Ragazza nuda su cima dolomitica
di
Yuko
genere
esibizionismo
Una cima dolomitica secondaria, sopra Moena, nel gruppo del Latemar.
Proprio sulla vetta del Sas da Ciamp, a 2193 metri giace una ragazza nuda, lì ormai da molto tempo.
Una scultura in legno che riproduce una donna giovane (ma maggiorenne), capelli lunghi, vezzosamente sdraiata ed esposta ai raggi solari.
Si gode il panorama, verrebbe da dire, rivolta verso sud, in piena esposizione solare.
Passano le stagioni, il freddo e la neve, la pioggia e il vento, eppure lei se ne resta bel bella lassù, a gradire i raggi del sole, quando questo si impone sulle perturbazioni atmosferiche, sul freddo e sul vento.
Ormai da qualche anno la ritrovo sempre lì, sempre sorridente, sempre lascivamente sdraiata, con quel suo braccio dietro la testa, il petto nudo, senza il minimo imbarazzo.
Espone il suo bel seno, formoso e sodo. Posso garantire sulla consistenza in quanto, non potendo resistere alla tentazione, ben sicura di non essere vista da nessuno, quelle tette gliele ho prese in mano, prima una e poi l'altra.
Marmo.
Le cosce sono ben tornite, accavallate a livello delle caviglie, i piedi nudi.
La ragazza in legno di larice non si depila e quindi, suppongo, neanche la modella.
Lo scultore ha reso molto bene il pelo arricciato sul pube, morbida seta sulla dolce sporgenza del monte di Venere.
I fianchi sono snelli, intorno a un ventre solo leggermente bombato.
Ma l'altra mano...
La prima mano è dietro alla testa e facilita l'inarcamento del petto, che sporge esaltando due belle mele del Trentino.
L'altra mano... sì.
Non si può sbagliare e lo scultore non voleva lasciare adito ad altre interpretazioni.
Il braccio è appoggiato sul ventre, ma senza nascondere il grazioso ombelico.
La mano allunga le dita tra le cosce.
Non copre il morbido pelo, ma le dita sono appoggiate proprio lì, dove né l'occhio né tanto meno la mano dell'alpinista che ha raggiunto la vetta potrà mai posarsi.
È inutile avvicinarsi per guardare meglio, per cogliere qualche piccante particolare della vulva. Neanche un accenno alla morbida protrusione delle sugose grandi labbra che possiamo solo immaginare, umide di piacere e desiderose, pronte per un tocco più profondo.
Questa parte nascosta è appannaggio di quelle dita che, immobili, si infilano tra le cosce e qui stazionano senza più spostarsi.
Passano i giorni, le settimane, i mesi e persino le stagioni, e quella mano, quelle dita restano sempre lì, a toccarsela.
Non c'è pioggia, né freddo, né vento che tenga, e nemmeno la neve invernale.
Prima o poi il sole sorriderà nuovamente a questa Venere scolpita in legno di larice; ma comunque vadano le cose, comunque giri il mondo, lei, la ragazza (maggiorenne) continua e sempre continuerà a toccarsela, sotto gli occhi di chiunque o soltanto per sé stessa.
Sorridente, quelle tette esposte, ostentate, quel ventre irresistibile e quelle cosce da leccare e da mordere.
E soprattutto quella mano in quel gesto eterno, instancabile, insaziabile.
La Venere di larice, in cima alla montagna se la tocca e continuerà a sorridere e godere, alla faccia di tutti e per la gioia di tutti.
Lei, qui, oggi, come pure la Venere di Botticelli o la Danae di Klimt.
Donne ritratte nell'atto di darsi piacere, per la gioia e la soddisfazione di chiunque avrà la possibilità di ammirarle e desiderarle.
Una semplice scultura in legno.
Una cima di roccia carbonatica, una vetta minore ai confini meridionali delle Dolomiti.
Proprio sulla vetta del Sas da Ciamp, a 2193 metri giace una ragazza nuda, lì ormai da molto tempo.
Una scultura in legno che riproduce una donna giovane (ma maggiorenne), capelli lunghi, vezzosamente sdraiata ed esposta ai raggi solari.
Si gode il panorama, verrebbe da dire, rivolta verso sud, in piena esposizione solare.
Passano le stagioni, il freddo e la neve, la pioggia e il vento, eppure lei se ne resta bel bella lassù, a gradire i raggi del sole, quando questo si impone sulle perturbazioni atmosferiche, sul freddo e sul vento.
Ormai da qualche anno la ritrovo sempre lì, sempre sorridente, sempre lascivamente sdraiata, con quel suo braccio dietro la testa, il petto nudo, senza il minimo imbarazzo.
Espone il suo bel seno, formoso e sodo. Posso garantire sulla consistenza in quanto, non potendo resistere alla tentazione, ben sicura di non essere vista da nessuno, quelle tette gliele ho prese in mano, prima una e poi l'altra.
Marmo.
Le cosce sono ben tornite, accavallate a livello delle caviglie, i piedi nudi.
La ragazza in legno di larice non si depila e quindi, suppongo, neanche la modella.
Lo scultore ha reso molto bene il pelo arricciato sul pube, morbida seta sulla dolce sporgenza del monte di Venere.
I fianchi sono snelli, intorno a un ventre solo leggermente bombato.
Ma l'altra mano...
La prima mano è dietro alla testa e facilita l'inarcamento del petto, che sporge esaltando due belle mele del Trentino.
L'altra mano... sì.
Non si può sbagliare e lo scultore non voleva lasciare adito ad altre interpretazioni.
Il braccio è appoggiato sul ventre, ma senza nascondere il grazioso ombelico.
La mano allunga le dita tra le cosce.
Non copre il morbido pelo, ma le dita sono appoggiate proprio lì, dove né l'occhio né tanto meno la mano dell'alpinista che ha raggiunto la vetta potrà mai posarsi.
È inutile avvicinarsi per guardare meglio, per cogliere qualche piccante particolare della vulva. Neanche un accenno alla morbida protrusione delle sugose grandi labbra che possiamo solo immaginare, umide di piacere e desiderose, pronte per un tocco più profondo.
Questa parte nascosta è appannaggio di quelle dita che, immobili, si infilano tra le cosce e qui stazionano senza più spostarsi.
Passano i giorni, le settimane, i mesi e persino le stagioni, e quella mano, quelle dita restano sempre lì, a toccarsela.
Non c'è pioggia, né freddo, né vento che tenga, e nemmeno la neve invernale.
Prima o poi il sole sorriderà nuovamente a questa Venere scolpita in legno di larice; ma comunque vadano le cose, comunque giri il mondo, lei, la ragazza (maggiorenne) continua e sempre continuerà a toccarsela, sotto gli occhi di chiunque o soltanto per sé stessa.
Sorridente, quelle tette esposte, ostentate, quel ventre irresistibile e quelle cosce da leccare e da mordere.
E soprattutto quella mano in quel gesto eterno, instancabile, insaziabile.
La Venere di larice, in cima alla montagna se la tocca e continuerà a sorridere e godere, alla faccia di tutti e per la gioia di tutti.
Lei, qui, oggi, come pure la Venere di Botticelli o la Danae di Klimt.
Donne ritratte nell'atto di darsi piacere, per la gioia e la soddisfazione di chiunque avrà la possibilità di ammirarle e desiderarle.
Una semplice scultura in legno.
Una cima di roccia carbonatica, una vetta minore ai confini meridionali delle Dolomiti.
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