Riders on the storm
di
PabloN
genere
sentimentali
Le luci calde delle abat-jour illuminano il tuo corpo mentre, seduta nel letto, leggi il tuo libro. Le gambe piegate a creare un appoggio, nude, scoperte. Solo una maglietta leggera ti protegge dall’aria fresca di questo settembre. Disegna le tue forme, le accarezza, le occulta agli occhi consegnandole alla fantasia. Le conosco da così tanto tempo, ma sempre mi affascinano. La catenella degli occhiali da lettura si appoggia morbida su quel calore, sfiorandone gli apici ad ogni respiro. Un movimento ipnotico e sensuale. Il tuo petto sale e scende, come l’acqua durante le maree.
Appoggiato allo schienale del letto anche io leggo, nudo, coperto solo da un leggero lenzuolo. Gli occhi scorrono parole che nella mia mente diventano voce. Ai bordi della pagina cadono, precipitando verso le tue cosce tese, unite, lisce. Ogni volta una leggera increspatura si forma, come un sasso lanciato in uno stagno Mi manchi. Mi manchi come l’aria. Ti desidero da troppo tempo. Le parole iniziano a diventare indistinte, si sovrappongono, diventano liquide, onde, immagini in luogo di suoni. La marea sale, diventa fantasia, la fantasia azione, l’azione sensazione e la sensazione emozione. Non mi salverò, non ho scampo. Non c’è libro che tenga
La mano lo lascia per abbandonarsi sulla pelle fresca che emerge dalla maglietta, giù verso i piedi appoggiati al materasso, solido punto di ancoraggio. La pelle è liscia, le dita scorrono lievi, donandomi la sensazione della seta.
Sale lungo il tuo pendio per poi precipitare giù, una vertigine che mi trasporta sempre più lontano. Il cielo si fa scuro, lampi illuminano le nubi che si addensano minacciose e sublimi. . Le tempie pulsano. Anche se volessi non potrei tornare indietro. Ti voglio, voglio che mi bagni, che scuoti il mio corpo. Voglio abbandonarmi a te. Vado incontro all’ uragano, mi consegno senza paura.
Non freno la caduta quando lambisco la consistenza leggera del tessuto, fragile confine che protegge il tuo più nascosto tesoro.
Sfioro piano quel calore, lo percorro, quasi senza intenzione. Come se tutto fosse casuale. Sento i piccoli tremori, le impercettibili variazioni nel tuo corpo che quel contatto provoca. Come se lo stesso Oceano ci unisse. Sei sua preda come già lo sono io. Lo so. Lo sento. Sei pronta
Ti opponi, fingi di leggere, stringi appena le gambe, ma il vento del tuo respiro cambia. Era refolo, ora si fa brezza. Gettiamoci insieme in questa follia amore mio. Cavalchiamo insieme le onde che ci sollevano per poi farci precipitare. Non possiamo sfuggire al nostro destino. Percorriamolo insieme, scendiamo agli inferi e risaliamo al paradiso.
Il libro cade, inutile. Afferri l’albero della mia nave, sicura. Sai come e dove dirigerlo. Respiro nel vento del tuo respiro, le bocche unite. I corpi si scontrano, si sentono, la maglietta scompare, il tuo intimo scompare. Pelle su pelle. Desiderio su desiderio. Un corpo a corpo feroce.
Ci rotoliamo nelle onde, l’uno sull’altra. Le tue unghie sembrano volersi ancorare alla mia pelle, mi graffiano, sembra quasi che affondino. Ti trascino su di me per poi ritrovarmi di sopra, senza capire come. Un unico corpo che si muove, respira, vive.
Mi spingi in basso, a bere le tue acque , a scoprire il tuo golfo protetto. Eccolo, aperto davanti a me. Ne assaggio le onde, affondo, lasciandomi trascinare dalla pressione delle tue mani. Ad ogni discesa trattengo il respiro, sempre più giù, mentre il tuo vento diventa potente.
Lo voglio. Voglio approdare alle sue acque calde, essere scosso dai suoi marosi. Voglio affondare, sentirmi circondato e perdermi per ritrovarmi ancora e ancora.
Dirigi la mia nave, portala al tuo ingresso, ti prego. Il mio timone è tuo, portami in quell’umido anfratto. Non voglio altro. Assecondi il mio desiderio. Lo sento. Il fulmine mi ha colpito e la corrente mi scuote. Lascio il mio corpo cadere, perdendomi in quel calore. Mi spingo e mi ritiro, affondo e riemergo, a volte dolcemente, altre con forza. Non mi posso fermare, le onde non me lo permettono. Posso solo assecondarle. Il nostro Oceano ribolle.
Avanzo e retrocedo, e tu con me. Siamo uniti in questa danza antica, nuotiamo nello stesso mare. Mi fermo un attimo. In quella breve tregua sento la stretta delle tue pareti, mi imprigioni, e mai al mondo vorrei fuggire da quelle catene.
Mi spingi di lato e mi cavalchi, Dea delle tempeste. Hai gli occhi socchiusi, le labbra aperte in un grido muto. Afferro i tuoi seni, li stringo. Sono tuo. Perso, affondato dentro di te, bagnato dal tuo mare. Affogo e rido.
Diventi tuono, mi inondi, sento la tua acqua fluire, coprirmi. Il tuo corpo si flette all’indietro, come una vela squassata dal vento e la tempesta raggiunge il suo apice. Gridi, quasi a sfidare il vento e i cavalloni.
Vista da qui sei meravigliosa e terribile, i miei occhi non potrebbero guardare altro. Li apri a mi guardi. Di nuovo su di te, di nuovo un affondare e riemergere. Mi vuoi. Vuoi il mio corpo,la mia parte di mare, ora che sai che la mia anima è già tua. Non posso resistere, mi abbandono in un ultimo affondo e la mia e la tua spuma si fondono in fiotti intensi che mi scuotono e lasciano stremato. Hai raggiunto ogni parte di me. Sono stato in ogni tuo anfratto. Divisi e uniti.
Lasciarti è quasi doloroso. Vorrei poter rimanere così, ma so che non accadrà, non posso. Ora che il respiro si è placato, ora che solo la luce calda delle abat-jour illumina il mare del nostro letto sfatto, lascio il tuo golfo. Ne sento il calore, l’odore caldo di noi. Ti stringo tra le braccia, la luce si spegne. Buona notte amore mio. Alla prossima tempesta.
Appoggiato allo schienale del letto anche io leggo, nudo, coperto solo da un leggero lenzuolo. Gli occhi scorrono parole che nella mia mente diventano voce. Ai bordi della pagina cadono, precipitando verso le tue cosce tese, unite, lisce. Ogni volta una leggera increspatura si forma, come un sasso lanciato in uno stagno Mi manchi. Mi manchi come l’aria. Ti desidero da troppo tempo. Le parole iniziano a diventare indistinte, si sovrappongono, diventano liquide, onde, immagini in luogo di suoni. La marea sale, diventa fantasia, la fantasia azione, l’azione sensazione e la sensazione emozione. Non mi salverò, non ho scampo. Non c’è libro che tenga
La mano lo lascia per abbandonarsi sulla pelle fresca che emerge dalla maglietta, giù verso i piedi appoggiati al materasso, solido punto di ancoraggio. La pelle è liscia, le dita scorrono lievi, donandomi la sensazione della seta.
Sale lungo il tuo pendio per poi precipitare giù, una vertigine che mi trasporta sempre più lontano. Il cielo si fa scuro, lampi illuminano le nubi che si addensano minacciose e sublimi. . Le tempie pulsano. Anche se volessi non potrei tornare indietro. Ti voglio, voglio che mi bagni, che scuoti il mio corpo. Voglio abbandonarmi a te. Vado incontro all’ uragano, mi consegno senza paura.
Non freno la caduta quando lambisco la consistenza leggera del tessuto, fragile confine che protegge il tuo più nascosto tesoro.
Sfioro piano quel calore, lo percorro, quasi senza intenzione. Come se tutto fosse casuale. Sento i piccoli tremori, le impercettibili variazioni nel tuo corpo che quel contatto provoca. Come se lo stesso Oceano ci unisse. Sei sua preda come già lo sono io. Lo so. Lo sento. Sei pronta
Ti opponi, fingi di leggere, stringi appena le gambe, ma il vento del tuo respiro cambia. Era refolo, ora si fa brezza. Gettiamoci insieme in questa follia amore mio. Cavalchiamo insieme le onde che ci sollevano per poi farci precipitare. Non possiamo sfuggire al nostro destino. Percorriamolo insieme, scendiamo agli inferi e risaliamo al paradiso.
Il libro cade, inutile. Afferri l’albero della mia nave, sicura. Sai come e dove dirigerlo. Respiro nel vento del tuo respiro, le bocche unite. I corpi si scontrano, si sentono, la maglietta scompare, il tuo intimo scompare. Pelle su pelle. Desiderio su desiderio. Un corpo a corpo feroce.
Ci rotoliamo nelle onde, l’uno sull’altra. Le tue unghie sembrano volersi ancorare alla mia pelle, mi graffiano, sembra quasi che affondino. Ti trascino su di me per poi ritrovarmi di sopra, senza capire come. Un unico corpo che si muove, respira, vive.
Mi spingi in basso, a bere le tue acque , a scoprire il tuo golfo protetto. Eccolo, aperto davanti a me. Ne assaggio le onde, affondo, lasciandomi trascinare dalla pressione delle tue mani. Ad ogni discesa trattengo il respiro, sempre più giù, mentre il tuo vento diventa potente.
Lo voglio. Voglio approdare alle sue acque calde, essere scosso dai suoi marosi. Voglio affondare, sentirmi circondato e perdermi per ritrovarmi ancora e ancora.
Dirigi la mia nave, portala al tuo ingresso, ti prego. Il mio timone è tuo, portami in quell’umido anfratto. Non voglio altro. Assecondi il mio desiderio. Lo sento. Il fulmine mi ha colpito e la corrente mi scuote. Lascio il mio corpo cadere, perdendomi in quel calore. Mi spingo e mi ritiro, affondo e riemergo, a volte dolcemente, altre con forza. Non mi posso fermare, le onde non me lo permettono. Posso solo assecondarle. Il nostro Oceano ribolle.
Avanzo e retrocedo, e tu con me. Siamo uniti in questa danza antica, nuotiamo nello stesso mare. Mi fermo un attimo. In quella breve tregua sento la stretta delle tue pareti, mi imprigioni, e mai al mondo vorrei fuggire da quelle catene.
Mi spingi di lato e mi cavalchi, Dea delle tempeste. Hai gli occhi socchiusi, le labbra aperte in un grido muto. Afferro i tuoi seni, li stringo. Sono tuo. Perso, affondato dentro di te, bagnato dal tuo mare. Affogo e rido.
Diventi tuono, mi inondi, sento la tua acqua fluire, coprirmi. Il tuo corpo si flette all’indietro, come una vela squassata dal vento e la tempesta raggiunge il suo apice. Gridi, quasi a sfidare il vento e i cavalloni.
Vista da qui sei meravigliosa e terribile, i miei occhi non potrebbero guardare altro. Li apri a mi guardi. Di nuovo su di te, di nuovo un affondare e riemergere. Mi vuoi. Vuoi il mio corpo,la mia parte di mare, ora che sai che la mia anima è già tua. Non posso resistere, mi abbandono in un ultimo affondo e la mia e la tua spuma si fondono in fiotti intensi che mi scuotono e lasciano stremato. Hai raggiunto ogni parte di me. Sono stato in ogni tuo anfratto. Divisi e uniti.
Lasciarti è quasi doloroso. Vorrei poter rimanere così, ma so che non accadrà, non posso. Ora che il respiro si è placato, ora che solo la luce calda delle abat-jour illumina il mare del nostro letto sfatto, lascio il tuo golfo. Ne sento il calore, l’odore caldo di noi. Ti stringo tra le braccia, la luce si spegne. Buona notte amore mio. Alla prossima tempesta.
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