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Il secondo Oki. Questo disgustoso sapore che ricorda l'anice. Mi hanno sempre fatto schifo sia l'anice che l'Oki. Così non va bene, lo so da sola. Lo sapevo pure ieri sera. A parte il fatto che bevo troppo, lo faccio mischiando. Se poi ci metto sopra qualcosa, addio. Di sicuro un paio di canne e una pasta. Forse anche una striscia. Dico forse perché ne sono quasi sicura, ma non ricordo chi me l'ha apparecchiata, né quando, né dove.

Non è la sola cosa che non ricordo. Ed è anche possibile che i miei ricordi non siano precisi. Ad esempio, rivedo me stessa fare la scema con un tipo. Uno grande, eh? Una quarantina, forse più. Davvero simpatico. Vai a sapere se simpatico di suo o per merito degli additivi. A un certo punto gli dico all'orecchio "non vedo l'ora di farti un bocchino". Lui si stacca e mi guarda quasi ridendo: "Cos'è che vuoi farmi tu?".

Questa è la mia versione.

La versione di Arma è un po' diversa. Secondo questa versione ero stata rimorchiata al banco del bar da un suo amico, il probabile estensore della striscia, ora che ci penso. Lui si era avvicinato solo in un momento successivo per chiedergli una cosa. Ero in evidente stato di alterazione e parlavo, parlavo, parlavo. Non la smettevo più. A un certo punto lui era sbottato: "Ammazza quanto chiacchieri, regazzì, e daje". La mia risposta sarebbe stata "perché non mi fai stare zitta tu?". "E come?". Sempre secondo Arma, il senso di quel "e come?" era "e come faccio? è impossibile", ma devo avere equivocato. Anzi, secondo lui ho voluto equivocare.

- Davvero ti ho detto "come faresti star zitta una ragazza"?

- E anche a voce abbastanza alta.

- Tu che hai fatto?

- Ti ho baciata - risponde.

Ora che me lo dice, qualcosa mi torna in testa, ma non voglio dargli soddisfazione.

- Poi ti sei messa a ridere e hai detto "non intendevo questo" - continua.

- E quindi? – insisto.

- All'inizio non ci potevo credere - dice.

- E poi?

- Beh... poi ci ho creduto – risponde - Anzi, complimenti.

- Ah…

A cose fatte, stando a quello che racconta, gli avrei anche detto "scopami sulla scrivania" prima di afflosciarmi addosso a lui.

Come dicevo, della cosa in sé non ho particolare memoria. E' tutto molto confuso. La storia della scrivania, per esempio, non me la ricordo proprio. Anche se una scrivania c'era, là dentro. Mi ricordo che era grosso e circonciso, questo sì. E che mi sono svegliata su una poltrona di finta pelle, in quello che sembrava un ufficio. Probabile che lui fosse seduto lì, prima, e io inginocchiata in terra, boh. Dopo il risveglio, le cose sono più definite, anche se non ero del tutto in me. So che sono uscita vagando un po' a cazzo e alla fine sono tornata nel locale dove non c'era quasi più nessuno e stavano chiudendo. So che sono andata a sbattere contro Serena che aveva la mia borsa in mano e diceva "dove cavolo sei stata che ti ho cercata anche al cesso?" e poi "ce la fai a guidare?". No, era evidente che non ce la facevo a guidare, mi hanno portata a casa lei e Johnny. Forse mi hanno pure messa a letto. Ah, ecco, devo andare a recuperare la macchina.

- Ci possiamo vedere? - domanda Armando - devo farti una proposta.

- Lo immagino - rispondo.

- Non è quello che pensi, e poi sono sposato.

- Questa è buona - gli dico ridendo.

- Perché?

- Prima te lo fai succhiare e poi dici che sei sposato?

- Capita. Sei incazzata? - domanda.

- Per niente - lo rassicuro - proprio per niente... mi fa ridere, tutto qui. Tra l'altro, non sei nemmeno il primo. Come hai avuto il mio telefono?

- L'ho preso dalla borsa e mi sono telefonato, non usi un codice di blocco? Ti piacciono quelli più grandi, eh?

- No, non ho manie particolari. Come dici tu, capita.

- Allora? Ti interessa? - mi fa.

- Di che si tratta? - chiedo – ora ho tempo, dimmelo.

- Lavoro, mi chiedevo se vuoi lavorare nel mio locale.

- Per fare? - chiedo ancora.

- Beh... la ragazza di sala... il sabato sera.

- Ahahahah, no grazie, il sabato sera cerco di divertirmi, non di fare la cameriera.

- Non si tratta di fare la cameriera, no!

- Ah no? E di che si tratta? – replico un po’ stupita e un po’, a sto punto, sinceramente incuriosita. A me in quel locale, prima di perdere la brocca, era parso di vedere solo bartender e camerieri. O cameriere, appunto.

- La ragazza di sala – dice lui.

- Cioè?

- Beh, intrattenere i clienti, chiacchierarci un po’, cazzeggiare, bere con loro… anche ballarci, se ti va. Non hai mai fatto la hostess?

- No – rispondo.

- Strano… peccato, il fisico ce l’hai, sei bella. Comunque funziona così: la gente paga per stare con te, e ovviamente paga anche le consumazioni. L’importante è che non si rompano il cazzo. Maggiore è il tempo, e naturalmente le consumazioni, maggiore è il tuo guadagno. Nel senso che c’è un fisso più una percentuale.

- E quanto si alza, in una sera? – chiedo.

- Dipende, il fisso è cento a sera, ma se ci sai fare arrivi tranquillamente a centocinquanta, centottanta… Poi dipende da te, c’è chi prova a sedurti o… altro. Ma quella è una cosa solo tua, io non c’entro. Per me è importante solo la discrezione.

Gelo. Voglio dire, sento proprio una passata di gelo dalla radice dei capelli fin sotto le piante dei piedi.

- Fammi capire – gli domando - mi stai proponendo di fare la mignotta?

- Nulla di tutto questo – risponde in modo un po’ troppo stereotipato - io ti sto proponendo di fare quello che ti ho detto, per il resto sei tu che ti regoli. E come ti ho detto, con molta discrezione. Hai presente le ragazze che lavorano da me?

- No - rispondo. Ed è vero, non è che non lo ricordo, non ci ho proprio fatto caso. Oppure devo averle prese per cameriere, non per hostess.

- Beh, sono tre. Una di loro, diciamo così, arrotonda. Naturalmente non ti dico chi. Alle altre basta quello che fanno.

- Ah sì, eh? - rispondo - definisci il concetto di "arrotonda", allora...

- So solo che lo fa. Come, dove e quando non lo so, non lo voglio sapere e non glielo domando.

- A te basta tenere i servizi del tuo locale puliti, ahahahah - commento. Mi sembra tutto un po' ipocrita, più di un po'.

- Forse lì, forse altrove - dice Arma.

- E daje...

- Davvero, è così - fa lui con tono sicuro.

Tanto sicuro che all'inizio sono portata a credergli. Dopo una breve riflessione, ovviamente, cambio idea. Per come l'ho inquadrato, oltre a essere figo non è per niente fesso. Che certe cose gli accadano sotto il naso è, semplicemente, implausibile.

- E come mai le altre due no? - chiedo.

- Te l’ho detto, affari loro – risponde con un tono che mi sembra ritornato più sincero – io te lo dico perché mi sembri abbastanza… spigliata, mettiamola così.

- Senti, io ieri notte ero strafatta…

- Sì, sì, tranquilla… Se vuoi, pensaci. Magari potresti fare una prova, magari solo una sera. Per me sei adatta…

- Vedremo - gli rispondo per niente convinta. Vorrei chiudere l’argomento, perché lo trovo fastidioso. E soprattutto mi dispiace perché, qualsiasi cosa abbia fatto con lui, l’ho fatto appunto perché era lui. Ma ho troppo mal di testa per mettermi a fare la pignola.

- Ok - dice lui.

- Dimmi una cosa - gli faccio - quella scrivania di cui parlavi prima, ce l'hai davvero?

- Perché non vieni a controllare? - chiede dopo essere rimasto un po' in silenzio - oggi e domani siamo chiusi, ma potresti passare martedì sera sul tardi.

Nonostante tutto, crampo. Nonostante tutto, ho il rimpianto di non ricordarmi quasi nulla, nemmeno quel pompino.

- Non lo so, vedremo.

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scritto il
2021-05-25
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