Weekend lovers - Due colpi
di
Browserfast
genere
etero
Mattino. Nemmeno tanto presto, nemmeno tanto tardi. Almeno per una studentessa. Le nove meno un quarto. Torno in camera mia dalla doccia, avvolta nell'accappatoio. Sul telefono c'è un WhatsApp che prima non c'era. Guardo il nome e dico tra me e me "wow, non ha perso tempo". Apro il messaggio, gli do una rapida scorsa e penso che invece sì, ha perso tempo.
E' Giuseppe, in realtà tutti lo chiamano Pino ma a me Pino non piace, che scrive: "Buongiorno dolce ho pensato a te tutta la notte xkè perdere tempo? mi piaci tantissimo sono solo a casa ho tanta voglia e so ke c'è l'hai anche tu". Testuale, compreso l'orrore di quel "c'è" (tralasciamo per pura pietà l’appellativo “dolce”). Nel caso le sue intenzioni non fossero chiare, arriva un altro messaggio: la foto di una mano che tiene una stanga e, sotto, la domanda "ti piace il mio cazzo?".
Magnifico. Di cafoni ne ho conosciuti parecchi, ma questo entra di diritto nella top ten. Perché oltre che cafone è pure idiota.
Gli rispondo "Bonjour finesse" e poi lo blocco. Ci penso su un attimo, lo sblocco e gli scrivo "peccato, perché hai una bella svanzica", e poi lo riblocco nei secoli dei secoli amen. Così magari capisce che, se fosse stato meno deficiente, qualche cosa magari si combinava.
Peccato davvero, però. Non tanto per la dotazione, che mi pare assolutamente standard o comunque non motivo di particolare vanto. Mi dispiace perché ieri sera ci avevo flirtato un pochino. Mi aveva messo gli occhi addosso, in un locale a Testaccio, e io avevo messo gli occhi addosso a lui. Un amico di un amico del ragazzo di Stefania, a quanto ho capito. Non era Immanuel Kant, d'accordo, ma nemmeno un coglione ignorante. Così almeno mi era sembrato. E inoltre è, oggettivamente, un figo.
E inoltre, anche più oggettivamente, avevo e ho una voglia che mi si porta via. Il demone si è fatto molto insistente negli ultimi giorni.
Che mi facesse il filo penso fosse chiaro un po' a tutti. Che a mia volta gli avessi dato qualche chance se n'è accorta, invece, solo Serena, ieri sera stranamente in buona.
- Gli hai dato il numero, eh? Ti ho vista... - mi ha detto, canzonandomi, mentre tornavamo a casa.
- Perché no? - le ho risposto.
Dentro di me ripercorrevo mentalmente le nostre schermaglie. Lui mi guardava, io sorridevo brevemente accavallandogli le gambe davanti un paio di volte, rispondevo con calma ma anche con una certa sollecitudine alle sue domande. E intanto pensavo: "due colpi da Giuseppe, perché no?". Dopo avere lasciato Serena sotto casa sua ho controllato il telefono. E anche prima di rientrare a casa l'ho fatto. Se avessi trovato un messaggio del tipo "perché non ci vediamo, io e te, adesso?" un pensierino ce l'avrei fatto. Anzi, molto più di un pensierino. Perché? Ve l’ho detto. Perché non potete capire come sto.
E invece niente, mi sono ritrovata su WhatsApp i messaggi di stamattina, ecco perché no. Puoi essere troia quanto ti pare, puoi avere tutte le voglie del mondo, ma c'è un limite a tutto, no?
Chiamo Serena, la sveglio. Quando cazzo studia questa è un mistero. Dice che mi richiama e si fa viva dopo due ore. Le racconto cosa è successo e sghignazza. Dice se le giro la foto, ma almeno su questo so che scherza. Per prenderla per il culo le faccio i complimenti perché sono almeno dodici ore che non mi sbrocca addosso, una cosa che dopo che Lapo l'ha mollata è diventata abbastanza abituale. Dalla sua risposta capisco il motivo del suo cambio di umore.
- Senti, ti va di ritornare lì stasera? - mi fa.
- Cazzo ci andiamo a fare? - le chiedo.
- Potrebbe valerne la pena... - dice un po' sibillina.
Poiché però non sono nell'umore di risposte sibilline, la costringo a vuotare il sacco. E così vengo a sapere che - mentre il mio flirt con il cafone era sotto gli occhi (divertiti) di tutti - lei si scambiava occhiate furtive e sorrisini con un tizio che non c'entrava assolutamente nulla e che era lì con degli amici. Ha talmente fatto la troia da lanciargli un'occhiata prima di alzarsi e andare al bagno. E quello, come lei sperava, l'ha raggiunta. Io, impegnata come ero a fare l'oca con quel coglione di Giuseppe, non mi ero accorta di un cazzo.
- Per la verità credevo di farci più chiacchiere - mi dice - ma comunque mi ha detto che forse stasera ci torna...
- Ma cazzo, così al buio? Non era più facile dargli il telefono? - domando.
- Ma non me l'ha nemmeno chiesto! - risponde - non so neanche come si chiama...
Andiamo bene... Le dico che non ho tanta voglia di sbattermi fino a laggiù, dove tra l'altro il posto per macchina non si trova mai, per vedere se "forse" un ragazzo di cui non conosce nemmeno il nome si fa vivo. Glielo dico, ma so benissimo che cederò alle sue insistenze. Se non altro per farla uscire dalla sua paranoia per Lapo... Poi succeda quel che deve succedere.
- Ma dai, che cavolo devi fare di venerdì sera... - mi incalza - magari ritrovi anche quello che si fa i selfie al cazzo ahahahahah...
Questa è l'altra faccia della sofferenza interiore di Serena, mi dico. O ti insulta come se tu fossi la peggiore stronza sulla faccia della Terra e ti scarica addosso tutte le sue frustrazioni. Oppure ti tratta come uno straccio per il pavimento, prendendoti per il culo e facendosi beffe di quello che pensi e ti va di fare.
E a me, di fare, va. Dopo l’exploit di quel cretino su WhatsApp un po’ meno, d’accordo, ma si tratta solo di aspettare un po’. E' da domenica sera che sono accesa come una lampadina. O, se preferite, in calore come una gatta.
Proprio l’altra sera mia madre ha chiesto a me e mia sorella "avete voglia di qualcosa in particolare?". Naturalmente intendeva "per cena". Non dico che le ho risposto "di cazzo", è chiaro, ma l'ho pensato. In genere so tenere a bada le mie pulsioni. O perlomeno non permetto loro di condizionarmi così pesantemente. Non permetto loro di venirmi a fare visita così, all'improvviso, e farmi passare in secondo tutto ciò che sto facendo. Eppure mi sono quasi dovuta mordere la lingua.
Per farvi un altro esempio... ieri in quel locale, se fossi stata lucida, il mio istinto probabilmente mi avrebbe suggerito di stare alla larga da quel cretino di Giuseppe. Invece, proprio perché lucida in questi giorni non sono, sull'invito di quel cretino ci contavo proprio. Che ne so... aperitivo, cena, dopocena. Quello che pareva a lui. E mi ero pure ripromessa di non mettermi nemmeno a recitare la parte dell'oca giuliva. Anzi, il contrario. Un po' come aveva fatto Debbie, sarei stata me stessa. Sarei stata disposta a sopportare anche i suoi discorsi un po' vacui (perché prima di apprendere che è un deficiente credevo fosse solo un po' vacuo), facendogli anche pesare la mia superiorità. Perché il messaggio che gli volevo lanciare era questo: senti bello, ti sarai accorto che ti tratto con una certa sufficienza poiché è evidente che il tuo universo spirituale e intellettuale è quello di una pulce, no? Però ti sarai anche accorto che non mi sottraggo alle tue avances, anzi un po' le incoraggio pure. Questo non ti suggerisce nulla? Non ti fa venire voglia di dare una bella sistemata a questa stronzetta arrogante?
Un po' contorta, eh? Beh, mi rendo conto. Ogni tanto lo sono, ma a me piace giocare così. Purtroppo, a tutto potevo pensare tranne che fosse un tipo del genere. Ma come si fa a mandare la foto del cazzo a una tipa? Credi davvero che quella ti risponde "wow, lo voglio subito!"?
In mancanza d’altro, c’è sempre Tinder, d’accordo. Ma su Tinder in definitiva posso andarci anche domani. Anche se a me sarebbe piaciuto cercare di organizzare, pianificare, qualcosa per il week end (e anche per stasera, why not?). Lo penso mentre con Serena filiamo verso Testaccio, verso lo stesso locale di ieri sera. Dal mio punto di vista, mi sembra di fare una cazzata sesquipedale. Metti che questo non viene? Metti che viene e Serena si è fatto un film che non esiste e il tizio non se la fila di pezza? Metti che, cosa ancora peggiore, il tizio viene, se la fila e io resto lì a guardare? Che cazzo faccio? Reggo il moccolo? Me ne torno a casa? E come, visto che siamo sul motorino di Serena? Scema io a non pensarci. Scema io a cercare di parlargliene. Mi liquida con un “sei sempre pessimista, tu”. A me il suo ottimismo sembra un po’ isterico, mentre per quanto mi riguarda la situazione sembra lose-lose.
A occhio è l’ultimo week end in cui si potrà osare di uscire senza calze. Serena ha anche osato di più: una mini che, stando sul motorino, è chiaro che chi la incrocia le vede le mutande. Glielo faccio notare ridendo e lei mi fa “e non rompe il cazzo, pensa alla tua”. In realtà una gonna ce l’ho pure io, a pied de poule e plissée. Corta ma non così corta come la sua. Camicetta bianca e giubbino di pelle nero. Anche con le sneakers e i calzerotti arrotolati adidas faccio la mia porca figura.
Arriviamo, per puro culo, in un orario in cui il locale è abbastanza affollato ma non strapieno. Serena individua un tavolino, ci si fionda sculettando. La seguo da presso, lei mi sussurra “C’è”. Le domando se ci ha viste, risponde “non lo so, ma ci vedrà”. Ci sediamo facendo finta di niente. Dice “non ti voltare, è quel tipo con barba e capelli neri e il giubbotto da motociclista, accanto a quel ragazzo con il maglioncino bordeaux appeso al collo”. Le domando come cazzo faccio a vederli se non mi devo girare. Lei non risponde e fa finta di guardare me, ma intanto tiene d’occhio la situazione alle mie spalle. “Ha pensato anche a te, ha portato un amico... carino, no?”, mi fa con un sorrisino ironico.
A lei del mio demone fuori controllo non ho detto nulla, non voglio perdere questo piccolo vantaggio. Quindi non può nemmeno sapere che il fatto che il suo (presunto) corteggiatore si sia portato dietro un amico potrebbe realmente essere l'unica cosa interessante della serata. Ma si tratta di vedere com'è l'amico, ovvio. Lo ammetto, ho qualche brivido di impaziente curiosità. Non dico che la serata si illumini di ottimismo, ma qualche film comincio a farmelo pure io.
Restiamo sedute per un po’ aspettando un cameriere che non arriva. Nel frattempo mi tira fuori una giaculatoria contro Lapo che ho già sentito troppe volte. Poi, nel bel mezzo di un “quant’è vero Iddio...”, alza gli occhi e con un sorriso fintamente trattenuto fa “ciao, allora sei un cliente fisso...”.
Per un po' va avanti l'ipocrisia del "non pensavo sareste tornate così presto" e del "ci vieni spesso?". Quasi rimpiango quel cafone di Giuseppe e l'esplicita volgarità del suo "vieni a scopare a casa mia stamattina". Naturalmente chiedono se possono sedersi al nostro tavolo e si accomodano con i bicchieri già in mano. Inizio a pensare che questa cosa sia avvenuta sin troppo spesso, sin dalla prima volta in quel posto ai Parioli: io e Serena sedute a un tavolino e due ragazzi che ci chiedono il permesso di accomodarsi praticamente dopo essersi già seduti. Dobbiamo avercelo scritto sul viso, evidentemente, che siamo due puttanelle a caccia.
Quello che Serena ha nell'obiettivo si chiama Michele, ma se fosse stato per me avrebbe tranquillamente potuto chiamarsi Dark. Ha i capelli nerissimi, un po' lunghi, pettinati all'indietro. Anche la barba è nerissima. E anche tutto quello che ha addosso è nero. Non mi piace molto. Ma del resto è abbastanza noto che, Lapo a parte, spesso i miei gusti e quelli di Serena divergono. Sarà il naso un po' schiacciato, quelle sopracciglia troppo folte, gli occhi un po' piccoli per la faccia che si ritrova... Non che sia un mostro, eh? Però non rientra nella categoria mi-ti-farei-al-volo. Ammetto tuttavia che sotto certi aspetti - lo sguardo, il modo di parlare, anche una certa imponenza fisica sia pure un po' troppo tozza per i miei gusti - potrebbe invece entrare a far parte della categoria adesso-ti-sistemo-io. E secondo me è questo che attira Serena.
L'amico è meglio. Non il top, ma meglio. Valerio, si chiama. Non imponente come Michele, con i capelli rasati ai lati e un ciuffo un po' troppo lungo davanti che lo fa apparire buffo. Sembra allo stesso tempo timido e impertinente, tipo quelli che ti guardano il culo a scuola durante l'ora di motoria, di nascosto. Cioè, secondo loro, di nascosto. Ha una maglietta Nike sbracciata e un maglioncino di cotone legato intorno al collo che non capisci se sia un coatto o un fagiano. In compenso, sotto la maglietta deve avere una bella piattaforma di addominali.
Dopo un po' di chiacchiere nulla di che, Serena ha l'idea - ammetto, geniale - di uscirsene con un "fate i cavalieri, andateci a prendere qualcosa da bere che è un'ora che non ci si fila nessuno". Una mossa da gatta morta per restare da sole, è chiaro, ma molto meno scontata del solito "mi accompagni al bagno?". E che ha il pregio, almeno, di farci rimediare qualcosa da bere. Un Malibu semplice per me, lei vuole strafare con un Manhattan ma con whisky canadese e non americano. Un'occhiata del tipo "ma se non distingui uno shot di vodka da una birra..." ci starebbe tutta, ma gliela risparmio.
"Allora?", domanda quando si sono allontanati. "Beh, è un tipooo...", rispondo cercando una parola che non mi viene. "Ho capito, non ti piace", mi fa secca. "Vabbé, mica deve piacere a me", le rispondo con una condiscendenza che però mi sa che la fa proprio incazzare. "Hai visto che fisico? Altro che Lapo...". E qui lascio cadere la cosa, perché la discussione prenderebbe una brutta piega. Non tanto per Lapo, che comunque è cento volte meglio di questo, quanto per il suo tono recriminatorio. "Non ci pensare più, dai...", le faccio. Lei, invece di dirmi l'unica cosa sincera che potrebbe dirmi, ossia "facile dire non pensarci più", cambia discorso.
- E l'amico?
- Caruccetto... - rispondo.
- Te lo faresti?
- Ma se in dieci minuti ha parlato tre volte della sua fidanzata - rispondo cercando di sviarla un po'.
- Te lo faresti, troia... - insiste, mettendoci però un po' di ironia.
Ok, l'ha capito. Ci conosciamo troppo bene. Sottovaluto sempre il fatto che se per me lei è un libro aperto lo stesso vale nei suoi confronti.
- Due colpi da Valerio? Perché no? - rispondo con la sua stessa ironia per non lasciar trasparire nulla. Ma se uso le stesse parole che mi erano venute in mente la sera prima con quell'imbecille di Giuseppe non è un caso.
Serena mi sghignazza un "sei proprio una troia" del tutto fuori luogo, viste le sue intenzioni. Però ci prende, come sempre. Davanti ai due ragazzi, soprattutto davanti a Michele, mi sminuisce, mi irride. Dice che sono una secchiona e che non ho un ragazzo perché penso solo a studiare e non c'è un esame che mi vada buca. Dice che non mi affeziono mai a nessuno e che al liceo - a un tizio completamente sbronzo che mi aveva detto davanti a mezza scuola che mi amava - avevo risposto "ok, però adesso smettila con le seghe" e che quel tizio si era rinchiuso in casa per sei mesi. Storia vera, tra l'altro. Ma non so proprio come faccia a conoscerla, visto che lei a scuola con me non c'era. "Me l'ha raccontata Trilli - dice - lo sanno tutti che hai un cuore di ghiaccio". La ascolto esterrefatta mentre dice che sono un gran cervello ma che di stronze come me con i ragazzi è difficile trovarne. Cerco di buttarla a ridere, di dire che esagera e che le cose non stanno esattamente così. So che lo fa per far capire a Michele che lei è l'esatto contrario. So che domani mi chiederà scusa. Ma ad essere incazzata adesso sono io, mi dico che ci vuole tanta ma tanta pazienza. Sono un concentrato di pazienza e di voglia. Voglio essere corteggiata, vezzeggiata, baciata e scopata. Possibilmente tutto entro un'ora. E invece Serena mi sta così tanto dando sui nervi che la prima cosa che mi verrebbe di fare è alzarmi e andarmene a casa a piedi.
Cosa che, tra l'altro, quasi succede quando lei e Michele tornano dopo avere ordinato l'ultimo giro di alcol. Mi dice "noi dopo andremmo a farci un giro, forse Valerio può portarti a casa...". Forse? Attendo la risposta di Valerio con una certa ansia. Mettiamo che, non lo so, sto scemo dica "mi dispiace, ho un appuntamento con la mia ragazza". Voglio dire, possibilissimo per come si stanno mettendo le cose.
Invece no, invece Valerio fa il gentiluomo anche se, apprendo, non abitiamo proprio nello stesso quadrante di Roma. La macchina, scopro prima di salirci sopra, è in realtà di Michele. Una Ford Focus del cazzo. Ma chissenefrega, spero solo che dietro sia comoda, perché ho intenzioni davvero pessime. Quando mi siedo mi volto verso di lui e gli sorrido. Lui reagisce come reagirebbe, direi, un merluzzo. Cioè, di’ qualcosa, no? Che cazzo devo fare di più? Dirti "perché non ci andiamo a prendere una cosa da un'altra parte?".
- Ti va di andare da un'altra parte a bere qualcosa? - gli propongo sfacciata.
Lo guardo spalancando gli occhi, mentre glielo domando. Mi sembra anche più carino di quanto sia in realtà. Sarà che sono disposta ad accontentarmi, che ne so.
- Grazie, sei un angelo, dico davvero - risponde - ma domattina devo alzarmi presto e ho pure bevuto troppo...
Ci rinuncio. No, davvero, cazzo, ci rinuncio. Non mi si è filato per tutta la serata. Poteva essere uno di quelli che aspettano di restare da soli per cominciare a lavorarci sopra, speravo. No, niente, non è nemmeno quel tipo lì. Lo ascolto parlare e dirmi cose banali, farmi domande banali, di cui non me ne frega un cazzo. E intanto penso dai, ma che cazzo di uomo sei? Hai davanti una che mica ti vuole cambiare la vita. Una che vuole solo una cosa e la vuole adesso. Domani puoi pure dimenticare il mio nome, anche perché io avrò sicuramente già dimenticato il tuo. Come fai a non capirlo? Te lo devo dire esplicitamente? Devo farti un disegnino? D'accordo, te lo faccio. Immagina che ti salgo sopra e mi impalo. Non c'è nemmeno bisogno che mi togli le mutandine, basta scostarle. Voglio essere scopata con il giubbino di pelle ancora indosso e la camicetta sbottonata, una coppa del reggiseno tirata giù mentre mi succhi una tetta e io squittisco, urlo e faccio la solita lagna indecente sussurrandoti cose tipo "ti piace fottermi?" oppure "è così troia la tua ragazza?".
Sì, vabbè. Questo mi chiede cosa mi piacerebbe fare dopo la laurea... Lasciamo perdere. Abbandono anche la mia ultima fantasia, quella di dirgli "lo sai che mi piaci Valè?", lasciarmi baciare e intanto mettergli una mano sul pacco. Magari dopo avere liberato un bottone della camicetta.
Ok, per farlo bisognerebbe almeno che si fermasse da qualche parte per "parlare un po'". Si dice così, no? Voglio dire, se non fosse un’incapace dovrebbe domandarmi "ti va di parlare un po'?". "Ma certo, basta che non facciamo troppo tardi!" (traduzione: "ti va di baciarci e pomiciarci e anche qualcos'altro?", "ma che aspettavi a chiedermelo?"). Invece se ne sta con le mani sul volante in attesa di istruzioni sulla strada che conviene fare. Mi sento più Google maps che una cui mettere una mano sulla coscia, insomma.
Mi faccio lasciare a un chilometro scarso da casa mia. Lui insisterebbe per portarmi proprio sotto e aspettare che io apra il portone, immagino. Lo dissuado. Non sono incazzata, sono... beh un po' delusa è dire poco, ma diciamo delusa. Però una cosa ci tengo a saperla.
- Vale, ti posso chiedere una cosa? - domando.
- Sì... sicuro - risponde.
- Non ti piaccio?
Mi rilancia un'occhiata carica di imbarazzo. Tipo "non so che cazzo dire". Già il solo fatto di avergliela tirata fuori lo considero una vittoria.
- Scusa, ma te l'ho detto... ho una ragazza.
- Non ti devi scusare - dico dandogli un bacetto su una guancia e una carezza sull'altra - sei un bravo ragazzo e la tua tipa è molto fortunata... grazie per il passaggio, alla prossima...
Scendo dall'auto pensando "ma vaffanculo te e quella puttana" e mi avvio verso casa. Lo sento fare inversione e partire nella direzione opposta. Non solo non ci posso ancora credere o quasi, non solo mi dovrò tenere la voglia. Ciò che mi rode di più è la consapevolezza di avergli fatto guadagnare mille punti in autostima, a sto stronzo. Ci si crogiolerà dentro per mesi. Certo, magari un po' di rimpianti li avrà anche lui. "Eh, me la potevo fare, quella troia... ma vuoi mettere quanto sono stato integerrimo?". Deve essere uno che fa ragionamenti di questo tipo. La sola, piccola, speranza cui mi aggrappo, e che mi strappa un sorriso, è che lui lo racconti alla sua tipa, per vantarsi della sua fedeltà, e che la sua tipa gli faccia lo stesso il culo: "E chi è sta zoccola che hai accompagnato a casa, amò?".
E' una consolazione magrissima, lo so. In realtà ho perso 6-0 6-0.
Cerco di non pensarci più, ma ci penso. Ci penso quando mi osservo nel riflesso di una vetrina illuminata dall'illuminazione stradale. E' un attimo, ma è più che sufficiente. No, dico, mi hai vista? Eh, Valerio? Mi hai vista? Come hai fatto a non raffigurarmi messa a novanta sul cofano ancora caldo, con i capelli sparpagliati, la gonna tirata su e il perizoma abbassato. O strappato. Come hai fatto a non immaginare di dirmi "ora fammi sentire come urla una brava ragazza"? Te l'avrei fatto sentire per ore, coglione, fino a spaccarmi le corde vocali. Te l'avrei fatto sentire ad ogni tuo singolo colpo di cazzo. Perché è di questo che avevo voglia, stasera, forse anche bisogno: essere messa giù e scopata fino alle urla. Fino a cacciare un urlo per ogni singolo colpo di cazzo.
Coglione.
Entro in casa, i miei sono ancora svegli. "Pensavo facessi più tardi", mi dice mia madre. "No ma', devo studiare domattina...". Insiste con la sua solita solfa. "Ma perché non vieni e ti porti i libri? E' carino lì, ti piacerebbe". La rassicuro, le prometto che prima o poi andrò con loro, magari quando ci sarà la neve. E poi penso, ma non glielo dico, "ma se ci sono quattro letti e con voi vengono anche Martina e Massimo, io dove cazzo dormirei, sul divano?". Perché siamo già arrivati a questo, quella che doveva essere la stanza mia e di Martina è diventata, già la seconda volta, la stanza di Martina e Massimo. Spero che faccia come suo solito, Martina, così almeno vi rendete conto di cosa diventa la vostra primogenita quando qualcuno se la sbatte.
Mi addormento con nemmeno troppa difficoltà, pensavo peggio. Ho anche provato a toccarmi, ma ho lasciato perdere perché mi saliva l'incazzatura. Al mattino vengo svegliata da mia madre che mi annuncia che stanno partendo. Smadonno pensando ancora mezzo assonnata "e vabbè, avete bisogno del permesso?". Martina si affaccia in camera mia con un sorrisino ironico del tipo "ma davvero devi studiare?". Madonna che splendore che è... Per restituirle l'ironia le faccio "ma che bella famigliola che siete..." mentre vado a lavarmi i denti. Mi viene dietro in bagno domandando "tutto a posto sorè?". Annuisco con lo spazzolino in bocca.
- Resti a casa a studiare, eh? - chiede.
Mi sciacquo e la vado a baciare. Se lei fa dell'ironia su di me non vedo perché non ripagarla con una moneta simile...
- Non lo scorticare di pompini, il tuo Massimo... - le sussurro all'orecchio - non con mamma e papà nell'altra stanza...
- Non combinare cazzate - mi risponde molto meno ironica di prima - è qualche giorno che ti vedo strana...
Saranno le dieci e mezza quando sento il ding del WhatsApp. Per la prima volta ripenso a Serena e mi dico "ah, già, chissà che ha combinato quella troia". Lo so che è lei, me lo sento. Chi cazzo può essere sennò? Non ho neanche bisogno di aprire il messaggio, mi basta la preview: "Aiutami a dire tronco...". Ma guarda sta zoccola. Mi infilo le ear pods per girare per casa mentre parlo e nel frattempo le rispondo "chiamami". Consumalo anche te un po' di credito ogni tanto, eh?
- Mai vista una cosa del genere, ahahahahah...
Sono le prime parole che dice e le dice con lo stesso tono semi isterico che aveva ieri sera. Non mi piace granché, ma non glielo faccio notare.
- Hai trovato uno che ti allarga le prospettive, zoccola! - rido anche io.
- Ahahahah... no, vabbè, ma mica abbiamo scopato.
Non deve avere nessuno nel raggio di dieci chilometri, visto il suo volume di voce.
- Ah no? - le faccio.
- Ma no, dove andavamo? Eravamo pure in motorino... mica vive da solo. Gli ho fatto un pompino sulle scale del palazzo suo.
- Sulle scale?
- Tra il primo e il secondo piano.
- Ahahahah... non potevate rifugiarvi nell'ascensore?
- No, no - risponde dimostrandomi che l'opzione è stata presa in considerazione - è uno di quelli che si aprono e si chiudono automaticamente...
- Ah... beh, dovrai dirgli di organizzarsi...
- Spero proprio che ci pensi... e tu? Con il bel Valerio? I due colpi?
- Ahahahahah... macché, non mi si è filata di pezza!
- Davvero?
- Eh... kette devo dì?
- Peccato però... ma nemmeno per stasera? C'hai pure casa libera...
- Nemmeno. Sai come si dice, no? Chi ha pane non ha denti e... eccetera eccetera. Magari te lascio casa ahahahahahahah...
- Annalisa... - mi dice dopo qualche secondo di silenzio - ma davvero faresti questo per me?
Oh. No, ok, un attimo. Io scherzavo.
Scherzavo, è vero. Ma in questo momento ho la netta sensazione che sto per fare una pazzia.
CONTINUA
E' Giuseppe, in realtà tutti lo chiamano Pino ma a me Pino non piace, che scrive: "Buongiorno dolce ho pensato a te tutta la notte xkè perdere tempo? mi piaci tantissimo sono solo a casa ho tanta voglia e so ke c'è l'hai anche tu". Testuale, compreso l'orrore di quel "c'è" (tralasciamo per pura pietà l’appellativo “dolce”). Nel caso le sue intenzioni non fossero chiare, arriva un altro messaggio: la foto di una mano che tiene una stanga e, sotto, la domanda "ti piace il mio cazzo?".
Magnifico. Di cafoni ne ho conosciuti parecchi, ma questo entra di diritto nella top ten. Perché oltre che cafone è pure idiota.
Gli rispondo "Bonjour finesse" e poi lo blocco. Ci penso su un attimo, lo sblocco e gli scrivo "peccato, perché hai una bella svanzica", e poi lo riblocco nei secoli dei secoli amen. Così magari capisce che, se fosse stato meno deficiente, qualche cosa magari si combinava.
Peccato davvero, però. Non tanto per la dotazione, che mi pare assolutamente standard o comunque non motivo di particolare vanto. Mi dispiace perché ieri sera ci avevo flirtato un pochino. Mi aveva messo gli occhi addosso, in un locale a Testaccio, e io avevo messo gli occhi addosso a lui. Un amico di un amico del ragazzo di Stefania, a quanto ho capito. Non era Immanuel Kant, d'accordo, ma nemmeno un coglione ignorante. Così almeno mi era sembrato. E inoltre è, oggettivamente, un figo.
E inoltre, anche più oggettivamente, avevo e ho una voglia che mi si porta via. Il demone si è fatto molto insistente negli ultimi giorni.
Che mi facesse il filo penso fosse chiaro un po' a tutti. Che a mia volta gli avessi dato qualche chance se n'è accorta, invece, solo Serena, ieri sera stranamente in buona.
- Gli hai dato il numero, eh? Ti ho vista... - mi ha detto, canzonandomi, mentre tornavamo a casa.
- Perché no? - le ho risposto.
Dentro di me ripercorrevo mentalmente le nostre schermaglie. Lui mi guardava, io sorridevo brevemente accavallandogli le gambe davanti un paio di volte, rispondevo con calma ma anche con una certa sollecitudine alle sue domande. E intanto pensavo: "due colpi da Giuseppe, perché no?". Dopo avere lasciato Serena sotto casa sua ho controllato il telefono. E anche prima di rientrare a casa l'ho fatto. Se avessi trovato un messaggio del tipo "perché non ci vediamo, io e te, adesso?" un pensierino ce l'avrei fatto. Anzi, molto più di un pensierino. Perché? Ve l’ho detto. Perché non potete capire come sto.
E invece niente, mi sono ritrovata su WhatsApp i messaggi di stamattina, ecco perché no. Puoi essere troia quanto ti pare, puoi avere tutte le voglie del mondo, ma c'è un limite a tutto, no?
Chiamo Serena, la sveglio. Quando cazzo studia questa è un mistero. Dice che mi richiama e si fa viva dopo due ore. Le racconto cosa è successo e sghignazza. Dice se le giro la foto, ma almeno su questo so che scherza. Per prenderla per il culo le faccio i complimenti perché sono almeno dodici ore che non mi sbrocca addosso, una cosa che dopo che Lapo l'ha mollata è diventata abbastanza abituale. Dalla sua risposta capisco il motivo del suo cambio di umore.
- Senti, ti va di ritornare lì stasera? - mi fa.
- Cazzo ci andiamo a fare? - le chiedo.
- Potrebbe valerne la pena... - dice un po' sibillina.
Poiché però non sono nell'umore di risposte sibilline, la costringo a vuotare il sacco. E così vengo a sapere che - mentre il mio flirt con il cafone era sotto gli occhi (divertiti) di tutti - lei si scambiava occhiate furtive e sorrisini con un tizio che non c'entrava assolutamente nulla e che era lì con degli amici. Ha talmente fatto la troia da lanciargli un'occhiata prima di alzarsi e andare al bagno. E quello, come lei sperava, l'ha raggiunta. Io, impegnata come ero a fare l'oca con quel coglione di Giuseppe, non mi ero accorta di un cazzo.
- Per la verità credevo di farci più chiacchiere - mi dice - ma comunque mi ha detto che forse stasera ci torna...
- Ma cazzo, così al buio? Non era più facile dargli il telefono? - domando.
- Ma non me l'ha nemmeno chiesto! - risponde - non so neanche come si chiama...
Andiamo bene... Le dico che non ho tanta voglia di sbattermi fino a laggiù, dove tra l'altro il posto per macchina non si trova mai, per vedere se "forse" un ragazzo di cui non conosce nemmeno il nome si fa vivo. Glielo dico, ma so benissimo che cederò alle sue insistenze. Se non altro per farla uscire dalla sua paranoia per Lapo... Poi succeda quel che deve succedere.
- Ma dai, che cavolo devi fare di venerdì sera... - mi incalza - magari ritrovi anche quello che si fa i selfie al cazzo ahahahahah...
Questa è l'altra faccia della sofferenza interiore di Serena, mi dico. O ti insulta come se tu fossi la peggiore stronza sulla faccia della Terra e ti scarica addosso tutte le sue frustrazioni. Oppure ti tratta come uno straccio per il pavimento, prendendoti per il culo e facendosi beffe di quello che pensi e ti va di fare.
E a me, di fare, va. Dopo l’exploit di quel cretino su WhatsApp un po’ meno, d’accordo, ma si tratta solo di aspettare un po’. E' da domenica sera che sono accesa come una lampadina. O, se preferite, in calore come una gatta.
Proprio l’altra sera mia madre ha chiesto a me e mia sorella "avete voglia di qualcosa in particolare?". Naturalmente intendeva "per cena". Non dico che le ho risposto "di cazzo", è chiaro, ma l'ho pensato. In genere so tenere a bada le mie pulsioni. O perlomeno non permetto loro di condizionarmi così pesantemente. Non permetto loro di venirmi a fare visita così, all'improvviso, e farmi passare in secondo tutto ciò che sto facendo. Eppure mi sono quasi dovuta mordere la lingua.
Per farvi un altro esempio... ieri in quel locale, se fossi stata lucida, il mio istinto probabilmente mi avrebbe suggerito di stare alla larga da quel cretino di Giuseppe. Invece, proprio perché lucida in questi giorni non sono, sull'invito di quel cretino ci contavo proprio. Che ne so... aperitivo, cena, dopocena. Quello che pareva a lui. E mi ero pure ripromessa di non mettermi nemmeno a recitare la parte dell'oca giuliva. Anzi, il contrario. Un po' come aveva fatto Debbie, sarei stata me stessa. Sarei stata disposta a sopportare anche i suoi discorsi un po' vacui (perché prima di apprendere che è un deficiente credevo fosse solo un po' vacuo), facendogli anche pesare la mia superiorità. Perché il messaggio che gli volevo lanciare era questo: senti bello, ti sarai accorto che ti tratto con una certa sufficienza poiché è evidente che il tuo universo spirituale e intellettuale è quello di una pulce, no? Però ti sarai anche accorto che non mi sottraggo alle tue avances, anzi un po' le incoraggio pure. Questo non ti suggerisce nulla? Non ti fa venire voglia di dare una bella sistemata a questa stronzetta arrogante?
Un po' contorta, eh? Beh, mi rendo conto. Ogni tanto lo sono, ma a me piace giocare così. Purtroppo, a tutto potevo pensare tranne che fosse un tipo del genere. Ma come si fa a mandare la foto del cazzo a una tipa? Credi davvero che quella ti risponde "wow, lo voglio subito!"?
In mancanza d’altro, c’è sempre Tinder, d’accordo. Ma su Tinder in definitiva posso andarci anche domani. Anche se a me sarebbe piaciuto cercare di organizzare, pianificare, qualcosa per il week end (e anche per stasera, why not?). Lo penso mentre con Serena filiamo verso Testaccio, verso lo stesso locale di ieri sera. Dal mio punto di vista, mi sembra di fare una cazzata sesquipedale. Metti che questo non viene? Metti che viene e Serena si è fatto un film che non esiste e il tizio non se la fila di pezza? Metti che, cosa ancora peggiore, il tizio viene, se la fila e io resto lì a guardare? Che cazzo faccio? Reggo il moccolo? Me ne torno a casa? E come, visto che siamo sul motorino di Serena? Scema io a non pensarci. Scema io a cercare di parlargliene. Mi liquida con un “sei sempre pessimista, tu”. A me il suo ottimismo sembra un po’ isterico, mentre per quanto mi riguarda la situazione sembra lose-lose.
A occhio è l’ultimo week end in cui si potrà osare di uscire senza calze. Serena ha anche osato di più: una mini che, stando sul motorino, è chiaro che chi la incrocia le vede le mutande. Glielo faccio notare ridendo e lei mi fa “e non rompe il cazzo, pensa alla tua”. In realtà una gonna ce l’ho pure io, a pied de poule e plissée. Corta ma non così corta come la sua. Camicetta bianca e giubbino di pelle nero. Anche con le sneakers e i calzerotti arrotolati adidas faccio la mia porca figura.
Arriviamo, per puro culo, in un orario in cui il locale è abbastanza affollato ma non strapieno. Serena individua un tavolino, ci si fionda sculettando. La seguo da presso, lei mi sussurra “C’è”. Le domando se ci ha viste, risponde “non lo so, ma ci vedrà”. Ci sediamo facendo finta di niente. Dice “non ti voltare, è quel tipo con barba e capelli neri e il giubbotto da motociclista, accanto a quel ragazzo con il maglioncino bordeaux appeso al collo”. Le domando come cazzo faccio a vederli se non mi devo girare. Lei non risponde e fa finta di guardare me, ma intanto tiene d’occhio la situazione alle mie spalle. “Ha pensato anche a te, ha portato un amico... carino, no?”, mi fa con un sorrisino ironico.
A lei del mio demone fuori controllo non ho detto nulla, non voglio perdere questo piccolo vantaggio. Quindi non può nemmeno sapere che il fatto che il suo (presunto) corteggiatore si sia portato dietro un amico potrebbe realmente essere l'unica cosa interessante della serata. Ma si tratta di vedere com'è l'amico, ovvio. Lo ammetto, ho qualche brivido di impaziente curiosità. Non dico che la serata si illumini di ottimismo, ma qualche film comincio a farmelo pure io.
Restiamo sedute per un po’ aspettando un cameriere che non arriva. Nel frattempo mi tira fuori una giaculatoria contro Lapo che ho già sentito troppe volte. Poi, nel bel mezzo di un “quant’è vero Iddio...”, alza gli occhi e con un sorriso fintamente trattenuto fa “ciao, allora sei un cliente fisso...”.
Per un po' va avanti l'ipocrisia del "non pensavo sareste tornate così presto" e del "ci vieni spesso?". Quasi rimpiango quel cafone di Giuseppe e l'esplicita volgarità del suo "vieni a scopare a casa mia stamattina". Naturalmente chiedono se possono sedersi al nostro tavolo e si accomodano con i bicchieri già in mano. Inizio a pensare che questa cosa sia avvenuta sin troppo spesso, sin dalla prima volta in quel posto ai Parioli: io e Serena sedute a un tavolino e due ragazzi che ci chiedono il permesso di accomodarsi praticamente dopo essersi già seduti. Dobbiamo avercelo scritto sul viso, evidentemente, che siamo due puttanelle a caccia.
Quello che Serena ha nell'obiettivo si chiama Michele, ma se fosse stato per me avrebbe tranquillamente potuto chiamarsi Dark. Ha i capelli nerissimi, un po' lunghi, pettinati all'indietro. Anche la barba è nerissima. E anche tutto quello che ha addosso è nero. Non mi piace molto. Ma del resto è abbastanza noto che, Lapo a parte, spesso i miei gusti e quelli di Serena divergono. Sarà il naso un po' schiacciato, quelle sopracciglia troppo folte, gli occhi un po' piccoli per la faccia che si ritrova... Non che sia un mostro, eh? Però non rientra nella categoria mi-ti-farei-al-volo. Ammetto tuttavia che sotto certi aspetti - lo sguardo, il modo di parlare, anche una certa imponenza fisica sia pure un po' troppo tozza per i miei gusti - potrebbe invece entrare a far parte della categoria adesso-ti-sistemo-io. E secondo me è questo che attira Serena.
L'amico è meglio. Non il top, ma meglio. Valerio, si chiama. Non imponente come Michele, con i capelli rasati ai lati e un ciuffo un po' troppo lungo davanti che lo fa apparire buffo. Sembra allo stesso tempo timido e impertinente, tipo quelli che ti guardano il culo a scuola durante l'ora di motoria, di nascosto. Cioè, secondo loro, di nascosto. Ha una maglietta Nike sbracciata e un maglioncino di cotone legato intorno al collo che non capisci se sia un coatto o un fagiano. In compenso, sotto la maglietta deve avere una bella piattaforma di addominali.
Dopo un po' di chiacchiere nulla di che, Serena ha l'idea - ammetto, geniale - di uscirsene con un "fate i cavalieri, andateci a prendere qualcosa da bere che è un'ora che non ci si fila nessuno". Una mossa da gatta morta per restare da sole, è chiaro, ma molto meno scontata del solito "mi accompagni al bagno?". E che ha il pregio, almeno, di farci rimediare qualcosa da bere. Un Malibu semplice per me, lei vuole strafare con un Manhattan ma con whisky canadese e non americano. Un'occhiata del tipo "ma se non distingui uno shot di vodka da una birra..." ci starebbe tutta, ma gliela risparmio.
"Allora?", domanda quando si sono allontanati. "Beh, è un tipooo...", rispondo cercando una parola che non mi viene. "Ho capito, non ti piace", mi fa secca. "Vabbé, mica deve piacere a me", le rispondo con una condiscendenza che però mi sa che la fa proprio incazzare. "Hai visto che fisico? Altro che Lapo...". E qui lascio cadere la cosa, perché la discussione prenderebbe una brutta piega. Non tanto per Lapo, che comunque è cento volte meglio di questo, quanto per il suo tono recriminatorio. "Non ci pensare più, dai...", le faccio. Lei, invece di dirmi l'unica cosa sincera che potrebbe dirmi, ossia "facile dire non pensarci più", cambia discorso.
- E l'amico?
- Caruccetto... - rispondo.
- Te lo faresti?
- Ma se in dieci minuti ha parlato tre volte della sua fidanzata - rispondo cercando di sviarla un po'.
- Te lo faresti, troia... - insiste, mettendoci però un po' di ironia.
Ok, l'ha capito. Ci conosciamo troppo bene. Sottovaluto sempre il fatto che se per me lei è un libro aperto lo stesso vale nei suoi confronti.
- Due colpi da Valerio? Perché no? - rispondo con la sua stessa ironia per non lasciar trasparire nulla. Ma se uso le stesse parole che mi erano venute in mente la sera prima con quell'imbecille di Giuseppe non è un caso.
Serena mi sghignazza un "sei proprio una troia" del tutto fuori luogo, viste le sue intenzioni. Però ci prende, come sempre. Davanti ai due ragazzi, soprattutto davanti a Michele, mi sminuisce, mi irride. Dice che sono una secchiona e che non ho un ragazzo perché penso solo a studiare e non c'è un esame che mi vada buca. Dice che non mi affeziono mai a nessuno e che al liceo - a un tizio completamente sbronzo che mi aveva detto davanti a mezza scuola che mi amava - avevo risposto "ok, però adesso smettila con le seghe" e che quel tizio si era rinchiuso in casa per sei mesi. Storia vera, tra l'altro. Ma non so proprio come faccia a conoscerla, visto che lei a scuola con me non c'era. "Me l'ha raccontata Trilli - dice - lo sanno tutti che hai un cuore di ghiaccio". La ascolto esterrefatta mentre dice che sono un gran cervello ma che di stronze come me con i ragazzi è difficile trovarne. Cerco di buttarla a ridere, di dire che esagera e che le cose non stanno esattamente così. So che lo fa per far capire a Michele che lei è l'esatto contrario. So che domani mi chiederà scusa. Ma ad essere incazzata adesso sono io, mi dico che ci vuole tanta ma tanta pazienza. Sono un concentrato di pazienza e di voglia. Voglio essere corteggiata, vezzeggiata, baciata e scopata. Possibilmente tutto entro un'ora. E invece Serena mi sta così tanto dando sui nervi che la prima cosa che mi verrebbe di fare è alzarmi e andarmene a casa a piedi.
Cosa che, tra l'altro, quasi succede quando lei e Michele tornano dopo avere ordinato l'ultimo giro di alcol. Mi dice "noi dopo andremmo a farci un giro, forse Valerio può portarti a casa...". Forse? Attendo la risposta di Valerio con una certa ansia. Mettiamo che, non lo so, sto scemo dica "mi dispiace, ho un appuntamento con la mia ragazza". Voglio dire, possibilissimo per come si stanno mettendo le cose.
Invece no, invece Valerio fa il gentiluomo anche se, apprendo, non abitiamo proprio nello stesso quadrante di Roma. La macchina, scopro prima di salirci sopra, è in realtà di Michele. Una Ford Focus del cazzo. Ma chissenefrega, spero solo che dietro sia comoda, perché ho intenzioni davvero pessime. Quando mi siedo mi volto verso di lui e gli sorrido. Lui reagisce come reagirebbe, direi, un merluzzo. Cioè, di’ qualcosa, no? Che cazzo devo fare di più? Dirti "perché non ci andiamo a prendere una cosa da un'altra parte?".
- Ti va di andare da un'altra parte a bere qualcosa? - gli propongo sfacciata.
Lo guardo spalancando gli occhi, mentre glielo domando. Mi sembra anche più carino di quanto sia in realtà. Sarà che sono disposta ad accontentarmi, che ne so.
- Grazie, sei un angelo, dico davvero - risponde - ma domattina devo alzarmi presto e ho pure bevuto troppo...
Ci rinuncio. No, davvero, cazzo, ci rinuncio. Non mi si è filato per tutta la serata. Poteva essere uno di quelli che aspettano di restare da soli per cominciare a lavorarci sopra, speravo. No, niente, non è nemmeno quel tipo lì. Lo ascolto parlare e dirmi cose banali, farmi domande banali, di cui non me ne frega un cazzo. E intanto penso dai, ma che cazzo di uomo sei? Hai davanti una che mica ti vuole cambiare la vita. Una che vuole solo una cosa e la vuole adesso. Domani puoi pure dimenticare il mio nome, anche perché io avrò sicuramente già dimenticato il tuo. Come fai a non capirlo? Te lo devo dire esplicitamente? Devo farti un disegnino? D'accordo, te lo faccio. Immagina che ti salgo sopra e mi impalo. Non c'è nemmeno bisogno che mi togli le mutandine, basta scostarle. Voglio essere scopata con il giubbino di pelle ancora indosso e la camicetta sbottonata, una coppa del reggiseno tirata giù mentre mi succhi una tetta e io squittisco, urlo e faccio la solita lagna indecente sussurrandoti cose tipo "ti piace fottermi?" oppure "è così troia la tua ragazza?".
Sì, vabbè. Questo mi chiede cosa mi piacerebbe fare dopo la laurea... Lasciamo perdere. Abbandono anche la mia ultima fantasia, quella di dirgli "lo sai che mi piaci Valè?", lasciarmi baciare e intanto mettergli una mano sul pacco. Magari dopo avere liberato un bottone della camicetta.
Ok, per farlo bisognerebbe almeno che si fermasse da qualche parte per "parlare un po'". Si dice così, no? Voglio dire, se non fosse un’incapace dovrebbe domandarmi "ti va di parlare un po'?". "Ma certo, basta che non facciamo troppo tardi!" (traduzione: "ti va di baciarci e pomiciarci e anche qualcos'altro?", "ma che aspettavi a chiedermelo?"). Invece se ne sta con le mani sul volante in attesa di istruzioni sulla strada che conviene fare. Mi sento più Google maps che una cui mettere una mano sulla coscia, insomma.
Mi faccio lasciare a un chilometro scarso da casa mia. Lui insisterebbe per portarmi proprio sotto e aspettare che io apra il portone, immagino. Lo dissuado. Non sono incazzata, sono... beh un po' delusa è dire poco, ma diciamo delusa. Però una cosa ci tengo a saperla.
- Vale, ti posso chiedere una cosa? - domando.
- Sì... sicuro - risponde.
- Non ti piaccio?
Mi rilancia un'occhiata carica di imbarazzo. Tipo "non so che cazzo dire". Già il solo fatto di avergliela tirata fuori lo considero una vittoria.
- Scusa, ma te l'ho detto... ho una ragazza.
- Non ti devi scusare - dico dandogli un bacetto su una guancia e una carezza sull'altra - sei un bravo ragazzo e la tua tipa è molto fortunata... grazie per il passaggio, alla prossima...
Scendo dall'auto pensando "ma vaffanculo te e quella puttana" e mi avvio verso casa. Lo sento fare inversione e partire nella direzione opposta. Non solo non ci posso ancora credere o quasi, non solo mi dovrò tenere la voglia. Ciò che mi rode di più è la consapevolezza di avergli fatto guadagnare mille punti in autostima, a sto stronzo. Ci si crogiolerà dentro per mesi. Certo, magari un po' di rimpianti li avrà anche lui. "Eh, me la potevo fare, quella troia... ma vuoi mettere quanto sono stato integerrimo?". Deve essere uno che fa ragionamenti di questo tipo. La sola, piccola, speranza cui mi aggrappo, e che mi strappa un sorriso, è che lui lo racconti alla sua tipa, per vantarsi della sua fedeltà, e che la sua tipa gli faccia lo stesso il culo: "E chi è sta zoccola che hai accompagnato a casa, amò?".
E' una consolazione magrissima, lo so. In realtà ho perso 6-0 6-0.
Cerco di non pensarci più, ma ci penso. Ci penso quando mi osservo nel riflesso di una vetrina illuminata dall'illuminazione stradale. E' un attimo, ma è più che sufficiente. No, dico, mi hai vista? Eh, Valerio? Mi hai vista? Come hai fatto a non raffigurarmi messa a novanta sul cofano ancora caldo, con i capelli sparpagliati, la gonna tirata su e il perizoma abbassato. O strappato. Come hai fatto a non immaginare di dirmi "ora fammi sentire come urla una brava ragazza"? Te l'avrei fatto sentire per ore, coglione, fino a spaccarmi le corde vocali. Te l'avrei fatto sentire ad ogni tuo singolo colpo di cazzo. Perché è di questo che avevo voglia, stasera, forse anche bisogno: essere messa giù e scopata fino alle urla. Fino a cacciare un urlo per ogni singolo colpo di cazzo.
Coglione.
Entro in casa, i miei sono ancora svegli. "Pensavo facessi più tardi", mi dice mia madre. "No ma', devo studiare domattina...". Insiste con la sua solita solfa. "Ma perché non vieni e ti porti i libri? E' carino lì, ti piacerebbe". La rassicuro, le prometto che prima o poi andrò con loro, magari quando ci sarà la neve. E poi penso, ma non glielo dico, "ma se ci sono quattro letti e con voi vengono anche Martina e Massimo, io dove cazzo dormirei, sul divano?". Perché siamo già arrivati a questo, quella che doveva essere la stanza mia e di Martina è diventata, già la seconda volta, la stanza di Martina e Massimo. Spero che faccia come suo solito, Martina, così almeno vi rendete conto di cosa diventa la vostra primogenita quando qualcuno se la sbatte.
Mi addormento con nemmeno troppa difficoltà, pensavo peggio. Ho anche provato a toccarmi, ma ho lasciato perdere perché mi saliva l'incazzatura. Al mattino vengo svegliata da mia madre che mi annuncia che stanno partendo. Smadonno pensando ancora mezzo assonnata "e vabbè, avete bisogno del permesso?". Martina si affaccia in camera mia con un sorrisino ironico del tipo "ma davvero devi studiare?". Madonna che splendore che è... Per restituirle l'ironia le faccio "ma che bella famigliola che siete..." mentre vado a lavarmi i denti. Mi viene dietro in bagno domandando "tutto a posto sorè?". Annuisco con lo spazzolino in bocca.
- Resti a casa a studiare, eh? - chiede.
Mi sciacquo e la vado a baciare. Se lei fa dell'ironia su di me non vedo perché non ripagarla con una moneta simile...
- Non lo scorticare di pompini, il tuo Massimo... - le sussurro all'orecchio - non con mamma e papà nell'altra stanza...
- Non combinare cazzate - mi risponde molto meno ironica di prima - è qualche giorno che ti vedo strana...
Saranno le dieci e mezza quando sento il ding del WhatsApp. Per la prima volta ripenso a Serena e mi dico "ah, già, chissà che ha combinato quella troia". Lo so che è lei, me lo sento. Chi cazzo può essere sennò? Non ho neanche bisogno di aprire il messaggio, mi basta la preview: "Aiutami a dire tronco...". Ma guarda sta zoccola. Mi infilo le ear pods per girare per casa mentre parlo e nel frattempo le rispondo "chiamami". Consumalo anche te un po' di credito ogni tanto, eh?
- Mai vista una cosa del genere, ahahahahah...
Sono le prime parole che dice e le dice con lo stesso tono semi isterico che aveva ieri sera. Non mi piace granché, ma non glielo faccio notare.
- Hai trovato uno che ti allarga le prospettive, zoccola! - rido anche io.
- Ahahahah... no, vabbè, ma mica abbiamo scopato.
Non deve avere nessuno nel raggio di dieci chilometri, visto il suo volume di voce.
- Ah no? - le faccio.
- Ma no, dove andavamo? Eravamo pure in motorino... mica vive da solo. Gli ho fatto un pompino sulle scale del palazzo suo.
- Sulle scale?
- Tra il primo e il secondo piano.
- Ahahahah... non potevate rifugiarvi nell'ascensore?
- No, no - risponde dimostrandomi che l'opzione è stata presa in considerazione - è uno di quelli che si aprono e si chiudono automaticamente...
- Ah... beh, dovrai dirgli di organizzarsi...
- Spero proprio che ci pensi... e tu? Con il bel Valerio? I due colpi?
- Ahahahahah... macché, non mi si è filata di pezza!
- Davvero?
- Eh... kette devo dì?
- Peccato però... ma nemmeno per stasera? C'hai pure casa libera...
- Nemmeno. Sai come si dice, no? Chi ha pane non ha denti e... eccetera eccetera. Magari te lascio casa ahahahahahahah...
- Annalisa... - mi dice dopo qualche secondo di silenzio - ma davvero faresti questo per me?
Oh. No, ok, un attimo. Io scherzavo.
Scherzavo, è vero. Ma in questo momento ho la netta sensazione che sto per fare una pazzia.
CONTINUA
0
voti
voti
valutazione
0
0
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Weekend lovers - Gemellineracconto sucessivo
Weekend lovers - L'amica generosa
Commenti dei lettori al racconto erotico