La motivazione
di
Omeros
genere
etero
Schivò il destro dell’avversario, lo allontanò con una serie di jeb veloci e precisi al volto e lo spinse verso le corde. Una volta inchiodato all'angolo, tempestò l'altro con una serie a due mani: ganci sinistri alternati a montanti destri. Puntava al plesso, ma l’avversario, un nero più pesante di lui, era uno navigato e sapeva chiudersi bene in difesa. Sparò allora un gancio destro, improvviso ed alto, che colse alla tempia il nero. Questo barcollò, ma fu salvato dalla campana di fine round.
All’angolo gli venne in mente la biondina che aveva visto alla cerimonia di presentazione dell’incontro, difronte al pubblico e alle telecamere e ai microfoni delle televisioni. Il match era tra lui e questo Brewster, pugile molto quotato, che giocava a fare lo strafottente davanti a telecamere e microfoni, parlando e facendo battute. Mario non conosceva una parola d’inglese e cercava di capire quello che succedeva intorno a lui scrutando le espressioni dei manager e soprattutto leggendo la faccia del suo maestro, che l’America la conosceva, avendoci combattuto, da giovane.
In quel marasma di telecamere, flash, fotografi e giornalisti, c’era una biondina che lo guardava: bianca, morbida e sorridente. In tutto quel casino sembrava guardasse lui, lanciandogli occhiate. Nel mentre, lo zuccherino biondo parlava con chi le stava accanto; la ragazza sorrideva, sempre abbracciata ad un tipo corpulento vestito bene e col sigaro spento in bocca.
Quando scese dal palco, se la trovò davanti e lei gli sussurrò qualcosa all’orecchio che lui non capì.
Aveva occhi così azzurri che si sentì come abbagliato da due fari. Fece appena in tempo a sentire il suo profumo, che Mario fu preso e portato via sottobraccio dal suo maestro, senza che riuscisse a distogliere lo sguardo dalla biondina.
“Cazzo Mario, fai il bravo! Qui per alcune di queste sventole sei un tipo esotico, peggio che altrove. Qui, sei il tipo che viene dall’Europa, dall’Italia, e magari queste farebbero i giochi di prestigio per portarti a letto. Vedono un pugile sul ring, schizzare energia e sangue, e vorrebbero che l’atleta che dà spettacolo sul quadrato fosse anche capace di far loro un bel trattamento nel proprio letto… Ma tu sta attento! Prima dell’incontro, non si scopa! Ricordalo, mancano due giorni e tieni l’uccello tranquillo dentro i pantaloni, Capito? Vedrai che andrà come deve andare.”
Mario guardava la bionda luminosa allontanarsi dalla sua vista, trascinato com’era dal maestro verso l’uscita. Era stordito; quella bionda l’aveva veramente abbagliato.
La campana d'inizio round, il sesto, lo fece scattare in piedi. Pensò alla bionda: “se vinco la vado a prendere, dovunque si sia cacciata in questo casino di palazzo dello sport, e me la prendo. Mai voluta tanto, una donna appena vista per pochi minuti…”
Prese il centro del ring e spinse Brewster indietro. Ci fu uno scambio di colpi, da entrambe le parti. Mario girò il collo e pensò che la bionda doveva sicuramente essere tra il pubblico. Infatti la vide, accanto al solito uomo, ancora vestito bene e col sigaro in bocca, in prima fila. La guardò e gli sembrò che anche lei lo guardasse. Si distrasse e prese un destro al mento, che gli fece piegare le gambe, per un secondo. Si riebbe, ma dovette chiudersi in difesa per limitare i danni e recuperare fiato e lucidità. Mentalmente, bestemmiò e maledisse la sua testa. Il Maestro dall’angolo gli gridava di tutto: “Stai attento, entra nella sua difesa, rispondi subito, ti ha solo toccato! Riprendi l’iniziativa e alza il ritmo! Subito! Pensa a buttarlo giù e a finire l’incontro!”
Alzò le braccia, mettendosi bene in guardia, sentendosele di nuovo salde e forti e avanzò caricandosi mentalmente:
“Vinco, distruggo questo sbruffone arrogante e mi scopo la bionda; sì, mi scopo la delizia, me la scopo per due giorni di seguito…”
Chiuse la guardia e andò avanti. Brewster, spavaldo per averlo colpito e avergli fatto flettere le gambe, sbraitava qualcosa di incomprensibile contro di lui, sghignazzava anche…
Mario cominciò ad attaccare: gancio sinistro e montante destro, gancio sinistro e uppercut. Lo prese preciso al mento e quello smise di ridere. Brewster allentò la guardia e Mario entrò col montante a più riprese, con colpi duri e pesanti: “Me la scopo, me la scopo, me la scopo!!!”
Ogni colpo se lo ripeteva mentalmente, ma a un certo punto cominciò ad urlarlo a piena voce, mentre sparava colpi secchi, cattivi e Brewster sembrava non aver più difese, e cominciò a crollare, colpo dopo colpo.
Brewster barcollava e lui lo colpì con un gancio destro secco e feroce alla mascella. “Me la scopoooo!!!” gridò mentre l’altro cadeva per terra come un albero abbattuto.
“Che cazzo sbraitavi come un demente, eh Mario? Non si capiva nulla di quegli urli, tra il paradenti in bocca e il casino intorno, che cazzo gridavi?”
“Niente Maestro, niente…”
“Ti ho sempre insegnato di non lasciarti prendere dalla rabbia, ma di restare sempre concentrato e allerta… Ma, dopo quello che ho visto anche oggi… Bravo. Se questo ti può dare una carica come quella che ho visto... Bravo! È il terzo incontro che vinci così!”
Nel mezzo del ring, l’arbitro gli alzò il braccio per la vittoria e, nel mentre, arrivarono i fotografi, i secondi, i giornalisti col microfono e le telecamere e, nonostante qualcuno parlasse italiano, Mario non capì cosa gli chiedessero e cosa volessero da lui. Guardava verso le prime file intorno al ring, affannato e teso, poi la vide, esaltata e sorridente per la sua vittoria. Si guardarono e lui uscì fuori dal quadrato e saltò giù, dirigendosi verso lei, incurante del resto.
Il maestro lo seguì, piuttosto agitato, e dopo qualche passo si fermò. Tutto sommato era soddisfatto della situazione.
Agguantò Mario un attimo prima che abbracciasse la ragazza e lo portò via, quasi di forza, verso la doccia. Il palazzetto era ben attrezzato e, per gli incontri di rango, c’erano camerini singoli per i campioni. Oggi Mario era diventato un campione, uno dei possibili sfidanti al titolo mondiale dei mediomassimi.
Il maestro lo trascinò in doccia, ma prima di farlo, fece un segno alla biondina, come di attendere e disse a Mario di entrare nella stanza.
Mario era sotto la doccia calda, si pulì del sangue, si insaponò le ferite e poi aprì l’acqua fredda.
Si sentiva bene, non aveva preso così tanti colpi, e dolori e bruciature non li sentiva più, assorbito com’era da un solo pensiero: la biondina. Avrebbe voluto averla lì, con sé, sotto la doccia.
Sentì aprire la porta e, dalla doccia, sporse la testa per vedere chi fosse entrato.
Era lei, fasciata in un abitino attillato e leggermente scollato, con le braccia bianche e tornite, nude. Lo guardò, si spogliò ed entrò sotto la doccia.
Mario la baciò e lei rispose in modo appassionato al bacio e alle carezze forti di lui. L'agguantò per le chiappe e l’alzò di peso, tenendola con la schiena contro il muro piastrellato. La penetrò e lei emise un urlo che presto si modulò in un gemito di piacere. Prese a scoparla forte, con ritmo veloce, con spinte poderose. La sentì venire e quasi gridare, fino a che le chiuse la bocca con un bacio.
La girò di spalle, si inginocchiò per leccarle le chiappe tonde e alte. Immerse la faccia in quelle natiche morbide e lisce, la leccò e la morse. Lei si chinò, per favorire una monta che aspettò fremente. Gli infilò il cazzo nella fica e prese a chiavarla forte, da dietro, palpandola tutta, leccandole la schiena e il collo. Lei venne ancora e lui le piegò ancora di più la schiena e affondò il suo uccello nel culo bagnato a dovere. La biondina urlò forte e a lungo, ma Mario era scatenato, le tappò la bocca con una mano e affondò di più, artigliandole i fianchi e dando dei colpi che la fecero mugolare di dolore e poi di piacere. Lei girò la testa e si raddrizzò con la schiena cercando con le labbra la sua bocca. Mario se la inculava forte, baciandola e stringendola forte. Le venne come un idrante dentro.
Lui la baciava e la accarezzava tutta e le diceva all’orecchio: “bella, bella…”
La ragazza era stordita da quell’impeto, spossata da quegli assalti, ma era lusingata da tutta quella passione e quella forza. Gli lavò il membro e tornarono a scopare, baciandosi, fino a che sentirono bussare alla porta. Allora si fermarono.
“Mario, vestitevi, tu e la ragazza, che vi portiamo in macchina all’albergo e per due giorni faccio in modo che nessuno venga a disturbarvi. Due giorni e due notti, Mario.”
Mario, a gesti, fece capire alla ragazza di vestirsi che sarebbero andati all’hotel. Si asciugarono e si rivestirono e lui non riusciva a non accarezzarla e baciarla, ogni secondo. Lei rispondeva alle sue attenzioni, con passione.
“Maestro, ma che cavolo combina Mario?”
“Eh, Gino, tu non lo sai perché sei nuovo, ma questo non è il primo incontro che vince in questo modo. Oggi sembrava un Marciano o un Tyson dei primi tempi… e sai cos’è?”
“Cos’è Maestro? Allenamento, alimentazione, motivazione? Mario non è mai stato un brocco, ma da un po’, anche i giornali scrivono che sembra un altro pugile…”
“Te lo dico io cos’è, Gino. È la figa!”
“La figa?” fece Gino, il suo aiutante d’angolo da quell’incontro.
“Sì, la figa… Perché Mario, per la figa, spaccherebbe la testa a King Kong. Non esiste motivazione più efficace, per lui. La prima volta, è successo per caso: tre giorni di astinenza prima del match in Inghilterra, lui mi vede una biondina e parte per la tangente. Gli dico che allora ci penso io, che gli infilo la biondina nel letto, ma solo se vince l’incontro e lui mi risponde che la vuole subito, appena vinto sul ring, negli spogliatoi. Così, ho trovato il sistema per farlo vincere: vedo se c’è una fan o una puttana, ma meglio che sia una fan, -per il sentimento… credimi che non guasta- e la cerco bionda, col viso da bambolina e il corpo da peccatrice. È il suo tipo, per una ragazza così Mario si farebbe saltare per aria.”
“Ma dai! Ma dici davvero?”
“Sì, Gino. Da non credere. Gli porto la ragazza negli spogliatoi, per un aperitivo di sesso di un due ore, fino a che ci cacciano dal palazzetto, e poi gli concedo due giorni in albergo con la ragazza. Non di più, altrimenti è un casino. Devi vedere come le concia, a forza di scopare. E poi lo riporto a casa, dalla fidanzata, quella santa della Teresina, che ci pensa lei a calmarlo, se ci riesce.”
“Cazzo, da non credere, Maestro…”
“Sì, la voglia di figa smuove le montagne, caro il mio Gino, e, nel caso di Mario, la figa lo sta portando alla corona mondiale, porco di un mondo!”
“Porco di un mondo veramente, Maestro!”
All’angolo gli venne in mente la biondina che aveva visto alla cerimonia di presentazione dell’incontro, difronte al pubblico e alle telecamere e ai microfoni delle televisioni. Il match era tra lui e questo Brewster, pugile molto quotato, che giocava a fare lo strafottente davanti a telecamere e microfoni, parlando e facendo battute. Mario non conosceva una parola d’inglese e cercava di capire quello che succedeva intorno a lui scrutando le espressioni dei manager e soprattutto leggendo la faccia del suo maestro, che l’America la conosceva, avendoci combattuto, da giovane.
In quel marasma di telecamere, flash, fotografi e giornalisti, c’era una biondina che lo guardava: bianca, morbida e sorridente. In tutto quel casino sembrava guardasse lui, lanciandogli occhiate. Nel mentre, lo zuccherino biondo parlava con chi le stava accanto; la ragazza sorrideva, sempre abbracciata ad un tipo corpulento vestito bene e col sigaro spento in bocca.
Quando scese dal palco, se la trovò davanti e lei gli sussurrò qualcosa all’orecchio che lui non capì.
Aveva occhi così azzurri che si sentì come abbagliato da due fari. Fece appena in tempo a sentire il suo profumo, che Mario fu preso e portato via sottobraccio dal suo maestro, senza che riuscisse a distogliere lo sguardo dalla biondina.
“Cazzo Mario, fai il bravo! Qui per alcune di queste sventole sei un tipo esotico, peggio che altrove. Qui, sei il tipo che viene dall’Europa, dall’Italia, e magari queste farebbero i giochi di prestigio per portarti a letto. Vedono un pugile sul ring, schizzare energia e sangue, e vorrebbero che l’atleta che dà spettacolo sul quadrato fosse anche capace di far loro un bel trattamento nel proprio letto… Ma tu sta attento! Prima dell’incontro, non si scopa! Ricordalo, mancano due giorni e tieni l’uccello tranquillo dentro i pantaloni, Capito? Vedrai che andrà come deve andare.”
Mario guardava la bionda luminosa allontanarsi dalla sua vista, trascinato com’era dal maestro verso l’uscita. Era stordito; quella bionda l’aveva veramente abbagliato.
La campana d'inizio round, il sesto, lo fece scattare in piedi. Pensò alla bionda: “se vinco la vado a prendere, dovunque si sia cacciata in questo casino di palazzo dello sport, e me la prendo. Mai voluta tanto, una donna appena vista per pochi minuti…”
Prese il centro del ring e spinse Brewster indietro. Ci fu uno scambio di colpi, da entrambe le parti. Mario girò il collo e pensò che la bionda doveva sicuramente essere tra il pubblico. Infatti la vide, accanto al solito uomo, ancora vestito bene e col sigaro in bocca, in prima fila. La guardò e gli sembrò che anche lei lo guardasse. Si distrasse e prese un destro al mento, che gli fece piegare le gambe, per un secondo. Si riebbe, ma dovette chiudersi in difesa per limitare i danni e recuperare fiato e lucidità. Mentalmente, bestemmiò e maledisse la sua testa. Il Maestro dall’angolo gli gridava di tutto: “Stai attento, entra nella sua difesa, rispondi subito, ti ha solo toccato! Riprendi l’iniziativa e alza il ritmo! Subito! Pensa a buttarlo giù e a finire l’incontro!”
Alzò le braccia, mettendosi bene in guardia, sentendosele di nuovo salde e forti e avanzò caricandosi mentalmente:
“Vinco, distruggo questo sbruffone arrogante e mi scopo la bionda; sì, mi scopo la delizia, me la scopo per due giorni di seguito…”
Chiuse la guardia e andò avanti. Brewster, spavaldo per averlo colpito e avergli fatto flettere le gambe, sbraitava qualcosa di incomprensibile contro di lui, sghignazzava anche…
Mario cominciò ad attaccare: gancio sinistro e montante destro, gancio sinistro e uppercut. Lo prese preciso al mento e quello smise di ridere. Brewster allentò la guardia e Mario entrò col montante a più riprese, con colpi duri e pesanti: “Me la scopo, me la scopo, me la scopo!!!”
Ogni colpo se lo ripeteva mentalmente, ma a un certo punto cominciò ad urlarlo a piena voce, mentre sparava colpi secchi, cattivi e Brewster sembrava non aver più difese, e cominciò a crollare, colpo dopo colpo.
Brewster barcollava e lui lo colpì con un gancio destro secco e feroce alla mascella. “Me la scopoooo!!!” gridò mentre l’altro cadeva per terra come un albero abbattuto.
“Che cazzo sbraitavi come un demente, eh Mario? Non si capiva nulla di quegli urli, tra il paradenti in bocca e il casino intorno, che cazzo gridavi?”
“Niente Maestro, niente…”
“Ti ho sempre insegnato di non lasciarti prendere dalla rabbia, ma di restare sempre concentrato e allerta… Ma, dopo quello che ho visto anche oggi… Bravo. Se questo ti può dare una carica come quella che ho visto... Bravo! È il terzo incontro che vinci così!”
Nel mezzo del ring, l’arbitro gli alzò il braccio per la vittoria e, nel mentre, arrivarono i fotografi, i secondi, i giornalisti col microfono e le telecamere e, nonostante qualcuno parlasse italiano, Mario non capì cosa gli chiedessero e cosa volessero da lui. Guardava verso le prime file intorno al ring, affannato e teso, poi la vide, esaltata e sorridente per la sua vittoria. Si guardarono e lui uscì fuori dal quadrato e saltò giù, dirigendosi verso lei, incurante del resto.
Il maestro lo seguì, piuttosto agitato, e dopo qualche passo si fermò. Tutto sommato era soddisfatto della situazione.
Agguantò Mario un attimo prima che abbracciasse la ragazza e lo portò via, quasi di forza, verso la doccia. Il palazzetto era ben attrezzato e, per gli incontri di rango, c’erano camerini singoli per i campioni. Oggi Mario era diventato un campione, uno dei possibili sfidanti al titolo mondiale dei mediomassimi.
Il maestro lo trascinò in doccia, ma prima di farlo, fece un segno alla biondina, come di attendere e disse a Mario di entrare nella stanza.
Mario era sotto la doccia calda, si pulì del sangue, si insaponò le ferite e poi aprì l’acqua fredda.
Si sentiva bene, non aveva preso così tanti colpi, e dolori e bruciature non li sentiva più, assorbito com’era da un solo pensiero: la biondina. Avrebbe voluto averla lì, con sé, sotto la doccia.
Sentì aprire la porta e, dalla doccia, sporse la testa per vedere chi fosse entrato.
Era lei, fasciata in un abitino attillato e leggermente scollato, con le braccia bianche e tornite, nude. Lo guardò, si spogliò ed entrò sotto la doccia.
Mario la baciò e lei rispose in modo appassionato al bacio e alle carezze forti di lui. L'agguantò per le chiappe e l’alzò di peso, tenendola con la schiena contro il muro piastrellato. La penetrò e lei emise un urlo che presto si modulò in un gemito di piacere. Prese a scoparla forte, con ritmo veloce, con spinte poderose. La sentì venire e quasi gridare, fino a che le chiuse la bocca con un bacio.
La girò di spalle, si inginocchiò per leccarle le chiappe tonde e alte. Immerse la faccia in quelle natiche morbide e lisce, la leccò e la morse. Lei si chinò, per favorire una monta che aspettò fremente. Gli infilò il cazzo nella fica e prese a chiavarla forte, da dietro, palpandola tutta, leccandole la schiena e il collo. Lei venne ancora e lui le piegò ancora di più la schiena e affondò il suo uccello nel culo bagnato a dovere. La biondina urlò forte e a lungo, ma Mario era scatenato, le tappò la bocca con una mano e affondò di più, artigliandole i fianchi e dando dei colpi che la fecero mugolare di dolore e poi di piacere. Lei girò la testa e si raddrizzò con la schiena cercando con le labbra la sua bocca. Mario se la inculava forte, baciandola e stringendola forte. Le venne come un idrante dentro.
Lui la baciava e la accarezzava tutta e le diceva all’orecchio: “bella, bella…”
La ragazza era stordita da quell’impeto, spossata da quegli assalti, ma era lusingata da tutta quella passione e quella forza. Gli lavò il membro e tornarono a scopare, baciandosi, fino a che sentirono bussare alla porta. Allora si fermarono.
“Mario, vestitevi, tu e la ragazza, che vi portiamo in macchina all’albergo e per due giorni faccio in modo che nessuno venga a disturbarvi. Due giorni e due notti, Mario.”
Mario, a gesti, fece capire alla ragazza di vestirsi che sarebbero andati all’hotel. Si asciugarono e si rivestirono e lui non riusciva a non accarezzarla e baciarla, ogni secondo. Lei rispondeva alle sue attenzioni, con passione.
“Maestro, ma che cavolo combina Mario?”
“Eh, Gino, tu non lo sai perché sei nuovo, ma questo non è il primo incontro che vince in questo modo. Oggi sembrava un Marciano o un Tyson dei primi tempi… e sai cos’è?”
“Cos’è Maestro? Allenamento, alimentazione, motivazione? Mario non è mai stato un brocco, ma da un po’, anche i giornali scrivono che sembra un altro pugile…”
“Te lo dico io cos’è, Gino. È la figa!”
“La figa?” fece Gino, il suo aiutante d’angolo da quell’incontro.
“Sì, la figa… Perché Mario, per la figa, spaccherebbe la testa a King Kong. Non esiste motivazione più efficace, per lui. La prima volta, è successo per caso: tre giorni di astinenza prima del match in Inghilterra, lui mi vede una biondina e parte per la tangente. Gli dico che allora ci penso io, che gli infilo la biondina nel letto, ma solo se vince l’incontro e lui mi risponde che la vuole subito, appena vinto sul ring, negli spogliatoi. Così, ho trovato il sistema per farlo vincere: vedo se c’è una fan o una puttana, ma meglio che sia una fan, -per il sentimento… credimi che non guasta- e la cerco bionda, col viso da bambolina e il corpo da peccatrice. È il suo tipo, per una ragazza così Mario si farebbe saltare per aria.”
“Ma dai! Ma dici davvero?”
“Sì, Gino. Da non credere. Gli porto la ragazza negli spogliatoi, per un aperitivo di sesso di un due ore, fino a che ci cacciano dal palazzetto, e poi gli concedo due giorni in albergo con la ragazza. Non di più, altrimenti è un casino. Devi vedere come le concia, a forza di scopare. E poi lo riporto a casa, dalla fidanzata, quella santa della Teresina, che ci pensa lei a calmarlo, se ci riesce.”
“Cazzo, da non credere, Maestro…”
“Sì, la voglia di figa smuove le montagne, caro il mio Gino, e, nel caso di Mario, la figa lo sta portando alla corona mondiale, porco di un mondo!”
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