La ragazza con la pelle di seta e gli occhi roventi – v parte
di
IlCavaliereOscuro
genere
etero
Lei era lì, seduta su quel tavolo, con la mia mano sul suo seno e le sue mani sulla mia, il respiro corto e veloce. La testa reclinata all'indietro e gli occhi socchiusi, in balìa di chissà quali emozioni e sensazioni, come una piccola barca nel mare in tempesta.
Io la guardavo e la ascoltavo, mentre il mio corpo tremava in ogni sua fibra, in preda all'eccitazione portata all'estremo da quella situazione. La mia mano saggiava quel terreno morbido, bollente, lo sentiva sotto la stoffa mentre il suo capezzolo spuntava ammorbidito dal vestito, puntando sulla mia mano come un piccolo chiodo dolce. Le sue mani premevano la mia, ed io premevo il suo seno, mentre lei gemeva sottovoce.
Poi con una mano sollevò leggermente la gonna del vestito, scoprendo altra pelle. Comparvero due gambe tornite, armoniose, aggraziate, leggermente divaricate giusto lo spazio per consentire al mio corpo di essere tra di loro. Mentre con una mano premevo il suo seno i miei occhi rimasero calamitati da quella vista, sulla quale appoggiai l'altra mano. Da ginocchio la feci risalire lentamente verso la coscia e sentii il suo respiro aumentare. Non so come ci riuscii a farlo piano, mentre l'altra mano accarezzava quel seno che mi stava facendo impazzire.
Tremavo. Ansimavo. Bramavo. Avrei voluto toglierle tutto, averla nuda davanti ai miei occhi, guardarla mentre la accarezzavo, ascoltarla mentre posavo la mia bocca e la mia lingua su di lei, e poi sentire le sue mani sul mio corpo, avide di contatto, volevo sentirle sulla mia schiena e la sua bocca sul mio collo, volevo mi esplorasse, mi prendesse. Non resistevo più.
Quando la mia mano fu infine sul suo culo feci una leggera pressione verso di me e lei con un scatto mi circondò con le gambe. Le mie mani volarono sotto il suo vestito mentre i nostri corpi si avvinghiavano come l'edera su un tronco, mentre sentivo la sua pelle sotto le mie mani. Solo i vestiti dividevano la mia erezione dalla sua porta del paradiso, ma nonostante questo i nostri movimenti erano quelli di due persone che cercano il piacere e l'orgasmo, che lo pretendono. Appoggiavo la mia erezione a lei, e lei spingeva come se volesse strappare ogni fragile barriera se si frapponeva tra noi.
Mi guardò con gli occhi di fiamma e il viso accaldato, le guance arrossate. Mi bruciò l'anima con il suo sguardo quando mi sussurrò a fatica:
«Le tette.. ti prego..»
In un attimo le mie mani lasciarono la sua schiena per andare lì, su entrambi i seni, e stringere quei monti di meravigliosa estasi, pizzicandone i capezzoli e accarezzandoli mentre i nostri corpi continuavano a danzare al ritmo di un piacere tanto agognato. Erano turgidi, accesi di splendido desiderio. Li avrei presi tra le labbra per succhiarli dolcemente, per giocarci con la lingua, come avevo immaginato di fare tante volte.
E stavo per farlo quando lei mi strinse a sé. Le sue gambe e le sue braccia mi circondavano senza via d'uscita, mentre si muoveva più decisa, si spingeva contro il mio corpo teso, fiammeggiante, eretto. La mia bocca era vicina al suo orecchio e la sua vicina al mio. Gemevo piano e lei faceva altrettanto, muovendosi più veloce. Il suo corpo non si staccava mai realmente dal mio, o forse non ne avevamo le distanze, ma sentivo il suo calore attraverso i miei jeans, troppo stretti per quel momento di grazia.
La sua presa divenne una morsa, i movimenti quasi inconsulti. Nel mio orecchio sentii la sua voce, come un sussurro di vento caldo:
«Io..»
ma non riuscì a finire la frase. Dopo un altro paio di movimenti, di scontri con il mio corpo mi strinse così forte che credevo mi avrebbe spezzato a metà, mentre i suoi gemiti uscivano trattenuti dalle sue labbra. Il suo respirò si fermò per un momento e ribaltò la testa all'indietro, gli occhi fissi sul soffitto, mentre la sua stretta raggiunse l'apice della forza per poi rilassarsi.
Il suo respiro ora era affannato mentre il suo corpo si distendeva, gli occhi semichiusi e le guance arrossate. In quel momento capii che se mi avesse accolto in lei mi sarei perso senza più ritrovarmi.
Io la guardavo e la ascoltavo, mentre il mio corpo tremava in ogni sua fibra, in preda all'eccitazione portata all'estremo da quella situazione. La mia mano saggiava quel terreno morbido, bollente, lo sentiva sotto la stoffa mentre il suo capezzolo spuntava ammorbidito dal vestito, puntando sulla mia mano come un piccolo chiodo dolce. Le sue mani premevano la mia, ed io premevo il suo seno, mentre lei gemeva sottovoce.
Poi con una mano sollevò leggermente la gonna del vestito, scoprendo altra pelle. Comparvero due gambe tornite, armoniose, aggraziate, leggermente divaricate giusto lo spazio per consentire al mio corpo di essere tra di loro. Mentre con una mano premevo il suo seno i miei occhi rimasero calamitati da quella vista, sulla quale appoggiai l'altra mano. Da ginocchio la feci risalire lentamente verso la coscia e sentii il suo respiro aumentare. Non so come ci riuscii a farlo piano, mentre l'altra mano accarezzava quel seno che mi stava facendo impazzire.
Tremavo. Ansimavo. Bramavo. Avrei voluto toglierle tutto, averla nuda davanti ai miei occhi, guardarla mentre la accarezzavo, ascoltarla mentre posavo la mia bocca e la mia lingua su di lei, e poi sentire le sue mani sul mio corpo, avide di contatto, volevo sentirle sulla mia schiena e la sua bocca sul mio collo, volevo mi esplorasse, mi prendesse. Non resistevo più.
Quando la mia mano fu infine sul suo culo feci una leggera pressione verso di me e lei con un scatto mi circondò con le gambe. Le mie mani volarono sotto il suo vestito mentre i nostri corpi si avvinghiavano come l'edera su un tronco, mentre sentivo la sua pelle sotto le mie mani. Solo i vestiti dividevano la mia erezione dalla sua porta del paradiso, ma nonostante questo i nostri movimenti erano quelli di due persone che cercano il piacere e l'orgasmo, che lo pretendono. Appoggiavo la mia erezione a lei, e lei spingeva come se volesse strappare ogni fragile barriera se si frapponeva tra noi.
Mi guardò con gli occhi di fiamma e il viso accaldato, le guance arrossate. Mi bruciò l'anima con il suo sguardo quando mi sussurrò a fatica:
«Le tette.. ti prego..»
In un attimo le mie mani lasciarono la sua schiena per andare lì, su entrambi i seni, e stringere quei monti di meravigliosa estasi, pizzicandone i capezzoli e accarezzandoli mentre i nostri corpi continuavano a danzare al ritmo di un piacere tanto agognato. Erano turgidi, accesi di splendido desiderio. Li avrei presi tra le labbra per succhiarli dolcemente, per giocarci con la lingua, come avevo immaginato di fare tante volte.
E stavo per farlo quando lei mi strinse a sé. Le sue gambe e le sue braccia mi circondavano senza via d'uscita, mentre si muoveva più decisa, si spingeva contro il mio corpo teso, fiammeggiante, eretto. La mia bocca era vicina al suo orecchio e la sua vicina al mio. Gemevo piano e lei faceva altrettanto, muovendosi più veloce. Il suo corpo non si staccava mai realmente dal mio, o forse non ne avevamo le distanze, ma sentivo il suo calore attraverso i miei jeans, troppo stretti per quel momento di grazia.
La sua presa divenne una morsa, i movimenti quasi inconsulti. Nel mio orecchio sentii la sua voce, come un sussurro di vento caldo:
«Io..»
ma non riuscì a finire la frase. Dopo un altro paio di movimenti, di scontri con il mio corpo mi strinse così forte che credevo mi avrebbe spezzato a metà, mentre i suoi gemiti uscivano trattenuti dalle sue labbra. Il suo respirò si fermò per un momento e ribaltò la testa all'indietro, gli occhi fissi sul soffitto, mentre la sua stretta raggiunse l'apice della forza per poi rilassarsi.
Il suo respiro ora era affannato mentre il suo corpo si distendeva, gli occhi semichiusi e le guance arrossate. In quel momento capii che se mi avesse accolto in lei mi sarei perso senza più ritrovarmi.
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