Weekend di passione pt. 4
di
numeroprimo encore
genere
sadomaso
Le ultime volte che mi era capitato di rimanere legata in attesa che succedesse qualcosa mi era sembrata una forma di meditazione, soprattutto se ero anche bendata. Ovviamente era capitato solo con una persona, quella che si trovava nella stanza accanto, sotto il getto dell’acqua, e l’unica cosa a cui riuscivo a pensare era quanto desiderassi che uscendo dal bagno mi trovasse abbastanza desiderabile da scoparmi, nonostante il sudore che mi ricopriva, i segni delle frustate e lo sperma che avevo sentito colarmi fuori dal culo. In realtà mi sarei accontentata anche di trovarmi sotto la doccia con lui, ad insaponarlo e a strofinare il mio corpo contro il suo, finendo per inginocchiarmi e fargli un pompino, perché non avrei mai potuto sperare che fosse lui a mettermi la faccia fra le cosce e leccarmi fino a trasformarmi le gambe in gelatina, come aveva fatto varie volte dopo aver fatto sesso. Lo desideravo, in qualsiasi modo volesse. Mi era mancato più si quanto avessi osato confessare anche a me stessa. Tornai in me dopo essermi data nuovamente della cretina quando il getto dell’acqua smise di scrosciare, ed inarcai la schiena per quanto potessi, sporgendo in fuori il culo, a mostrare nemmeno troppo simbolicamente la mia disponibilità. Non che ne avesse bisogno, dal momento che ero letteralmente sua in ogni modo per le successive trenta ore, e avevo la ferma intenzione di concedergli una proroga, magari con qualche limitazione ma a tempo indeterminato per il futuro a venire, ma mi piaceva l’idea di fargli capire quanto lo volessi senza dirglielo apertamente. Il mio piano fu sventato prima di nascere dalle nocche di qualcuno sulla porta della suite, nel momento esatto in cui Stefano aprì la porta del bagno.
- Ecco il sushi.
- Già…
Con la maniglia già in mano, esitó un attimo e si girò verso di me con il suo solito sorriso sornione.
- Comunque ci tengo a dirti che ho apprezzato molto.
- Che cosa?
- Il tuo linguaggio del corpo mi è molto chiaro, non fare la furba con me.
- Mostro… - ringhiai, ma dentro di me c’era già una festa in corso.
- Lo so.
Dal mio punto di osservazione notai un paio di sandali alla schiava decisamente femminili e totalmente di mio gusto dietro al carrello con il nostro cibo. Il cameriere era una cameriera. Meno male. Non che non avessi fatto l’abitudine in quella giornata ad essere vista in situazioni imbarazzanti, ma trovai più rassicurante essere vista da un’altra ragazza. Sembrava uscita da un film sull’antico Egitto, perfetta nel trucco e nell’ acconciatura, con un panno dall’aspetto molto costoso a cingerle i fianchi, ed i seni coperti dai capelli che le scendevano sul petto e sulle spalle, così perfetti da sembrare una parrucca. La fissai al punto che abbassando gli occhi verso di me mentre mi passava accanto accennó un bacio con le labbra, prima di proseguire dietro a Stefano con un mezzo sorriso sulle labbra.
- Puoi prepararti sul tavolo in terrazza? È ancora abbastanza caldo.
- Certo signore.
La sventolona uscì sul terrazzo, ed il mio signore e padrone, che odiava essere chiamato così, soprattutto inquando lo facevo ironicamente, tornó da me per liberarmi, aiutandomi ad appoggiare a terra le mani per farmi riposare le braccia e le spalle anchilosate.
- Prima di mangiare ti darei una rinfrescata, se riesci a resistere altri cinque minuti.
- Considerando il mio stato, resisterò sicuramente.
Dopo avermi aiutato ad alzarmi mi prese i polsi tirandoli verso la schiena per legarli nuovamente.
- Non preoccuparti, potrei mangiare anche attraverso un bavaglio di ferro, non ti basterà togliermi le mani per tenermi a digiuno.
Rise forte mentre finiva il lavoro ma non rispose, e una volta in bagno mi fece accovacciare sul bidet per ripulirmi, usando una spugna per sciacquarmi il sudore anche dal resto del corpo.
- Ricordi quanto mi piacevano tutte le tue attenzioni del dopo?
- Beh, spero ti piacciano anche se sono attenzioni del durante, ho parecchio tempo a disposizione.
Con la testa appoggiata al suo corpo percepii la sua eccitazione crescere, e mi girai per tentare di spostare l’accappatoio. Si tirò leggermente indietro per fermarmi.
- Ora no…andiamo a mangiare prima di tutto.
- Uhm…ok. Ma non è il tuo pensiero principale, me ne sono accorta…
Con un buffetto sul culo mi intimó di muovermi, e fui sorpresa nel vedere la cameriera stesa sul tavolo, nuda e con il corpo ricoperto dai pezzi di sushi. Tutti quelli che preferivo erano sopra o intorno ai seni e dall’ombelico al pube glabro del piatto di portata vivente, con un ultimo nighiri nella bocca semiaperta della ragazza.
- Sai che sei un po’ stronzo, vero?
- Certo che lo so. Diciamo che approfitto della situazione. È molto grave?
- Forse…Vabbè, dal momento che non ho scelta…
- La scelta c’è, puoi sempre non mangiare.
- Tu sei pazzo o lo fai. Niente mi terrà lontano da quel sushi, e lo sai.
Mi avvicinai alla ragazza, che mi stava sorridendo con gli occhi. Sembrava simpatica, e mi domandai cosa spingesse una ragazza così bella a fare quel lavoro, poi mi dissi che lei avrebbe potuto farsi una domanda simile al mio riguardo, e senza pensare più, ma con una certa esitazione mi chinai verso le sue labbra per afferrare il nighiri. Sotto al blocchetto di riso sentii con i denti la sua lingua che lo stava sorreggendo in equilibrio. Non fu spiacevole come mi aspettavo, e sollevandomi osservai la bocca rimasta socchiusa con la punta della lingua ancora fra i denti, come una murena in attesa nel suo anfratto. Respinsi la tentazione di scendere a baciarla e rivolsi la mia attenzione verso il suo petto, divorando i pezzi. Notai che i suoi capezzoli si erano inturgiditi, ed incrociai il suo sguardo che seguiva ogni mio movimento, senza badare troppo a Stefano che stava servendosi usando le bacchette. Ogni volta che mi chinavo il respiro di lei aumentava leggermente di profondità, e sorrisi pensando che l’aspettativa del mio contatto la eccitasse. In verità qualcosa del genere stava capitando anche a me, più per la curiosità della situazione nuova che per altro forse, ma nondimeno trovai piacevole quella sorta di complicità. Approfittai di un chicco di riso ribelle, scivolato fuori dal cilindro di riso e caduto sul seno ormai scoperto, per scendere con la bocca a ghermirlo insieme al capezzolo inerme accanto ad esso. Arai il seno con i denti fino a stringere il capezzolo fra gli incisivi e strinsi gradualmente, solleticandolo con la lingua fino a quando la ragazza si lasció sfuggire un gemito sommesso. Mantenni la presa sollevando di poco la testa, osservando il sollevarsi ritmico del petto sotto di me. Le stavo facendo male, ma lei non si muoveva, e scoprii con un po’ di sorpresa che quel potere mi stava eccitando. Strinsi ancora un po’ i denti, ed il suo gemito prolungato mi lanció un brivido che dalla schiena si insinuò fino all’inguine. Maledetto Stefano…
Dopo l’ombelico, su cui mi soffermai per il tempo sufficiente a liberarlo, arrivai al monte di Venere, che baciai per raccogliere un secondo nighiri, non potendo fare a meno di notare che desideravo stuzzicare la ragazza, che aveva un solo ultimo pezzo di sushi esattamente fra le cosce, impossibile da prendere senza toccarle la figa con la bocca, ma ero arrivata al punto di considerare l’idea di addentrarmi con la lingua fra le sue labbra, una cosa che non avevo mai nemmeno lontanamente considerato. Non ero nemmeno sazia, avrei mangiato il doppio di quello che avevo già ingurgitato, ma in quel momento la fame passó in secondo piano, e mi chinai sul pube della ragazza, afferrando il pezzo superstite senza usare i denti, e raggiungendo con le labbra la delicata pelle sottostante, stimolando nel piatto di portata un mormorio di approvazione ed un leggero divaricamento delle sue cosce. Non avevo mai trovato attraente una figa, ma lì la situazione era totalmente avulsa da quella che era stata la mia esperienza, e potevo provare senza il rischio di conseguenze anche il sesso con una donna. Stefano, che aveva seguito con interesse l’evoluzione dei fatti, si materializzó dietro di me per sciogliermi i polsi.
- Padrone…che fai?
- Un regalo. Se devi fare questa cosa falla bene, non credi? Magari andate di lá, anche sul letto, e scegli se farlo da schiava, da padrona o come capita. Ashley è sicuramente aperta a tutte le disponibilità, e non perché è obbligata professionalmente. Le piaci anche tu.
- - e tu me lo permetteresti davvero?
- Se è quello che vuoi sì.
- E non saresti geloso? – girai intorno al tavolo, scivolando con una mano sul corpo sopra il tavolo, e arrivata sopra la sua testa mi allungai su Ashley per prenderle i polsi e tirarli verso di me. Nei brevi istanti in cui fui sopra di lei la sua bocca mi inumidì il ventre dall’ ombelico fin quasi al monte di venere, dove sentii i suoi denti cercare di afferrarmi sensualmente la pelle. Il pensiero di una bocca come quella che mi succhiava il clitoride mi fece sobbalzare. Le tenni saldamente i polsi sul tavolo e la guardai, le sue labbra umide che si aprivano e chiudevano impercettibilmente sembravano chiamarmi verso un vortice di lussuria.
- Che cosa vorresti farmi?
- Io sono qui per te…per voi.
- Lo dici ogni giorno a una persona diversa però.
- Non come lo sto dicendo a te.
- Ahi ahi…qualcuno si è invaghito di te, mia piccola Federica.
Ashley sorrise, e mi sembrava sinceramente imbarazzata. Era bellissima e invitante, ma non volevo solo farci sesso. Quando le avevo fatto male, trovandomi sul lato opposto a quello che occupavo con Stefano, mi ero sentita forte, potente, gratificata dalla sensazione di avere il dominio su di lei. Le unii i polsi per trattenerli insieme con una sola mano, e le posai l’altra su quella bocca che avrei voluto leccare avidamente, scivolando sul collo che strinsi fra le dita, prima di scendere sul seno che le avevo molestato, strizzandole il capezzolo che svettava turgido sulla sua sommità. Ashley sollevò la schiena dal tavolo per offrirsi alla mia presa, gemendo lievemente.
- Soffriresti per me?
- Se è quello che vuoi, mi piacerebbe.
- Non l’ho mai fatto però. Potrei farti molto male.
- Sai soffrire, ti ho vista umiliata nel teatro, e schiava felice qui. Saprai usare quello che hai subito su qualcuno…come me, per esempio.
- Non avevo mai pensato a te in questa veste, ma pensandoci potresti avere un talento nascosto. Perché no, visto che Ashley qui te ne dà la possibilità?
- Non vorrei che la cosa mi prendesse la mano. Io e te ci troveremmo in difficoltá, non ti pare?
- Perché tu pensi che ti vieterei una cosa del genere? O che ti direi di no se volessi provare a ruoli invertiti?
- Cioè?
- Che se tu un giorno ti svegliassi dicendomi “oggi vorrei essere io la padrona”, tanto per dire, non avrei problemi a fartela fare.
- Davvero?
- Quello e qualsiasi altra cosa ti venisse in mente.
- Io con te vorrei provare tutto, ma inizierei da quello che stiamo facendo qui. Mi piace essere dominata.
- E ti farò essere mia schiava ogni minuto che saremo insieme anche per sempre, se è questa la tua dimensione. Basta che non ti stanchi.
- Schiava a ciclo continuo?Magari con qualche vacanza ogni tanto potrei starci.
- Nella casa in collina potremo farlo. La casa più vicina è a chilometri di distanza, potresti vivere lì nuda, pronta per essere usata in qualsiasi momento.
- Mmmh…d’inverno c’è la neve, lo sai?
- Certo! Ma la casa è caldissima, e i caminetti le danno un’aria così romantica.
- Quindi non sarei solo schiava?
- Sarai la mia donna, altroché. Questo per me è un gioco, non uno stile di vita
- Un gioco che fai molto seriamente. Non mi hai mai risparmiato niente, né ai tempi, né tantomeno oggi.
- Ho mai fatto qualcosa che non ti è piaciuto?
- Ni…No, hai ragione. Rifarei tutto e almeno una volta posso provare qualsiasi cosa, con te. So di potermi fidare.
- È importante.
- Fondamentale. Tu pensi che potrai dire la stessa cosa, un giorno?
- Sarei qui altrimenti?
- Al punto da lasciarti torturare da me se dovesse piacermi?
- Perché no? Intanto perché non fai qualcosa a questa povera ragazza? Le hai messo la topa davanti agli occhi per un motivo, immagino…
Guardai Ashley, che aveva gli occhi fissi sul mio inguine.
- Per cominciare vorrei un classico…mi daresti una frusta che possa usare da qui?
- Gatto a nove code?
- Ok.
Stefano scelse l’attrezzo che avrei voluto io e me lo porse. Abbastanza lungo da colpirle anche il culo, ma maneggiabile senza dovermi spostare. Spostai i capelli della prigioniera davanti a lei coprendole entrambi i seni e liberandole la schiena, poi vibrai il primo colpo. Ashley non si mosse e non fiató.
- Troppo debole…ok
Caricai meglio il polso e colpii nuovamente la stessa area, con qualche effetto. Il terzo colpo finalmente la fece irrigidire un po’ con un sospiro, e al quarto arrivò il primo gemito. Le afferrai i capelli dietro la nuca e le sollevai la testa, fissandola negli occhi.
- Ora inizia a leccarmi – le intimai – e non smettere se non te lo dico.
La sua lingua iniziò ad esplorarmi, e come le avevo ordinato le frustate non la fermarono. I suoi mugolii riuscivano ad amplificare le sensazioni che mi stava regalando. Notai Stefano osservare la scena da una poltrona, con il cazzo duro che sbucava dall’accappatoio, e il piacere arrivò istantaneo a offuscarmi la vista. Senza pensare tirai una frustata ad Ashley che grugnì di dolore fra le mie gambe.
Continua
- Ecco il sushi.
- Già…
Con la maniglia già in mano, esitó un attimo e si girò verso di me con il suo solito sorriso sornione.
- Comunque ci tengo a dirti che ho apprezzato molto.
- Che cosa?
- Il tuo linguaggio del corpo mi è molto chiaro, non fare la furba con me.
- Mostro… - ringhiai, ma dentro di me c’era già una festa in corso.
- Lo so.
Dal mio punto di osservazione notai un paio di sandali alla schiava decisamente femminili e totalmente di mio gusto dietro al carrello con il nostro cibo. Il cameriere era una cameriera. Meno male. Non che non avessi fatto l’abitudine in quella giornata ad essere vista in situazioni imbarazzanti, ma trovai più rassicurante essere vista da un’altra ragazza. Sembrava uscita da un film sull’antico Egitto, perfetta nel trucco e nell’ acconciatura, con un panno dall’aspetto molto costoso a cingerle i fianchi, ed i seni coperti dai capelli che le scendevano sul petto e sulle spalle, così perfetti da sembrare una parrucca. La fissai al punto che abbassando gli occhi verso di me mentre mi passava accanto accennó un bacio con le labbra, prima di proseguire dietro a Stefano con un mezzo sorriso sulle labbra.
- Puoi prepararti sul tavolo in terrazza? È ancora abbastanza caldo.
- Certo signore.
La sventolona uscì sul terrazzo, ed il mio signore e padrone, che odiava essere chiamato così, soprattutto inquando lo facevo ironicamente, tornó da me per liberarmi, aiutandomi ad appoggiare a terra le mani per farmi riposare le braccia e le spalle anchilosate.
- Prima di mangiare ti darei una rinfrescata, se riesci a resistere altri cinque minuti.
- Considerando il mio stato, resisterò sicuramente.
Dopo avermi aiutato ad alzarmi mi prese i polsi tirandoli verso la schiena per legarli nuovamente.
- Non preoccuparti, potrei mangiare anche attraverso un bavaglio di ferro, non ti basterà togliermi le mani per tenermi a digiuno.
Rise forte mentre finiva il lavoro ma non rispose, e una volta in bagno mi fece accovacciare sul bidet per ripulirmi, usando una spugna per sciacquarmi il sudore anche dal resto del corpo.
- Ricordi quanto mi piacevano tutte le tue attenzioni del dopo?
- Beh, spero ti piacciano anche se sono attenzioni del durante, ho parecchio tempo a disposizione.
Con la testa appoggiata al suo corpo percepii la sua eccitazione crescere, e mi girai per tentare di spostare l’accappatoio. Si tirò leggermente indietro per fermarmi.
- Ora no…andiamo a mangiare prima di tutto.
- Uhm…ok. Ma non è il tuo pensiero principale, me ne sono accorta…
Con un buffetto sul culo mi intimó di muovermi, e fui sorpresa nel vedere la cameriera stesa sul tavolo, nuda e con il corpo ricoperto dai pezzi di sushi. Tutti quelli che preferivo erano sopra o intorno ai seni e dall’ombelico al pube glabro del piatto di portata vivente, con un ultimo nighiri nella bocca semiaperta della ragazza.
- Sai che sei un po’ stronzo, vero?
- Certo che lo so. Diciamo che approfitto della situazione. È molto grave?
- Forse…Vabbè, dal momento che non ho scelta…
- La scelta c’è, puoi sempre non mangiare.
- Tu sei pazzo o lo fai. Niente mi terrà lontano da quel sushi, e lo sai.
Mi avvicinai alla ragazza, che mi stava sorridendo con gli occhi. Sembrava simpatica, e mi domandai cosa spingesse una ragazza così bella a fare quel lavoro, poi mi dissi che lei avrebbe potuto farsi una domanda simile al mio riguardo, e senza pensare più, ma con una certa esitazione mi chinai verso le sue labbra per afferrare il nighiri. Sotto al blocchetto di riso sentii con i denti la sua lingua che lo stava sorreggendo in equilibrio. Non fu spiacevole come mi aspettavo, e sollevandomi osservai la bocca rimasta socchiusa con la punta della lingua ancora fra i denti, come una murena in attesa nel suo anfratto. Respinsi la tentazione di scendere a baciarla e rivolsi la mia attenzione verso il suo petto, divorando i pezzi. Notai che i suoi capezzoli si erano inturgiditi, ed incrociai il suo sguardo che seguiva ogni mio movimento, senza badare troppo a Stefano che stava servendosi usando le bacchette. Ogni volta che mi chinavo il respiro di lei aumentava leggermente di profondità, e sorrisi pensando che l’aspettativa del mio contatto la eccitasse. In verità qualcosa del genere stava capitando anche a me, più per la curiosità della situazione nuova che per altro forse, ma nondimeno trovai piacevole quella sorta di complicità. Approfittai di un chicco di riso ribelle, scivolato fuori dal cilindro di riso e caduto sul seno ormai scoperto, per scendere con la bocca a ghermirlo insieme al capezzolo inerme accanto ad esso. Arai il seno con i denti fino a stringere il capezzolo fra gli incisivi e strinsi gradualmente, solleticandolo con la lingua fino a quando la ragazza si lasció sfuggire un gemito sommesso. Mantenni la presa sollevando di poco la testa, osservando il sollevarsi ritmico del petto sotto di me. Le stavo facendo male, ma lei non si muoveva, e scoprii con un po’ di sorpresa che quel potere mi stava eccitando. Strinsi ancora un po’ i denti, ed il suo gemito prolungato mi lanció un brivido che dalla schiena si insinuò fino all’inguine. Maledetto Stefano…
Dopo l’ombelico, su cui mi soffermai per il tempo sufficiente a liberarlo, arrivai al monte di Venere, che baciai per raccogliere un secondo nighiri, non potendo fare a meno di notare che desideravo stuzzicare la ragazza, che aveva un solo ultimo pezzo di sushi esattamente fra le cosce, impossibile da prendere senza toccarle la figa con la bocca, ma ero arrivata al punto di considerare l’idea di addentrarmi con la lingua fra le sue labbra, una cosa che non avevo mai nemmeno lontanamente considerato. Non ero nemmeno sazia, avrei mangiato il doppio di quello che avevo già ingurgitato, ma in quel momento la fame passó in secondo piano, e mi chinai sul pube della ragazza, afferrando il pezzo superstite senza usare i denti, e raggiungendo con le labbra la delicata pelle sottostante, stimolando nel piatto di portata un mormorio di approvazione ed un leggero divaricamento delle sue cosce. Non avevo mai trovato attraente una figa, ma lì la situazione era totalmente avulsa da quella che era stata la mia esperienza, e potevo provare senza il rischio di conseguenze anche il sesso con una donna. Stefano, che aveva seguito con interesse l’evoluzione dei fatti, si materializzó dietro di me per sciogliermi i polsi.
- Padrone…che fai?
- Un regalo. Se devi fare questa cosa falla bene, non credi? Magari andate di lá, anche sul letto, e scegli se farlo da schiava, da padrona o come capita. Ashley è sicuramente aperta a tutte le disponibilità, e non perché è obbligata professionalmente. Le piaci anche tu.
- - e tu me lo permetteresti davvero?
- Se è quello che vuoi sì.
- E non saresti geloso? – girai intorno al tavolo, scivolando con una mano sul corpo sopra il tavolo, e arrivata sopra la sua testa mi allungai su Ashley per prenderle i polsi e tirarli verso di me. Nei brevi istanti in cui fui sopra di lei la sua bocca mi inumidì il ventre dall’ ombelico fin quasi al monte di venere, dove sentii i suoi denti cercare di afferrarmi sensualmente la pelle. Il pensiero di una bocca come quella che mi succhiava il clitoride mi fece sobbalzare. Le tenni saldamente i polsi sul tavolo e la guardai, le sue labbra umide che si aprivano e chiudevano impercettibilmente sembravano chiamarmi verso un vortice di lussuria.
- Che cosa vorresti farmi?
- Io sono qui per te…per voi.
- Lo dici ogni giorno a una persona diversa però.
- Non come lo sto dicendo a te.
- Ahi ahi…qualcuno si è invaghito di te, mia piccola Federica.
Ashley sorrise, e mi sembrava sinceramente imbarazzata. Era bellissima e invitante, ma non volevo solo farci sesso. Quando le avevo fatto male, trovandomi sul lato opposto a quello che occupavo con Stefano, mi ero sentita forte, potente, gratificata dalla sensazione di avere il dominio su di lei. Le unii i polsi per trattenerli insieme con una sola mano, e le posai l’altra su quella bocca che avrei voluto leccare avidamente, scivolando sul collo che strinsi fra le dita, prima di scendere sul seno che le avevo molestato, strizzandole il capezzolo che svettava turgido sulla sua sommità. Ashley sollevò la schiena dal tavolo per offrirsi alla mia presa, gemendo lievemente.
- Soffriresti per me?
- Se è quello che vuoi, mi piacerebbe.
- Non l’ho mai fatto però. Potrei farti molto male.
- Sai soffrire, ti ho vista umiliata nel teatro, e schiava felice qui. Saprai usare quello che hai subito su qualcuno…come me, per esempio.
- Non avevo mai pensato a te in questa veste, ma pensandoci potresti avere un talento nascosto. Perché no, visto che Ashley qui te ne dà la possibilità?
- Non vorrei che la cosa mi prendesse la mano. Io e te ci troveremmo in difficoltá, non ti pare?
- Perché tu pensi che ti vieterei una cosa del genere? O che ti direi di no se volessi provare a ruoli invertiti?
- Cioè?
- Che se tu un giorno ti svegliassi dicendomi “oggi vorrei essere io la padrona”, tanto per dire, non avrei problemi a fartela fare.
- Davvero?
- Quello e qualsiasi altra cosa ti venisse in mente.
- Io con te vorrei provare tutto, ma inizierei da quello che stiamo facendo qui. Mi piace essere dominata.
- E ti farò essere mia schiava ogni minuto che saremo insieme anche per sempre, se è questa la tua dimensione. Basta che non ti stanchi.
- Schiava a ciclo continuo?Magari con qualche vacanza ogni tanto potrei starci.
- Nella casa in collina potremo farlo. La casa più vicina è a chilometri di distanza, potresti vivere lì nuda, pronta per essere usata in qualsiasi momento.
- Mmmh…d’inverno c’è la neve, lo sai?
- Certo! Ma la casa è caldissima, e i caminetti le danno un’aria così romantica.
- Quindi non sarei solo schiava?
- Sarai la mia donna, altroché. Questo per me è un gioco, non uno stile di vita
- Un gioco che fai molto seriamente. Non mi hai mai risparmiato niente, né ai tempi, né tantomeno oggi.
- Ho mai fatto qualcosa che non ti è piaciuto?
- Ni…No, hai ragione. Rifarei tutto e almeno una volta posso provare qualsiasi cosa, con te. So di potermi fidare.
- È importante.
- Fondamentale. Tu pensi che potrai dire la stessa cosa, un giorno?
- Sarei qui altrimenti?
- Al punto da lasciarti torturare da me se dovesse piacermi?
- Perché no? Intanto perché non fai qualcosa a questa povera ragazza? Le hai messo la topa davanti agli occhi per un motivo, immagino…
Guardai Ashley, che aveva gli occhi fissi sul mio inguine.
- Per cominciare vorrei un classico…mi daresti una frusta che possa usare da qui?
- Gatto a nove code?
- Ok.
Stefano scelse l’attrezzo che avrei voluto io e me lo porse. Abbastanza lungo da colpirle anche il culo, ma maneggiabile senza dovermi spostare. Spostai i capelli della prigioniera davanti a lei coprendole entrambi i seni e liberandole la schiena, poi vibrai il primo colpo. Ashley non si mosse e non fiató.
- Troppo debole…ok
Caricai meglio il polso e colpii nuovamente la stessa area, con qualche effetto. Il terzo colpo finalmente la fece irrigidire un po’ con un sospiro, e al quarto arrivò il primo gemito. Le afferrai i capelli dietro la nuca e le sollevai la testa, fissandola negli occhi.
- Ora inizia a leccarmi – le intimai – e non smettere se non te lo dico.
La sua lingua iniziò ad esplorarmi, e come le avevo ordinato le frustate non la fermarono. I suoi mugolii riuscivano ad amplificare le sensazioni che mi stava regalando. Notai Stefano osservare la scena da una poltrona, con il cazzo duro che sbucava dall’accappatoio, e il piacere arrivò istantaneo a offuscarmi la vista. Senza pensare tirai una frustata ad Ashley che grugnì di dolore fra le mie gambe.
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