Jap Story - Eyes wide open

di
genere
etero

(ma leggete prima "L'attimo sospeso", by Yuko)



E' vero, sto facendo una serie di idiozie a raffica. Ma non è che questo vi autorizzi a darmi dell’idiota. Anche perché so benissimo farlo da sola. Cioè, saprei farlo se fossi in grado di pensare lucidamente a cosa cazzo sto combinando. Tanto per dirne una: andare in giro conciata come una scolaretta giapponese con tanto di blusa bianca alla marinara, fiocco e gonna blu plissettata. Dite che somiglio tanto a un personaggio di un porno-manga? Ma cosa dite? Lì sono giapponesi. Avete mai visto la protagonista di un porno-manga con gli occhi azzurri e i capelli biondi con la coda alta? Dubito, no?

Però per altri versi avete ragione. Sembro uscita da un Hentai perché… beh perché debbo comportarmi come in un Hentai, non è complicato da capire. Nulla di clamoroso, eh? Non cominciate a immaginarvi chissà che, e soprattutto tenete le mani a posto.

Quindi vediamo, nell’ordine: vestita da liceale giapponesina (ok, sotto non ho nulla ma questa è un’altra storia); portata in giro per Firenze, infilata a sera dentro un teatro dove si recita qualcosa che secondo me nemmeno gli attori sanno bene cosa sia e della quale agli spettatori non frega una beata mazza; affidata a un coso buffo di nome Sebastiano che può disporre di me in tutto e per tutto basta che non si esageri (una “roba soft”); portata in giro per la platea a farmi toccare o schiaffeggiare il culo in base a un preciso tariffario (ma i soldi li becca lui, non io) per la gioia di spettatori – e anche un paio di spettatrici – arrapati o che hanno bisogno di arraparsi; semi-costretta a fare un pompino a questo Sebastiano in un angolo del palcoscenico a pochi metri dagli attori. Che ovviamente hanno visto tutto, un pompino mica è un apostrofo rosa. Anzi, secondo me a uno di loro era anche venuto duro, non era facile dirlo a quella distanza ma io qualcosa ce l’avrei scommessa.

Dice: ma chi te lo fa fare. Eh, cazzo, ma allora non state mai attenti... Vabbè. A parte la bomba che Sebastiano mi ha fatto fumare e lo shot di whisky che mi ha costretta a tracannare (a me il whisky non piace e soprattutto mi stende subito), diciamo che me l’ha fatto fare quella giapponese del cazzo. Ma sì, Yuko! E’ lei che mi ha trasformata in una troietta da fumetto nipponico. E’ sempre lei che mi ha, per così dire, assegnata a sto Sebastiano qui. Ora, capisco che il motivo per cui la assecondo – per meglio dire, eseguo le sue disposizioni – potrebbe non essere chiaro a tutti. A me però è chiarissimo. E’ chiarissimo cioè che se lei mi scopa o promette di scoparmi io sono pronta a fare tutto quello che vuole. Ha questo potere su di me, sin da quando mi ha rimorchiata a Milano, a Palazzo Reale, e mi ha trascinata dentro le toilette.

Il motivo per cui lei invece stasera si diverte così è, o dovrebbe essere, una sorta di punizione. Dice che ieri notte a un certo punto, mentre mi stava mandando per la quarta volta di fila sulla galassia di Andromeda, le ho detto che mi sarebbe piaciuto se lei avesse avuto il cazzo. E vabbè, che sarà mai! Un momento di debolezza, il desiderio di avere un’altra portata… Del resto anche a lei piace il Grifon d’Oro, mica solo a me. E’ o non è lei – non io, lei – quella che ha un compagno? Che ci convive? Eccheccavolo, diciamole certe cose!

Comunque ok, non fa niente, lasciamo perdere. Dove ero rimasta? Ah sì, ero rimasta che avevo fatto un pompino a questo Sebastiano che, tenete conto, per quanto mi riguarda è proprio l’anti-sesso. E’ diventato Vinicio Marchioni nel momento in cui Yuko mi ha detto di farglielo. Cioè, “detto” non è proprio la parola giusta, diciamo che mi ha fatto un cenno.

E diciamo anche che, da quel momento in poi, ho capito che non avere le mutandine è una fortuna. Sì, d’accordo, un attento osservatore potrebbe anche notare che qualcosa mi cola lungo le gambe, ma volete mettere con la scomodità di andare in giro tutto il tempo con quel sintetico bagnaticcio proprio lì?

Adesso però Yuko è finita chissà dove. Per quanto ne so, potrebbe esserci eccitata anche lei a vedermi inginocchiata tra le gambe di Sebastiano. Potrebbe avere fatto cenno all'attore che si era ingrifato di portarla in un camerino a recitare le scene censurate di Giulietta e Romeo. E' capacissima, sapete? E' talmente zoccola...

Non averla più attorno un po' mi allarma, d'accordo, ma nemmeno tanto. Il fumo mi ha dato alla testa, l'alcol mi ha dato alla testa, lo sperma mi ha dato alla testa. Come se non bastasse, Sebastano va sul palcoscenico, tra gli attori incuranti della sua presenza, e versa qualcosa dentro un bicchierino di carta, torna e me lo porge dicendo "rifatti la bocca". Stronzo, come se quel sapore che sento non fosse il suo. E' gin, una dose almeno doppia, non era una bottiglia di scena. Per un po' indugio, ancora in ginocchio, guardandolo dal basso in alto. Lui ripete "bevi", io eseguo.

Nel frattempo la situazione in platea mi sembra decisamente più surriscaldata di prima. Gli attori sul palco non se li fila più nessuno tranne un tizio con i capelli bianchi, che però ha la mano infilata nella scollatura - molto più che generosa - di una seduta accanto a lui e che avrà trent'anni di meno. Ora che ci faccio caso mi accorgo che l’età media dei presenti è abbastanza alta. Sono quasi tutti tra i quaranta e i cinquanta, qualcuno anche di più, come quel tipo, anche se non mancano donne più giovani, addirittura qualche ragazza della mia età. Amanti, probabilmente, di uomini ben più in là con gli anni. Ce n’è un'altra che si fa spudoratamente massaggiare una tetta mentre il suo tipo la slinguazza in bocca. La maggior parte della gente però va in giro per la sala con un bicchiere in mano, qualcuno si struscia un dito sotto il naso tirando su, qualcun altro lo ha appena fatto. Il profumo delle canne è adesso più intenso, in molti fumano senza ritegno, passandosele.

Io stessa faccio qualche tiro da una fionda che Sebastiano pesca da chissà dove. Ed è la seconda. Con l’alcol va pure peggio, perché dopo lo shot che mi aveva costretta a bere e il gin con cui mi aveva fatto sciacquare la bocca, ora si ferma a un tavolino e mi riempie un bicchiere di carta con della vodka. Stavolta accetto senza discussioni, anzi mi va proprio. Lo so benissimo che tra un po’ sarò ubriaca persa, ma me ne sbatto.

Veniamo avvicinati da una coppia. Lui è un bell’uomo, nonostante l’età, lei sembra leggermente più giovane e ha un fisico niente male, ma è davvero brutta. Sebastiano spiega loro il tariffario: venti euro per una tastata di culo, se la mano vuole finire tra le gambe il prezzo sale a cinquanta. Dieci euro per ogni sculacciata. Vietato ogni tipo di penetrazione. La mano dell’uomo si intrufola direttamente sotto la gonna ad accarezzarmi il sedere. Dice “come si fa a voler schiaffeggiare questo gioiello?”. La donna in un certo senso è anche peggio, o meglio, dipende dai punti di vista. Le sue dita mi slittano sulla fica e sanno perfettamente dove intrattenersi. Un paio di spasmi dopo et voilà, eccomi ridiventata una fontana. “Ma questa bambina è una delizia!”, esclama la donna sorridendomi. Tra la sua mano che mi scivola tra grilletto e fessura e quella dell’uomo che mi stringe una chiappa comincio a tremare e ad avere qualche difficoltà nel respiro. “Sei vergine, tesoro?”, mi domanda la donna. Le faccio cenno di no con la testa però capisco la domanda. Ho sempre mostrato meno della mia età, ma con la divisa da scolaretta giapponese che mi ha fatto indossare Yuko, ai loro occhi devo sembrare davvero una ragazzina. La classica puttanella arrapata di un Hentai. “E qui?”, domanda l’uomo passando il dito sopra il mio ingresso sul retro. “S-sì… lì sì”, mento. Non si sa mai che a qualcuno venissero strane idee, eh? Perché lo so benissimo che le strane idee vengono. E sono venute anche a loro due. La donna chiede a Sebastiano “ma non puoi darcela per questa notte? Te la paghiamo quello che vuoi…”. Sebastiano le risponde che proprio non è possibile. L’uomo dice “peccato” poi si avvicina al mio orecchio per sussurrare alla donna “pensa come sarebbe bello sverginarla a casa, mentre tu ci guardi e ti masturbi… è una vita che non rompo un culetto così”. La donna si avvicina anch’essa al mio orecchio e gli sussurra “sei il solito egoista… non potrebbe essere lei a farmi godere? Hai mai fatto godere una donna, tesoro?”. Mento ancora una volta rispondendo un no tremolante e pensando a come appena la notte scorsa Yuko si disarticolava sotto la mia lingua e mi serrava la testa tra le cosce. E penso anche che, se questi due vanno avanti così, tra un po’ le loro perversioni e le loro carezze mi doneranno un orgasmo da paura. Di colpo ho una voglia assurda di essere penetrata con le dita, davanti e dietro. Li sto quasi per implorare di farlo, Sebastiano però reclama i suoi soldi e mi porta via, non ha tempo da perdere.

Vengo tastata innumerevoli volte. Un paio di uomini chiedono anche di toccarmi le tette. Sebastiano acconsente ma a patto che mi tocchino anche il sedere perché, dice, "mica posso far pagare per queste 'osine qua". Ci resto un po' male, anche perché penso che benché piccole le mie tette siano davvero carine. E i capezzoli sensibilissimi. Al secondo uomo che me li stuzzica regalo - per pura e indispettita riconoscenza - uno sguardo tipo da-te-mi-farei-scopare-anche-adesso. Ma sono soprattutto le sculacciate che mi mandano in orbita. Soprattutto quelle di un uomo che mi fa mettere a novanta piegata sullo schienale di una poltrona e che mi tira su la gonna scoprendomi interamente il sedere. Ne compra solo cinque (del resto, cinquanta euro...), ma ha le mani così pesanti che sin dalla prima sculacciata comincio a guaire. Lo sento dire a Sebastiano "ma sei si’uro che non la posso scopare? questa c'ha una voglia...". Anche lui è attratto dal mio ingresso posteriore, perché mentre parla passa e ripassa con un dito sul buchino. Sebastiano gli risponde di no, io invece dico a me stessa che non avrei nulla da obiettare.

Il colpo di grazia me lo dà una donna - età tra i quaranta e i cinquanta - che chiede a Sebastiano se può leccarmela. Non è previsto nel tariffario. Sebastiano ci pensa un po' su e poi le spara una richiesta di cinquanta euro a lappata. La donna obietta che non ha i soldi con sé e gli dice "facciamo che ti devo duecento euro", poi si inginocchia e la sua testa scompare sotto la mia gonna. Sono solo quattro, ma sin dalla prima comincio a tremare in modo così violento che Sebastiano deve tenermi ferma per non farmi crollare a terra. La donna fa tutto molto lentamente, vuole godersi il suo investimento, ma sa benissimo quali punti andare a stimolare. All'ultima, interminabile, lappata sembra voler raccogliere tutti i miei succhi e spalmarmeli sul grilletto. Non capisco assolutamente più un cazzo e comincio a gridare "godo! godo!", ma lei si rialza. Strizzo gli occhi scossa dai brividi e combatto con le contrazioni mentre la ascolto sussurrarmi "che buon sapore che hai... non ti andrebbe di ricambiare?". Se potessi risponderei che se mi scopano sono pronta a fare qualsiasi cosa, ma Sebastiano declina l'offerta. Io dentro di me penso "ma fatti i cazzi tua, no?".

Non mi sono ancora ripresa, ho gli occhi ostinatamente chiusi, che sento una voce che fa "bene, adesso la prendo io". Nonostante sia quasi completamente fuori di testa la riconosco, è la voce di Leone, l'amico di Yuko, quello che ci ha mandate qui. Età boh, faccia da canaglia incallita, capelli raccolti a coda e orecchino. E' un medico, dice Yuko, ma sembra un pirata. "Mi sa che tu t’ha' fatt'i dindini!", dice a Sebastiano. Sebastiano abbozza un taciturno "beh sì non c'è male" poi gli risponde “puo' farne almeno il doppio". Di per sé, visto il contesto, l'idea di essere una vera e propria ragazza-oggetto al centro dei loro discorsi mi farebbe andare parecchio su di giri. Ma in questo caso decollo proprio. L'eccitazione appena appena scemata risale a livelli stratosferici. E per la prima volta mi accorgo che la situazione all'interno del teatro è completamente degenerata. Si beve, si fuma, si sniffa e si fa sesso senza ritegno. Quella che va in scena adesso è una specie di maxi orgia. Il tutto acuito, grazie ad un clamoroso effetto di straniamento, da capannelli di persone in abito da sera che discutono amabilmente come se fossero alla prima della Scala. Solo che qui la Soprintendenza sembra essere quella di Sodoma e Gomorra. Vedo qua e là donne e ragazze saltare impalate sulle ginocchia dei loro uomini seduti sulle poltroncine, offrendo loro il petto nudo o la schiena. L'aria è satura di fumo, odori di sesso, risatine e gridolini. Poco più in là un ragazzo elegantissimo sta succhiando, con i pantaloni completamente calati, un uomo. Dietro di lui una donna - la moglie o la compagna dell'uomo, a occhio e croce - lo sodomizza con un cazzo finto. Ancora più in là, ma la posso solo intravedere, una ragazza sta subendo lo stesso trattamento, ma da un paio di giovani come lei. Altri due ragazzi, a non più di due metri, osservano la scena e si masturbano a vicenda. Sul palco hanno finalmente smesso di far finta di recitare e un'attrice, senza più nulla indosso, si sta beccando una castigata da applausi messa a novanta su un tavolo. E' troppo lontana per poterla sentire ma da come si agita direi che se la sta godendo parecchio. La mia attenzione però si concentra soprattutto su una ragazza messa alla pecorina sopra una poltroncina a poche file da noi. E' una ragazza dai lunghi capelli ricci, castani, e dalle forme, diciamo così, morbide. Come molte altre qui dentro ha le tette di fuori che ballonzolano sotto le spinte che l'uomo dietro di lei le sta assestando tenendola saldamente per le anche. Di lei sì che posso sentire le urla di gioia e, anche se somaticamente non c'entra un cazzo, mi ricorda molto la mia amica milanese, Ludovica, in quelle sere in cui ci facevamo rimorchiare da due o tre manzi. A lei piace moltissimo essere guardata mentre scopa, ha questa fissa esibizionistica, che ci volete fare. Mi dico che forse anche la tipa che ho davanti in questo momento ha la stessa mania e la osservo attentamente. Lei però nemmeno ci fa caso e continua ad assorbire colpi su colpi con la felicità dipinta sul volto. Io, per quanto mi riguarda, non so più se sto per esplodere o per collassare. E non so neanche se la colpa è dell'alcol, dei cannoni o degli assalti sessuali cui sono sottoposti i miei sensi.

"L'è un troiaio, vero?", mi fa all'improvviso Leone prendendomi per un braccio. Poi, rivolto a Sebastiano, gli domanda: "S'è comportata bene la farfallina?". "La farfallina s'è comportata benissimo - risponde Sebastiano - le piace farsi sculacciare ma, se tu vuo’ un consiglio, fattelo ciucciare ché l'è di molto brava". Leone si mette a ridere e mi porta via. La prima volta che l’ho visto ci avrò scambiato sì e no dieci parole (parlava sempre lui), ma per qualche strano motivo di lui mi fido molto più che di Sebastiano. All'inizio penso che voglia farmi ricominciare il giro della madonna pellegrina pronta, dietro lauto compenso, a farsi mettere le mani addosso da tutti. In realtà non è così. "Basta 'on le smanacciate", dice Leone porgendomi l’ennesimo bicchiere della serata. Stavolta deve essere grappa o qualcosa del genere. Dapprima rifiuto, lui insiste, io eseguo. "Mi sento la testa gonfia - gli dico - ma Yuko dov'è finita?". "Era qui in giro", risponde quasi disinteressato e mi conduce fuori dalla platea, in quello che in via molto ipotetica dovrebbe essere il foyer del teatro. Si sbraca al centro di una coppia di poltroncine e se lo tira fuori dicendomi "mettiti giù farfallina, vediamo se Seb ha ragione".

Lo guardo interdetta. Un po' perché proprio non me lo aspettavo, un po' a causa di quello che ha tirato fuori.

Mi inginocchio con lo sguardo fisso là sopra, gli mormoro "Leone, per te ci vuole una leonessa...". Devo avere gli occhi fuori dalle orbite. Non dico che non ho mai visto una bestia simile ma certo la sua se la gioca nella top five. Lui ridacchia come se questa battuta l'avesse già sentita e mi dice "fa' quello che puoi, farfallina".

Ora non cominciamo a offendere, eh? Come sarebbe a dire "fa' quello che puoi"? Non sarò proprio al massimo, d'accordo, ma se mi sfidi ti faccio rovesciare gli occhi, bello mio.

E in effetti, non dico che non sia impegnativo, ma il match me lo porto a casa. Il primo set lo vinco quando raggiungo i suoi peli del pube con la punta del naso. Il secondo quando abbandona i suoi toni un po’ leziosi e comincia a darmi il ritmo del pompino come un disperato. Come si fa in questi casi, con la mano sulla nuca. Sbavo, soffoco e ho i conati, a momenti mi slogo la mandibola, ma gli faccio perdere la cognizione del tempo e dello spazio. Il mio trofeo sono tre schizzi di sperma diritti in gola.

Mormora quasi disfatto “farfallina, te tu se’ ‘na bocchinara da gran premio”. Starei quasi per rispondergli “ho fatto quel che ho potuto”, ma non credo che capirebbe l’ironia. Non in questo momento, almeno.

Di colpo però, mentre mi rialzo, è come si mi crollasse il mondo addosso. Ho fatto il pieno di tutto, troppo di tutto. Mi sento intontita e straordinariamente debole. E, in più, devo fare pipì.

“Dov’è qui il bagno?”, gli domando. Lui mi indica un corridoio che gira intorno alla platea. Mi avvio ma mi domando se sarò in grado di arrivarci. Cazzo che botta, e tutta all’improvviso.

Il bagno è, per fortuna ma anche stranamente, molto pulito. Mi siedo e piscio. Non avere le mutandine è, se non altro, una fatica in meno. Provo a rialzarmi ma non ce la faccio. Anzi, un po’ ce la faccio perché abbasso la tavoletta del coperchio e mi ci risiedo sopra di botto per quanto sto in coma. Ho la testa pesante, mi gira, mi appoggio con le braccia alla mensoletta di maiolica dietro il water. Dopo un po’ entrano due ragazzi, mai visti. Cazzo ho lasciato la porta aperta. Uno mi si piazza davanti e se lo tira fuori, me lo sbatte sulle labbra senza una parola. L’avrà mandato Leone, penso. Gli faccio "no, dai, dammi un po' di tregua". Lui me lo risbatte sulle labbra, rinnovando la richiesta. Ancora una volta eseguo. Non è molto duro, ma lo diventa dopo che glielo succhio. Lui se la gode per un po' e, francamente, anche io nonostante tutto. Ma evidentemente non gli basta. Mi tira su e mi mette a novanta, con le mani sul bidet, anche se gli mormoro "no, non voglio scopare". Cosa vera, in linea di massima, anche se devo risultare assai poco credibile. Mi scopre il sedere e scarta un preservativo. O è bello partito pure lui o è un incapace, perché ci mette una vita. Faccio un paio di gemiti e gli miagolo un "dai". Dal tono dovrebbe capirlo che è un altro "no, dai". Mi dà fastidio stare piegata così e mi sembra che la testa stia per rotolarmi via da qualche parte. Ma più di così a oppormi non ce la faccio. Lui, chiaramente, deve capire tutto l'opposto, o vuole capire tutto l'opposto. Per la prima volta parla e mi dice "mò te lo do, mò te lo do". A mente fredda, cioè tra quarant'anni, bella figura da ninfomane. In ogni caso, dopo essersi finalmente infilato il preservativo, mi scopa. Tiro fuori un flebile “nooo” e un altrettanto flebile “non era nei patti”. Lui mi fa “o quale ‘azzo di patti?” mentre continua a trapanarmi. Non dico che non mi piaccia, ma non è come al solito. Mi rivolgo alle ragazze, ovviamente: avete mai scopato quando siete troppo ma troppo partite? Non è che una se la goda particolarmente, vero? Tiro fuori gemiti e qualche urletto ogni tanto, a seconda delle sue spinte. Ma sostanzialmente sto più attenta a non cadere con la fronte sul bordo del bidet. Mi sento più che altro imbottita. Più nella testa che nella fica. Dell'altro ragazzo vedo solo le gambe, ha dei pantaloni neri. Forse osserva, forse fa la guardia. Quando il primo viene nel preservativo, si sfila e se ne va senza dire un cazzo, o così almeno mi pare. L'altro se lo tira fuori mentre io mi accascio di nuovo sul water. Dice "coraggio", io gli faccio per l'ennesima volta "no, dai". Me lo avvicina, è completamente dritto, dice "mica mi vorrai lasciare così". Me lo ficca in bocca tenendomi la testa con due mani, io scelgo di inginocchiarmi per non dovermi piegare ancora. Oscillo avanti e indietro secondo il ritmo che decide lui, ha un buon sapore. Ci mette, direi, non più di trenta secondi ad esplodermi in gola, doveva proprio non poterne più. Mi dice di mandare giù e poi di pulirglielo. Eseguo. Quando è soddisfatto se ne va, lasciando anche la porta semiaperta. Mi prendo la testa tra le mani convinta che così non si staccherà. Forse ce la faccio ad alzarmi prima che arrivi qualcun altro.

Ad aspettarmi fuori dal bagno c'è Yuko, appoggiata ad un cassettone. Braccia conserte e sguardo neutro. "Non ti si può lasciare sola", mi fa. Non capisco bene cosa cazzo stia dicendo ma sono contenta di vederla. "Certo che Leone poteva lasciarmi un po' tranquilla invece di mandarmi quei due, e che cazzo...", mi lamento. "Leone? Leone è uscito, ha mandato me a dirti di aspettarlo all'ingresso". "Non li ha mandati Leone?", domando. "Ma chi?", chiede a sua volta la occhi a mandorla. "Quei due che sono usciti da qui...", rispondo. "Ma che cazzo ne so io? Chi li conosce?".

Esattamente alla fine della parola “conosce”, riappare Leone. Mi punta e mi afferra per la mano dicendo "vieni farfallina, che un po' di aria ti farà bene". Usciamo dal teatro e mi fa salire in macchina. Suv, sedili di pelle, roba forte. Più che sedermi, mi accascio sul posto accanto al guidatore. Sono talmente intontita che Leone, dopo tre volte che mi dice di allacciare la cintura, alla fine ci pensa da solo. E ne approfitta pure per tastarmi una tetta e pizzicarmi un capezzolo da sopra la blusa. Reagisco blandamente, ormai. Mi dice "apro il finestrino che un po' di fresco ti sveglia", ma credo di addormentarmi prima che il vetro raggiunga fine corsa.

Quando mi risveglio sono immersa nel buio. L'aria è umida, quasi fredda. Domando dove siamo e Leone mi risponde "alle 'ascine". "Uh?". "La 'ascine, grulla! 'un tu ha' mai senti'o le 'ascine?".

Mi porta a fare un giro. Non so quanto tempo passa ma non è pochissimo. All’inizio deve quasi sorreggermi, ma poi va meglio. Mi domanda come ho conosciuto “quella troia forsennata della giapponese”. Dal tono che usa direi che abbia ricevuto almeno una dimostrazione pratica di quanto Yuko possa essere “troia forsennata”. Poi mi domanda quando ho scoperto, e usa queste precise parole, “la mia indole sottomessa”. Gli rispondo “ma non lo sono proprio per niente!” in tono decisamente seccato (ok, in certi momenti un po’ mi piace esserlo, è vero, ma è meglio che non si sappia in giro). Lui scoppia a ridere e mi fa “ma se quel coglione di Seb dice ‘he ti piace la violenza!”. "Ma neanche un po'!", rispondo allarmata. "Nemmeno questo?", domanda mollandomi uno sculaccione. Faccio "ahia!" voltandomi verso di lui. Mi tira a sé, sarebbe meglio dire che mi spiaccica su di sé, e mi piazza le mani sotto la gonna. Anzi, con una mano mi tiene su la gonna e con l'altra continua a colpire. A ogni colpo la domanda, un po' sadica e sempre la stessa: "Nemmeno questo? Nemmeno questo?". E più vanno avanti i "nemmeno questo?" più i miei "ah-ahia" diventano in tutto e per tutto simili ai richiami di una ochetta che desidera solo una cosa: essere conciata per le feste. “Oh allora? ‘un ti piace?”, chiede.

Mi struscio su di lui ed è come se le mie tettine sentissero direttamente il contatto con il suo petto nonostante i due strati di stoffa, quelli della mia blusa e della mia camicia. “Sì questo sì”, miagolo. "Lo vedi?", replica diminuendo la forza dei colpi. Cosa di cui lo ringrazio, peraltro, perché se da una parte mi eccita dall'altra ho le chiappe che avrebbero bisogno di un estintore. "Sempre piaciuto", rispondo con un tono osceno prima di aprirgli le labbra davanti per chiedergli un bacio. Durante tutto il tempo del bacio mi afferra il sedere e me lo stringe con una tale forza e una tale protervia che mi fa venire voglia di essere scopata immediatamente, lì sul vialetto. Quando le nostre labbra si staccano mi riassesta una sculacciata più forte di tutte le altre messe insieme. Stavolta strillo per il dolore e basta. "Ti piace anche quando te lo fa la troia giapponese?", domanda Leone accarezzandomi le chiappe. "Tu hai le mani più grandi...", sospiro strusciandomi in modo ancora più indecoroso contro di lui. E' scandalosamente evidente che ora cerco il risveglio del suo pacco, desidero sentirlo più di ogni altra cosa. E più di ogni altra cosa desidero essere posseduta.

Mollo gli ormeggi, cedo, glielo sto proprio per dire di scoparmi lì come una mignotta da quattro soldi. Ma lui non me ne dà il tempo. Mi afferra per le spalle e mi rigira su me stessa. Mi fa "andiamo" e mi ammolla un'altra sculacciata, ma stavolta la mano la lascia lì, sotto la gonna e sul mio sedere nudo. Mi infila un paio di dita dentro, sono così grosse che mi fa squittire come se avessi preso un cazzo. Leone commenta con una volgarità che mi esalta la mia fica pronta e il mio brodo caldo: "Te tu ti pisci addosso dalla voglia di 'azzo". Diciamo che gli ultimi cento metri li faccio così, con la sua mano e le sue dita che mi spingono. Non è mica facile camminare così. Qualche volta mi sarà capitato di farlo, che ne so, per essere trasferita da un salotto a una camera da letto, mai però così tanta strada. E inoltre ho le gambe molli e guaisco di piacere contratta completamente intorno a quelle dita. Sto chiaramente per sbroccare, ho la testa che gira. Mi sembra addirittura di sentire i miei strilletti in stereo e di vedere la massa scura del Suv oscillare. Ma è poco più di un'impressione. Intorno a me tutto sembra oscillare, anche se c'è buio pesto e non si vede un cazzo. Non ho una idea esatta di cosa voglia fare ma vi assicuro che in questo momento mi sta bene di tutto.

Quello che vuole fare lo capisco però quando apre lo sportello posteriore. Cioè, "capisco" è una parola grossa, diciamo che lo intuisco: mi vuole stendere sul sedile di dietro, è chiaro. E invece no, manco per niente, non mi vuole stendere. Diciamo che mi ci scaraventa sopra alla pecorina. Dio, quanto adoro essere scaraventata! Quanto adoro lanciare quell'urletto da scimunita, sospeso a metà tra la sorpresa e l'indecenza. Solo che - chiamatelo intuito o chiamatelo come volete - qualche cosa mi dice di frenare la mia caduta. E di farlo in fretta. La mia fronte si arresta a non più di cinque centimetri da una cosa scura che si muove. Dico "cosa scura" ma in realtà è tutto buio, non si vede un cazzo. Davanti a me si agitano onde sottili che potrebbero essere capelli. Capelli neri che coprono un volto, direi. Occhi-naso-bocca, tutto coperto. Ma dalla bocca arriva un inconfondibile cigolio continuo e un altrettanto inconfondibile paio di "aaah... aaah". Per cui sbagliarsi non è possibile.

- Yuko! Cazzo ci fai? - domando stupefatta.

Sì, perché la sorpresa prevale anche sulla sensazione di sentire quello dietro di me che mi alza la gonna fino alla schiena lasciandomi a culo scoperto. E vi assicuro che in un momento come questo ce ne vuole, di sorpresa.

Lei è di fronte a me, sull'altro lato del sedile posteriore. Anzi, per dirla meglio, il suo busto è dentro la macchina, infilato a novanta gradi attraverso il finestrino abbassato, il resto del corpo è fuori.

- Secondo te? - risponde quasi piangendo - è mezz'ora che questo mi tromba... mi sta ammazzando.

Guardo alle sue spalle ma - figuriamoci, quasi non vedo nemmeno lei - non scorgo niente, solo l'ombra scura dello sconosciuto che la sta bombando. E dal ritmo con cui la jap mi cigola nell'orecchio direi che lo sta facendo a velocità supersonica.

- Dov'eri finita? - le faccio - non ti trovavo più... uuuUUUH!

Leone ha spinto alla cieca, senza nemmeno tanto garbo. Sbattendo e travolgendo un po' tutto ciò che trovava, cozzandomi sul fondo. Dopo lo strillo, per un attimo resto senza fiato, vedo letteralmente le stelline corrermi incontro, non capisco più un cazzo. Quasi mi accascio piagnucolando - non so nemmeno se a lui, a Yuko o a me stessa - "Dio che nerchia". Fatal error: come ho fatto a dimenticarmi che quasi non riuscivo a prenderglielo in bocca? Ma del resto, pure se me lo fossi ricordata... Lo dico sempre che più di quelli osservati, o vantati, contano i centimetri percepiti. E questi li ho percepiti tutti!

Capirete bene che il mio interesse per la risposta di Yuko - che per la cronaca è "ero in macchina con te, scema!" - a questo punto diventa molto ma molto relativo. Per un bel po' di tempo mi sento letteralmente imbottita. Non so nemmeno dire se mi piaccia. Cioè sì, lo so dire, mi piace. Però cavolo, quando è così è proprio impegnativo. Ululo senza vergogna mentre Yuko, anziché pensare al tipo che la sta sfondando da mezz'ora, mi strilla "Leone non te lo scordi piuuuuù!". "Baciami, cazzo!", le strillo a mia volta afferrandole la testa. Chissà da dove arriva, ma ho l'impellente bisogno di essere baciata da questa troia. Labbra, lingue, capelli in bocca, bava. In un secondo diventiamo un mash up. Ma è difficile tenerla ferma. Se fossi lucida direi al suo scopatore "ma la pianti di fare così forte?". Ma a parte il fatto che non so se le farei un favore, ecco, in questo momento lucida proprio non sono. Anche perché il mio, di scopatore, deve avere deciso di farmi uscire il cervello dal naso, a giudicare da come ha cominciato a spingere. Io però devo di aggrapparmi a lei come una naufraga a una boa. Lei, probabilmente, pure. Solo che invece di prendermi la nuca mi prende una tetta, me la strazia. Presa tra due fuochi le urlo in bocca che sembro la sirena dei pompieri.

Ma a sovrastare le nostre urla e il rumore delle carni che sbattono arrivano le voci dei due che da una parte all'altra del tettuccio della macchina si scambiano progetti.

- Dopo facciamo cambio co' ste du' bu'aiole?

- Sì ma dopo... 'un me so' mai 'nculato 'na giapponese...

- Pure la bionda è 'na ci'ala...

E poiché più di tutto, a volte, può il terrore, volto la testa verso il mio superdotato per gridargli "MA SEI SCEMO PER CASO?". Gli basta stringermi le chiappe e darmi due botte più forti delle altre - "woah... woah!" - insieme ad un paio di sculaccioni - "ahia... ahia!" - per rimettermi a posto, per farmi andare a cercare consolazione dall'asiatica. Mi lamento come una ragazzina, ma sto godendo come una pazza.

scritto il
2020-12-23
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