In biblioteca
di
Michel
genere
gay
Ai tempi del liceo, mi trovavo ancora in Belgio, a Bruges. Tra i miei compagni c’era un certo Laurent. Un ragazzino timido, biondino, alto e magro. Era ripetente, quindi era il più grande della classe, ma sembrava essere uno dei più piccoli vista la sua magrezza. Al primo anno non ha attirato la mia attenzione, ma dal secondo in poi, iniziò la sua trasformazione. Forse anche lui non si accettava in quelle condizioni e decise di iscriversi ad una palestra. Dopo un paio d’anni, giunti ormai al quarto anno del liceo, Laurent divenne un gran figo. Invidiato da tutti gli altri ragazzi per il suo fisicaccio da sballo e desiderato da tutte le ragazze della scuola. A me i tipi muscolosi non sono mai piaciuti più di tanto, ma lui con quei pettorali sporgenti , quegli addominali tartarugati e le cosce da giocatore di football era sempre nei miei pensieri più erotici. Nella palestra della scuola faceva sempre bella mostra di sé negli spogliatoi e alle docce. Non era più timido, ma piuttosto sfacciato con tutti e la sua compagnia metteva allegria.
In quegli anni, la nostra amicizia si era rafforzata, si stava molto insieme, studiavamo, non da soli, ma comunque la frequentazione rispetto agli atri compagni era maggiore. Proprio al quarto anno, senza che lo avessimo concordato prima, ci trovammo a frequentare un corso scolastico, obbligatorio, di politica economica europea, che sostituiva un’altra materia prevista dal calendario. Sembrava un corso per secchioni, ma le alternative erano poche e non tanto differenti. In quel corso eravamo in sei, tra cui il sottoscritto e Laurent. L’insegnante ci assegnò dei lavori e ci divise i compiti. Io e Laurent, provenendo dalla stessa classe, finimmo per essere coinvolti nella stessa ricerca.
Il lavoro era molto noioso, fatto di molte ore passate in biblioteca a cercare dei testi particolari e farne dei riassunti. Un giorno dunque io e Laurent ci trovammo in biblioteca a spulciare una dozzina di libri ciascuno. Lui era seduto accanto a me. In quel momento eravamo seduti ad uno dei tavoli, leggevamo lo stesso testo, che avevamo posizionato tra di noi. Io sentivo il suo fascino su di me, non capivo molto di ciò che leggevo, ma mi soffermavo a guardare le sue gambe muscolose e il suo pacco. Avevo il sangue alla testa e dopo averlo desiderato per troppe volte, quel giorno mi decisi ad agire.
Girai lo sguardo intorno per vedere se qualcuno avesse potuto notare ciò che avevo in mente di fare da lì a poco. C’era solo una coppia di ragazze in un tavolo lontano e ci davano le spalle. Bene! Mentre leggevamo con gli occhi un noioso libro di storia dell’economia, io allungai la mia mano destra verso il suo pacco, accarezzandolo ripetutamente. Poi accarezzai le sue cosce, risalendo verso il linguine e ancora una volta ritornai sul suo pacco. Lui ebbe come un fremito, ma non mi fermò. Si guardava intorno per vedere se ci fosse qualcuno. Non poteva dire nulla, vigevano regole ferree sul silenzio in biblioteca, pena una sospensione.
Continuammo a leggere, ma io ero felice del risultato e lui invece era visibilmente sconvolto. Non si aspettava quella mia iniziativa. Dopo un po’ ci riprovai e sembrava che il suo pacco si fosse gonfiato. Rimasi per qualche minuto con la mia mano destra ferma in mezzo alle sue cosce. Lui non reagiva, ma stava attento se arrivava qualcuno. Forse gli piaceva quella situazione, ma non si voleva compromettere. L’ambiente era piuttosto omofobo in quel liceo di benpensanti.
Il passaggio quasi ravvicinato di una coppia di studenti interruppe bruscamente la mia iniziativa e non potei ripetere più per quel giorno i miei approcci. Passammo i giorni successivi senza mai parlare dell’accaduto. Stetti attento se lui si confidava con altri per sparlare alle mie spalle e forse anche lui mi tenne sotto osservazione. Notai un atteggiamento diverso, più diffidente. Ma anche io non sapevo se mi potevo fidare del suo silenzio. Il gesto che avevo fatto poteva costarmi molto in termini di reputazione. Ma una cosa mi confortava, ovvero il pensiero che comunque lui avrebbe potuto allontanare la mia mano, invece mi ha fatto fare quel che volevo.
La settimana successiva, dopo che ormai mi ero ucciso di seghe, tornammo in biblioteca per gli stessi motivi. Fu lui a decidere di sederci in una zona piuttosto appartata e poco frequentata della gran sala, dove non c’erano libri sugli scaffali, ma riviste, che mai nessuno andava a consultare. Quella mattina, quando mi vide, mi lanciò dei sorrisini ammiccanti e capii subito il motivo di quella scelta di postazione.
Quando fummo seduti con davanti la solita pila di libri, lui mi prese la mano e se la portò sulla patta dei pantaloni, premendola sul suo pacco. Non ci credevo! Mi sembrava di sognare! Laurent, il bonazzo della mia classe e forse di tutto l’intero istituto, non solo aveva apprezzato le mie avances ma le pretendeva pure! Assurdo! Io ne approfittai subito e iniziai i miei massaggi. Lui allargò le cosce per far spazio alla mia mano, che ormai sapeva bene dove andare. Girava per la parte del pube, scendeva verso le palle e fin più sotto a cercare il buco del culo. La facevo girare anche dietro palpeggiando le sue formosissime natiche.
Ma lui fece di più. Si sbottonò i pantaloni e portò la mia mano dentro! Ero in visibilio. Toccai con tremore. Ormai solo un po’ di tessuto di cotone mi separava dal suo cazzo. Lo sentii nella mia mano, ne valutai la forma. Poi saltai l’elastico della mutandina ed entrai a prenderlo. L’avevo in mano! Lo portai fuori dalle mutandine e iniziai a segarlo. Era grosso e pulsante. Rivolsi uno sguardo a Laurent, che intanto godeva in silenzio. I nostri sguardi si incrociarono e un brivido mi passò sulla schiena. A bassissima voce mi disse di continuare senza fermarmi. Non era la posizione migliore, difatti iniziò a farmi male il polso. Lui era molto resistente. Ogni tanto guardavo il suo cazzo e lo vedevo rosso, venoso e con una bella cappella. Continuai a segarlo con una certa apprensione, visto il luogo in cui eravamo. Se uno dei bibliotecari fosse passato da là, sarebbe stata la fine per entrambi. Laurent iniziò a respirare profondamente e a mandare indietro la testa. Segno che godeva e che voleva resistere ancora a lungo. Quando raggiunse l’orgasmo, finse dei colpi di tosse misti a raucedine per mascherare i suoi gemiti. Alla fine sborrò un fiotto di sperma caldo che andò a finire sotto il tavolo e anche sulla mia mano. Una donna addetta ai prestiti dei libri, sentì quella sorta di grugnito soffocato e si avvicinò incuriosita. Io allontanai subito la mia mano dal cazzo di Laurent, che si ricompose in fretta, facendo scivolare il suo maglione sulla patta e coprendo così il suo bel cazzo ancora gocciolante. La tipa arrivò al nostro tavolo e fingemmo di essere assorti nella lettura. Stizzita ci rimproverò e ci raccomandò il silenzio altrimenti avrebbe fatto rapporto ai nostri prof. Nella concitazione del momento portai istintivamente la mia mano destra sotto il mento e davanti la bocca, senza pensare che fosse ancora bagnata di sborra. Ne sentii così il profumo e il suo sapore che non dimenticherò mai.
Purtroppo non ci furono altre possibilità di approcci in biblioteca. Laurent quell’anno subì un grave lutto in famiglia e non concluse l’anno scolastico nella mia scuola. Si trasferì a Gent e non ne seppi più nulla.
In quegli anni, la nostra amicizia si era rafforzata, si stava molto insieme, studiavamo, non da soli, ma comunque la frequentazione rispetto agli atri compagni era maggiore. Proprio al quarto anno, senza che lo avessimo concordato prima, ci trovammo a frequentare un corso scolastico, obbligatorio, di politica economica europea, che sostituiva un’altra materia prevista dal calendario. Sembrava un corso per secchioni, ma le alternative erano poche e non tanto differenti. In quel corso eravamo in sei, tra cui il sottoscritto e Laurent. L’insegnante ci assegnò dei lavori e ci divise i compiti. Io e Laurent, provenendo dalla stessa classe, finimmo per essere coinvolti nella stessa ricerca.
Il lavoro era molto noioso, fatto di molte ore passate in biblioteca a cercare dei testi particolari e farne dei riassunti. Un giorno dunque io e Laurent ci trovammo in biblioteca a spulciare una dozzina di libri ciascuno. Lui era seduto accanto a me. In quel momento eravamo seduti ad uno dei tavoli, leggevamo lo stesso testo, che avevamo posizionato tra di noi. Io sentivo il suo fascino su di me, non capivo molto di ciò che leggevo, ma mi soffermavo a guardare le sue gambe muscolose e il suo pacco. Avevo il sangue alla testa e dopo averlo desiderato per troppe volte, quel giorno mi decisi ad agire.
Girai lo sguardo intorno per vedere se qualcuno avesse potuto notare ciò che avevo in mente di fare da lì a poco. C’era solo una coppia di ragazze in un tavolo lontano e ci davano le spalle. Bene! Mentre leggevamo con gli occhi un noioso libro di storia dell’economia, io allungai la mia mano destra verso il suo pacco, accarezzandolo ripetutamente. Poi accarezzai le sue cosce, risalendo verso il linguine e ancora una volta ritornai sul suo pacco. Lui ebbe come un fremito, ma non mi fermò. Si guardava intorno per vedere se ci fosse qualcuno. Non poteva dire nulla, vigevano regole ferree sul silenzio in biblioteca, pena una sospensione.
Continuammo a leggere, ma io ero felice del risultato e lui invece era visibilmente sconvolto. Non si aspettava quella mia iniziativa. Dopo un po’ ci riprovai e sembrava che il suo pacco si fosse gonfiato. Rimasi per qualche minuto con la mia mano destra ferma in mezzo alle sue cosce. Lui non reagiva, ma stava attento se arrivava qualcuno. Forse gli piaceva quella situazione, ma non si voleva compromettere. L’ambiente era piuttosto omofobo in quel liceo di benpensanti.
Il passaggio quasi ravvicinato di una coppia di studenti interruppe bruscamente la mia iniziativa e non potei ripetere più per quel giorno i miei approcci. Passammo i giorni successivi senza mai parlare dell’accaduto. Stetti attento se lui si confidava con altri per sparlare alle mie spalle e forse anche lui mi tenne sotto osservazione. Notai un atteggiamento diverso, più diffidente. Ma anche io non sapevo se mi potevo fidare del suo silenzio. Il gesto che avevo fatto poteva costarmi molto in termini di reputazione. Ma una cosa mi confortava, ovvero il pensiero che comunque lui avrebbe potuto allontanare la mia mano, invece mi ha fatto fare quel che volevo.
La settimana successiva, dopo che ormai mi ero ucciso di seghe, tornammo in biblioteca per gli stessi motivi. Fu lui a decidere di sederci in una zona piuttosto appartata e poco frequentata della gran sala, dove non c’erano libri sugli scaffali, ma riviste, che mai nessuno andava a consultare. Quella mattina, quando mi vide, mi lanciò dei sorrisini ammiccanti e capii subito il motivo di quella scelta di postazione.
Quando fummo seduti con davanti la solita pila di libri, lui mi prese la mano e se la portò sulla patta dei pantaloni, premendola sul suo pacco. Non ci credevo! Mi sembrava di sognare! Laurent, il bonazzo della mia classe e forse di tutto l’intero istituto, non solo aveva apprezzato le mie avances ma le pretendeva pure! Assurdo! Io ne approfittai subito e iniziai i miei massaggi. Lui allargò le cosce per far spazio alla mia mano, che ormai sapeva bene dove andare. Girava per la parte del pube, scendeva verso le palle e fin più sotto a cercare il buco del culo. La facevo girare anche dietro palpeggiando le sue formosissime natiche.
Ma lui fece di più. Si sbottonò i pantaloni e portò la mia mano dentro! Ero in visibilio. Toccai con tremore. Ormai solo un po’ di tessuto di cotone mi separava dal suo cazzo. Lo sentii nella mia mano, ne valutai la forma. Poi saltai l’elastico della mutandina ed entrai a prenderlo. L’avevo in mano! Lo portai fuori dalle mutandine e iniziai a segarlo. Era grosso e pulsante. Rivolsi uno sguardo a Laurent, che intanto godeva in silenzio. I nostri sguardi si incrociarono e un brivido mi passò sulla schiena. A bassissima voce mi disse di continuare senza fermarmi. Non era la posizione migliore, difatti iniziò a farmi male il polso. Lui era molto resistente. Ogni tanto guardavo il suo cazzo e lo vedevo rosso, venoso e con una bella cappella. Continuai a segarlo con una certa apprensione, visto il luogo in cui eravamo. Se uno dei bibliotecari fosse passato da là, sarebbe stata la fine per entrambi. Laurent iniziò a respirare profondamente e a mandare indietro la testa. Segno che godeva e che voleva resistere ancora a lungo. Quando raggiunse l’orgasmo, finse dei colpi di tosse misti a raucedine per mascherare i suoi gemiti. Alla fine sborrò un fiotto di sperma caldo che andò a finire sotto il tavolo e anche sulla mia mano. Una donna addetta ai prestiti dei libri, sentì quella sorta di grugnito soffocato e si avvicinò incuriosita. Io allontanai subito la mia mano dal cazzo di Laurent, che si ricompose in fretta, facendo scivolare il suo maglione sulla patta e coprendo così il suo bel cazzo ancora gocciolante. La tipa arrivò al nostro tavolo e fingemmo di essere assorti nella lettura. Stizzita ci rimproverò e ci raccomandò il silenzio altrimenti avrebbe fatto rapporto ai nostri prof. Nella concitazione del momento portai istintivamente la mia mano destra sotto il mento e davanti la bocca, senza pensare che fosse ancora bagnata di sborra. Ne sentii così il profumo e il suo sapore che non dimenticherò mai.
Purtroppo non ci furono altre possibilità di approcci in biblioteca. Laurent quell’anno subì un grave lutto in famiglia e non concluse l’anno scolastico nella mia scuola. Si trasferì a Gent e non ne seppi più nulla.
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