi indica di prendere posto.
Mi spiega che la persona che ho conosciuto l’ha già informata del mio problema, e che se mi atterrò alle sue indicazioni e alla sua cura, ne guarirò perfettamente. Poi mi domanda del frustino.
Annuisco e lei mi chiede di vederlo. Le porgo la custodia, che lei apre e lo impugna. Lo prende con la mano destra, e poi leggermente si percuote il palmo della sinistra, come per provarne la flessibilità e l’efficacia.
Con un piccolo sorriso sembra approvarne la bontà, e poi da una scatola su di un tavolino prende un bigliettino con un laccio e dopo aver vergato sopra il mio nome lo lega al manico del frustino.
Questo per ricordarci che è il tuo, è la spiegazione. Poi mi ordina di alzarmi e di avvicinarmi al tavolo.
Dove mi fa sdraiare sopra con la parte superiore del corpo, restando in piedi su di un lato. Poi con una corda di seta, come quelle dei tendaggi, mi lega le braccia all’altezza dei polsi a due anelli fissati sotto al tavolo.
Lo stesso fa con le caviglie. Poi mi alza la gonna da dietro lasciando scoperte le natiche, e mi cala le mutande fino a metà cosce. Poi si reca nella libreria, dove estrae un grosso libro, che inserisce tra il mio ventre e la tavola, con l’osso pubico a contrasto,e il monte di venere che ci sfrega contro.
A quel punto inizio a rendermi conto della mia situazione, di come mi sia ritrovata legata ad un tavolo con il culo per aria nudo, completamente ipnotizzata e in balia di una persona sconosciuta.
Quando il primo istinto di paura e di conservazione si sta insinuando nella mia mente sento arrivare la sferzata, secca, precisa, piena sulle natiche, sulla mia pelle nuda e delicata.
Il dolore è acuto, quasi insopportabile, e mi irrigidisce tutte le membra in una specie di spasmo.
Sto quasi per gridare quando arriva il secondo colpo, ancora più forte, più saettato. Allora grido spalancando la gola, un urlo strozzato dalla paura, dal male che sento partire dalla mia pelle maltrattata, e arrivare fino al cervello come una puntura. Il terzo e il quarto colpo non mi sembra quasi di sentirli, tanto sono impegnata ad assorbire la sensazione di impotenza e abbandono ad una situazione nuova, mai provata e esperimentata prima nella vita. Con il quinto mi cedono le gambe che fino ad allora avevo tenute rigide, e sento il ventre che si appoggia sul librone, con l’osso pubico che preme forte, e una specie di sussulto mi scuote dentro le viscere. Poi resto li ad aspettare un altro colpo che non arriva. La donna si avvicina e mi scioglie, prima i piedi e poi le mani, e mi fa alzare. Sono malferma, e mi tremano le gambe, non so se sarò in grado di camminare. Mi slaccia la gonna che cade in terra, e resto con il sedere nudo.
Prende un tubetto con una pomata, e me la spalma sulla pelle, dove mi ha colpita. Dice, se non faccio cosi domani non mi siedo. Poi prende il frustino e apre l’armadio, e lo ripone, in una specie di rastrelliera, dove vedo ce ne sono riposti un'altra ventina, tutti con un cartellino con un nome scritto sopra.
Il giorno dopo mi alzo e stranamente non sento molto dolore. Temevo di non poter dormire, e invece mi sono addormentata senza nemmeno dovermi masturbare, cosa per me quasi inconcepibile.
Vado allo specchio e mi guardo il culo, segnato da una lunga striscia violacea, che mi duole soltanto se la sfrego forte con la mano. La pomata ha davvero fatto il suo dovere.
Le ho lasciato il mio numero, lei mi contatterà per dirmi quando ci sarà la seconda seduta rieducativa, Cosi l’ha chiamata, che lo saprò un giorno prima, e che non dovrò assolutamente né mancare né giungere in ritardo, pena la sospensione della cura, e la fine di ogni rapporto tra di noi.
Resto qualche giorno in apprensione. La paura e la voglia di riprovare quell’esperienza, mi riempiono i pensieri, mi distolgono dalle mie normali pulsioni, a cui mi concedo con una frequenza molto minore del solito.
Poi quando la tensione si sta per allentare, e mi sto ricalando in una sorta di normalità mi giunge la chiamata.
Domani sera, al solito posto e alla solita ora, è il comando della voce del maggiordomo. Che non ammette repliche e non accetta scuse.
Ho un impegno praticamente inderogabile, e vado nel panico. Si tratta di una cena con i vertici Di tutta Europa, cinque direttori generali, una riunione di due giorni per pianificare una strategia comune per fronteggiare la crisi che come tutti, sta mettendo in difficoltà anche la nostra compagnia.
Invento uno stratagemma. Mi faccio chiamare e con la scusa di un problema a casa, che solo io posso risolvere e corro fuori dal ristorante, dove siamo riuniti, salgo sull’auto e corro all’indirizzo che conosco.
Giusto qualche secondo prima dell’orario stabilito, suono il campanello del grande portone, che si apre e con il cuore il gola per l’eccitazione e la smania di riprovare mi precipito nel salone dove il maggiordomo senza parlare mi indica la direzione che ben conosco.
La donna come l’altra volta è seduta sulla poltrona e con uno sguardo mi indica il tavolo, dove su di un lato vedo già appoggiato il grosso librone. Lentamente mi sfilo la gonna, abbasso le mutandine e assumo la posizione che so essere per me prestabilita. La donna si alza, e mi lega polsi e caviglie,poi apre l’armadio, preleva il mio frustino, e si mette dietro di me. Sento che con una mano mi tocca la vagina, che solo allora mi accorgo essere completamente fradicia, zuppa di umore. Le sento dire due volte molto bene …. molto molto bene …..
Poi arriva la prima sferzata seguita subito da una seconda e una terza in rapida successione. Questa volta non grido, il dolore si trasforma subito in una nota di calore che mi riempie le interiora e si spande per tutto il corpo. Con la quarta e quinta mi cedono le gambe, e sento il clitoride che sfrega contro la rilegatura di cuoio, un brivido mi corre lungo la schiena, spero che non si fermi, e infatti arrivano altre cinque frustate sempre più forti che però non avverto più come dolore, ma come piacere. Ho due o tre sussulti rabbiosi, vorrei che continuasse, ma lei si ferma e mi dice che può bastare, che non sono ancora pronta.
Poi sento che mi slega. Le gambe mi tremano, sono malferma e barcollo per qualche passo.
Mi applica la pomata senza parlare. Mi rimetto la gonna dopo essermi sfilata del tutto le mutandine con passo malfermo esco dal palazzo, salgo in macchina e ritorno al ristorante, dove ritrovo la calma, e racconto di una perdita da un rubinetto, che mi stava allagando l’appartamento.
Il terzo incontro è quello decisivo, quello che mi cambia la vita. Avviene in un pomeriggio calmo, in cui sono di riposo dal lavoro. Arrivo tranquilla e rilassata, mi posiziono nella mia postazione, e attendo quello che da due settimane so essere il mio destino. Le prime cinque sferzate non le sento, poi come sempre le gambe non mi sorreggono e inizio a comprimere l’osso pubico e il clitoride contro il cuoio della rilegatura. Alla ventesima, sento come una esplosione nella vagina, un orgasmo folle, procurato dal dolore ormai metabolizzato come piacere, e innescato dallo sfregare sul grosso libro, posizionato in quel modo con quella specifica funzione.
Sono ancora accasciata sul tavolo priva di ogni capacità di reagire quando sento la sua voce, quella dell’agente di cambio, la donna conosciuta sul volo per Miami.
Sono io l’educatrice mi sento dire dopo il primo istante di stupore, e lei è la mia più fida allieva, la mia aiutante, colei che mette in pratica il mio sapere. Hai superato la prova, sei guarita, e se vorrai potrai con la dovuta istruzione, scoprire tutti i segreti e le gioie di questo nostro mondo conturbante e misterioso.
scritto il
2020-09-02
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