Avevo paura

di
genere
etero

Sento la chiave nella toppa e mi alzo dal divano sul quale sono sdraiata. Lascio cadere il plaid che mi avvolge, gli vado incontro, lo abbraccio. C'è poco da capire, sono nuda. Dal suo giaccone il freddo si trasferisce al mio corpo. Brividi e pelle d'oca, ma non importa. Non lo bacio, lo stringo e basta, gli poggio la testa sulla spalla. Gli sussurro "grazie".

Una settimana, dieci giorni forse, poi non ce l'ho fatta più. Basta fingere di essere sorridente, basta fingere di essere "sempre così solare". Che poi non è vero. A chi mi sta sul cazzo - e quasi tutti loro mi stanno sul cazzo - io sorrido, sì, ma per incularli alla prima occasione. Sono una stronza.

Oggi però non mi andava nemmeno di essere stronza, non mi andava di essere niente. "Scusate, non mi sento bene, stacco prima". Addio call, addio Zoom, addio laptop del cazzo. Finito, chiuso. Addio anche a te, collega scema che mi mandi un messaggio di solidarietà: "Si vedeva, borsa d'acqua calda e riposo". Ecco brava, non hai capito un cazzo ma va bene così. Non siete certo voi che potete aiutarmi. E anzi, figuriamoci se voglio il vostro aiuto. Vi odio solo per la fatica che mi costa nascondermi dietro un sorriso, dietro un "tutto ok".

Ci sono momenti, periodi, in cui mi prende così. Eh, che cazzo ci volete fare, a voi non capita mai di andare in down? Mi si scazza tutto, niente sembra più avere una logica anche se, molto spesso, il mio comportamento mi sembra normale, plausibile, l'unico da avere. Poi magari, a posteriori, mi rendo conto di non essere stata proprio ortodossa nelle mie manifestazioni. Ma grazie a dio di essere ortodossa non me ne è mai davvero fregato un cazzo. Fin da ragazzina, eh? La fase "voglio essere come le altre" la passiamo tutte, la mia è stata molto breve. Mai fregato un cazzo di essere come le altre, in definitiva.

Funziona così. Un giorno sono euforica e iperattiva, socievole e incazzosa. Il giorno dopo... bum! nulla ha più senso, mi fa schifo ogni cosa che faccio, divento triste e irrequieta. Litigo e sono lunatica, faccio sforzi incredibili per mantenere l'autocontrollo.

Oppure: mi sento maxi-mega-super-strafiga (non in senso fisico, parlo della considerazione che ho di me stessa), parlo e straparlo, rido spessissimo e sono sempre ipersicura di quello che dico e che faccio. Sembra che abbia tirato. Poi, in certi casi a strettissimo giro ma non sempre, una merda. Dalle stelle alle stalle. Anzi, certe volte mi sembra che conciata così non mi farebbero entrare nemmeno nelle stalle, mentre magari il giorno precedente stavo per telefonare alla Nasa e chiedere quando arriva la mia nomina a direttrice.

Chiaro, non sono sempre così. E meno male, perché sennò mi avrebbero già ricoverata da un pezzo. Fortunatamente si tratta di periodi che non durano tanto. In genere si concludono con un paio di giorni in cui mi sento come dentro un buco, priva di ogni tipo di interesse e incazzata con il mondo. Poi esco dal buco.

Direte: ce ne siamo accorti che sei matta! Avevi cominciato così bene, eri andata ad accogliere il tuo ragazzo senza nulla addosso e la cosa si faceva promettente. Poi sei passata alla descrizione di una che ha la tessera fedeltà del Tso, si può sapere che cazzo c'entra?

C'entra, ve lo dico io. La Madonna se c'entra.

Dopo avere chiuso con il lavoro ho chiamato Luca. Orario abbastanza insolito per i nostri ciu-ciu-ciu telefonici, le tre e mezza di pomeriggio. In genere a quell'ora affoghiamo entrambi nelle nostre cose. Gli ho chiesto "pensi di fare tardi stasera?" e lui mi ha risposto "come al solito, forse un po' di più perché ho un cazzo per il culo". Testuale, molto Cambridge-style. Fa praticantato in uno studio notarile. Cioè, non so nemmeno se è praticantato o schiavismo. In prospettiva diventerà miliardario, per il momento poco ci manca che debba spazzare per terra. Avere "un cazzo per il culo" significa, nel suo gergo, avere a che fare con una pratica impegnativa.

Però, vedete, quando sto messa così non me ne frega un cazzo nemmeno delle pratiche impegnative. Gli ho detto "ti prego, ti prego vieni prima che puoi". Mi ha chiesto cosa avessi, giustamente. Gli ho detto "mi sento sola". Non ho aggiunto altro, ma credo che il mio tono di voce parlasse per me. Lo so, avrei dovuto per onestà dirgli "sono giorni che Annalisa-la-spensierata recita una parte, anche con te". Ma perché, poi? Per farlo sentire in colpa di non essersi accorto di nulla? Ma dai, che senso ha? Che può farci, lui?

No, una cosa la può fare. Vieni prima che puoi.

Lo scantinato dove la mattina lavoro in smart e dove ci vediamo il pomeriggio tardi prima di rientrare ognuno alle nostre case, dove passiamo i weekend, dove lui vorrebbe che vivessimo insieme anche se a me non va, dove passiamo il tempo e dove scopiamo. E' caldo quando partono i termosifoni, alle due. Anche troppo. Nonostante ciò, dopo essermi spogliata, mi sono stesa sul divano coprendomi con il plaid. E' un plaid di pile enorme, da neve, ci stiamo in due, in genere. Mi ci sono avvoltolata con un vago senso di angoscia, senza nemmeno aprire il suo messaggio che dalla preview mi diceva "faccio presto, ok". Ci si stanca di tutto in certi momenti. Anche di digitare il codice del telefono, aprire WhatsApp, rispondere. Grazie Luca, davvero. Fa' un po' il cazzo che ti pare. Ci si stanca anche di combattere con se stesse, a volte.

Fortunatamente, a questo punto, il mio angelo custode ha avuto pietà e con una carezza in testa mi ha addormentata.

Poi lui è arrivato, dovevo essermi svegliata da poco. Ma sveglia lo ero. Ve l'ho detto all'inizio, ho sentito la chiave nella toppa. Dopo averlo abbracciato ed essere restata un po' attaccata a lui l'ho portato per mano in camera da letto. Deve avermi presa per matta, ma in un altro senso. E lo capisco, ha ragione. Suddividere le giornate in compartimenti stagni è la regola per tutti noi. Che ne so, c'è il compartimento-lavoro, il compartimento-socialità, il compartimento-ora-del-cazzeggio. E così via. Il nostro tempo è schedulato, incastrato in quello degli altri, efficientato. Anche il compartimento-adesso-scopiamo, se ce l'avete, dovete piazzarlo in mezzo agli altri, oppure alla fine. Generalmente si mette alla fine. Chiedetelo al vostro personal assistant, quello vero, quello che avete nelle meningi: "Qual è l'ultimo appuntamento della giornata?", "Uh, vediamo... essere fottuta a novanta sul divano, ma se non fai tanto tardi posso organizzarti anche un pompino in macchina quando ti riporta a casa". Oppure, se proprio proprio avete voglia, il compartimento-adesso-scopiamo lo potete piazzare nella pausa pranzo: "Perché non mi porti al bagno del terzo piano e non mi fai vedere quanto ti piaccio? O se vuoi te lo succhio". Credo che sia pieno il mondo di gente che fa così. A me non è mai capitato, probabilmente per puro caso. Però di gente che lo fa ce n'è un sacco, a quanto si dice.

Quindi, tornando a bomba, se Luca mi guarda strano lo posso capire bene, povera stella. Non è che faccia scenate, eh? Diciamo che sulle prime il suo sguardo è un po' tipo "ho capito che avevi voglia, ma che cazzo, non potevi aspettare? stavo lavorando...".

Qualcosa tuttavia gli deve dire che non mi è preso un attacco di ninfomania. Qualcosa nel mio tono di voce, o nel mio sguardo. O perché lo bacio per la prima volta solo quando siamo in camera da letto, dopo avergli aperto e lasciato cadere per terra il giaccone. Un bacio quasi impaurito, di quelli che potrebbero anche significare "sei qui per me, vero? sei qui per me e non te ne vai". Il mio, a dirla tutta, significa invece "non fare battute sceme, non mi va di rispondere, non mi vanno le solite prese per il culo". Non dopo averlo abbracciato stretto un'altra volta e avergli detto "non vedevo l'ora".

Mi piace tanto il modo in cui ci sfottiamo a vicenda. Sempre o quasi, su ogni cosa. Ma non adesso, non oggi, per favore.

Luca capisce. O se non capisce, almeno intuisce che non è il caso. Mi dice "amore mio", mi prende la faccia tra le mani in modo affettuoso, mi bacia.

Invece da parte mia non c'è affetto e tantomeno amore. Se dovessi definire il mio sentimento nei suoi confronti, in questo momento, direi riconoscenza. Ecco sì, mi sento infinitamente grata verso di lui per il solo fatto che è qui. E' come se mi esplodesse dentro, la gratitudine. Può essere più forte dell'amore, a volte.

Lui penserà che abbia bisogno di coccole e voglia di sesso. Non è così. Cioè sì, ma non come al solito. Non voglio godere né farlo godere, non voglio essere puttana, non voglio dirgli che sono la sua troia, non voglio essere usata. Non voglio succhiargli il cazzo, farmi innaffiare o dissetare di sperma. Tutto questo può darsi che avvenga, naturalmente. Può darsi che avvenga anche altro. Non lo so, non è fondamentale per me ora, non mi interessa. Sostanzialmente, voglio solo essere chiavata senza tanti fronzoli.

Io questa la definisco la "modalità scopami e calmami".

Funziona.

Non sempre, ovvio. Nel senso che non è che i miei stati di irrequietezza possano essere sempre risolti con una semplice scopata. Anzi, ciò avviene proprio poche volte, in realtà. Però avviene. E in alcuni casi, come oggi, lo so già da prima che funzionerà.

Sta per succedere non vedo l'ora.

La sola e semplice consapevolezza che sta per succedere prepara il mio corpo. Sono eccitata per questo, non per altro. Di norma, essere completamente nuda di fronte a un ragazzo completamente vestito mi farebbe sbroccare di brutto, ora nemmeno ci penso.

Luca non ne sa un cazzo e deve pensare che sia semplicemente in calore. Si prende il suo tempo perché, boh, gli darà piacere rallentare quest'attimo. Perché vuole giocare. Perché crede di farmi salire ancora di più la voglia dentro e che ciò mi darà più piacere. Cose così. In realtà non lo so perché lo fa. Sta di fatto che si spoglia molto lentamente. Quando si toglie la cravatta me la mostra e mi dice "vuoi essere legata, bendata?". Non so come riesca a sorridergli mentre gli faccio cenno di no con la testa. Vorrei solo che si sbrigasse.

L'unica buona notizia è che, quando rimane nudo anche lui, ha il cazzo dritto come una stecca. Gli piaccio, gli faccio sangue. Su questo almeno non ci sono dubbi.

Del resto è la sola cosa che mi interessa ora. Peccato, perché il suo corpo meriterebbe ben altra ammirazione, ben altra dedizione. Ma adesso riesco a pensare solo a me stessa.

Lui le sue idee e i suoi desideri li ha. Però non sono importanti.

Vorrebbe leccarmela, ma gli dico di no. E in un certo senso è terribile perché vi assicuro che è davvero bravo. Vorrebbe che mi girassi perché sa che adoro essere presa alla pecorina. Così, subito, di brutto. Ma anche in questo caso è no. Voglio stare sotto, a gambe spalancate, sentire tutto il suo peso. Subire le spinte del suo corpo sul mio, come quelle del suo cazzo. Avvolgergli le braccia al collo per non farlo andare via. Scopami e calmami.

Così, semplicemente, senza bisogno di altro. Non ci sono volontà particolari, desideri, perversioni. Il Manuale della giovane mignotta è chiuso. Io che dico sempre che è il cervello a comandare, adesso mi rinnego. Chiedo la rivincita del fisico sulla mente. Chiedo di piangere e urlare senza ritegno e senza neanche sapere il perché.

Resta così, Luca, resta sopra di me.

Gli prendo la mano, me la spingo sulla guancia. Ho il viso in fiamme, ma la sua mano è ancora più calda. Chiudo gli occhi e mi abbandono.

Resta così, Luca. Ai lettori più arrapati diremo che sei ancora dentro di me. Ancora duro, non so per quanto. E che sento qualcosa scivolare fuori. Ma forse è un'impressione. Forse una necessità narrativa. La verità è che non me ne frega un cazzo. Resta così. I longer for your touch.

- Cos'hai?

- Niente, avevo paura.

scritto il
2021-01-28
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