Incontro in biblioteca
di
Omeros
genere
etero
Gli piacevano i grandi stanzoni, gli enormi scaffali colmi di libri antichi e ostici che pochi consultavano, il silenzio quasi religioso regnante in quel posto. Frequentava la biblioteca per svolgere qualche ricerca e, quando era stanco di leggere o studiare, alzava lo sguardo, in cerca di un'appena appetibile presenza femminile nelle vicinanze. Erano spesso ricerche infruttuose: timide, scostanti, bruttine, arcigne, le ragazze che frequentavano la biblioteca comunale, vanto della città universitaria dov’era nato e cresciuto, appartenevano sempre a categorie poco accessibili.
Un bel giorno, sul fronte delle presenze abbordabili di quel luogo, notò una novità non nel pubblico, ma nel personale, invece, dietro al bancone dell’ufficetto dove venivano consegnati i libri in prestito: forse un po’ slavata, ma a guardarla bene gli sembrò una biondina interessante. Aveva capelli biondi e fini, occhiali con montatura in metallo, e un fisico snello che s’intuiva, attraverso le schermo dei vestiti castigati, ben proporzionato. Notò che aveva belle mani e un bel sorriso, anche se un po’ mesto.
Gli venne in mente un pensiero del tipo: “una secchiona che ha trovato il lavoro della sua vita, con la prospettiva appagante di leggere tutto il leggibile.”
Il giorno dopo, la biondina dietro il bancone era vestita in modo più adatto alla sua giovane età -non poteva infatti avere più di venticinque anni- e questo suo modo di apparire lo incuriosì. Così, si piazzò davanti al bancone e le chiese una piccola serie eterogenea di libri di narrativa da portare a casa: un libro di Zola, uno di Conrad, “Sulla strada” di Kerouac e -non si spiegò poi come gli fosse venuto in mente- un volumetto di cui aveva sentito parlare in Facoltà da un suo compagno di corso. Il libro era una miscellanea di racconti erotici, molto spinti ma scritti però in un italiano settecentesco elegantissimo e, in certi casi, divertente e bizzarro: “Dolci piaceri per le giovani donne” del Cavalier Gualtiero Dellacasa.
Dopo aver specificato la sua richiesta, Luca ebbe quasi un attimo di imbarazzo. Ma vide la biondina annuire seriamente, voltare le spalle per controllare lo schedario e, voltandosi, mostrare un fondoschiena da brivido fasciato da un paio di jeans molto aderenti.
Luca così si mise ad ammirare quell’inaspettato scorcio di veduta panoramica, dal lato esterno del vecchio bancone in legno scuro a cui si era appoggiato per osservare meglio.
La ragazza prese un cartoncino e si assentò per qualche minuto, tornando con un’edizione vecchissima del libretto. Fece con cura il pacchetto con gli altri libri richiesti e glielo consegnò. Intanto, Luca aveva sbirciato il viso e il petto della ragazza, ed era arrivato alla conclusione che, se vestita in modo meno austero, era effettivamente carina se non addirittura bella.
“Vedrà, troverà divertente il Cavalier Dellacasa, un umanista che ha scritto… proprio un libricino arguto…” disse con un bel sorrisetto che le ravvivò il visino.
Luca, nel sentire ciò, gli venne da spalancare gli occhi per la meraviglia, riuscendo solo a borbottare qualche grazie come risposta.
Arrivato a casa, Luca si chiuse in camera sua e iniziò a leggere il libricino del vecchio Cavalier Dellacasa, che doveva essere stato proprio un singolare tipo di umanista. Nel suo libro, infatti, mostrava la pretesa di insegnare ai cicisbei -figure protagoniste di un costume tutto italiano, relegato al solo diciottesimo secolo -come espletare il loro onorevole compito: servire le dame e, soprattutto, - questo è proprio l’argomento del libro- non limitarsi al ruolo di cavalier servente, ovvero di giovane dedito a solo all’accompagnamento, al supporto nella scelta di vestiti e cappellini, ma di fungere in modo attivo da insegnante nell’arte d’amare. Il marito è troppo impegnato, troppo preso dagli affari? Il cicisbeo educherà prima e intratterrà poi la signora -meglio se giovane e alle prime armi- introducendola alle delizie dell’eros. Le pratiche descritte sono veramente interessanti, anche se molte rasentano il virtuosismo acrobatico, nelle loro più estreme variazioni. Il Dellacasa mostrava poi una certa inclinazione verso l'uso del frustino, asserendo convintamente che la pratica di questo strumento, sulle bianche carni delle signore, esaltasse il piacere nel coito.
Luca leggeva divertito, ma si accorse che ciò che l’eccitava, molto più di quella lettura, era il pensiero della bibliotecaria che trovava il testo “arguto”.
Il giorno dopo, si presentò in biblioteca e si infilò subito nell’ufficietto dei prestiti al pubblico.
Entrò e vide che era sola.
“Buon giorno signorina, ho letto d’un fiato il libretto di Dellacasa. L’ho trovato anch’io molto arguto, sa?”
“Davvero? Mi risulta che a non tutti piaccia. Il fatto che anche lei, come me, riesca a trovare quel testo, a volte eccessivo, interessante e arguto, mi porta a pensare che lei ed io si abbia qualcosa in comune.”
“Lo penso anch’io!” fece Luca con una punta di eccessivo entusiasmo nella voce.
Si guardarono negli occhi, con il bancone di mezzo. Ci fu un silenzio di qualche secondo.
“Posso approfittare della nostra affinità in campo letterario e della sua gentilezza?”
“Credo proprio di sì, signorina!” fece lui con un'ottava di troppo.
“Visto che lei mi sembra, a vedersi, un tipo sportivo, potrebbe aiutarmi nel ricollocare un pesante tomo su uno di questi scaffali?”
“Certo, sono al suo servizio!” disse Luca, tralasciando di aggiungere “come un cicisbeo di Dellacasa…”
La ragazza uscì da un lato del bancone, mise un cartello “chiuso” alla porta, e portò Luca in uno stanzone che fungeva da grande magazzino, zeppo di libri di ogni genere.
Per farla breve, nel magazzino i due misero in pratica una bella porzione degli insegnamenti presenti nel libro. Non avendo il frustino, Luca dovette sculacciare la signorina fin quasi a spellarsi le mani, ma scoparono in diversi modi con estrema soddisfazione di entrambi. Prima di lasciare la biblioteca, dopo diverse ore passate in una eccentrica e ininterrotta rilettura, Luca passò dagli scaffali e raccolse furbescamente un libello in prestito, che si preannunciava dal titolo come estremamente interessante: “La porta più nascosta dell’ancella” di tale Salvatore Cafierodimonte, un abate che, in Francia, ebbe nomea più di libertino ed erotomane che di uomo di chiesa.
Glielo porse: “Ehm… Signorina, chiederei in prestito questo libro.”
“Ottima scelta, impegnativa ma ottima. Richiede una certa, come dire... applicazione, sa? Però, sicuramente ne vale la pena… Se lo legga tutto d’un fiato, ma lo riporti a me entro domani, meglio se verso la chiusura, così potremo attardarci a discuterne con calma…”
All’indomani, Luca si presentò con uno zainetto dietro le spalle, alle sei della sera. Consegnò il libro alla biondina, che aveva un vestitino veramente poco castigato e che lui lesse come un messaggio foriero di delizie.
I due nemmeno parlarono. Lei chiuse al pubblico la porta dell’ufficietto, si fece seguire nella specie di enorme magazzino dalle mille scaffalature, e solo lì i due si abbracciarono, si spogliarono e, una volta tirati fuori alcuni flaconcini dallo zainetto, debitamente riempiti di unguenti, iniziarono a mettere in pratica i mille dettami del buon Salvatore Cafierodimonte. La signorina, di nome Bianca, esattamente come la sua carnagione, si impegnò a seguire la scienza del dotto abate e stette per buona parte della serata -e della nottata- a pecorina, con un impegno ed una dedizione encomiabili rivolti alla lettura e interpretazione del testo, col solo intento di fare onore a quel libro.
I due si fidanzarono dopo neanche una settimana e dopo un anno andarono a vivere insieme.
Tra gli amici che frequentavano la loro casa, era opinione comune, che Bianca e Luca avessero una straordinaria biblioteca erotica, per quantità e qualità dei libri. Una biblioteca veramente straordinaria.
Un bel giorno, sul fronte delle presenze abbordabili di quel luogo, notò una novità non nel pubblico, ma nel personale, invece, dietro al bancone dell’ufficetto dove venivano consegnati i libri in prestito: forse un po’ slavata, ma a guardarla bene gli sembrò una biondina interessante. Aveva capelli biondi e fini, occhiali con montatura in metallo, e un fisico snello che s’intuiva, attraverso le schermo dei vestiti castigati, ben proporzionato. Notò che aveva belle mani e un bel sorriso, anche se un po’ mesto.
Gli venne in mente un pensiero del tipo: “una secchiona che ha trovato il lavoro della sua vita, con la prospettiva appagante di leggere tutto il leggibile.”
Il giorno dopo, la biondina dietro il bancone era vestita in modo più adatto alla sua giovane età -non poteva infatti avere più di venticinque anni- e questo suo modo di apparire lo incuriosì. Così, si piazzò davanti al bancone e le chiese una piccola serie eterogenea di libri di narrativa da portare a casa: un libro di Zola, uno di Conrad, “Sulla strada” di Kerouac e -non si spiegò poi come gli fosse venuto in mente- un volumetto di cui aveva sentito parlare in Facoltà da un suo compagno di corso. Il libro era una miscellanea di racconti erotici, molto spinti ma scritti però in un italiano settecentesco elegantissimo e, in certi casi, divertente e bizzarro: “Dolci piaceri per le giovani donne” del Cavalier Gualtiero Dellacasa.
Dopo aver specificato la sua richiesta, Luca ebbe quasi un attimo di imbarazzo. Ma vide la biondina annuire seriamente, voltare le spalle per controllare lo schedario e, voltandosi, mostrare un fondoschiena da brivido fasciato da un paio di jeans molto aderenti.
Luca così si mise ad ammirare quell’inaspettato scorcio di veduta panoramica, dal lato esterno del vecchio bancone in legno scuro a cui si era appoggiato per osservare meglio.
La ragazza prese un cartoncino e si assentò per qualche minuto, tornando con un’edizione vecchissima del libretto. Fece con cura il pacchetto con gli altri libri richiesti e glielo consegnò. Intanto, Luca aveva sbirciato il viso e il petto della ragazza, ed era arrivato alla conclusione che, se vestita in modo meno austero, era effettivamente carina se non addirittura bella.
“Vedrà, troverà divertente il Cavalier Dellacasa, un umanista che ha scritto… proprio un libricino arguto…” disse con un bel sorrisetto che le ravvivò il visino.
Luca, nel sentire ciò, gli venne da spalancare gli occhi per la meraviglia, riuscendo solo a borbottare qualche grazie come risposta.
Arrivato a casa, Luca si chiuse in camera sua e iniziò a leggere il libricino del vecchio Cavalier Dellacasa, che doveva essere stato proprio un singolare tipo di umanista. Nel suo libro, infatti, mostrava la pretesa di insegnare ai cicisbei -figure protagoniste di un costume tutto italiano, relegato al solo diciottesimo secolo -come espletare il loro onorevole compito: servire le dame e, soprattutto, - questo è proprio l’argomento del libro- non limitarsi al ruolo di cavalier servente, ovvero di giovane dedito a solo all’accompagnamento, al supporto nella scelta di vestiti e cappellini, ma di fungere in modo attivo da insegnante nell’arte d’amare. Il marito è troppo impegnato, troppo preso dagli affari? Il cicisbeo educherà prima e intratterrà poi la signora -meglio se giovane e alle prime armi- introducendola alle delizie dell’eros. Le pratiche descritte sono veramente interessanti, anche se molte rasentano il virtuosismo acrobatico, nelle loro più estreme variazioni. Il Dellacasa mostrava poi una certa inclinazione verso l'uso del frustino, asserendo convintamente che la pratica di questo strumento, sulle bianche carni delle signore, esaltasse il piacere nel coito.
Luca leggeva divertito, ma si accorse che ciò che l’eccitava, molto più di quella lettura, era il pensiero della bibliotecaria che trovava il testo “arguto”.
Il giorno dopo, si presentò in biblioteca e si infilò subito nell’ufficietto dei prestiti al pubblico.
Entrò e vide che era sola.
“Buon giorno signorina, ho letto d’un fiato il libretto di Dellacasa. L’ho trovato anch’io molto arguto, sa?”
“Davvero? Mi risulta che a non tutti piaccia. Il fatto che anche lei, come me, riesca a trovare quel testo, a volte eccessivo, interessante e arguto, mi porta a pensare che lei ed io si abbia qualcosa in comune.”
“Lo penso anch’io!” fece Luca con una punta di eccessivo entusiasmo nella voce.
Si guardarono negli occhi, con il bancone di mezzo. Ci fu un silenzio di qualche secondo.
“Posso approfittare della nostra affinità in campo letterario e della sua gentilezza?”
“Credo proprio di sì, signorina!” fece lui con un'ottava di troppo.
“Visto che lei mi sembra, a vedersi, un tipo sportivo, potrebbe aiutarmi nel ricollocare un pesante tomo su uno di questi scaffali?”
“Certo, sono al suo servizio!” disse Luca, tralasciando di aggiungere “come un cicisbeo di Dellacasa…”
La ragazza uscì da un lato del bancone, mise un cartello “chiuso” alla porta, e portò Luca in uno stanzone che fungeva da grande magazzino, zeppo di libri di ogni genere.
Per farla breve, nel magazzino i due misero in pratica una bella porzione degli insegnamenti presenti nel libro. Non avendo il frustino, Luca dovette sculacciare la signorina fin quasi a spellarsi le mani, ma scoparono in diversi modi con estrema soddisfazione di entrambi. Prima di lasciare la biblioteca, dopo diverse ore passate in una eccentrica e ininterrotta rilettura, Luca passò dagli scaffali e raccolse furbescamente un libello in prestito, che si preannunciava dal titolo come estremamente interessante: “La porta più nascosta dell’ancella” di tale Salvatore Cafierodimonte, un abate che, in Francia, ebbe nomea più di libertino ed erotomane che di uomo di chiesa.
Glielo porse: “Ehm… Signorina, chiederei in prestito questo libro.”
“Ottima scelta, impegnativa ma ottima. Richiede una certa, come dire... applicazione, sa? Però, sicuramente ne vale la pena… Se lo legga tutto d’un fiato, ma lo riporti a me entro domani, meglio se verso la chiusura, così potremo attardarci a discuterne con calma…”
All’indomani, Luca si presentò con uno zainetto dietro le spalle, alle sei della sera. Consegnò il libro alla biondina, che aveva un vestitino veramente poco castigato e che lui lesse come un messaggio foriero di delizie.
I due nemmeno parlarono. Lei chiuse al pubblico la porta dell’ufficietto, si fece seguire nella specie di enorme magazzino dalle mille scaffalature, e solo lì i due si abbracciarono, si spogliarono e, una volta tirati fuori alcuni flaconcini dallo zainetto, debitamente riempiti di unguenti, iniziarono a mettere in pratica i mille dettami del buon Salvatore Cafierodimonte. La signorina, di nome Bianca, esattamente come la sua carnagione, si impegnò a seguire la scienza del dotto abate e stette per buona parte della serata -e della nottata- a pecorina, con un impegno ed una dedizione encomiabili rivolti alla lettura e interpretazione del testo, col solo intento di fare onore a quel libro.
I due si fidanzarono dopo neanche una settimana e dopo un anno andarono a vivere insieme.
Tra gli amici che frequentavano la loro casa, era opinione comune, che Bianca e Luca avessero una straordinaria biblioteca erotica, per quantità e qualità dei libri. Una biblioteca veramente straordinaria.
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