Godere al congresso. Seconda parte

di
genere
tradimenti

- Eugenia, ho necessità della tua competenza e del tuo intuito. Non ci sono discussioni, vai tu.
- Se non possono esserci discussioni non mi rimane che ubbidire -. Era un’accettazione che mi riempiva di orgoglio, perché era un riconoscimento delle mie qualità professionali.
Nell’ambito di scambi interaziendali fui così inviata a visitare una giovane e dinamica azienda del Sud di cui il mio gruppo valutava l’acquisizione. A questo impegno sarebbe seguito un breve convegno e pertanto sarei rimasta fuori sede tre giorni. La visita fu proficua e furono avviati i primi colloqui in vista di futuri sviluppi. Tra i componenti della delegazione che ci faceva da guida nella visita alla struttura fui colpita da Salvatore, Toto, un giovane di venticinque anni, fisico possente - giocava a rugby in serie B - volto bello con espressione strafottente che si dava arie da manager quando in realtà era poco più che uno stagista. Certo sembrava il tipo che non aveva problemi a portarsi a letto ragazze che si sarebbero trovate rapidamente il suo uccello fra le cosce o in bocca, senza tante tenerezze.
Queste sue caratteristiche animalesche lungi dal costituire un problema, risvegliavano in me un’attrazione irresistibile in questo contesto lontano dalle mie abitudini consolidate. L’esperienza fatta per la prima volta* in cui ho tradito mio marito non ha cambiato in sostanza la mia vita familiare, ma ha ridestata una voglia inconscia di godere a pieno della mia sessualità e pertanto non esitare a cogliere le occasioni che si sarebbero potute presentare. Toto cercò ben presto di abbordarmi, senza classe ed eleganza, in verità: forse era spinto dall’ampliare la sua collezione con una preda più matura - sia pur appetitosa, lo dico senza falsa modestia - di quelle che si portava solitamente a letto. Riteneva forse di trarne un qualche vantaggio in termini di carriera, ma qui si sbagliava, apparendomi fin dai primi approcci non particolarmente brillante.
Il suo sguardo spermatico su di me che mi spogliava, mi valutava, il suo ostinato cercare la mia vicinanza, tuttavia non mi lasciarono per nulla indifferente e, il risvegliarsi di certe pulsioni unitamente al desiderio di una fugace liaison con un uomo di vent’anni più giovane di me, mi spinse a manifestare una discreta, ma franca disponibilità a lasciarmi corteggiare: Toto una volta percepitolo nel suo rozzo cervello, iniziò a marcarmi stretta. Fortunatamente i due dirigenti che formavano con me la nostra delegazione, totalmente assorbiti nello svolgere scrupolosamente il loro compito, non notarono nulla, consentendomi una libertà nei miei comportamenti.
La sera ci fu una cena in un delizioso ristorante in nostro onore. Indossavo un tubino nero corto sopra il ginocchio, sandali Chanel con tacco 8: l’effetto finale era decisamente sexy e riscosse un buon successo e commenti di approvazione. Il mio cicisbeo mi stava incollato come una cozza sbavante e tanto fece, tanto brigò che riuscì a sedersi di fronte a me a tavola. Per fortuna le pietanze erano squisite, i vini di grande qualità - feci onore alle une e agli altri - perché il bel Toto non era un gran conversatore e i suoi argomenti erano assolutamente noiosi, i suoi tentativi di essere simpatico, fallimentari. Assodato ciò il giovanotto non mi interessava certo per le sue (inesistenti) qualità intellettuali, ma era mia intenzione di servirmi di quel suo giovane, muscoloso corpo e concedermi una divertente evasione. Toto e io per la nostra collocazione all’estremità del tavolo, che si era frammentato in gruppi che discutevano animatamente, potevamo godere di una discreta libertà d’iniziativa per una nostra relativa e - per noi opportuna - emarginazione. Lui contrariamente a quanto avessi pensato però si dimostrava goffo, bloccato e intimidito. Le luci soffuse, una certa disinibizione operata dalla libagione spinsero la mia ormai impaziente voglia di farmi sbattere, a prendere l’iniziativa.
Avvicinai il più possibile la sedia al tavolo per ridurre al minimo la distanza fra noi, feci scivolare un piede nudo fuori dalla calzatura e lo appoggiai sulla sua gamba destra in un’erotica carezza. Ebbe un sussulto, ma rimase immobile mentre risalivo verso l’alto. Ne sostenni lo sguardo mentre gli appoggiavo pianta e dita in mezzo alle sue cosce riscontrando che qualcosa lì lievitava.
- Vediamo come “Big Jim” reagisce - pensai curiosa.
Reagì.
La sua manona destra scattò a imprigionare il mio piedino in una ferrea morsa che avrebbe potuto stritolarlo ma si rivelò calda e gentile. La sua mano sinistra sbottonò la patta dei pantaloni facendomi trovare ad aspettare un bel cazzo dritto e duro. La pianta morbida e le dita del mio piede accarezzarono quell’asta dapprima con calma e poi più velocemente. Mi stavo appassionando. Non credo che le nostre manovre sarebbero state ignorate ancora per molto, eccitati sempre più, quando fummo riportati alla alla realtà da una voce.
- Bene signori, grazie per la nostra bella serata, ma non vorremmo tirare troppo tardi visto che ci aspetta una giornata impegnativa congressuale -. Così il nostro ospite poneva fine alla cena e ai nostri giochi erotici.
Un taxi accompagnò il nostro piccolo gruppo di tre persone in albergo.
Delusa, ripensavo in camera all’occasione persa, anche se non avevo peso tutte le speranze rimanendo ancora un paio di giorni prima di tornare a casa. In attesa di rilassarmi con una doccia calda, tentai di stemperare la frustrazione, di scaricare la tensione per quell’inizio carico di promesse malauguratamente, bruscamente interrotto: portai le dita sulla mia figa, tra le grandi labbra e le introdussi nella piacevole umidità. Ero già immersa in questa gradevole atmosfera autoerotica, quando udii bussare alla porta. Vestita solo dell’accappatoio, che indossai in fretta e furia , mi avvicinai alla porta.
- Chi è?
- Sono Toto, Eugenia, apri per favore.
Lo feci entrare con il cuore che correva, e con il respiro accelerato. Il corridoio era fortunatamente deserto. Si accorse del mio imbarazzo ma, credo, fosse sicuro di quanta voglia avessi di concedermi.
- Il portiere di notte è un amico e mi ha fatto entrare rivelandomi anche il numero della tua stanza. Scusa per l’ora un po’ tarda, ma a tavola avevi iniziato un discorso, tramite i tuoi piedini, che non ho compreso e non posso aspettare fino a domani per chiarire i miei dubbi assillanti.
Mi accorsi che i suoi occhi fissavano le mie prosperose mammelle che facevano generosamente mostra di sé dall’accappatoio che mi si era aperto. Cercai di accostare i lembi dell’accappatoio, ma il mio gesto pudico risultava poco credibile. Le mani mi tremavano: strano, avevo desiderato e favorito questo momento, ma ora ero emozionata e irrazionalmente perfino timorosa.
Mi si avvicinò, mi baciò e senza tante cerimonie mi strappò di dosso l’accappatoio.
- Caspita -, mi squadrò sorridendo - ancora meglio del previsto.
Toto non perse tempo e mi possedette con la stessa grinta e ferocia che, di certo, esercitava nel pacchetto di mischia delle sue sfide rugbistiche: stesa sul letto dopo avermi leccato la figa traboccante di miele, con i suoi muggiti e i miei miagolii che si fondevano, bloccati i miei polsi mi penetrò selvaggiamente con il suo vigore di giovane uomo unito alla spinta potente dei suoi lombi muscolosi.
Non c’era nulla di dolce in quella chiavata, ma godevo incredibilmente sballottata da quella furia lussuriosa e instancabile, nel sentirmi un puro oggetto che veniva utilizzato ad esclusivo favore del suo piacere, di sentirmi una dissoluta, un’autentica troia. Mi agitavo, urlavo e gemevo e nell’esaltazione erotica non ricordo il numero di quanti orgasmi raggiunsi prima che lui si svuotasse dentro di me. Che differenza con gli amplessi domestici con mio marito ormai monotoni e sempre meno esaltanti!
Sdraiati sulle lenzuola prendemmo fiato, ma la notte era lunga. Presi allora in bocca il suo cazzo nerboruto, leccandolo, insalivandolo e ingoiandolo: il gradimento di Toto era dimostrato dai suoi muggiti e ansiti. Il mio lavoro sapiente e la sua giovinezza ridiedero vitalità prodigiosa a quel cazzo. Considerai che la mia oscena insaziabilità non era seconda a quella di lui.
La seconda volta l’assalto fu meno rapido e potente ma, più calmo e creativo. Pieno d’iniziativa il giovane si divertiva a cambiare posizione e il suo cazzo mi pulsava dentro martellandomi. La mia figa era un frutto fradicio di piacere i cui succhi assieme allo sperma, colando, inzuppavano i lenzuoli. Le mie grosse tette venivano impastate freneticamente dalle sue mani e succhiate dalla sua bocca. Ero costretta, per non urlare e farmi udire dall’albergo intero, a mordere le lenzuola. Dopo una pausa in cui rimanemmo abbracciati, baciandoci e leccandoci come bestie, mi sussurrò una proposta non del tutto inattesa. Sapevo di possedere un culo splendido e non mi meravigliai quando mi chiese di concederglielo. Ero stremata e più che appagata ma, ammirata da quella giovane, traboccante e inesauribile energia, glielo concessi. Suppongo lui lo facesse per sancire il pieno dominio su di me - e forse anche vantarsene in seguito -, ma ne ero contenta perché mi eccitava la condizione di essere usata, dominata da quel giovane e primordiale maschio.
Mi sfondò il culo con spinte la cui forza via via scemò a causa della stanchezza a cui, anche una carne giovane, deve prima o poi assoggettarsi. Accolsi con sollievo lo scaricarsi del suo seme nelle mie viscere e, spossata ma rilassata, mi addormentai fra quelle lenzuola odorose di sesso, macchiate dai nostri umori che avevano impresso il loro sigillo a quella notte di bollente lussuria.

* Godere al congresso.
di
scritto il
2022-11-16
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