La fine di una spia: l ’interrogatorio
di
duke69
genere
pulp
Era notte fonda! Nel buio totale, illuminato solo dai fari di una automobile che procedeva ad alta velocità su una strada sterrata, neanche la luna faceva la sua parte.
I fari dell’auto illuminavano un vecchio capannone industriale abbandonato, che all’arrivo nel piazzale parve prendere vita: una enorme porta scorrevole in ferro si aprì e dall’interno sbucarono due persone; il piazzale fu inondato di luce proveniente dall’interno, mentre dall’auto uscirono altre due persone.
“Ci avete impiegato tanto!”
“Scusa Marta ma è stato più difficile del previsto, la troia era agitata l’abbiamo dovuta sedare”
“Nessun problema Sonia, non abbiamo fretta, il problema è che non parlerà tanto facilmente!”
Marta era a capo di una banda formata da 4 donne, una cellula facente parte di una organizzazione criminale più grande, dedita al commercio di stupefacenti e armi. Il loro quartier generale, nonché la loro copertura, era il retro di una lavanderia in centro città. Le quattro criminali non si facevano scrupoli a commettere reati di ogni tipo.
Marta era dotata di grande intelligenza e astuzia, non a caso era la capobanda; aveva un fisico muscoloso ma minuto, capelli ricci corti, viso tondo e occhi piccoli e scuri che incutevano timore.
Sonia era il suo braccio destro, bella, bionda, alta e con capelli lunghi, insomma un fisico da modella un po’ piatta e con poche curve.
Le altre due della banda erano Sara e Claudia. La prima aveva sembianze ed atteggiamenti maschili, molto robusta, alta 1.80 con capelli corti neri. Claudia, minuta e molto carina, aveva un viso d’angelo, occhi chiari, capelli mossi castano chiari e un sorriso diabolico che nascondeva un autentico spirito sadico.
Sara si occupò di trasportare il pacco chiuso nel portabagagli, lo caricò in spalla e lo portò all’interno del capanno. Il rumore stridente della porta che si chiudeva era il preludio al massacro che stava per iniziare.
Il pacco era Federica Randi, una giovane agente-segreto che molti mesi prima si era infiltrata nell’organizzazione, ma che per sua sfortuna era stata scoperta e fatta prigioniera. Al momento dell’incarico i suoi superiori erano stati chiari:
“Agente speciale Randi, spero sia cosciente della sua scelta…nel caso dovesse saltare la copertura dovrà resistere e cavarsela da sola, non potremo aiutarla, almeno non nell’immediato!”
Purtroppo però, Federica fece un piccolo passo falso, così Marta volle occuparsene personalmente e dopo qualche settimana di pedinamenti e intercettazioni telefoniche, Marta riuscì a smascherare l’infiltrata.
Il motivo per cui Federica era stata portata in quel posto abbandonato da Dio, non era semplicemente legato alla voglia di vendetta della banda, ma soprattutto perché l’ultimo atto della spia fu quello di avere dirottato un importante carico di armi in un posto nascosto e sconosciuto a tutte.
Marta e le sue scagnozze dovevano assolutamente recuperare il carico e per questo erano disposte a compiere qualsiasi atrocità sulla povera spia pur di farla parlare.
“Tira fuori la troia dal sacco e appendila al gancio, voglio che tocchi terra solo con la punta dei piedi! Fissa le cavigliere agli anelli nel pavimento. Sollevala quanto basta perché rimanga bene in trazione e con le gambe divaricate al massimo.”
Marta incaricò Sara dell’operazione; polsiere e cavigliere di cuoio facilitarono il posizionamento mentre Federica era ancora incosciente.
Federica era una bella donna sulla trentina e con un fisico atletico, tutti le dicevano di somigliare a Jessica Alba. Sara e Sonia l’avevano assalita nel suo appartamento immobilizzandola, quando si trovava ancora in biancheria intima dopo aver fatto una doccia. In seguito l’avevano narcotizzata
“Sara, sveglia la puttana!”
Sara iniziò a darle una sequenza impressionante di schiaffi: inizialmente, quando ancora la povera Federica era incosciente, sembravano staccargli la testa. Dopo i primi due manrovesci aveva aperto gli occhi; non appena Sara ebbe finito, Federica con il viso rosso e già apparentemente gonfio appariva alquanto intontita. Fu la stessa Marta a riversargli sopra una secchiata di acqua per farla riprendere.
“Allora troia! Speravi davvero di farla franca? Dove cazzo sono le armi?”
“Vaffanculo!”
La risposta di Federica apparve scontata a Marta che reagì con un sorriso ironico.
“Ti lavorerò fino a che non parlerai, ti farò pentire di essere nata! Fai la dura fin che puoi ma ti piegherò dovessi passare giorni a torturarti.”
“Fottiti Stronza!”
Federica non aveva intenzione di cedere. Fin da piccola aveva sempre avuto un’indole impavida e un carattere forte, dimostrandolo anche ai propri capi quando aveva accettato quest’ultimo incarico.
Non appena udito la risposta di Federica, Sara si avvicinò con aria truce e iniziò a schiaffeggiare la vittima in modo ancora più violento: il viso di Federica aveva assunto una colorazione decisamente rossa e un rivolo di sangue compariva sull’angolo delle sue labbra.
“Lasciala a me questa troia, ora mi voglio divertire io…”
Così dicendo, Claudia si avvicinava a Federica con un paio di forbici, mentre lo sguardo della prigioniera alla vista delle lame si illuminò dal torpore. Claudia tagliò la biancheria intima indossata da Federica, lasciandola completamente nuda, quindi prese uno sgabello e si accese una sigaretta. Dopo aver soffiato una boccata di fumo in faccia alla prigioniera, si dedicò con molta calma al sesso di Federica: aspirava la sigaretta rendendo incandescente l’estremità e bruciava tutto il contorno esterno delle grandi labbra. Federica, ad ogni contatto strabuzzava gli occhi e soffocava un urlo rabbioso. Le altre tre della banda ridevano, mentre Claudia continuava nella sua opera sadica.
“Allora dove cazzo sono le armi?”
“Fanculo!”
“Claudia spegnila nel clitoride!”
Claudia la spense proprio nel clitoride schiacciandola a fondo senza pietà e Federica perse i sensi.
Un successivo pugno sulla bocca dello stomaco la risvegliò tremendamente levandogli il respiro. Claudia, che aveva sferzato il pugno, continuò a deriderla:
“Oh povera Fede, fai fatica a respirare? Lascia che ti abbracci…”
Claudia si appese al corpo di Federica aumentando la tensione sulle braccia già terribilmente tese.
Sonia, che fino al quel momento era rimasta in silenzio, stuzzicò la cattiveria di Claudia affinché potesse infierire ulteriormente sulla vittima e le consegnò in mano un enorme vibratore.
“Sei proprio una sadica bastarda Claudia, dalle anche un po’ di piacere…”
“Ma certo Sonia! Grazie del consiglio, adesso che ci penso… a questa puttana non le piaceva dare il culo, la troia me lo aveva confidato in un momento di intimità!”
Claudia si era cosparsa una mano di olio e recatasi alle spalle di Federica aveva iniziato a penetrarle l’ano con le dita; in breve tempo e con poca grazia era riuscita ad infilare la mano intera fino al polso e si divertiva a farla entrare ed uscire. Gli iniziali piagnucolii di Federica diventarono presto urla strazianti che facevano da sottofondo alla terribile tortura. L’impeto di Claudia era tale da far strozzare le urla di dolore della povera Federica, che appesa a quella trave e con quella sadica che le stava violando il secondo canale, si sentiva sempre più debole e cominciava a pensare alla resa. Claudia sostituì quindi il vibratore alla mano, l’ano era ancora aperto quando sfilò la mano e il vibratore entrò senza difficoltà, nonostante le sue dimensioni extralarge. Una volta infilato, Claudia accese la vibrazione regolandola al massimo della scala.
Sonia rincarò la dose alimentando la cattiveria di Claudia:
“Mi sa che in quella posizione non rimane dentro, secondo me la troia lo caga fuori…!”
“E allora dobbiamo bloccarlo dentro, Sonia! Prendimi un po’ di nastro isolante, quello largo per pacchi…”
Sonia consegnò il nastro a Claudia che lo applicò tra una natica e l’altra per contenere l’eventuale fuoriuscita del fallo vibrante. Ma Claudia aveva in mente qualcosa di più diabolico: prese una graffettatrice e applicò 5 punti su ciascuna parte di nastro fissando ogni punto sui glutei di Federica, che non smetteva di urlare e imprecare contro la sua aguzzina.
“Allora parli o no, puttana?”
Questa volta Federica che aveva il volto rosso paonazzo, rigato di lacrime, si limitò a sputare. Intanto Claudia aveva iniziato a giocare con i capezzoli di Federica, pizzicandoli, stringendoli, torcendoli e tirandoli fino a far urlare la vittima.
“Dove cazzo hai messo le armi?”
Questa volta Federica non rispose, stremata dalla sofferenza non riusciva a trovare il fiato per rispondere. E intanto Claudia continuava ad infierire sui seni con una ferocia che via via cresceva.
Basta così! Andiamo a riposare mentre la puttana rimane appesa col vibratore che le apre il culo. Marta richiamò il gruppo e andarono verso l’auto, ma prima fece spegnere le luci del capannone lasciando Federica al buio: anche questo rappresentava un ulteriore passo verso l’annientamento della spia.
Dopo circa sei ore rientrarono al capanno: Federica appariva svenuta in preda a spasmi muscolari e convulsioni. Sonia rimosse il vibratore e la sganciò dalla trave cui era appesa. Federica era semincosciente e visibilmente distrutta.
“Sara, falla riprendere un po’, tienila d’occhio e poi appendila a testa in giù e sempre a gambe ben aperte: voglio che sia perfettamente lucida quando riprenderemo a lavorarla.”
“Ok, capo!”
Un’oretta dopo la povera Federica era appesa alla stessa trave, ma questa volta per le caviglie e con le gambe forzate in posizione divaricata da una sbarra in acciaio, per concedere la possibilità a nuove cruente torture. Claudia non si fece pregare due volte e infilò nuovamente tutto il vibratore nell’ano di Federica, tenendo sempre la vibrazione al massimo. Nel frattempo si era attaccata alla passera ustionata di Federica che leccava e mordeva strappandole grida ad ogni morso.
“Questa fica profuma di maiale bruciato!”
Le altre tre, che se ne stavano sedute attorno ad un tavolino a pochi metri di distanza si fecero una grossa risata.
Federica stava cedendo, sembrava non farcela più. La tortura di Claudia era dolorosa e il lavoro del vibratore era estenuante soprattutto dopo la notte infernale che aveva passato. Ad un certo punto Claudia si staccò dal sesso martoriato di Federica e si allontanò dicendo alle compagne di avere una sorpresa da mostrare loro.
“Questo l’ho preso dieci giorni fa e non l’ho ancora inaugurato, si tratta di uno speciale guanto BDSM: sul palmo sono presenti centinaia di punte in acciaio, molto fini, ricordano le piccole e pressoché invisibili spine delle foglie dei fichi d’india”
Prima di procedere alla nuova tortura, Claudia mise una ball gag a Federica:
“…così la troia non ci assorda con le sue ridicole grida!”
Il pensiero di volersi arrendere diveniva sempre più frequente, ma sapeva che se avesse parlato la probabilità di essere stata lasciata viva sarebbe stata minima. D’altra parte in cuor suo sperava di poter essere liberata, tuttavia dovevano trascorrere 24h dalla sua accertata scomparsa prima che qualcuno avesse iniziato a cercarla.
Indossato il guanto, Claudia iniziò ad accarezzare il corpo di Federica già squassato dalla vibrazione che non smetteva di sfinirla. Il primo contatto con il guanto lo ebbe sulla schiena e ai gemiti seguirono delle imprecazioni incomprensibili.
“Ti piace tesoro? Vedrai quando lo sfregherò bene sulla tua fichetta bruciacchiata… ma prima mi voglio godere ogni tua sensazione passando da una parte all’altra scavando ogni centimetro della tua pelle!”
Federica ormai piangeva quasi disperata, ma continuava a resistere un po’ per la sua ostinata tenacia e un po’ per la ball gag che le chiudeva la bocca frenando il suo impulso nel chiedere pietà alle sue carceriere.
“Certo Claudia che sei una sadica stronza! A parte il divertimento nel torturare questa puttana, vedi di farla parlare, dobbiamo sapere assolutamente dove cazzo ha nascosto le armi!”
Marta cercò di riportare Claudia all’ordine, ma la stessa proseguiva nella tortura: il corpo di Federica aveva ormai una tinta unita di colore rossiccio, in alcuni punti apparivano piccole goccioline di sangue come fosse stata levigata con carta vetrata. Claudia infierì sui seni e sui capezzoli che non si limitò ad accarezzare, stringendoli brutalmente e provocando le urla strozzate di Federica.
Terminate le carezze Claudia iniziò a sculacciare le natiche di Federica incrementando ancora di più la sofferenza della prigioniera. I glutei erano diventati gonfi e viola e in alcuni punti sanguinavano. Il volto di Federica era una maschera di dolore, sempre più rosso a causa della posizione a testa in giù in cui era vincolata da più di un’ora, con le lacrime che bagnavano i capelli. Ad un certo punto Marta interruppe il divertimento di Claudia:
“Lasciala un po’ a me questa troia, mi è sempre piaciuta…quante volte avrei voluto scoparmela!”
Marta levò la ball gag liberando la bocca di Federica per sentire una eventuale dichiarazione di resa, quindi iniziò a lapparle la passera indugiando su grandi labbra e clitoride ustionati la notte prima. Così Federica continuò a soffrire ma anche a godere allo stesso tempo per altri minuti, e Marta era un abile “linguista”.
“Allora puttana dove hai nascosto il carico? Ho già messo in atto un piano B per farti parlare, ma…ti do qualche minuto per pensarci poi riprendiamo a lavorarti con il guanto, che abbiamo capito ti è piaciuto tanto”
Federica continuava nel suo silenzio, questa volta evitando insulti per non provocare l’ira delle sue torturatrici. Marta estrasse il vibratore dall’ano ma la lasciò appesa nella stessa posizione.
Terminato il periodo di tregua Marta si avvicinò al volto di Federica mostrandole il terribile guanto:
“Mi pare di non avere sentito uscire una sola parola da quella fogna, quindi è il momento della tua fica, tesoro…”
Bastarono due colpi consecutivi forti e decisi sul sesso di Federica che la stessa dopo un urlo straziante perse i sensi. Sara intervenne prontamente per far rinsavire la prigioniera a suon di schiaffoni.
Federica, che aveva il volto sfigurato dalla sofferenza e dalla fatica di quella interminabile tortura, si lasciò andare in una supplica con un filo di voce che le urla avevano ridotto:
“Basta! Vi prego…non ce la faccio più!! Parlerò, vi dirò tutto…”
Federica, stremata da non poter stare in piedi, venne tirata giù dalla trave e incatenata ad un pilastro in cemento armato quindi rivelò a Marta il nascondiglio dove aveva messo le armi e fu lasciata riposare nuda come si ritrovava: fortunatamente di giorno faceva parecchio caldo. Marta e Sonia si misero in moto per andare a recuperare le armi che si trovavano a più di tre ore di strada.
“Non appena abbiamo la certezza di avere ritrovato il carico vi chiamiamo, se la puttana ha mentito, la riappendete e la massacrate come più vi aggrada ma senza ucciderla”
In realtà Federica non aveva mentito e le armi furono ritrovate. Al loro ritorno in tarda serata fecero un banchetto di festeggiamento e diedero gli scarti alla prigioniera sempre incatenata e addormentata nella medesima posizione.
Il mattino successivo dovevano decidere come sbarazzarsi della traditrice.
I fari dell’auto illuminavano un vecchio capannone industriale abbandonato, che all’arrivo nel piazzale parve prendere vita: una enorme porta scorrevole in ferro si aprì e dall’interno sbucarono due persone; il piazzale fu inondato di luce proveniente dall’interno, mentre dall’auto uscirono altre due persone.
“Ci avete impiegato tanto!”
“Scusa Marta ma è stato più difficile del previsto, la troia era agitata l’abbiamo dovuta sedare”
“Nessun problema Sonia, non abbiamo fretta, il problema è che non parlerà tanto facilmente!”
Marta era a capo di una banda formata da 4 donne, una cellula facente parte di una organizzazione criminale più grande, dedita al commercio di stupefacenti e armi. Il loro quartier generale, nonché la loro copertura, era il retro di una lavanderia in centro città. Le quattro criminali non si facevano scrupoli a commettere reati di ogni tipo.
Marta era dotata di grande intelligenza e astuzia, non a caso era la capobanda; aveva un fisico muscoloso ma minuto, capelli ricci corti, viso tondo e occhi piccoli e scuri che incutevano timore.
Sonia era il suo braccio destro, bella, bionda, alta e con capelli lunghi, insomma un fisico da modella un po’ piatta e con poche curve.
Le altre due della banda erano Sara e Claudia. La prima aveva sembianze ed atteggiamenti maschili, molto robusta, alta 1.80 con capelli corti neri. Claudia, minuta e molto carina, aveva un viso d’angelo, occhi chiari, capelli mossi castano chiari e un sorriso diabolico che nascondeva un autentico spirito sadico.
Sara si occupò di trasportare il pacco chiuso nel portabagagli, lo caricò in spalla e lo portò all’interno del capanno. Il rumore stridente della porta che si chiudeva era il preludio al massacro che stava per iniziare.
Il pacco era Federica Randi, una giovane agente-segreto che molti mesi prima si era infiltrata nell’organizzazione, ma che per sua sfortuna era stata scoperta e fatta prigioniera. Al momento dell’incarico i suoi superiori erano stati chiari:
“Agente speciale Randi, spero sia cosciente della sua scelta…nel caso dovesse saltare la copertura dovrà resistere e cavarsela da sola, non potremo aiutarla, almeno non nell’immediato!”
Purtroppo però, Federica fece un piccolo passo falso, così Marta volle occuparsene personalmente e dopo qualche settimana di pedinamenti e intercettazioni telefoniche, Marta riuscì a smascherare l’infiltrata.
Il motivo per cui Federica era stata portata in quel posto abbandonato da Dio, non era semplicemente legato alla voglia di vendetta della banda, ma soprattutto perché l’ultimo atto della spia fu quello di avere dirottato un importante carico di armi in un posto nascosto e sconosciuto a tutte.
Marta e le sue scagnozze dovevano assolutamente recuperare il carico e per questo erano disposte a compiere qualsiasi atrocità sulla povera spia pur di farla parlare.
“Tira fuori la troia dal sacco e appendila al gancio, voglio che tocchi terra solo con la punta dei piedi! Fissa le cavigliere agli anelli nel pavimento. Sollevala quanto basta perché rimanga bene in trazione e con le gambe divaricate al massimo.”
Marta incaricò Sara dell’operazione; polsiere e cavigliere di cuoio facilitarono il posizionamento mentre Federica era ancora incosciente.
Federica era una bella donna sulla trentina e con un fisico atletico, tutti le dicevano di somigliare a Jessica Alba. Sara e Sonia l’avevano assalita nel suo appartamento immobilizzandola, quando si trovava ancora in biancheria intima dopo aver fatto una doccia. In seguito l’avevano narcotizzata
“Sara, sveglia la puttana!”
Sara iniziò a darle una sequenza impressionante di schiaffi: inizialmente, quando ancora la povera Federica era incosciente, sembravano staccargli la testa. Dopo i primi due manrovesci aveva aperto gli occhi; non appena Sara ebbe finito, Federica con il viso rosso e già apparentemente gonfio appariva alquanto intontita. Fu la stessa Marta a riversargli sopra una secchiata di acqua per farla riprendere.
“Allora troia! Speravi davvero di farla franca? Dove cazzo sono le armi?”
“Vaffanculo!”
La risposta di Federica apparve scontata a Marta che reagì con un sorriso ironico.
“Ti lavorerò fino a che non parlerai, ti farò pentire di essere nata! Fai la dura fin che puoi ma ti piegherò dovessi passare giorni a torturarti.”
“Fottiti Stronza!”
Federica non aveva intenzione di cedere. Fin da piccola aveva sempre avuto un’indole impavida e un carattere forte, dimostrandolo anche ai propri capi quando aveva accettato quest’ultimo incarico.
Non appena udito la risposta di Federica, Sara si avvicinò con aria truce e iniziò a schiaffeggiare la vittima in modo ancora più violento: il viso di Federica aveva assunto una colorazione decisamente rossa e un rivolo di sangue compariva sull’angolo delle sue labbra.
“Lasciala a me questa troia, ora mi voglio divertire io…”
Così dicendo, Claudia si avvicinava a Federica con un paio di forbici, mentre lo sguardo della prigioniera alla vista delle lame si illuminò dal torpore. Claudia tagliò la biancheria intima indossata da Federica, lasciandola completamente nuda, quindi prese uno sgabello e si accese una sigaretta. Dopo aver soffiato una boccata di fumo in faccia alla prigioniera, si dedicò con molta calma al sesso di Federica: aspirava la sigaretta rendendo incandescente l’estremità e bruciava tutto il contorno esterno delle grandi labbra. Federica, ad ogni contatto strabuzzava gli occhi e soffocava un urlo rabbioso. Le altre tre della banda ridevano, mentre Claudia continuava nella sua opera sadica.
“Allora dove cazzo sono le armi?”
“Fanculo!”
“Claudia spegnila nel clitoride!”
Claudia la spense proprio nel clitoride schiacciandola a fondo senza pietà e Federica perse i sensi.
Un successivo pugno sulla bocca dello stomaco la risvegliò tremendamente levandogli il respiro. Claudia, che aveva sferzato il pugno, continuò a deriderla:
“Oh povera Fede, fai fatica a respirare? Lascia che ti abbracci…”
Claudia si appese al corpo di Federica aumentando la tensione sulle braccia già terribilmente tese.
Sonia, che fino al quel momento era rimasta in silenzio, stuzzicò la cattiveria di Claudia affinché potesse infierire ulteriormente sulla vittima e le consegnò in mano un enorme vibratore.
“Sei proprio una sadica bastarda Claudia, dalle anche un po’ di piacere…”
“Ma certo Sonia! Grazie del consiglio, adesso che ci penso… a questa puttana non le piaceva dare il culo, la troia me lo aveva confidato in un momento di intimità!”
Claudia si era cosparsa una mano di olio e recatasi alle spalle di Federica aveva iniziato a penetrarle l’ano con le dita; in breve tempo e con poca grazia era riuscita ad infilare la mano intera fino al polso e si divertiva a farla entrare ed uscire. Gli iniziali piagnucolii di Federica diventarono presto urla strazianti che facevano da sottofondo alla terribile tortura. L’impeto di Claudia era tale da far strozzare le urla di dolore della povera Federica, che appesa a quella trave e con quella sadica che le stava violando il secondo canale, si sentiva sempre più debole e cominciava a pensare alla resa. Claudia sostituì quindi il vibratore alla mano, l’ano era ancora aperto quando sfilò la mano e il vibratore entrò senza difficoltà, nonostante le sue dimensioni extralarge. Una volta infilato, Claudia accese la vibrazione regolandola al massimo della scala.
Sonia rincarò la dose alimentando la cattiveria di Claudia:
“Mi sa che in quella posizione non rimane dentro, secondo me la troia lo caga fuori…!”
“E allora dobbiamo bloccarlo dentro, Sonia! Prendimi un po’ di nastro isolante, quello largo per pacchi…”
Sonia consegnò il nastro a Claudia che lo applicò tra una natica e l’altra per contenere l’eventuale fuoriuscita del fallo vibrante. Ma Claudia aveva in mente qualcosa di più diabolico: prese una graffettatrice e applicò 5 punti su ciascuna parte di nastro fissando ogni punto sui glutei di Federica, che non smetteva di urlare e imprecare contro la sua aguzzina.
“Allora parli o no, puttana?”
Questa volta Federica che aveva il volto rosso paonazzo, rigato di lacrime, si limitò a sputare. Intanto Claudia aveva iniziato a giocare con i capezzoli di Federica, pizzicandoli, stringendoli, torcendoli e tirandoli fino a far urlare la vittima.
“Dove cazzo hai messo le armi?”
Questa volta Federica non rispose, stremata dalla sofferenza non riusciva a trovare il fiato per rispondere. E intanto Claudia continuava ad infierire sui seni con una ferocia che via via cresceva.
Basta così! Andiamo a riposare mentre la puttana rimane appesa col vibratore che le apre il culo. Marta richiamò il gruppo e andarono verso l’auto, ma prima fece spegnere le luci del capannone lasciando Federica al buio: anche questo rappresentava un ulteriore passo verso l’annientamento della spia.
Dopo circa sei ore rientrarono al capanno: Federica appariva svenuta in preda a spasmi muscolari e convulsioni. Sonia rimosse il vibratore e la sganciò dalla trave cui era appesa. Federica era semincosciente e visibilmente distrutta.
“Sara, falla riprendere un po’, tienila d’occhio e poi appendila a testa in giù e sempre a gambe ben aperte: voglio che sia perfettamente lucida quando riprenderemo a lavorarla.”
“Ok, capo!”
Un’oretta dopo la povera Federica era appesa alla stessa trave, ma questa volta per le caviglie e con le gambe forzate in posizione divaricata da una sbarra in acciaio, per concedere la possibilità a nuove cruente torture. Claudia non si fece pregare due volte e infilò nuovamente tutto il vibratore nell’ano di Federica, tenendo sempre la vibrazione al massimo. Nel frattempo si era attaccata alla passera ustionata di Federica che leccava e mordeva strappandole grida ad ogni morso.
“Questa fica profuma di maiale bruciato!”
Le altre tre, che se ne stavano sedute attorno ad un tavolino a pochi metri di distanza si fecero una grossa risata.
Federica stava cedendo, sembrava non farcela più. La tortura di Claudia era dolorosa e il lavoro del vibratore era estenuante soprattutto dopo la notte infernale che aveva passato. Ad un certo punto Claudia si staccò dal sesso martoriato di Federica e si allontanò dicendo alle compagne di avere una sorpresa da mostrare loro.
“Questo l’ho preso dieci giorni fa e non l’ho ancora inaugurato, si tratta di uno speciale guanto BDSM: sul palmo sono presenti centinaia di punte in acciaio, molto fini, ricordano le piccole e pressoché invisibili spine delle foglie dei fichi d’india”
Prima di procedere alla nuova tortura, Claudia mise una ball gag a Federica:
“…così la troia non ci assorda con le sue ridicole grida!”
Il pensiero di volersi arrendere diveniva sempre più frequente, ma sapeva che se avesse parlato la probabilità di essere stata lasciata viva sarebbe stata minima. D’altra parte in cuor suo sperava di poter essere liberata, tuttavia dovevano trascorrere 24h dalla sua accertata scomparsa prima che qualcuno avesse iniziato a cercarla.
Indossato il guanto, Claudia iniziò ad accarezzare il corpo di Federica già squassato dalla vibrazione che non smetteva di sfinirla. Il primo contatto con il guanto lo ebbe sulla schiena e ai gemiti seguirono delle imprecazioni incomprensibili.
“Ti piace tesoro? Vedrai quando lo sfregherò bene sulla tua fichetta bruciacchiata… ma prima mi voglio godere ogni tua sensazione passando da una parte all’altra scavando ogni centimetro della tua pelle!”
Federica ormai piangeva quasi disperata, ma continuava a resistere un po’ per la sua ostinata tenacia e un po’ per la ball gag che le chiudeva la bocca frenando il suo impulso nel chiedere pietà alle sue carceriere.
“Certo Claudia che sei una sadica stronza! A parte il divertimento nel torturare questa puttana, vedi di farla parlare, dobbiamo sapere assolutamente dove cazzo ha nascosto le armi!”
Marta cercò di riportare Claudia all’ordine, ma la stessa proseguiva nella tortura: il corpo di Federica aveva ormai una tinta unita di colore rossiccio, in alcuni punti apparivano piccole goccioline di sangue come fosse stata levigata con carta vetrata. Claudia infierì sui seni e sui capezzoli che non si limitò ad accarezzare, stringendoli brutalmente e provocando le urla strozzate di Federica.
Terminate le carezze Claudia iniziò a sculacciare le natiche di Federica incrementando ancora di più la sofferenza della prigioniera. I glutei erano diventati gonfi e viola e in alcuni punti sanguinavano. Il volto di Federica era una maschera di dolore, sempre più rosso a causa della posizione a testa in giù in cui era vincolata da più di un’ora, con le lacrime che bagnavano i capelli. Ad un certo punto Marta interruppe il divertimento di Claudia:
“Lasciala un po’ a me questa troia, mi è sempre piaciuta…quante volte avrei voluto scoparmela!”
Marta levò la ball gag liberando la bocca di Federica per sentire una eventuale dichiarazione di resa, quindi iniziò a lapparle la passera indugiando su grandi labbra e clitoride ustionati la notte prima. Così Federica continuò a soffrire ma anche a godere allo stesso tempo per altri minuti, e Marta era un abile “linguista”.
“Allora puttana dove hai nascosto il carico? Ho già messo in atto un piano B per farti parlare, ma…ti do qualche minuto per pensarci poi riprendiamo a lavorarti con il guanto, che abbiamo capito ti è piaciuto tanto”
Federica continuava nel suo silenzio, questa volta evitando insulti per non provocare l’ira delle sue torturatrici. Marta estrasse il vibratore dall’ano ma la lasciò appesa nella stessa posizione.
Terminato il periodo di tregua Marta si avvicinò al volto di Federica mostrandole il terribile guanto:
“Mi pare di non avere sentito uscire una sola parola da quella fogna, quindi è il momento della tua fica, tesoro…”
Bastarono due colpi consecutivi forti e decisi sul sesso di Federica che la stessa dopo un urlo straziante perse i sensi. Sara intervenne prontamente per far rinsavire la prigioniera a suon di schiaffoni.
Federica, che aveva il volto sfigurato dalla sofferenza e dalla fatica di quella interminabile tortura, si lasciò andare in una supplica con un filo di voce che le urla avevano ridotto:
“Basta! Vi prego…non ce la faccio più!! Parlerò, vi dirò tutto…”
Federica, stremata da non poter stare in piedi, venne tirata giù dalla trave e incatenata ad un pilastro in cemento armato quindi rivelò a Marta il nascondiglio dove aveva messo le armi e fu lasciata riposare nuda come si ritrovava: fortunatamente di giorno faceva parecchio caldo. Marta e Sonia si misero in moto per andare a recuperare le armi che si trovavano a più di tre ore di strada.
“Non appena abbiamo la certezza di avere ritrovato il carico vi chiamiamo, se la puttana ha mentito, la riappendete e la massacrate come più vi aggrada ma senza ucciderla”
In realtà Federica non aveva mentito e le armi furono ritrovate. Al loro ritorno in tarda serata fecero un banchetto di festeggiamento e diedero gli scarti alla prigioniera sempre incatenata e addormentata nella medesima posizione.
Il mattino successivo dovevano decidere come sbarazzarsi della traditrice.
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