Marisa 4
di
Troy2a
genere
tradimenti
Il tempo passava, tra i tanti impegni: in particolare l'università. Io ingegneria, lei economia, ma entrambi senza muoverci da casa. Il mio proposito di lasciarla era inversamente proporzionale al coinvolgimento che vivevo all'interno del nostro trio. Ogni tanto andavo all'uffico postale, dove continuavano ad arrivare lettere di risposta al mio annuncio. Sempre più rare, in verità; ma anche quelle poche, spesso, le cestinavamo senza neanche leggerle. Non che escludessimo nuove avventure, ma ci eravamo sistemati nel vero senso della parola. Le visite ad Oreste erano diventate praticamente quotidiane: non facevamo sesso tutti i giorni, anzi. Si può dire che vivessimo più lì che a casa nostra, studiavamo, gli davamo una mano in casa ed anche nello studio. Nell'intimità, cioè quando eravamo soli, ci chiamavamo con quelli che erano diventati i nostri nomignoli, sicché Oreste era paparino, Marisa la puttanella ed io il cornuto, o a volte cornutello. Avevamo fatto conoscenza con alcuni suoi amici: non ne aveva molti, in verità, almeno non che frequentassero la sua casa: il più assiduo era Cesare. Aveva la sua stessa età ed erano stati compagni alle elementari ed alle medie, era sposato, ma quando usciva preferiva andare a trovare Oreste, piuttosto che gli altri al bar. Non so se lo avesse capito da solo o se fosse stato Oreste a metterlo a parte del nostro segreto, fatto sta che in sua presenza non dovevamo adottare nessuna precauzione atta a mascherarci.
Una sera, dopo cena, stavamo guardando la tv, quando arrivò Cesare. Notai che Marisa era un po' infastidita: in effetti ci aveva detto di aver voglia, quindi l'arrivo dell'amico aveva sconvolto i suoi piani. Continuava a guardare un po' paparino ed un po' l'amico, dimenandosi sul divano, al punto che il vestito le era salito, scoprendo un'abbondante porzione di cosce.
“Che hai?” le chiese Oreste, come se non immaginasse il motivo. Io credo che lei fosse bagnata fradicia. Si avvicinò all'orecchio dell'amante e sussurrò qualcosa. Oreste scoppiò in una risata.
“Questo devi chiederlo a lui, non a me!” esclamò continuando a ridere.
“Cosa dovrebbe chiedermi?” si incuriosì Cesare.
“Semplicemente, mi chiedevo se ce lo hai grosso come quello di paparino!” rispose lei, senza tradire alcuna emozione. La cosa fece ridere un po' tutti, me compreso.
“Magari! Questa è una prerogativa esclusiva. Il mio è assolutamente normale, almeno credo.” affermò tranquillamente Cesare. Ma lei lo incalzò.
“Si può vedere?”
“Se ci tieni, non vedo perché no.” dicendolo, abbassò i pantaloni, dopo averli slacciati, lasciando libero un cazzo moscio, di misure più o meno simili alle mie. “Può andar bene?” chiese ammiccante.
“Ora come ora, prenderei qualsiasi. Ho una voglia che, te lo dico senza problemi, non vedo l'ora che tu te ne vada, per farmi scopare a dovere.”
Cesare si rivestii velocemente, visibilmente amareggiato.
“Perché, invece, non ti fermi e ce la scopiamo in tre, stasera!” intervenne Oreste, parlando a Cesare, ma con lo sguardo rivolto verso me e Marisa.
“Se il mio cornutello è d'accordo, perché no?”
“Ma sì, dai!” le feci eco io “Un cornuto sempre più cornuto ed una puttana sempre più puttana: l'importante è stare bene insieme, no?” Non so come mi fosse venuta quella frase, ma giuro che non c'era nulla di polemico e, complice il tono conciliante della voce, lo capirono tutti.
Non c'era bisogno di dire altro, così come non ci fu bisogno di capire come fare: ci muovemmo con una naturalezza inaspettata, a partire da Marisa, che cominciò a spogliare Cesare, lentamente, passando la lingua su ogni centimetro di pelle che scopriva. Lui restava immobile, lasciando ad Oreste il compito di denudare e stuzzicare lei, visto che ne conosceva bene i punti più vulnerabili. Cominciarono con una doppia, subito: Oreste davanti, con Marisa che lo baciava e Cesare nel culo, dove scivolò senza troppa fatica. Ed io? Marisa mi chiamò, facendomi sistemare sopra la testa di Cesare, in piedi, e prese il mio cazzo tra le mani. Le servii soprattutto da appoggio, per reggere i colpi frenetici che Cesare le assestava nel culo, mentre paparino restava quasi immobile sotto di loro. Ogni tanto, sentivo la lingua di Marisa saettare sulla cappella, o sui coglioni. Credo che non decidesse lei dove andare a parare, ma che facesse di necessità virtù, posando la lingua dove il suo corpo, squassato dai colpi di Cesare, le permetteva di arrivare.
Il nostro ospite, forse perché a lungo in astinenza, non riuscii a resistere più di un quarto d'ora, riversando una notevole quantità di sborra sulla schiena di Marisa. In silenzio, si rivestii ed andò via, lasciando noi tre a continuare nel modo che ci era più usuale. Io e Cesare, ormai, eravamo una squadra affiatatissima e Marisa era davvero la nostra regina. La scopammo per ore: anch'io avevo imparato a resistere e rimanere a giocare con loro. Ci scambiavamo i ruoli ed i buchi, seguendo i nostri istinti, o anche le richieste della nostra dea. Di solito, le piaceva che Cesare glielo desse nel culo per ultimo, per ovvi motivi, così ne approfittava io per godermelo più a lungo.
Quando tutti e tre fummo appagati , rimanemmo a letto, stretti a lei.
“Ti è piaciuto farlo con Cesare?” le chiese Oreste.
“Emozionante! È stato emozionante: spogliarmi davanti ad un altro uomo, prendere il suo cazzo, conoscerlo come fosse una persona, mi ha fatto sentire davvero puttana e mi ha emozionato. Non importa che fosse Cesare: credo che sarebbe stato uguale con chiunque!”
“Hai capito?” Rise Oreste “Credo che la tua fidanzata non sia una puttanella, ma una troia fatta e finita. Da oggi ti chiameremo troia, ti piace?”
“Lo sento già mio!” rispose lei.
Rimanemmo a letto ancora molto a lungo, a coccolarci, a stuzzicarci e poi di nuovo a far l'amore. Poi, Oreste propose:
“Perché non vi fermate qui, stanotte? Chiami a casa e glielo dici!” aggiunse rivolto a Marisa.
Pasquale, il padre di Marisa fu irremovibile e dovemmo tornare a casa, ma la fantasia di poter passare la notte insieme ci era venuta.
Una sera, dopo cena, stavamo guardando la tv, quando arrivò Cesare. Notai che Marisa era un po' infastidita: in effetti ci aveva detto di aver voglia, quindi l'arrivo dell'amico aveva sconvolto i suoi piani. Continuava a guardare un po' paparino ed un po' l'amico, dimenandosi sul divano, al punto che il vestito le era salito, scoprendo un'abbondante porzione di cosce.
“Che hai?” le chiese Oreste, come se non immaginasse il motivo. Io credo che lei fosse bagnata fradicia. Si avvicinò all'orecchio dell'amante e sussurrò qualcosa. Oreste scoppiò in una risata.
“Questo devi chiederlo a lui, non a me!” esclamò continuando a ridere.
“Cosa dovrebbe chiedermi?” si incuriosì Cesare.
“Semplicemente, mi chiedevo se ce lo hai grosso come quello di paparino!” rispose lei, senza tradire alcuna emozione. La cosa fece ridere un po' tutti, me compreso.
“Magari! Questa è una prerogativa esclusiva. Il mio è assolutamente normale, almeno credo.” affermò tranquillamente Cesare. Ma lei lo incalzò.
“Si può vedere?”
“Se ci tieni, non vedo perché no.” dicendolo, abbassò i pantaloni, dopo averli slacciati, lasciando libero un cazzo moscio, di misure più o meno simili alle mie. “Può andar bene?” chiese ammiccante.
“Ora come ora, prenderei qualsiasi. Ho una voglia che, te lo dico senza problemi, non vedo l'ora che tu te ne vada, per farmi scopare a dovere.”
Cesare si rivestii velocemente, visibilmente amareggiato.
“Perché, invece, non ti fermi e ce la scopiamo in tre, stasera!” intervenne Oreste, parlando a Cesare, ma con lo sguardo rivolto verso me e Marisa.
“Se il mio cornutello è d'accordo, perché no?”
“Ma sì, dai!” le feci eco io “Un cornuto sempre più cornuto ed una puttana sempre più puttana: l'importante è stare bene insieme, no?” Non so come mi fosse venuta quella frase, ma giuro che non c'era nulla di polemico e, complice il tono conciliante della voce, lo capirono tutti.
Non c'era bisogno di dire altro, così come non ci fu bisogno di capire come fare: ci muovemmo con una naturalezza inaspettata, a partire da Marisa, che cominciò a spogliare Cesare, lentamente, passando la lingua su ogni centimetro di pelle che scopriva. Lui restava immobile, lasciando ad Oreste il compito di denudare e stuzzicare lei, visto che ne conosceva bene i punti più vulnerabili. Cominciarono con una doppia, subito: Oreste davanti, con Marisa che lo baciava e Cesare nel culo, dove scivolò senza troppa fatica. Ed io? Marisa mi chiamò, facendomi sistemare sopra la testa di Cesare, in piedi, e prese il mio cazzo tra le mani. Le servii soprattutto da appoggio, per reggere i colpi frenetici che Cesare le assestava nel culo, mentre paparino restava quasi immobile sotto di loro. Ogni tanto, sentivo la lingua di Marisa saettare sulla cappella, o sui coglioni. Credo che non decidesse lei dove andare a parare, ma che facesse di necessità virtù, posando la lingua dove il suo corpo, squassato dai colpi di Cesare, le permetteva di arrivare.
Il nostro ospite, forse perché a lungo in astinenza, non riuscii a resistere più di un quarto d'ora, riversando una notevole quantità di sborra sulla schiena di Marisa. In silenzio, si rivestii ed andò via, lasciando noi tre a continuare nel modo che ci era più usuale. Io e Cesare, ormai, eravamo una squadra affiatatissima e Marisa era davvero la nostra regina. La scopammo per ore: anch'io avevo imparato a resistere e rimanere a giocare con loro. Ci scambiavamo i ruoli ed i buchi, seguendo i nostri istinti, o anche le richieste della nostra dea. Di solito, le piaceva che Cesare glielo desse nel culo per ultimo, per ovvi motivi, così ne approfittava io per godermelo più a lungo.
Quando tutti e tre fummo appagati , rimanemmo a letto, stretti a lei.
“Ti è piaciuto farlo con Cesare?” le chiese Oreste.
“Emozionante! È stato emozionante: spogliarmi davanti ad un altro uomo, prendere il suo cazzo, conoscerlo come fosse una persona, mi ha fatto sentire davvero puttana e mi ha emozionato. Non importa che fosse Cesare: credo che sarebbe stato uguale con chiunque!”
“Hai capito?” Rise Oreste “Credo che la tua fidanzata non sia una puttanella, ma una troia fatta e finita. Da oggi ti chiameremo troia, ti piace?”
“Lo sento già mio!” rispose lei.
Rimanemmo a letto ancora molto a lungo, a coccolarci, a stuzzicarci e poi di nuovo a far l'amore. Poi, Oreste propose:
“Perché non vi fermate qui, stanotte? Chiami a casa e glielo dici!” aggiunse rivolto a Marisa.
Pasquale, il padre di Marisa fu irremovibile e dovemmo tornare a casa, ma la fantasia di poter passare la notte insieme ci era venuta.
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