Fiesta

di
genere
etero

C'è aria di festa stasera e non è in città o per le strade. Niente gente che torna prima dal lavoro o negozi che chiudono uno dopo l'altro lasciando che le luci dei locali affollati illuminino la notte. E non c'è nemmeno quell'atmosfera da sabato del villaggio, con la sua promessa di divertimento, amiche, amici, teste sgombre, suonerie disattivate per la mattina dopo ché tanto si può dormire. Nulla di tutto questo, nessuna donzelletta che vien dalla campagna, è un banale giovedì.

L'aria di festa è nella mia mente e nel mio corpo, non so dire dove comincia e dove finisce ma non è come al solito. Desiderio di festa. Desidero che tu mi faccia la festa, stasera. Anzi, la fiesta.

Sì, ho voglia. Non ti capita mai? No, non dico che non ti capita mai di avere voglia, dico un’altra cosa. Non ti capita mai che a un certo punto, non si sa bene come, ti metti a pensare ai dettagli? “Mi piacerebbe questo e questo e quest’altro”. Sì che ti viene, me l’hai confessato tu stesso: i desideri che si affacciano al mattino li sfoghi con me la notte. Ma è bello saperlo, sai? E’ bello sapere che pensi a me in quel modo. Magari quando ci telefoniamo all’ora di pranzo: “Come è andata?”, “che mangi?”. E intanto, dentro di te, “quando torno a casa ti faccio dimenticare pure come ti chiami”. Qualche volta mi ci sono masturbata pensandolo. Una la ricordo strabene. Ti ho quasi visto, in piedi al bar con un tramezzino in mano, mentre mi chiedevi "ma poi l'abbiamo fatta la domiciliazione?". Mi sono detta: parla della bolletta della luce ma intanto pensa "stanotte la lego e la bendo, e se protesta la imbavaglio pure". Per farmi, quando abbiamo chiuso la chiamata, sono dovuta andare sul divano perché sulla sedia rischiavo di cadere. E ho anche usato un oggetto, io che non lo faccio mai. Vuoi sapere che oggetto? Vuoi sapere cosa immaginavo? Ahahahah, col cazzo che te lo dico, arrivaci da solo! Però sì, è stata l'ultima volta che ti ho chiesto di legarmi e bendarmi, ricordi? Sì, te l'ho chiesto io, non credo che tu lo abbia pensato davvero, era una mia proiezione. Per tutto il pomeriggio ho avuto quella voglia, lavorare è stato complicato e anche uscire a cena lo è stato. Molto meno lo è stato cominciare a fare la troia mentre tornavamo a casa.

Beh, tutto sommato oggi non è tanto diverso.

E’ da quando mi sono lavata i denti che me lo ripeto: "Hazme la fiesta". Ho chiesto anche la canzone ad Alexa. Ho lavorato ripetendomi questo, ho fatto il bagno e mi sono incremata, ho aspettato il tuo ritorno ripetendomi questo, ho fatto la cena e l’ho mangiata con te dicendomi questo, ho guardato la Casa di carta sul divano accanto a te.

Bisogna avere una pazienza bagnata, a volte. Ho imparato che la pazienza è nostra amica.

Fammi tutte le porcate che vuoi, calate però nella più assoluta normalità casalinga. Fammi ogni cosa che ti passa per la testa ma senza tanti arzigogoli, ok? Fallo solo perché ti tira il cazzo e perché io sono il posto giusto dove metterlo, perché io sono quella che ormai vive con te, si addormenta accanto a te ogni notte. Questo ti dà dei diritti, non lo sapevi? Hai il diritto di prendermi una tetta con una mano e con l'altra frugarmi tra le gambe. Hai il diritto di sussurrarmi “amore, ora ti sfondo, cerca di non fare tanto rumore” e poi infilarmi la lingua nell’orecchio. Se posso permettermi, preferirei che anziché chiamarmi amore una volta tanto mi chiamassi “lurida troia”. Dovresti, perché vorrei che mi scopassi davvero come una lurida troia, una che te la deve dare per dovere.

So che non lo farai, ti è difficile. E' difficile trattare così una persona se la ami. Eppure lo vorrei tanto. Ma visto che sono in vena di ricordi, ti ricordi quando invece ti ho legato io? Embé, una volta per uno, no? Dio santo, che eri. Imbizzarrito, teso e duro ovunque, mica solo lì. Quanto ci sarò stata a baciarti, leccarti, succhiarti, morderti intorno all'ombelico e sulle cosce? A sditalinarmi davanti a te per provocarti? Avevi un tale stecco e davi certe impennate con il bacino che non so se facevi più sesso o più paura. Facevo la stronza e ti chiedevo "bocca o fregna?" (beh, il gioco era quello) e tu ringhiavi "fatti scopare!". L'hai detto proprio come se fosse un ordine. Ma ti ho disobbedito, eh già. Quando ho ricominciato a passare lingua e labbra sul tuo splendido corpo, quando ho indugiato baciando a lungo la tua orribile cicatrice che amo tanto, quel "troia" ti è scappato proprio "de core", eh? come si dice a Roma. Ahahahah. Se ti fossi salita sopra in quel momento penso proprio che avresti aggiunto nuovi significati al concetto di "sfondare". O forse mi avresti fatto capire l’origine del verbo “incazzarsi”. Wow.

Beh, insomma, ti dicevo di quella sera. Ti ricordi che ha un certo punto hai detto "io dovrei andare al bagno"? Non lo so perché sono scoppiata a ridere in quel modo. Cioè sì, lo so: eri così buffo! Ancora legato mentre io mi riprendevo accanto a te. Ho riso talmente tanto che hai dovuto pure mettermi fretta, a un certo punto. Ok, avevi ragione, ti scappava. Però, ed è questo che ti volevo dire, quando sei passato davanti a me ti ho guardato per bene. D'accordo, praticamente correvi, ma a volte basta un istante per fissare in testa un'immagine. Ho visto la tua testa riccia, il tuo bel viso, quell'accenno di barba che mi grattugia in modo così sexy l'interno coscia, il tuo corpo lungo e ben definito, le tue gambe forti. Il tuo cazzo ancora lucido di me. Ti avevo appena liberato e sono stata subito assalita dall'istinto della slave. Dico davvero. E ho pensato una cosa che non ho pensato mai. No anzi, una cosa che quando l'ho pensata mi ha sempre fatto schifo, bleah. Ho pensato: e se adesso lo seguo, mi inginocchio nella vasca e gli dico di farmela addosso? Te lo giuro, due-tre cose mi fanno terrore: soprattutto essere presa per il collo e questa. Però per un attimo ci ho pensato. Mi sono pure chiesta se saresti stato così amore-mio da risparmiare il viso e i capelli. Che pensieri del cazzo che ci vengono in testa ogni tanto, eh? Eppure l'idea di essere ridotta a un tuo orinatoio personale si è per qualche momento impossessata della mia mente. Puniscimi perché non te l’ho data quando me l’hai ordinato, puniscimi perché ti ho disobbedito. Dimmi "ti piscio addosso perché non vali veramente un cazzo". Non me lo diresti mai, lo so. Non sei nemmeno capace di pensarlo, so anche questo. E neanche lo faresti mai, per fortuna. Che non ti venga mai in mente, eh? Vale anche per il collo, beninteso. Mi è bastato pensarci da sola per qualche secondo.

Tuttavia l'idea di essere umiliata fa parte di me, non posso farci nulla. Che cazzo ne so perché? Ogni tanto mi piglia, ma non credo che ti racconterò mai di certe serate. Piuttosto, sarebbe bello aprire un capitolo completamente nuovo con te. Mi hai dato talmente tanto, potresti darmi anche questo. Dubito però che ci siederemo una sera a tavola e ne parleremo. "Senti Luca, dovrei dirti una cosa...". Ahahahahah, dubito proprio. Magari a un certo punto verrà da sé, chi lo sa.

Però fattene dire un'altra di cosa, invece, facciamo un attimo a capirci. Io ci tengo, eccome se ci tengo, all'uguaglianza di genere e al fatto che una possa fare il cazzo che vuole in qualunque cazzo di modo eccetera eccetera... E più in generale penso che questo mondo sia veramente organizzato di merda. Ok, queste cose sono vere e sono importanti per me. Ma parlando di desideri, e parlandone seriamente, posso davvero essere l'unica a pensare ogni tanto "smettila di fare finta di essere interessato a quello che dico e sbattimi come un animale"? Sono la sola a desiderare, a volte, di essere messa faccia al muro e scopata in ogni dove? Sono esclusivamente io quella che in certi momenti non chiede di essere semplicemente fottuta, ma obliterata, annullata, reset mode? In qualche momento ci sei andato vicino, è vero. Ma direi che è stato quasi per caso, per impeto. Invece vorrei di più, più intenzionalità.

Mi sono lasciata andare, sorry. Magari ne riparliamo, eh? Magari non tanto tardi perché se queste voglie ricominciano a tornare temo che prima o poi mi venga l'urgenza di andarmele a soddisfare altrove. E invece no, mi piacerebbe che fossi tu.

Comunque non stasera, no. Niente legacci e niente giochetti. Niente sparire per riapparire nuda e declamare “signore, la più troia delle tue schiave deve essere castigata” come Neera davanti a Stephanos. E nemmeno cose più soft tipo “intanto che l’acqua bolle non ti andrebbe un bocchino?”. Niente trucchi e, a proposito, niente bocchini. Sì, magari come preliminare. Lo sai che mi piace tanto. Ma giusto una cosina così, appena accennata. E anche se lecchi bene, ti dirò, non ho nemmeno tanta voglia dei tuoi preliminari, passa subito alla fase-due, ok? Mi immagino più una cosa piana, casalinga, che comincia davanti alla tv, come se fossimo sposati e pure da parecchio. Mi prendi e mi fai tua, bella zì, senza stare tanto a corteggiarmi.

Scusate se a questo punto apro un attimo una parentesi. Ma mi piacerebbe confidare a voi, e non a lui, che questo quadretto domestico porta con sé delle altre fantasie, sapete? E non credo le porti solo a me. Intendo dire, gli capiterà, no?, di vedere una bella ragazza, una bella donna. Una collega, una assistita, o una per strada. Gli capiterà che gli faccia sesso. Gli capiterà di pensare "dio, questa qui come starebbe bene messa a novanta". Lo so che i maschi lo fanno, se lo raccontano, e lo raccontano pure quando non sono da soli e non dovrebbero (mai capito se per esibizionismo o sbadataggine). Però non c'è nulla di male a pensarlo, certe cose passano per la testa anche a me. Stessa posizione, tra l'altro. Poi però, insomma, non si può mica fare, no? Mica succede davvero. Sti pensieri ce li teniamo. Eppure... chissà se Luca mi ha mai scopata pensando a un'altra. Beh, io sì. Anche se non gliel'ho detto e non glielo dirò mai. Guardate, non lo considero nemmeno un tradimento. Il tradimento è un’altra cosa, fatevelo dire da me che l’ho tradito sul serio. Quei pensieri non spostano nulla, non cambiano nulla di quello che c'è tra me e lui. Ma a parte questo: volevo dire che magari torna a casa con quel bisogno nei pantaloni, ha fantasticato su un'altra ma vicino ha me. Anzi, mettiamola giù più dura: si è arrapato come un maiale su una morona formosa e con due tette così, ma nel letto ha me, l'opposto. Mi si stende sopra ed è come se il suo corpo mi parlasse: "Ho bisogno di scopare". No, senza dirmelo esplicitamente, quello sarebbe un gioco diverso e non so nemmeno se mi piacerebbe, il non detto è meglio. Mi si stende sopra e basta. Mica è un atto d'amore, è un bisogno fisiologico di scaricarsi. Io però lo capisco, capisco tutto e lo accolgo lo stesso, apro le gambe. Magari nemmeno mi va tanto (faccio una pura ipotesi di scuola, eh?), ma lo faccio. E anzi - senza che commentiate me lo dico da sola: sì, sono scema - considero una fortuna non essere ancora pronta. Perché il suo ingresso mi fa un po’ male, e quel male mi piace. Usata come un buco, terminal di seme, ma sono anche questo, sono il suo buco, il suo terminal.

Fine della fantasia domestica, parentesi chiusa. Cazzo, ho divagato un'altra volta. Mi arrivano troppe cose tutte insieme nel cervello e non riesco a mettere in ordine tra i miei pensieri. Ritorno subito a "caro Luca" e a stasera, giuro.

Dunque, caro Luca, ecco qui. Ti dicevo di come ti vorrei, di come vorrei che stasera mi facessi la festa. Ora che ci penso, mi accorgo che quello che ti ho detto fa un po' a pugni con questa definizione, "farmi la festa". Sembra una cosa che nasce con furia e finisce anche con più furia, no? Beh, può essere, e poi chi l'ha detto che non debba finire così? E' vero che ti ho parlato dell'attesa, è vero che ho citato la pazienza. Ma vedi, sotto la felpa amaranto non ho nulla, perché vorrei proprio che le tue mani possano risalire rapide a martoriarmi le tette. Sotto i leggings c'è uno string talmente striminzito che è ridicolo da portare in casa, ma l'ho messo apposta. In modo che tu possa vedere la macchia e sentire il bagnato, pensare "guarda come si è messa troia per me". E poi però ho i fantasmini. Sarà un desiderio idiota, ok, ma dovresti proprio possedermi nuda dal pube in giù e con felpa e calzini ancora addosso.

L’immagine della casalinghitudine, insomma. Mi rendo conto che sono io a offrirtela. Ma ciò non significa che tu non debba romperla questa immagine, farla esplodere, chiavarmi a sangue. Questa cosa sì, questa cosa la voglio e quasi la pretendo. Stasera devi comunque farmi sentire che sono roba tua, sennò mi metto a piangere. Devi essere selvaggio perché sai che puoi esserlo. Devi essere forte perché la forza ce l'hai. Devi farmi a pezzi. E’ esattamente questo che intendo con "hazme la fiesta", a questo ho pensato tutto il pomeriggio. Ad averti tutto dentro e a sentire i tuoi colpi che cozzano, a provare quel dolore. A gettarti le braccia al collo e a miagolarti in rima “che bel cazzo ha il mio ragazzo”, a sentirmi rispondere “allora anche tu sei fortunata”.

Beh, questo glielo dovremo spiegare ai lettori, che dici? Glielo dovremmo far sapere che l’altra notte ti ho detto “ma il culo che hai ad avere una fidanzata così troia, eh? te ne rendi conto?”.

Comunque sì, ti risponderei “molto fortunata”. Non è che hai una dotazione implausibile però sì, confermo, "bel cazzo” ci sta tutto. In effetti è fortuna, è vero, non è che ti ho scelto per quello. Come avrei fatto a saperlo? Ma te lo direi e te lo ridirei: che-bel-cazzo. Oppure ti direi "più forte" cercando di sussurrarlo ma, chi lo sa, magari esce fuori uno strillo o un piagnucolio. O anche se stiamo spaccando il divano ti griderei “così! così!” prima di gridare l’orgasmo che mi frantuma. E sticazzi del divano.

E poi aspetta, non venire, non ti svuotare. Resta un attimo così, di ferro. Solo un attimo, te lo giuro, fammi alzare mentre ti sento ancora dentro di me. Sentirò anche la tua presenza dietro di me, sai? Mentre ti togli completamente i pantaloni della tuta e resti così anche tu, mezzo vestito, ansimante, con quella spranga che ti spunta tra le gambe. Sentirò i tuoi occhi addosso a me, sulla parte bassa della felpa che mentre sono in piedi mi copre il sedere, ma che tu solleverai.

Sono gli attimi migliori, quelli rallentati. Due-tre secondi che sembra che durino ore. Il tavolo non è lontano. Lo raggiungo e mi ci piego sopra, perché adesso è così che desidero. Averti alle mie spalle che mi raggiungi e mi afferri, mi prendi, mi rendi un'altra volta succube di te e del tuo cazzo. Ma io, a dire il vero, lo sono già. Finiscimi ancora, duro. Fammi urlare, follame, hazme la fiesta. Sono il corpo dove sfogare ogni tua voglia. Sii prepotente, mi raccomando.
scritto il
2021-10-21
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