Storia da spiaggia 5: fascino animale

di
genere
etero

La signora era sguaiata, urlava e sbraitava contro buona parte della sua famiglia, e lo faceva senza remore, nonostante avesse diversa gente che, dagli ombrelloni accanto, la guardava scandalizzata. Poi si sedette sulla sua sdraio e tacque, ma solo per un attimo, perché si alzò quasi di scatto per mollare un ceffone al ragazzino più piccolo, che si ostinava a spargere sabbia intorno, e anche a lui, dopo averlo centrato, gliene disse di tutti i colori.
La famiglia della signora era tutta un programma: il marito, anche lui vociante e sboccato, era una specie di orso peloso e calvo, che aveva tutta l’aria di essere un malavitoso, mentre il fratello di lui appariva malaticcio, magro ed emaciato, con un colorito giallastro su cui spiccavano tatuaggi da vecchia scuola carceraria.
Eppure, in quel marasma, Davide proprio non riusciva a togliere gli occhi di dosso da quella donna procace e volgare. Era bruna e alta, con un castigato due pezzi che stentava a contenere una figura sinuosa, forse appena appena appesantita, probabilmente dal tipo di dieta adottata, intuibile dalle “merende” che preparava ogni giorno per l’intera famiglia.

Davide la guardava agitarsi e gli veniva duro, sicché restava sulla sdraio con l’asciugamani sul costume, per bearsi il seno e le chiappe di lei scuotersi, ogniqualvolta si muoveva in modo brusco, ovvero quando si alzava, camminava, inseguiva i figli, gesticolava e inveiva al marito o al cognato.
“Dio… che temperamento, che fuoco!” pensava Davide, immaginandosi che lo scoparsela doveva essere un’esperienza vicina alla doma di una puledra.
Ad un certo punto, lei si accorse del suo sguardo voglioso e lo comprese, lo intuì perfettamente. Gli rispose prima guardandolo infastidita, poi con un’occhiata indagatrice e poi sembrando spudoratamente curiosa e interessata. Davide lesse come su un libro la variazione dello stato d’animo della donna, in quegli occhi sfrontati, e non si comportò da timido, ma sostenne fieramente lo sguardo e, tra i due, si giocò come una silenziosa battaglia: un duello da film western.
Lei fu richiamata dall’orso calvo del marito e dovette alzarsi per andare di buon passo verso la riva, dove i due ragazzini si stavano menando come due teppisti da strada.
Il suo passo e le sue natiche trasmettevano un fascino animale, una determinazione e una forza fisica non comune, pensò il ragazzo, che, nel mentre lei si allontanava, venne chiamato al cellulare e dovette a sua volta andar via, perché suo padre aveva bisogno di lui per una commissione. Lasciò contrariato la spiaggia, maledicendo la buona ricezione del posto e il tempismo infausto del genitore.
La guerra di sguardi con la procace signora era finita alla pari, più o meno, valutò con un certo ottimismo…

La mattina dopo, lei era sola sulla spiaggia: marito, cognato e ragazzini, tutti sembravano essere spariti.
Lei era sdraiata sul lettino e senza tutta la combriccola familiare sembrava tranquillissima: con le spalle al sole, con l’aria di gustarsi quella pace mattutina, si sganciò il reggiseno e Davide, per un attimo, intravide due mammelle piene e sode.
“Ora mi alzo e, a questa, qualcosa le dico… Magari finisce male, con lei che mi prende a schiaffi e magari con l’orso incazzato che mi viene a sparare, appena informato del fatto… Ma vado…”
Davide si alzò, si aggiustò il costume, con tanto di assestamento dell’attrezzo parcheggiato a sinistra, e si avvicinò al lettino. Aveva una scusa flebile, inventata malamente, ma si mosse, pur sapendo di tentare un approccio pessimo; ne era convinto.

“Signora buon giorno. Mi scusi, ma ho trovato quest’orecchino sulla sabbia e ho pensato che magari potesse essere suo…”
Lei alza la testa, inarcando la schiena, mostrando le curve del seno poggiato sul telo del lettino.
“Nooo… Ma grazie, che avete pensato a me, grazie.” Fece lei, con quell’uso del “voi”, che suonava come esageratamente ossequioso. “Grazie, però… si vede che siete un bravo giovane e gentile, pure.”
“Ma che dice, signora, mi sono semplicemente sentito in dovere. Mi sono sentito in dovere di doverlo fare.” La seconda frase sembrò calcata e per niente brillante.
Lei lo guardò negli occhi e lui sostenne lo sguardo: esattamente come il giorno prima.
La donna si mise a sedere sul lettino, difronte a lui che stava in piedi. Lei puntò lo sguardo sul costume di lui e Davide sentì che, proprio da lì, si stava per scatenare una reazione poco decente.
Lo guardò ancora negli occhi e sorrise. Aveva un sorriso seducente, su labbra forse un po’ troppo sfrontate e volgari, ma comunque belle. Anche lui sorrise.
La signora si alzò e si mise di fronte a lui, a nemmeno venti centimetri di distanza, e, abbassando il tono della voce, disse in un sussurro:
“Lo so che mi vuoi e… io pure tengo voglia di te che sei giovane e pure… forte” puntando gli occhi nuovamente sul costume. “Stammi a sentire, però. Chillu panzone del marito mio mi sta sempre azzeccato… attaccato. Se tu mi vuoi… lo dobbiamo fare… ora! Mo’ sono le nove, quello ha pagato la barca fino all’una, per andare a pescare con fratello e figli, e quello è così taccagno e spilorcio che non la porterà indietro fino al minuto prima che la deve consegnare. Perciò…”
“Facciamo presto, giusto!” fece Davide, con gli occhi spalancati, scioccato e già in fregola.
“Vieni con me, vieni...” le disse, e la donna lo seguì.

Davide le fece strada fino ad un magazzinetto sulla spiaggia che i suoi avevano affittato da dei pescatori, per le cose del mare e per la pesca, proprio dietro ai bagni. Davide sapeva che, rinchiusi là dentro, niente e nessuno li avrebbe disturbati.
Entrati, serrò per precauzione bene la porta, controllò il chiavistello e agguantò la donna. Le palpò il culo e il seno, mentre lei si toglieva il costume e faceva “Sì… sì… pigliami, pigliami tutta… tengo voglia, voglia assai…”
Si baciarono e lei fece vedere quanto, con la lingua, ci sapesse fare. Per marcare il concetto, lei s’inginocchiò e senza tanti preamboli lo prese in bocca, cominciando a slinguare e a succhiare come un’idrovora.
“Piano, fai piano…” diceva il ragazzo, “voglio scoparti, per prima cosa…”
Lei, ormai nuda, si girò e gli offrì la fica da dietro, in piedi, prendendolo subito, senza nemmeno un gemito, tanto era bagnata e pronta. Le mani piantate sui fianchi della donna, Davide andava avanti e indietro, con potenti colpi di bacino. Lei godeva e faceva anche troppo casino, tanto che Davide le mise la mutandina in bocca. La cosa sembrò piacerle e cominciò a sculettare e a godere. Lui prese a sculacciarla, poi si bloccò, pensando che il marito non sarebbe stato entusiasta nel vedere delle ditate sul culo di lei…
“Aspiett’, aspetta… fammi mettere distesa per terra.”
Distesa sul pavimento, a cosce spalancate, era una visione spettacolare, con la vulva scura, aperta e grondante e lui non poté fare a meno di baciargliela. Umida, odorosa di femmina, quasi si perse in quegli effluvi. Stava diventando matto dalla voglia e si rialzò, le andò sopra, baciandola in bocca, la penetrò di colpo e cominciò a montarla, mentre lei mugolava e gli diceva:
“Ahhh, che bellu cazz’, che bellu pesce che tieni… e comm’è tuosto! Maro’… me fai murì!” e cominciò a vociare con toni così alti che dovette tapparle la bocca con la mano, continuando ad assestarle dei colpi di reni che la rintronavano e la facevano tremare. Non si accorse quasi che le stava tappando naso e bocca, tanto da mandarla vicino all’asfissia, con il risultato che lei iniziò a impaurirsi e, nello stesso tempo, a godere a dismisura, squirtando e spruzzando come una fontana.
“Maronna mia! Che bello!” Si misero in ginocchio a baciarsi e a palparsi con foga.
“Mo’, vengo io sopra…”
Davide si distese e lei venne sopra, se lo infilò e cominciò a cavalcare. Lui la dirigeva tenendole le tette con le due mani e, mentre lo faceva, gli venivano in mente le briglie di un cavallo. In effetti, lei sembrava proprio galoppare e lui doveva tenerla forte perché il movimento tendeva ad essere parecchio convulso.
Se l’era immaginata di fuoco e la signora era veramente infuocata: grondava di umori e sudava per il gran movimento che faceva; il suo odore era mielato, avrebbe stordito e affascinato qualsiasi maschio.
Lei godette molto e si accasciò sul suo petto, Davide invece non venne, perché la vulva, durante l’orgasmo, gli aveva stretto così tanto il membro da fargli male. Una cosa che non aveva mai provato con nessuna altra donna prima.
La girò, la mise in ginocchioni e la leccò, prima la vulva e poi il forellino, umido e vibrante, dopo tutto quel godere. Le infilò il pollice in culo e, con due dita davanti, cominciò a masturbarla, scuotendola forte per un po’. Lei mugolava e a un certo punto inarcò la schiena e gli offri il culo. Con il dito, lo sentiva aprirsi, mentre lei si muoveva piano, avanti e indietro. Girò la testa verso di lui e Davide vide il suo profilo, la lingua fuori, lo sguardo implorante e spiritato.
“Fallo… fallo ora. Aprimi dietro, rompimi, schiattami!”
Non dovette forzare molto. Era grondante e vogliosa e dopo la seconda spinta entrò fino in fondo. Iniziò con un movimento lento che non poté mantenere a lungo. L’odore di quella femmina, il suo corpo bruno, morbido, quel suo muoversi languido e nello stesso tempo possente, lo spingeva ad aumentare ritmo e intensità. La inculava senza pietà alcuna, mentre lei, dopo i primi lamenti, sembrava godere molto della monta. Godette lei e poi lui, dentro, per un tempo lunghissimo, con lei che si afferrò con le mani ai suoi fianchi per non farlo uscire. Restarono così per minuti.
“Lo sento duro, come una mazza…”
Davide, nonostante il coito devastante, continuava rimanere eccitato, col membro durissimo. La palpava, restando dietro di lei, le leccava la schiena, il collo. Ricominciò a muoversi, prima piano, poi con lo stesso impeto di prima ma, conscio della goduria appena provata, cercò di assaporarla meglio. Al culmine, cercò di rallentare, spingendo a fondo, sentendo i tremori di lei. Si mise in modo di poterla baciare e vennero così insieme, attaccati con le lingue, con il cazzo di lui profondamente piantato in lei.
Si staccarono. Erano sudati e sconvolti.
“Maronna mia, maro’, non capisco più niente…”
Davide la guardava e ammirava la figura morbida, scura, lasciva e potente. Non aveva mai conosciuto nessuna così ed era convinto che, nel passato più ancestrale dell’uomo, donne di questo genere fossero adorate e temute, considerate maghe, ninfe o streghe: potenti, istintive, sanguigne, legate alla terra e al mondo degli spiriti.
La guardava e si accorse di non essere ancora sazio di lei. Lei lo capì e si accovacciò davanti a lui, pulendogli il membro eretto con la saliva e la mutandina raccolta da terra.
Lo spompinò con grazia e passione e lui, dopo che venne, quasi si accasciò.
"È l’una; quello, il chiattone, mo’ arriva… io devo andare a pulirmi in mare, guarda come m’hai combinato! E chissà che faccia tengo.” Lo baciò in bocca e rise.

Si infilò il bikini, bagnato e sporco di umori, e uscì di corsa dal magazzinetto. Davide rimase lì, a pensare a cosa fosse successo in quelle quattro ore, passate come un lampo e che già gli galleggiavano nella testa come una specie di sogno agitato. L'odore mielato di lei aveva cancellato l'odore della stanza, che normalmente sapeva di tufo, di salmastro e d'umido.

Il giorno dopo, Davide era seduto sotto il suo ombrellone e la guardava. Lei si agitava, sgridava figli e marito: il solito ossesso. Quando gli altri erano anche solo un poco lontani, lei lo puntava, con quegli occhi neri, di fuoco.
Verso mezzogiorno, lui si mosse per andar via dalla spiaggia, quando se la trovò di fronte, all’improvviso:
“Domani alle nove questi vanno tutti a pescare. La pesca di ieri è piaciuta assai. Ma anche la mia pesca mi è piaciuta assai; così... tu fatti trovare, che il “pesce” di cui ho bisogno me lo dai tu…”
di
scritto il
2022-11-06
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