In morte di un uomo qualunque 2
di
PabloN
genere
masturbazione
Andato. Ora di prepararsi. Doccia, veloce, poi ci si veste. Jeans, camicia. Intimo tranquillo, tanto si lavora. Colazione al bar? Mah sì. Cazzo lo smartphone! Se dimentico questo sono fregata.
La porta si chiude, due giri di chiave. Giù per le scale, che l’ascensore impigrisce.
-Buongiorno signorina-
-Buongiorno a lei-
La portinaia la guarda strana. Avrà notato l’uomo uscire dal suo appartamento stamane? E chi se ne frega! A 33 anni si potrà portare a casa chi si vuole no?
Bar finalmente. Secondo caffè, cornetto, vuoto per sedare il senso di colpa.
Il telefono squilla.
-Dottoressa, buongiorno. La disturbo? - No, rompi proprio il cazzo (versione ufficiosa)!
-No Mastrangeli dica- (versione ufficiale)
- Il questore mi ha detto che deve recarsi sul luogo di ritrovamento di un cadavere appena possibile. Le mando l’indirizzo su mail-
-Va bene grazie, attendo mi arrivi-(Ecco, lo dicevo, un’altra giornata di merda).
Vibrazione. Arrivata la mail. Tra un sorso e un morso controlla il contenuto.
-Mmmh però, zona ricca. Che potrà mai succedere in un quartiere così?
Sale in macchina, navigatore impostato e si parte. Il solito traffico, clacson, smadonnate, coglioni parcheggiati in doppia fila, madri con passeggino che insultano cafoni che non si fermano alle strisce. Solita routine, non ci si fa caso.
Ecco, il posto è vicino. Parcheggio…parcheggio...madò che botta di culo! Retro e via ad occupare la piazzola. Logo della polizia ben in vista sul cruscotto, che ci mancherebbe solo una multa per non aver pagato la sosta. Dietro l’angolo la via.
Una volante dei Carabinieri ferma, l’ambulanza ma senza sirene e a luci spente. La fretta è finita per il malcapitato. O magari è una donna, hai visto mai.
Davanti il portone i soliti curiosi. Vecchietti, vicini, negozianti, una coppia che si tiene stretta parlottando a bassa voce. Carini. Se ne vanno. Meglio. C’è tutta la vita per queste disgrazie, godetevela.
-Allora brigadiere, cosa è successo?-
-Dottoressa Moraglio buongiorno. E’ stato trovato un cadavere, maschio, morto apparentemente di morte naturale –
- E allora io che ci faccio qui?- domanda legittima.
Spallucce del brigadiere.
-Vabbè, tanto vale che salga. Piano?-
-Quarto-
La probità finisce qui, per quattro piani l’ascensore è d’uopo.
Però il defunto, in che palazzo viveva! Si capisce che qui nessuno ha freddo ai piedi.
Ecco, quarto piano. L’ascensore sapeva di vecchio ma anche le scale hanno un odore che riporta a cose stantie.
Davanti la porta un crocchio di gente, tutti tutori della legge o collaboratori.
- Mi scusi lei dove va? – chiede un solerte gendarme
- A fare il mio lavoro-
- Cioè-
- Farmi i cazzi altrui-
- Scusi??-
- Sono ispettore di polizia, pensi che ora possa passare?- mostra il cartellino
- Prego ispettore e mi scusi, non la avevo mai vista. E me ne ricorderei-
Finge di non capire. Pure in servizio ci prova questo, e con un superiore.
Sulla porta dell’appartamento una targa in ottone, lucida, solo con qualche traccia di Sidol nell’incavo delle lettere.
Studio Notarile Pandolfi.
Dunque un notaio.
Dentro uomini in divisa, e i soliti RIS per i rilievi della polizia scientifica.
- Scusate il cadavere dov’è?-
- Terza porta a destra-
- Grazie-
L’ufficio è grande, ma i mobili scuri lo fanno apparire opprimente. Tutto lo studio a dire il vero opprime. D’altra parte una certa austerità ben si confà al luogo di lavoro di un notaio.
Il corpo è li, coperto da un lenzuolo. Seduto su una poltrona, accasciato con le braccia penzoloni, le mani appaiono fuori della stoffa.
Sposta un lembo, osserva il viso, il corpo. Ancora giovanile, viene da dire, ma con quel che di vecchio che stona.
- Sappiamo chi è il morto?-
- Il notaio Pandolfi-
- Giovane per avere uno studio suo-
- Nel suo lavoro un mastino. Non era figlio d’arte, come la maggior parte dei suoi colleghi. È tutta farina del suo sacco-
Lascia il cadavere ad altri, riprende la perlustrazione della stanza. Affissi al muro la laurea e l’abilitazione notarile. Quadri di paesaggi , stampe della città in epoca rinascimentale. Poche foto contenute in eleganti cornici ornano i mobili severi che occupano le pareti. Una con una signora anziana. La madre forse? Poi uomini d’affari conosciuti, famiglie di spicco, giardini di dimore signorili. Nessuna con una donna, nessuna in un atteggiamento che riveli affetto e non semplici convenzioni. Non vuol dir nulla. Forse era solo riservato, non voleva mettere in pubblico, in un luogo così frequentato, le sue relazioni personali.
Balle! Non si è mai visto studio in cui non compaiano mogli, figli o amanti. Nelle vetrine, ordinati in modo impeccabile, i faldoni riportano sul dorso i nomi dei clienti. Tutti scritti con lo stesso carattere stampato. Si gira verso il Pandolfi. Chi eri tu? Così metodico, preciso. Non ti sei mai sentito soffocare? Dietro lo schermo di questa perfezione cosa nascondevi agli occhi del mondo?
Vedi di sbrigarti, l’odore di morte qui dentro è troppo forte.
Di nuovo accanto al cadavere. Nessun segno sul corpo, nessuna ecchimosi, ferita, segno di puntura. Nulla.
- Chi lo ha trovato?-
- La segretaria, alle otto , quando è arrivata. Credeva dormisse e ha girato la poltrona. Ma il nostro non dormiva. O perlomeno non si sveglierà-
- Perché è arrivata alle otto? Ho letto che lo studio apre alle nove-
- Sì, ma lei arriva sempre prima. Prepara i documenti per la giornata e i giornali per il notaio. Preparava, almeno-
Solerte la segretaria.
- Va bene dai. Finite di repertare tutto e appena arriva l’autorizzazione del magistrato fate pure portare via il corpo. Il medico legale quando arriva?-
- Lo stiamo aspettando. Ha detto di avere avuto un contrattempo ma sarà qui quanto prima. Sa, è quello nuovo, deve ancora ambientarsi-
- Ah sì, c’è uno nuovo? –
- Si, il Romagnosi è andato in pensione-
- Aspetterò il suo referto allora C’è modo di parlare con i dipendenti dello studio?
- Qui o in centrale?-
Rapida controllata all’orologio. Cazzo, già mezzogiorno! Il tempo vola quando ci si diverte.
- Facciamo in centrale nel primo pomeriggio-
- Va bene, li convoco per le quindici va bene?
- Perfetto-
Basta, devo uscire o soffoco.
Di nuovo sul pianerottolo, la porta dell’ascensore si apre. Dentro, tasto terra e via.
Mentre l’ascensore si avvia una figura umana risale le scale. Un uomo? Parrebbe. Veloce si muove nella direzione opposta a lei, fino a scomparire.
Aria finalmente, si respira. Ci ho messo un mucchio di tempo, non mi sono resa conto. Quasi quasi mi mangio qualcosa. Ma non qui. Quartiere troppo chic. In macchina verso zone più adatte. Nuovo traffico, cliché che si ripete. Parcheggio e via a piedi. Mi ci vogliono due passi. Ecco, questo mi pare adatto. Piccolo dehors, tranquillo. Cosa ordino? Mmmhh...ma si dai, vada per un primo ed una birra.
È piacevole stare qui, mi rilasso. Nemmeno male il primo, per essere un bar. Ora il caffè, meglio decaffeinato. La giornata è ancora lunga
Arriva il caffè e mentre l’aromatica nebbiolina sale a solleticare le narici la mente inizia a divagare. Di nuovo lui. Il suo corpo nudo di stamane. La sua voce, lo sguardo, il suo odore. Il suo nome sul biglietto lasciato nell’ingresso. Non lo ricordo. Però quell’erezione la ricordo eccome! Tranquilla Livia, smettila che sei in servizio. Ma la mente si rifiuta di obbedire e torna li, a quell’asta tesa verso lei. Al glande che la punta come freccia.
Il pensiero non sta più nella sua testa, scende come acqua dal capo verso i piedi. Inonda il corpo, bagna il collo, le spalle. Giunge ai seni e scatena la reazione. I capezzoli si gonfiano, spingono la stoffa. Ma non basta. Giù ancora, ad allagare il ventre. Incontra la fessura umida e calda, la percorre e la accarezza. Ora sono accomunati dalla medesima erezione, il clitoride che orgoglioso svetta. Non può ignorare ciò che il corpo grida.
-Mi scusi, c’è un bagno? –
- Si certo. Entri nel bar e chieda alla cassa. Le daranno la chiave. La porta è in fondo al corridoio a destra del bancone –
La chiave entra rapida nella toppa, la porta si spalanca e subito richiude alle sue spalle.
La mano apre la cintura, sbottona i jeans e finalmente abbatte la barriera di tessuto che la separa dalla tenera carne del suo sesso. Un sollievo sentirla percorrere il perimetro di quella dolce fonte di piacere, sentire tra le dita il bottone tendersi, stringerlo e scoprirlo, affondare nel calore del suo corpo, in quel momento che solo a lei appartiene. Ogni affondo un’onda di piacere, e poi ancora e ancora. Fino all’apice, alla vetta che regala l’estasi agognata.
-Che mi hai fatto, maledetto!? – pensa uscendo. Ritorna alla vita quotidiana. Persino la luce le appare diversa adesso.
È ora di tornare al suo lavoro. Paga il conto e riguadagna l’auto. La giornata può continuare. Non tanto di merda, in fondo.
La porta si chiude, due giri di chiave. Giù per le scale, che l’ascensore impigrisce.
-Buongiorno signorina-
-Buongiorno a lei-
La portinaia la guarda strana. Avrà notato l’uomo uscire dal suo appartamento stamane? E chi se ne frega! A 33 anni si potrà portare a casa chi si vuole no?
Bar finalmente. Secondo caffè, cornetto, vuoto per sedare il senso di colpa.
Il telefono squilla.
-Dottoressa, buongiorno. La disturbo? - No, rompi proprio il cazzo (versione ufficiosa)!
-No Mastrangeli dica- (versione ufficiale)
- Il questore mi ha detto che deve recarsi sul luogo di ritrovamento di un cadavere appena possibile. Le mando l’indirizzo su mail-
-Va bene grazie, attendo mi arrivi-(Ecco, lo dicevo, un’altra giornata di merda).
Vibrazione. Arrivata la mail. Tra un sorso e un morso controlla il contenuto.
-Mmmh però, zona ricca. Che potrà mai succedere in un quartiere così?
Sale in macchina, navigatore impostato e si parte. Il solito traffico, clacson, smadonnate, coglioni parcheggiati in doppia fila, madri con passeggino che insultano cafoni che non si fermano alle strisce. Solita routine, non ci si fa caso.
Ecco, il posto è vicino. Parcheggio…parcheggio...madò che botta di culo! Retro e via ad occupare la piazzola. Logo della polizia ben in vista sul cruscotto, che ci mancherebbe solo una multa per non aver pagato la sosta. Dietro l’angolo la via.
Una volante dei Carabinieri ferma, l’ambulanza ma senza sirene e a luci spente. La fretta è finita per il malcapitato. O magari è una donna, hai visto mai.
Davanti il portone i soliti curiosi. Vecchietti, vicini, negozianti, una coppia che si tiene stretta parlottando a bassa voce. Carini. Se ne vanno. Meglio. C’è tutta la vita per queste disgrazie, godetevela.
-Allora brigadiere, cosa è successo?-
-Dottoressa Moraglio buongiorno. E’ stato trovato un cadavere, maschio, morto apparentemente di morte naturale –
- E allora io che ci faccio qui?- domanda legittima.
Spallucce del brigadiere.
-Vabbè, tanto vale che salga. Piano?-
-Quarto-
La probità finisce qui, per quattro piani l’ascensore è d’uopo.
Però il defunto, in che palazzo viveva! Si capisce che qui nessuno ha freddo ai piedi.
Ecco, quarto piano. L’ascensore sapeva di vecchio ma anche le scale hanno un odore che riporta a cose stantie.
Davanti la porta un crocchio di gente, tutti tutori della legge o collaboratori.
- Mi scusi lei dove va? – chiede un solerte gendarme
- A fare il mio lavoro-
- Cioè-
- Farmi i cazzi altrui-
- Scusi??-
- Sono ispettore di polizia, pensi che ora possa passare?- mostra il cartellino
- Prego ispettore e mi scusi, non la avevo mai vista. E me ne ricorderei-
Finge di non capire. Pure in servizio ci prova questo, e con un superiore.
Sulla porta dell’appartamento una targa in ottone, lucida, solo con qualche traccia di Sidol nell’incavo delle lettere.
Studio Notarile Pandolfi.
Dunque un notaio.
Dentro uomini in divisa, e i soliti RIS per i rilievi della polizia scientifica.
- Scusate il cadavere dov’è?-
- Terza porta a destra-
- Grazie-
L’ufficio è grande, ma i mobili scuri lo fanno apparire opprimente. Tutto lo studio a dire il vero opprime. D’altra parte una certa austerità ben si confà al luogo di lavoro di un notaio.
Il corpo è li, coperto da un lenzuolo. Seduto su una poltrona, accasciato con le braccia penzoloni, le mani appaiono fuori della stoffa.
Sposta un lembo, osserva il viso, il corpo. Ancora giovanile, viene da dire, ma con quel che di vecchio che stona.
- Sappiamo chi è il morto?-
- Il notaio Pandolfi-
- Giovane per avere uno studio suo-
- Nel suo lavoro un mastino. Non era figlio d’arte, come la maggior parte dei suoi colleghi. È tutta farina del suo sacco-
Lascia il cadavere ad altri, riprende la perlustrazione della stanza. Affissi al muro la laurea e l’abilitazione notarile. Quadri di paesaggi , stampe della città in epoca rinascimentale. Poche foto contenute in eleganti cornici ornano i mobili severi che occupano le pareti. Una con una signora anziana. La madre forse? Poi uomini d’affari conosciuti, famiglie di spicco, giardini di dimore signorili. Nessuna con una donna, nessuna in un atteggiamento che riveli affetto e non semplici convenzioni. Non vuol dir nulla. Forse era solo riservato, non voleva mettere in pubblico, in un luogo così frequentato, le sue relazioni personali.
Balle! Non si è mai visto studio in cui non compaiano mogli, figli o amanti. Nelle vetrine, ordinati in modo impeccabile, i faldoni riportano sul dorso i nomi dei clienti. Tutti scritti con lo stesso carattere stampato. Si gira verso il Pandolfi. Chi eri tu? Così metodico, preciso. Non ti sei mai sentito soffocare? Dietro lo schermo di questa perfezione cosa nascondevi agli occhi del mondo?
Vedi di sbrigarti, l’odore di morte qui dentro è troppo forte.
Di nuovo accanto al cadavere. Nessun segno sul corpo, nessuna ecchimosi, ferita, segno di puntura. Nulla.
- Chi lo ha trovato?-
- La segretaria, alle otto , quando è arrivata. Credeva dormisse e ha girato la poltrona. Ma il nostro non dormiva. O perlomeno non si sveglierà-
- Perché è arrivata alle otto? Ho letto che lo studio apre alle nove-
- Sì, ma lei arriva sempre prima. Prepara i documenti per la giornata e i giornali per il notaio. Preparava, almeno-
Solerte la segretaria.
- Va bene dai. Finite di repertare tutto e appena arriva l’autorizzazione del magistrato fate pure portare via il corpo. Il medico legale quando arriva?-
- Lo stiamo aspettando. Ha detto di avere avuto un contrattempo ma sarà qui quanto prima. Sa, è quello nuovo, deve ancora ambientarsi-
- Ah sì, c’è uno nuovo? –
- Si, il Romagnosi è andato in pensione-
- Aspetterò il suo referto allora C’è modo di parlare con i dipendenti dello studio?
- Qui o in centrale?-
Rapida controllata all’orologio. Cazzo, già mezzogiorno! Il tempo vola quando ci si diverte.
- Facciamo in centrale nel primo pomeriggio-
- Va bene, li convoco per le quindici va bene?
- Perfetto-
Basta, devo uscire o soffoco.
Di nuovo sul pianerottolo, la porta dell’ascensore si apre. Dentro, tasto terra e via.
Mentre l’ascensore si avvia una figura umana risale le scale. Un uomo? Parrebbe. Veloce si muove nella direzione opposta a lei, fino a scomparire.
Aria finalmente, si respira. Ci ho messo un mucchio di tempo, non mi sono resa conto. Quasi quasi mi mangio qualcosa. Ma non qui. Quartiere troppo chic. In macchina verso zone più adatte. Nuovo traffico, cliché che si ripete. Parcheggio e via a piedi. Mi ci vogliono due passi. Ecco, questo mi pare adatto. Piccolo dehors, tranquillo. Cosa ordino? Mmmhh...ma si dai, vada per un primo ed una birra.
È piacevole stare qui, mi rilasso. Nemmeno male il primo, per essere un bar. Ora il caffè, meglio decaffeinato. La giornata è ancora lunga
Arriva il caffè e mentre l’aromatica nebbiolina sale a solleticare le narici la mente inizia a divagare. Di nuovo lui. Il suo corpo nudo di stamane. La sua voce, lo sguardo, il suo odore. Il suo nome sul biglietto lasciato nell’ingresso. Non lo ricordo. Però quell’erezione la ricordo eccome! Tranquilla Livia, smettila che sei in servizio. Ma la mente si rifiuta di obbedire e torna li, a quell’asta tesa verso lei. Al glande che la punta come freccia.
Il pensiero non sta più nella sua testa, scende come acqua dal capo verso i piedi. Inonda il corpo, bagna il collo, le spalle. Giunge ai seni e scatena la reazione. I capezzoli si gonfiano, spingono la stoffa. Ma non basta. Giù ancora, ad allagare il ventre. Incontra la fessura umida e calda, la percorre e la accarezza. Ora sono accomunati dalla medesima erezione, il clitoride che orgoglioso svetta. Non può ignorare ciò che il corpo grida.
-Mi scusi, c’è un bagno? –
- Si certo. Entri nel bar e chieda alla cassa. Le daranno la chiave. La porta è in fondo al corridoio a destra del bancone –
La chiave entra rapida nella toppa, la porta si spalanca e subito richiude alle sue spalle.
La mano apre la cintura, sbottona i jeans e finalmente abbatte la barriera di tessuto che la separa dalla tenera carne del suo sesso. Un sollievo sentirla percorrere il perimetro di quella dolce fonte di piacere, sentire tra le dita il bottone tendersi, stringerlo e scoprirlo, affondare nel calore del suo corpo, in quel momento che solo a lei appartiene. Ogni affondo un’onda di piacere, e poi ancora e ancora. Fino all’apice, alla vetta che regala l’estasi agognata.
-Che mi hai fatto, maledetto!? – pensa uscendo. Ritorna alla vita quotidiana. Persino la luce le appare diversa adesso.
È ora di tornare al suo lavoro. Paga il conto e riguadagna l’auto. La giornata può continuare. Non tanto di merda, in fondo.
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