Storie di uno stupratore professionista – Jennifer 10 - Jennifer si arrende al suo stupratore - 2
di
Prick
genere
pulp
ATTENZIONE : QUESTO RACCONTO CONTIENE SCENE, DESCRIZIONI E RIFERIMENTI VIOLENTI. GLI EVENTI RAPPRESENTATI SONO RIGOROSAMENTE DI FANTASIA E NON RIFERITI AD EPISODI REALMENTE AVVENUTI PER CUI QUALUNQUE SOMIGLIANZA A PERSONE OD A FATTI VERIFICATISI NELLA REALTA' E' NON VOLUTA E PURAMENTE CASUALE. CHI SCRIVE NON INTENDE TURBARE NESSUNO E, PERTANTO, INVITA CHIUNQUE POSSA ESSERE IMPRESSIONABILE O SIA CONTRARIO A RACCONTI VIOLENTI DI NON PROSEGUIRE NELLA LETTURA. IL SADISMO ESPRESSO DA ALCUNI PERSONAGGI DELLA STORIA COSI' COME I LORO COMPORTAMENTI ABERRANTI NON SONO CONDONATI DA CHI SCRIVE E NON CORRISPONDONO AI SUOI GUSTI
Storie di uno stupratore professionista – Jennifer 10
Jennifer si arrende al suo stupratore - 2
Tornai al centro della stanza e presi il bastone, camminando lentamente verso la mia vittima, i cui occhi si erano dilatati per la paura mentre tremava sull'estremità del gancio cui era appesa.
Un pestaggio come quello che le avevo dato le aveva insegnato una lezione sulla sua vulnerabilità, ma, a meno che tu non volessi fare un danno reale, non aveva lasciato molto oltre a lividi e dolori ed un culo sverginato ed ancora aperto. A meno che non si ripetesse costantemente, per giorni, settimane e persino mesi, non era un gran modo di rompere una persona. Una persona potrebbe dire a sé stessa di essere sopravvissuta con la sua dignità, che era stata sopraffatta, certo, che era stata sodomizzata ma non con il suo consenso o partecipazione.
È qui che entrava in gioco l'elettroshock. C’è qualcosa riguardo a un bastone elettrico infilato nel culo che ti fa dire "Farò qualsiasi cosa per evitare che me lo faccia ancora" e c’è qualcosa nelle donne e nella frustata che fa sciogliere le loro difese, più che il dolore. Non so cosa sia, ma una donna frustata è una donna disposta a compiacere.
Smise di piangere mentre mi vedeva avvicinarsi a lei con il bastone, solo piagnucolando leggermente per il dolore nella sua spalla. Alzò la testa contro la mia e inumidì le labbra.
"Per favore, per favore. Farò quello che vuoi. Non hai più bisogno di farmi male. Farò qualsiasi cosa…sarò la tua puttana…la tua schiava…non farmi più male Ti prego!" supplicò Jennifer.
Sorrisi e stavo di fronte a lei, sapendo che erano solo parole, che in fondo le stava solo dicendo. Non voleva "fare" tutto quello che volevo, voleva solo, logicamente, evitare il dolore di ciò che le avrei potuto fare con il bastone. Dovevo spezzarla e sottometterla diversamente, se non avessi finito il lavoro, l'unica cosa che avrebbe voluto, al centro del suo essere, sarebbe stata di sottomettermi, lei, anche se sopraffatta fisicamente, avrebbe mantenuto il controllo, se l’avessi spezzata tutto il controllo sarebbe mio : non avrebbe scelto di sottomettersi, sarebbe stata costretta, come un animale, a sottomettersi.
La mia risposta fu di abbassare il bastone sul suo ventre teso, provocando un grido di dolore alle sue labbra. Poi iniziai a picchiarla. Portai il bastone verso i suoi seni, spianando quei tumuli perfetti con la violenza dei miei colpi, segnandoli brutalmente, facendola girare e urlare ad ogni colpo. Le colpii il ventre, facendole mancare il respiro, facendola sussultare e gridare, dipingendo un incrocio di lividi sulla sua carne. Ho battuto il suo bel culo formoso, sbattendo il bastone contro quei glutei perfetti finché il sangue fuoriuscì dalla sua carne battuta e lei gemette in agonia. Presi di mira le sue lunghe e sode cosce, amando il modo in cui lei danzava nel dolore ad ogni colpo. Ogni tanto mi fermavo e usavo il pungolo elettrico, facendola sobbalzare e danzare sul gancio, appoggiandolo sullo stomaco sui seni o sulla figa e mandando i brutali impulsi di elettricità attraverso il suo corpo appeso e legato.
Passarono trenta minuti prima che avessi finito e sudavo per lo sforzo, e lei per il dolore. Lasciai cadere il bastone e la guardai, questa donna bellissima e forte appesa per i polsi, brutti segni rossi che le segnavano la pelle liscia e perfetta, il suo petto che ansimava, singhiozzi lamentosi, mentre ogni movimento del suo corpo le faceva tornare il dolore del suo corpo. Feci scivolare le mie mani tra le sue cosce e lei singhiozzò, ma le aprì per me, feci scivolare facilmente il mio dito indice sulla sua fica depilata e resa lucida dal sudore, poi congiunsi indice e medio e la penetrai esplorandola delicatamente, tastandone il punto G ed arrivando sino a toccarle il collo dell’utero…stava incominciando a bagnarsi.
"Va bene, troia" dissi mentre le mie dita giocavano con il suo utero "stai imparando."
Abbassai il gancio e lei barcollò sui suoi piedi mentre la riconducevo al centro della stanza, ancora ammanettata.
"Sulla tua schiena, fica, e preparati a farmi scopare. E farai meglio a farmi fare una bella cavalcata o la prossima volta non sarò così gentile con il tuo culo. Fammi divertire sarà meglio per te."
Storie di uno stupratore professionista – Jennifer 10
Jennifer si arrende al suo stupratore - 2
Tornai al centro della stanza e presi il bastone, camminando lentamente verso la mia vittima, i cui occhi si erano dilatati per la paura mentre tremava sull'estremità del gancio cui era appesa.
Un pestaggio come quello che le avevo dato le aveva insegnato una lezione sulla sua vulnerabilità, ma, a meno che tu non volessi fare un danno reale, non aveva lasciato molto oltre a lividi e dolori ed un culo sverginato ed ancora aperto. A meno che non si ripetesse costantemente, per giorni, settimane e persino mesi, non era un gran modo di rompere una persona. Una persona potrebbe dire a sé stessa di essere sopravvissuta con la sua dignità, che era stata sopraffatta, certo, che era stata sodomizzata ma non con il suo consenso o partecipazione.
È qui che entrava in gioco l'elettroshock. C’è qualcosa riguardo a un bastone elettrico infilato nel culo che ti fa dire "Farò qualsiasi cosa per evitare che me lo faccia ancora" e c’è qualcosa nelle donne e nella frustata che fa sciogliere le loro difese, più che il dolore. Non so cosa sia, ma una donna frustata è una donna disposta a compiacere.
Smise di piangere mentre mi vedeva avvicinarsi a lei con il bastone, solo piagnucolando leggermente per il dolore nella sua spalla. Alzò la testa contro la mia e inumidì le labbra.
"Per favore, per favore. Farò quello che vuoi. Non hai più bisogno di farmi male. Farò qualsiasi cosa…sarò la tua puttana…la tua schiava…non farmi più male Ti prego!" supplicò Jennifer.
Sorrisi e stavo di fronte a lei, sapendo che erano solo parole, che in fondo le stava solo dicendo. Non voleva "fare" tutto quello che volevo, voleva solo, logicamente, evitare il dolore di ciò che le avrei potuto fare con il bastone. Dovevo spezzarla e sottometterla diversamente, se non avessi finito il lavoro, l'unica cosa che avrebbe voluto, al centro del suo essere, sarebbe stata di sottomettermi, lei, anche se sopraffatta fisicamente, avrebbe mantenuto il controllo, se l’avessi spezzata tutto il controllo sarebbe mio : non avrebbe scelto di sottomettersi, sarebbe stata costretta, come un animale, a sottomettersi.
La mia risposta fu di abbassare il bastone sul suo ventre teso, provocando un grido di dolore alle sue labbra. Poi iniziai a picchiarla. Portai il bastone verso i suoi seni, spianando quei tumuli perfetti con la violenza dei miei colpi, segnandoli brutalmente, facendola girare e urlare ad ogni colpo. Le colpii il ventre, facendole mancare il respiro, facendola sussultare e gridare, dipingendo un incrocio di lividi sulla sua carne. Ho battuto il suo bel culo formoso, sbattendo il bastone contro quei glutei perfetti finché il sangue fuoriuscì dalla sua carne battuta e lei gemette in agonia. Presi di mira le sue lunghe e sode cosce, amando il modo in cui lei danzava nel dolore ad ogni colpo. Ogni tanto mi fermavo e usavo il pungolo elettrico, facendola sobbalzare e danzare sul gancio, appoggiandolo sullo stomaco sui seni o sulla figa e mandando i brutali impulsi di elettricità attraverso il suo corpo appeso e legato.
Passarono trenta minuti prima che avessi finito e sudavo per lo sforzo, e lei per il dolore. Lasciai cadere il bastone e la guardai, questa donna bellissima e forte appesa per i polsi, brutti segni rossi che le segnavano la pelle liscia e perfetta, il suo petto che ansimava, singhiozzi lamentosi, mentre ogni movimento del suo corpo le faceva tornare il dolore del suo corpo. Feci scivolare le mie mani tra le sue cosce e lei singhiozzò, ma le aprì per me, feci scivolare facilmente il mio dito indice sulla sua fica depilata e resa lucida dal sudore, poi congiunsi indice e medio e la penetrai esplorandola delicatamente, tastandone il punto G ed arrivando sino a toccarle il collo dell’utero…stava incominciando a bagnarsi.
"Va bene, troia" dissi mentre le mie dita giocavano con il suo utero "stai imparando."
Abbassai il gancio e lei barcollò sui suoi piedi mentre la riconducevo al centro della stanza, ancora ammanettata.
"Sulla tua schiena, fica, e preparati a farmi scopare. E farai meglio a farmi fare una bella cavalcata o la prossima volta non sarò così gentile con il tuo culo. Fammi divertire sarà meglio per te."
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