Sara e Leo
di
Omeros
genere
prime esperienze
Quel giovedì pomeriggio, appena sotto Natale, le tre corsie a disposizione della Società erano piene zeppe di ragazze e ragazzi dai 14 ai 19 anni. Le ragazze sembravano quasi tutte più grandi della loro età, perché forti e snelle, con gambe lunghe e fondo schiena alti e rotondi, quasi ipnotici per i compagni di squadra maschi. Questi, invece, erano per buona parte ragazzi alti e muscolosi, ma con comportamenti adolescenziali e facce ancora da bambino.
Sara era una delle più grandi e delle più spigliate; sapeva essere crudele con i maschi che trattava come dei poppanti, con sarcasmo e battute taglienti che rasentavano talvolta la cattiveria.
A Sara però piaceva Leo, perché lei era una ragazza che già sapeva bene cosa potesse interessarla.
Leo era più giovane, aveva diciotto anni e non aveva ancora né l’altezza né i muscoli di alcuni suoi compagni anche più giovani, però era serio, aveva occhi intelligenti e soprattutto aveva un pacco molto sospetto sul davanti, che il costume nero da nuoto non riusciva proprio a nascondere. Lui ne soffriva, avrebbe voluto nuotare con un boxer da spiaggia, di quelli larghi, californiani, con le palme stampate sopra. L’istruttore Mario, quando una volta si presentò con un simile obbrobrio di costume, gli disse se era sicuro di voler andare al mare, pur non essendo stagione, e gli vietò di presentarsi in piscina in quel modo, da allora in poi.
Sara cominciò a fargli il filo, di nascosto dagli altri, ma in modo per lui palese e che Leo interpretò male, pensando lo stesse invece stuzzicando, ma solo per prenderlo in giro; la teneva quindi lontana ed era scostante e brusco con lei. Ma più la teneva lontana e più Sara si sentiva presa da lui. Ogni tanto, quando gli altri e le altre erano lontani, gli guardava giù il pacco, prima di entrare in vasca. Quando Leo se ne accorgeva, lui cambiava fila, posizione, si nascondeva alla sua vista per paura dei suoi sberleffi. Eppure, avrebbe dovuto considerare che non lo aveva mai canzonato spudoratamente, come faceva d’abitudine con altri, per altre e più futili ragioni.
Bene, quel giovedì, Sara nuota nella sua corsia, si mette davanti a lui, durante il riscaldamento.
A un cambio vasca, la ragazza non esegue la giravolta, si ferma, e Leo le va addosso. Non si sa come, ma si trovano abbracciati, per una frazione di secondo. È un contatto brusco, veloce ma intenso. Per entrambi, ha qualcosa a che fare con una scossa elettrica. Lei chiede scusa, gli fa un sorriso tra gli spruzzi d’acqua e una carezza lungo la schiena. Non più di due secondi e poi ritornano a nuotare in fila indiana. Leo, che aveva accusato l’intensità di quel contatto, mette fra lui e Sara il giusto spazio, per poterla guardare mentre nuota; lei sente il suo sguardo addosso, lo avverte e le piace.
A fine allenamento, tutti spariscono. La piscina rimane vuota: il loro gruppo è stato l’ultimo a finire l’allenamento. Leo tergiversa ad uscire dalla vasca.
Sono rimasti in vasca solo loro due. Attaccati al bordo vasca, alzano gli occhialini e si guardano negli occhi, lei gli va vicino, lo agguanta per i fianchi e lo bacia. La vasca sembra vuota e rimangono stretti abbracciati.
“Leo mi fai morire, fammelo toccare!” gli sussurra all'orecchio.
“Ma sei pazza o mi prendi per il culo? Piantala! Può entrare qualcuno e ci sbattono fuori per sempre…”
“Sbattimi tu per sempre… ma prima fammi vedere e toccare quest’affare!”
Con un movimento veloce e deciso, gli abbassa il costume, quel tanto che basta a liberare la murena compressa nella stoffa elasticizzata. Lo prende in mano e il serpentiforme aumenta all’istante per dimensioni e si irrigidisce.
“Dio mio, Leo! Mettimelo dentro che è un’ora che penso di prenderlo.”
“Pazza! Sei fuori di cervello!” risponde agitato ed eccitato il ragazzo.
Sara è una che si dà da fare: molti flirt in discoteca, qualche breve relazione molto concreta, vacanze estive piccanti. In piscina, invece, non ha mai fatto comunella con i ragazzi, che per lei erano troppo “piccoli”. Ma Leo era un’eccezione: la eccitava la sua serietà, il suo sguardo indagatore e mai sfacciato, anche il suo modo di nuotare. E poi… quel suo pacco! La incuriosiva e l’attirava. Mai, le era successa una fissazione di quel genere; forse era per la stranezza che, sul quel fisico ancora adolescenziale, fossero stati come innestati a forza degli occhi così adulti e quel pacco fuori misura.
Intanto lei si aggancia con le gambe ai suoi fianchi, si scosta da sotto il costume attillato e scopre l’albicocca. Con la mano agguanta il bastone di Leo e se lo poggia appena sotto il clitoride. Lo guarda negli occhi e gli sembra stranito. Del resto, a quel contatto, Leo non ha altro pensiero che restare a galla, respirare e cominciare a spingere in avanti col bacino.
“Entra, entra. Fregatene se mi fai male con questo palo, ma entra”
Nella testa di Leo scompaiono tutte le remore, spinge con i fianchi, mette una mano sul bordo vasca e spinge Sara verso la parete della piscina. Lei mette contro la schiena e allarga meglio le cosce. Spinge lui e spinge anche lei, mordendosi le labbra.
Sentono un rumore provenire dalla porta d’ingresso.
Prendono fiato e scendono in apnea, giù sott’acqua.
Si baciano in bocca e continuano a spingersi contro ritmicamente.
Quando riemergono per respirare, sempre continuando a scopare, si accorgono che l’allarme è rientrato: sono ancora soli. Continuano e Sara mugola, anche forte.
“Scopami, scopami. Spingilo fino in fondo!”
“Sei stretta e… se ti muovi così mi fai venire, subito…”
“Non venirmi dentro, esci quando stai per venire… ma rallenta… stai dentro ancora un po’, ti prego, solo un poco...”
“Vuoi che venga in acqua? Poi se ne accorgono…”
“Chi? Ma sei scemo?”
E qui, Leo, il ragazzino senza esperienza, ha un lampo di genio:
“E’ già successo qui, hanno trovato una “schiuma strana…” e hanno beccato i colpevoli. È successo un casino… Decidi tu… o culo o bocca…
Sara non risponde, perché intenta a mordersi le labbra e a godere. Si prende dei bei colpi e viene, rimanendo per qualche secondo ancora infilzata e tra le braccia di lui.
“Decidi Sara, altrimenti lo vengono a sapere, ti dico… decidi…”
Sara ansima, prende fiato più volte e si immerge. Resta in apnea per quasi due minuti, facendo una meraviglia di pompino, nonostante riesca a prendere in bocca poco più del glande.
Leo viene che pare un idrante, con Sara sotto l’acqua che succhia e ingoia, facendolo andare in estasi.
Balzano fuori dall’acqua, tutti e due straniti.
Hanno ancora voglia, ma devono andare, ora: sono passati venti minuti buoni a fare i delfini in amore e, se non si sbrigano, rischiano di rimanere chiusi dentro. Si mischieranno agli altri e faranno quelli che si sono attardati in doccia per qualche futile motivo.
Prima di uscire ed entrare negli spogliatoi, Sara si volta, gli punta il dito addosso e dice:
“Non è finita, sai. Dobbiamo finire l’opera…”
E Leo, a cui la scopata ha cambiato la vita, le risponde spavaldo, mangiandola con gli occhi:
“Non ti preoccupare, te la finisco sì, l’opera…”
Sara era una delle più grandi e delle più spigliate; sapeva essere crudele con i maschi che trattava come dei poppanti, con sarcasmo e battute taglienti che rasentavano talvolta la cattiveria.
A Sara però piaceva Leo, perché lei era una ragazza che già sapeva bene cosa potesse interessarla.
Leo era più giovane, aveva diciotto anni e non aveva ancora né l’altezza né i muscoli di alcuni suoi compagni anche più giovani, però era serio, aveva occhi intelligenti e soprattutto aveva un pacco molto sospetto sul davanti, che il costume nero da nuoto non riusciva proprio a nascondere. Lui ne soffriva, avrebbe voluto nuotare con un boxer da spiaggia, di quelli larghi, californiani, con le palme stampate sopra. L’istruttore Mario, quando una volta si presentò con un simile obbrobrio di costume, gli disse se era sicuro di voler andare al mare, pur non essendo stagione, e gli vietò di presentarsi in piscina in quel modo, da allora in poi.
Sara cominciò a fargli il filo, di nascosto dagli altri, ma in modo per lui palese e che Leo interpretò male, pensando lo stesse invece stuzzicando, ma solo per prenderlo in giro; la teneva quindi lontana ed era scostante e brusco con lei. Ma più la teneva lontana e più Sara si sentiva presa da lui. Ogni tanto, quando gli altri e le altre erano lontani, gli guardava giù il pacco, prima di entrare in vasca. Quando Leo se ne accorgeva, lui cambiava fila, posizione, si nascondeva alla sua vista per paura dei suoi sberleffi. Eppure, avrebbe dovuto considerare che non lo aveva mai canzonato spudoratamente, come faceva d’abitudine con altri, per altre e più futili ragioni.
Bene, quel giovedì, Sara nuota nella sua corsia, si mette davanti a lui, durante il riscaldamento.
A un cambio vasca, la ragazza non esegue la giravolta, si ferma, e Leo le va addosso. Non si sa come, ma si trovano abbracciati, per una frazione di secondo. È un contatto brusco, veloce ma intenso. Per entrambi, ha qualcosa a che fare con una scossa elettrica. Lei chiede scusa, gli fa un sorriso tra gli spruzzi d’acqua e una carezza lungo la schiena. Non più di due secondi e poi ritornano a nuotare in fila indiana. Leo, che aveva accusato l’intensità di quel contatto, mette fra lui e Sara il giusto spazio, per poterla guardare mentre nuota; lei sente il suo sguardo addosso, lo avverte e le piace.
A fine allenamento, tutti spariscono. La piscina rimane vuota: il loro gruppo è stato l’ultimo a finire l’allenamento. Leo tergiversa ad uscire dalla vasca.
Sono rimasti in vasca solo loro due. Attaccati al bordo vasca, alzano gli occhialini e si guardano negli occhi, lei gli va vicino, lo agguanta per i fianchi e lo bacia. La vasca sembra vuota e rimangono stretti abbracciati.
“Leo mi fai morire, fammelo toccare!” gli sussurra all'orecchio.
“Ma sei pazza o mi prendi per il culo? Piantala! Può entrare qualcuno e ci sbattono fuori per sempre…”
“Sbattimi tu per sempre… ma prima fammi vedere e toccare quest’affare!”
Con un movimento veloce e deciso, gli abbassa il costume, quel tanto che basta a liberare la murena compressa nella stoffa elasticizzata. Lo prende in mano e il serpentiforme aumenta all’istante per dimensioni e si irrigidisce.
“Dio mio, Leo! Mettimelo dentro che è un’ora che penso di prenderlo.”
“Pazza! Sei fuori di cervello!” risponde agitato ed eccitato il ragazzo.
Sara è una che si dà da fare: molti flirt in discoteca, qualche breve relazione molto concreta, vacanze estive piccanti. In piscina, invece, non ha mai fatto comunella con i ragazzi, che per lei erano troppo “piccoli”. Ma Leo era un’eccezione: la eccitava la sua serietà, il suo sguardo indagatore e mai sfacciato, anche il suo modo di nuotare. E poi… quel suo pacco! La incuriosiva e l’attirava. Mai, le era successa una fissazione di quel genere; forse era per la stranezza che, sul quel fisico ancora adolescenziale, fossero stati come innestati a forza degli occhi così adulti e quel pacco fuori misura.
Intanto lei si aggancia con le gambe ai suoi fianchi, si scosta da sotto il costume attillato e scopre l’albicocca. Con la mano agguanta il bastone di Leo e se lo poggia appena sotto il clitoride. Lo guarda negli occhi e gli sembra stranito. Del resto, a quel contatto, Leo non ha altro pensiero che restare a galla, respirare e cominciare a spingere in avanti col bacino.
“Entra, entra. Fregatene se mi fai male con questo palo, ma entra”
Nella testa di Leo scompaiono tutte le remore, spinge con i fianchi, mette una mano sul bordo vasca e spinge Sara verso la parete della piscina. Lei mette contro la schiena e allarga meglio le cosce. Spinge lui e spinge anche lei, mordendosi le labbra.
Sentono un rumore provenire dalla porta d’ingresso.
Prendono fiato e scendono in apnea, giù sott’acqua.
Si baciano in bocca e continuano a spingersi contro ritmicamente.
Quando riemergono per respirare, sempre continuando a scopare, si accorgono che l’allarme è rientrato: sono ancora soli. Continuano e Sara mugola, anche forte.
“Scopami, scopami. Spingilo fino in fondo!”
“Sei stretta e… se ti muovi così mi fai venire, subito…”
“Non venirmi dentro, esci quando stai per venire… ma rallenta… stai dentro ancora un po’, ti prego, solo un poco...”
“Vuoi che venga in acqua? Poi se ne accorgono…”
“Chi? Ma sei scemo?”
E qui, Leo, il ragazzino senza esperienza, ha un lampo di genio:
“E’ già successo qui, hanno trovato una “schiuma strana…” e hanno beccato i colpevoli. È successo un casino… Decidi tu… o culo o bocca…
Sara non risponde, perché intenta a mordersi le labbra e a godere. Si prende dei bei colpi e viene, rimanendo per qualche secondo ancora infilzata e tra le braccia di lui.
“Decidi Sara, altrimenti lo vengono a sapere, ti dico… decidi…”
Sara ansima, prende fiato più volte e si immerge. Resta in apnea per quasi due minuti, facendo una meraviglia di pompino, nonostante riesca a prendere in bocca poco più del glande.
Leo viene che pare un idrante, con Sara sotto l’acqua che succhia e ingoia, facendolo andare in estasi.
Balzano fuori dall’acqua, tutti e due straniti.
Hanno ancora voglia, ma devono andare, ora: sono passati venti minuti buoni a fare i delfini in amore e, se non si sbrigano, rischiano di rimanere chiusi dentro. Si mischieranno agli altri e faranno quelli che si sono attardati in doccia per qualche futile motivo.
Prima di uscire ed entrare negli spogliatoi, Sara si volta, gli punta il dito addosso e dice:
“Non è finita, sai. Dobbiamo finire l’opera…”
E Leo, a cui la scopata ha cambiato la vita, le risponde spavaldo, mangiandola con gli occhi:
“Non ti preoccupare, te la finisco sì, l’opera…”
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