Io e il mio amico - Parte II
di
IlCavaliereOscuro
genere
bisex
Sapevo che sarebbe successo di nuovo, dovevo solo capire ed aspettare quando. Nonostante fosse passato diverso tempo da quella volta sotto la doccia nello spogliatoio, quell'esperienza era rimasto un pensiero costante nella mia mente. Non sempre, ma buona parte delle volte che mi ritrovavo eccitato era perché stavo ripensando a quel momento con lui, mentre ci davamo piacere a vicenda sotto l'acqua calda. Un momento spontaneo e inaspettato, che si era concluso con quel suo "Voglio rifarlo".
Ed io avevo aspettato che fosse lui a chiedermelo. Non volevo essere insistente, o avevo il timore che si facesse un'idea sbagliata del nostro rapporto ormai mutato, anche se nessuno dei due lo diceva.
Poi la volta si presentò quando una mattina mi chiese se fossi libero e di raggiungerlo a casa sua. Entrambi vivevamo con i genitori ma i suoi lavoravano tutto il giorno e non sarebbero rientrati fino a sera. E' inutile negare che la mia mente corse subito a quel pensiero. "Ci siamo", pensai.
Non era la prima volta che andavo a casa sua e che passavamo del tempo insieme da soli. Era successo un'infinità di volte ma stavolta sapevo che sarebbe stato diverso.
Mi accolse sulla porta di casa in tuta, una tuta bianca che portava spesso. La sua corporatura esile si intravedeva nonostante fosse ammorbidita dai vestiti. Si incamminò verso la sala ed io lo seguii.
Si sedette sul divano e mi guardò, in piedi davanti a lui.
"Siediti, non ti mangio mica!", disse ridendo.
Io sorrisi e mi sedetti sul divano, poco distante da lui.
Entrambi cercavamo qualcosa da dire ma a nessuno venne in mente nulla di intelligente. Entrambi fuggivamo dallo sguardo dell'altro, ma ci guardavamo. Con una mano lui si sistemò velocemente i pantaloni della tuta esattamente tra le gambe ed il mio sguardo corse lì per una frazione di secondo. Lui lo notò.
"Ci hai più pensato?" mi chiese.
"A cosa?", chiesi io facendo il finto tonto.
"Lo sai scemo! Alla doccia", rispose.
Io annuii. "Si. E tu?"
"Anche io, e mi è venuto duro. Ti sei segato?".
"Si".
"Anche io e sono venuto".
Quell'ammissione mi colse in contropiede. Non me l'aspettavo, anche se in parte l'avevo sperato, ma bastò quello per farmi avvampare. Sentivo l'eccitazione che iniziava a salire e notai che anche la sua stava facendo lo stesso. Ci fu un attimo di silenzio e poi presi coraggio.
"Vuoi rifarlo?" gli chiesi. Lui sorrise.
"Si. Tu?"
"Si" risposi. D'un tratto mi scoprii impazienze. "Come vuoi cominciare?"
Lui appoggiò la sua mano tra le mie gambe, sul pacco. Indossavo un paio di jeans che si erano rimpiccioliti improvvisamente. Io feci lo stesso con lui, posando la mia mano sul cavallo dei pantaloni della sua tuta. Era duro, tanto, ed anche il mio lo era.
Cercai di prenderlo in mano senza riuscirci, così la infilai sotto l'elastico dei pantaloni. Lui ansimò, mentre muoveva la sua mano su di me.
"Tiralo fuori" mi disse.
Non me lo feci ripetere un'altra volta. In un attimo avevo calato i jeans, tenendo però i boxer. Lui si alzò in piedi e fece lo stesso. Mi misi di fronte a lui: guardavo la sua erezione nascosta dai boxer che sembravano pronti ad esplodere tanto erano gonfi, non vedendo l'ora di vedere oltre.
Poi mi si avvicinò e posò la sua mano su di me, prendendomi il cazzo nella mano.
Non potei fare a meno di gemere.
Ed io avevo aspettato che fosse lui a chiedermelo. Non volevo essere insistente, o avevo il timore che si facesse un'idea sbagliata del nostro rapporto ormai mutato, anche se nessuno dei due lo diceva.
Poi la volta si presentò quando una mattina mi chiese se fossi libero e di raggiungerlo a casa sua. Entrambi vivevamo con i genitori ma i suoi lavoravano tutto il giorno e non sarebbero rientrati fino a sera. E' inutile negare che la mia mente corse subito a quel pensiero. "Ci siamo", pensai.
Non era la prima volta che andavo a casa sua e che passavamo del tempo insieme da soli. Era successo un'infinità di volte ma stavolta sapevo che sarebbe stato diverso.
Mi accolse sulla porta di casa in tuta, una tuta bianca che portava spesso. La sua corporatura esile si intravedeva nonostante fosse ammorbidita dai vestiti. Si incamminò verso la sala ed io lo seguii.
Si sedette sul divano e mi guardò, in piedi davanti a lui.
"Siediti, non ti mangio mica!", disse ridendo.
Io sorrisi e mi sedetti sul divano, poco distante da lui.
Entrambi cercavamo qualcosa da dire ma a nessuno venne in mente nulla di intelligente. Entrambi fuggivamo dallo sguardo dell'altro, ma ci guardavamo. Con una mano lui si sistemò velocemente i pantaloni della tuta esattamente tra le gambe ed il mio sguardo corse lì per una frazione di secondo. Lui lo notò.
"Ci hai più pensato?" mi chiese.
"A cosa?", chiesi io facendo il finto tonto.
"Lo sai scemo! Alla doccia", rispose.
Io annuii. "Si. E tu?"
"Anche io, e mi è venuto duro. Ti sei segato?".
"Si".
"Anche io e sono venuto".
Quell'ammissione mi colse in contropiede. Non me l'aspettavo, anche se in parte l'avevo sperato, ma bastò quello per farmi avvampare. Sentivo l'eccitazione che iniziava a salire e notai che anche la sua stava facendo lo stesso. Ci fu un attimo di silenzio e poi presi coraggio.
"Vuoi rifarlo?" gli chiesi. Lui sorrise.
"Si. Tu?"
"Si" risposi. D'un tratto mi scoprii impazienze. "Come vuoi cominciare?"
Lui appoggiò la sua mano tra le mie gambe, sul pacco. Indossavo un paio di jeans che si erano rimpiccioliti improvvisamente. Io feci lo stesso con lui, posando la mia mano sul cavallo dei pantaloni della sua tuta. Era duro, tanto, ed anche il mio lo era.
Cercai di prenderlo in mano senza riuscirci, così la infilai sotto l'elastico dei pantaloni. Lui ansimò, mentre muoveva la sua mano su di me.
"Tiralo fuori" mi disse.
Non me lo feci ripetere un'altra volta. In un attimo avevo calato i jeans, tenendo però i boxer. Lui si alzò in piedi e fece lo stesso. Mi misi di fronte a lui: guardavo la sua erezione nascosta dai boxer che sembravano pronti ad esplodere tanto erano gonfi, non vedendo l'ora di vedere oltre.
Poi mi si avvicinò e posò la sua mano su di me, prendendomi il cazzo nella mano.
Non potei fare a meno di gemere.
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