L’s story. Capitolo 1/B (è difficile accettarsi)
di
Laras
genere
dominazione
Tornando ad abbassare il visino rispondo: “In… in questo momento sono nervosa, Padrone, e provo vergogna mista ad eccitazione; da una parte vorrei andarmene, dall’altra sto ripensando a tutte le raccomandazioni che mi ha fatto Luigi… e… insomma… se è abbastanza contento di me… potremmo continuare”
Resta in silenzio nella parte buia, forse per darmi il tempo di abituarmi. Aspetta che io finisca anche il secondo bicchiere.
A. “Bene, ora sdraiati sulla scrivania, voglio esaminarti.”
Spegne i faretti e ne accende un altro sopra la scrivania; questo mi obbliga a chiudere gli occhi, forse in modo da non farmi subito vedere che sono esaminata da lui, fino a pochi giorni prima un perfetto estraneo.
A. “A letto cosa sai fare bene e cosa male? Rispondi sinceramente perché se dici di sapere fare bene una cosa e poi non è vero ti punirò.”
Mentre penso a cosa rispondere, sento le sue mani grandi cominciare ad esaminarmi e accarezzarmi dolcissimamente in tutto il corpo: il collo, il viso, il seno, le gambe; sembra voler valutare e conoscere ogni parte delle sue schiave, ogni odore, ogni neo.
Parlo, dapprima quasi un sussurro: “Con la bocca ritengo di essere abbastanza brava… ma sicuramente potrei migliorare, riesco ad accogliere completamente anche un pene grande. Lo so perché, anche se Luigi ha un pene piccolo, ho avuto fidanzati con un pene molto più grande del suo. Trovo un gesto d’amore leccare a lungo il pene del partner e se il fidanzato lo chiede mando giù il suo seme: però ho paura delle malattie e non vorrei farlo con altre persone”.
Non risponde, lascia che io prenda confidenza: ora la mia voce è quasi normale.
L. “Sono abbastanza brava anche a fare l’amore ma siccome ho paura di far qualcosa che dispiace al partner non ho iniziativa: preferisco che sia lui a decidere cosa e come fare. Essere insicura non vuol dire essere frigida: sono molto sensibile durante l’amore e non ho mai avuto problemi di orgasmo”.
Mi accarezza delicatissimo: le coccole mi fanno effetto.
L. “Il mio sederino lo han voluto tutti i fidanzati, ma a volte è stato doloroso. Credo che dipenda dall’esperienza che ha il partner. Io non sono molto esperta ma penso di poter migliorare. Sono però stata intimorita dai vostri discorsi sulla doppia penetrazione”
Tace ancora, mi sorride… sì, ora Adelmo è proprio dolce.
A. “Bene, mettiti alla pecorina ora, e raccontami che esperienze hai avuto finora e qual è stata la tua scopata migliore”.
Mentre parla mi esamina accuratamente il sedere e la farfallina:
A. “Davanti sei deliziosamente paffutella. Dietro sei strettina, ma molto carina, sembra un fiorellino”.
Non riesco a nascondere un sorriso di gioia: forse non mi scarterà. Forse posso andargli bene per essere “educata”.
L. “Luigi è il mio ventitreesimo fidanzato: non sono stata molto fortunata in amore, perché ho un carattere debole. Tanti mi hanno scelta, tutti mi hanno usata, ma nessuno mi ha chiesto di diventare sua moglie… eccetto Luigi”.
Senza preavviso, la lingua di Adelmo mi lecca la rosellina posteriore… sussulto. Cerca di insinuare la lingua il più possibile all’interno: per fortuna Luigi mi vuole sempre pulita e totalmente depilata. Mi sfugge un gemito di piacere, del quale mi vergogno. Riprendo: “Sono depilata da tre fidanzati prima: mi ha scelta un uomo adulto calabrese che mi voleva pulita tutta come una bambina: ascelle, gambe, davanti e dietro. Il fidanzato successivo era ossessionato dal mio sedere: mi faceva sciacquare internamente e mi sodomizzava continuamente. A Luigi sono piaciuta così e mi ha fatta continuare”.
Mi accorgo con vergogna di aver inavvertitamente allargato le natiche e alzato i fianchi: la sua lingua mi fa effetto. Si ferma e prende a dedicarsi alla mia patatina. Gemo sottovoce immediatamente, in modo dolcissimo: lì sono sensibilissima.
A. “Averti completamente depilata, sarà ottimo per quelli che amano leccare. Inoltre, tutti potranno valutarti più rapidamente: sei già bagnata e hai un sapore dolce e dissetante”.
Rimango turbata dall’uso del plurale… ma le emozioni crescono: gemo di nuovo, sottovoce, dolcemente, come una gattina innamorata. Non voglio lasciarmi andare: ho molta facilità ad avere orgasmi e chissà cosa penserebbe Adelmo di me.
Mi sforzo di continuare a raccontare dei miei tanti fidanzati imbroglioni, ma la mia voce cambia. Ormai ansimo… perdo il filo logico dei discorsi. Forse Adelmo fa apposta, forse è un’altra valutazione.
Altri minuti e sono fradicia: sono una brava ragazza, ingenua e insicura… ma nell’amore perdo il controllo e, se mi danno i bacini tra le gambe, godo molto facilmente, spesso tante volte di seguito: devo controllarmi e distrarmi, se mi lascio andare avrò un orgasmo violento e chissà cosa penserà di me!
A. “Bene, sei ancora un po’ nervosa ma ti stai sciogliendo vero? Scommetto che quando parti godi tante volte. Ora dammi le mutandine e siediti sulla poltrona”
Mi lascia stare, mi calmo, ubbidisco. Lui di fronte a me, mi apre delicatamente le gambe ponendone una su ogni bracciolo.
A. “Ora voglio che ti masturbi davanti a me con le mutandine… poi me le darai; ogni volta che mi vedrai soffiare il naso starò in realtà assaporando i tuoi umori.”
Ricado nell’imbarazzo. Pian piano tutto cambia, evidentemente sto cominciando ad estraniarmi e penso solo al piacere. Con una mano tengo aperte le grandi labbra mentre con l’altra sfrego il peri sul clitoride. Eseguo tutti i movimenti: orizzontali, verticali, veloci rotazioni. Ricordo la sua richiesta di inzupparle per bene… mi dedico alla farfallina, arrivando ad infilarci dentro tre dita ricoperte dall’indumento intimo.
Credo di essere uno spettacolo osceno, lo osservo in silenzio, come di nascosto, mi accorgo di una evidente erezione davanti ai suoi pantaloni. Ridivento rossa, distolgo lo sguardo, ma mi emoziono per colpa dell’evidente desiderio di Adelmo, bagnandomi ancora di più. Per carattere non ho mai avuto il coraggio di prendere l’iniziativa, ma sono sensibilissima quando mi sento desiderata.
Si fa avanti tra le mie gambe, finché mette di nuovo la bocca sul mio punto più sensibile. Di nuovo coccole lì? Non ce la faccio più! vengo all’istante con un orgasmo sconquassante, gli stringo la testa tra le gambe, poi mi abbandono all’indietro, oscena, con le gambe aperte e il respiro affannato.
A. “Sei stata bravissima” dice applaudendo, poi mi concede un po’ di relax succhiandomi le dita, dalle unghie non lunghe ma curate, smaltate di un rosa tenue:
A. “Produci un nettare delizioso”.
Emozionata e confusa, lo lascio fare. Mi alza leggermente il viso:
A. “Hai uno sguardo felice e sognante… Faremo tante cose belle, proverai sensazioni anche più forti di questa, lo sai?”.
Sorrido dolcemente e mi scappa un
L. “Mamma mia!”
A. “Prima di passare all’esercizio successivo ti do però un attimo di fiato. Staremo ancora insieme un’oretta in casa, non ti farò niente, ma tu devi rilassarti e pensare che sei stata bene. Capisci cosa intendo? Voglio che tu accetti razionalmente quello che hai fatto sinora”.
L. “Ho capito, signore”.
A. “Stai entrando sempre più nel tuo ruolo, è momento della seconda prova che ti avevo nascosto con il giochetto sessuale. Ora rimetti le autoreggenti e le decolleté alte. Ma nient’altro. La cucina è di là… e io avrei proprio bisogno di un caffè”.
Sorrido di nuovo, provo gioia… come una sfacciata. Mi rialzo e indosso quello che vuole: senza fare più resistenza (almeno senza che Adelmo se ne accorga) vado in cucina.
Torno con la tazzina e lo zucchero:
A. “Sai che sei bella? Ma proprio bella vestita così, da serva”.
Taccio, le guance mi si arrossano un po’, ma sorrido. Mi chino per offrirgli la tazzina, ma fa segno di “no” col dito.
A. “Non sei una cameriera, sei una schiava. Come si serve il caffè?”.
Capisco. Piego prima un ginocchio e poi l’altro e torno a porgergli la tazzina: “Il suo caffè è pronto, signore”.
A. “Bravissima”, presa la tazzina mi gratifica con una carezza sulla guancia. Rispondo con un silenzioso sorriso.
A. “Per piacere cambia stazione, puoi scegliere la musica che più ti piace. Poi torna qui”.
Mi alzo e faccio quanto ordinatomi, mi accorgo che sto ancheggiando. Senza malizia, forse la mia natura sente che devo offrirmi, compiacerlo.
Scelgo un’altra radio, ma sempre di musica italiana: Fred De Palma con Ana Mena, “D'Estate non vale” … Adelmo ha intuito bene di me.
Torno da lui e “sento” che è giusto rimettermi spontaneamente in ginocchio. Mi sembra giusto stare ai suoi piedi inginocchiata, mi sento al mio posto.
Lui: “Più vicina e metti il visino sul tappeto”.
Lo faccio e senza dirmi altro, appoggia i suoi piedi sulla mia schiena.
A. “Che bella musica. Ascoltiamo un po'”.
Mi fa fare da poggiapiedi per un paio di canzoni, in silenzio: accetto la gentile umiliazione, senza fatica. Mi sto abituando a conoscere il mio posto nel mondo, come dice lui?
Continuo a bagnarmi, sempre più umida a ogni cosa che mi dice di fare.
Guardo di nascosto tra le gambe di lui. Ha una eccitazione pazzesca e, purtroppo, gemo di piacere vedendola, senza riuscire a controllarmi.
A. “Come va messa così?”
L. “Bene, signore”.
A. “Lo vedo. Sai che mi sembri portata per essere schiava? Puoi parlare, pensa bene e dimmi cosa ne pensi”.
Non riesco a dir niente, passa un minuto buono, mi calmo e…
L. “Non ho mai avuto un carattere forte e sono abbastanza insicura… tanti ne hanno approfittato… ho paura di sbagliare ogni cosa che faccio… ho sempre avuto fidanzati con un carattere forte… mi danno sicurezza e mi fanno sentire protetta. Ma non so se questo vuol dire qualcosa”.
A. “Vuol dire tantissimo. Continua. Allora non pensi di essere una ragazza aperta e disinibita?”
L. “Signore, sono timida. Divento rossa con niente. Anche a scuola quando mi parla un ragazzo che non conosco arrossisco”.
A. “Sei ancora più carina quando arrossisci. Ho visto che mi hai guardato tra le gambe cercando non farti scoprire: viso a terra, lecca il tappeto e parla ancora, sciogliti. Qualcosa di tuo, spontaneamente, qualcosa che vuoi chiarire”
Si è accorto che l’ho guardato lì… che figura…! Sono di nuovo rossa. Altra pausa di silenzio, poi:
L. “Ecco, signore, come ho già detto, essere insicura non vuol dire essere frigida. Non ho mai avuto problemi di orgasmo. Non avere iniziativa non vuol dire non sentire quello che i fidanzati fanno, non vuol dire non partecipare”.
A. “Lo so, me lo hai dimostrato con la violenza del tuo orgasmo di poco fa. Verifichiamo di nuovo un po’” e mette una manona a controllarmi la vagina: sono fradicia! Che vergogna!
A. “Cosa ti sta succedendo? Come mai sei così bagnata?”.
L. “Non lo so, signore”
A. “Non ti ho neanche penetrata, come spieghi che sei in questo stato?”
L. “Non si arrabbi, non mi mandi via, la supplico… Giuro che non lo so”.
A. “Pensaci. Secondo me una spiegazione c’è, ma voglio sentirla da te”.
Altro silenzio. Toglie i piedi.
A. “Ti aiuterò a capirti e vedremo se ho visto giusto. Ripeti quello che ti dirò, ma non meccanicamente, voglio che pensi intensamente a quello che ripeterai. Hai capito?”.
L. “Si, signore”
A. “E’ giusto che L. stia in ginocchio davanti ai suoi padroni”
E io, umilmente: “E’ giusto che io stia in ginocchio davanti ai miei padroni”.
A. È giusto che L. faccia loro da poggiapiedi”
E io: “E’ giusto che io faccia loro da poggiapiedi”
A. È giusto che L. stia in ginocchio davanti a ogni uomo”
E io: “E’ giusto che io stia in ginocchio davanti a ogni uomo”.
Continua
Resta in silenzio nella parte buia, forse per darmi il tempo di abituarmi. Aspetta che io finisca anche il secondo bicchiere.
A. “Bene, ora sdraiati sulla scrivania, voglio esaminarti.”
Spegne i faretti e ne accende un altro sopra la scrivania; questo mi obbliga a chiudere gli occhi, forse in modo da non farmi subito vedere che sono esaminata da lui, fino a pochi giorni prima un perfetto estraneo.
A. “A letto cosa sai fare bene e cosa male? Rispondi sinceramente perché se dici di sapere fare bene una cosa e poi non è vero ti punirò.”
Mentre penso a cosa rispondere, sento le sue mani grandi cominciare ad esaminarmi e accarezzarmi dolcissimamente in tutto il corpo: il collo, il viso, il seno, le gambe; sembra voler valutare e conoscere ogni parte delle sue schiave, ogni odore, ogni neo.
Parlo, dapprima quasi un sussurro: “Con la bocca ritengo di essere abbastanza brava… ma sicuramente potrei migliorare, riesco ad accogliere completamente anche un pene grande. Lo so perché, anche se Luigi ha un pene piccolo, ho avuto fidanzati con un pene molto più grande del suo. Trovo un gesto d’amore leccare a lungo il pene del partner e se il fidanzato lo chiede mando giù il suo seme: però ho paura delle malattie e non vorrei farlo con altre persone”.
Non risponde, lascia che io prenda confidenza: ora la mia voce è quasi normale.
L. “Sono abbastanza brava anche a fare l’amore ma siccome ho paura di far qualcosa che dispiace al partner non ho iniziativa: preferisco che sia lui a decidere cosa e come fare. Essere insicura non vuol dire essere frigida: sono molto sensibile durante l’amore e non ho mai avuto problemi di orgasmo”.
Mi accarezza delicatissimo: le coccole mi fanno effetto.
L. “Il mio sederino lo han voluto tutti i fidanzati, ma a volte è stato doloroso. Credo che dipenda dall’esperienza che ha il partner. Io non sono molto esperta ma penso di poter migliorare. Sono però stata intimorita dai vostri discorsi sulla doppia penetrazione”
Tace ancora, mi sorride… sì, ora Adelmo è proprio dolce.
A. “Bene, mettiti alla pecorina ora, e raccontami che esperienze hai avuto finora e qual è stata la tua scopata migliore”.
Mentre parla mi esamina accuratamente il sedere e la farfallina:
A. “Davanti sei deliziosamente paffutella. Dietro sei strettina, ma molto carina, sembra un fiorellino”.
Non riesco a nascondere un sorriso di gioia: forse non mi scarterà. Forse posso andargli bene per essere “educata”.
L. “Luigi è il mio ventitreesimo fidanzato: non sono stata molto fortunata in amore, perché ho un carattere debole. Tanti mi hanno scelta, tutti mi hanno usata, ma nessuno mi ha chiesto di diventare sua moglie… eccetto Luigi”.
Senza preavviso, la lingua di Adelmo mi lecca la rosellina posteriore… sussulto. Cerca di insinuare la lingua il più possibile all’interno: per fortuna Luigi mi vuole sempre pulita e totalmente depilata. Mi sfugge un gemito di piacere, del quale mi vergogno. Riprendo: “Sono depilata da tre fidanzati prima: mi ha scelta un uomo adulto calabrese che mi voleva pulita tutta come una bambina: ascelle, gambe, davanti e dietro. Il fidanzato successivo era ossessionato dal mio sedere: mi faceva sciacquare internamente e mi sodomizzava continuamente. A Luigi sono piaciuta così e mi ha fatta continuare”.
Mi accorgo con vergogna di aver inavvertitamente allargato le natiche e alzato i fianchi: la sua lingua mi fa effetto. Si ferma e prende a dedicarsi alla mia patatina. Gemo sottovoce immediatamente, in modo dolcissimo: lì sono sensibilissima.
A. “Averti completamente depilata, sarà ottimo per quelli che amano leccare. Inoltre, tutti potranno valutarti più rapidamente: sei già bagnata e hai un sapore dolce e dissetante”.
Rimango turbata dall’uso del plurale… ma le emozioni crescono: gemo di nuovo, sottovoce, dolcemente, come una gattina innamorata. Non voglio lasciarmi andare: ho molta facilità ad avere orgasmi e chissà cosa penserebbe Adelmo di me.
Mi sforzo di continuare a raccontare dei miei tanti fidanzati imbroglioni, ma la mia voce cambia. Ormai ansimo… perdo il filo logico dei discorsi. Forse Adelmo fa apposta, forse è un’altra valutazione.
Altri minuti e sono fradicia: sono una brava ragazza, ingenua e insicura… ma nell’amore perdo il controllo e, se mi danno i bacini tra le gambe, godo molto facilmente, spesso tante volte di seguito: devo controllarmi e distrarmi, se mi lascio andare avrò un orgasmo violento e chissà cosa penserà di me!
A. “Bene, sei ancora un po’ nervosa ma ti stai sciogliendo vero? Scommetto che quando parti godi tante volte. Ora dammi le mutandine e siediti sulla poltrona”
Mi lascia stare, mi calmo, ubbidisco. Lui di fronte a me, mi apre delicatamente le gambe ponendone una su ogni bracciolo.
A. “Ora voglio che ti masturbi davanti a me con le mutandine… poi me le darai; ogni volta che mi vedrai soffiare il naso starò in realtà assaporando i tuoi umori.”
Ricado nell’imbarazzo. Pian piano tutto cambia, evidentemente sto cominciando ad estraniarmi e penso solo al piacere. Con una mano tengo aperte le grandi labbra mentre con l’altra sfrego il peri sul clitoride. Eseguo tutti i movimenti: orizzontali, verticali, veloci rotazioni. Ricordo la sua richiesta di inzupparle per bene… mi dedico alla farfallina, arrivando ad infilarci dentro tre dita ricoperte dall’indumento intimo.
Credo di essere uno spettacolo osceno, lo osservo in silenzio, come di nascosto, mi accorgo di una evidente erezione davanti ai suoi pantaloni. Ridivento rossa, distolgo lo sguardo, ma mi emoziono per colpa dell’evidente desiderio di Adelmo, bagnandomi ancora di più. Per carattere non ho mai avuto il coraggio di prendere l’iniziativa, ma sono sensibilissima quando mi sento desiderata.
Si fa avanti tra le mie gambe, finché mette di nuovo la bocca sul mio punto più sensibile. Di nuovo coccole lì? Non ce la faccio più! vengo all’istante con un orgasmo sconquassante, gli stringo la testa tra le gambe, poi mi abbandono all’indietro, oscena, con le gambe aperte e il respiro affannato.
A. “Sei stata bravissima” dice applaudendo, poi mi concede un po’ di relax succhiandomi le dita, dalle unghie non lunghe ma curate, smaltate di un rosa tenue:
A. “Produci un nettare delizioso”.
Emozionata e confusa, lo lascio fare. Mi alza leggermente il viso:
A. “Hai uno sguardo felice e sognante… Faremo tante cose belle, proverai sensazioni anche più forti di questa, lo sai?”.
Sorrido dolcemente e mi scappa un
L. “Mamma mia!”
A. “Prima di passare all’esercizio successivo ti do però un attimo di fiato. Staremo ancora insieme un’oretta in casa, non ti farò niente, ma tu devi rilassarti e pensare che sei stata bene. Capisci cosa intendo? Voglio che tu accetti razionalmente quello che hai fatto sinora”.
L. “Ho capito, signore”.
A. “Stai entrando sempre più nel tuo ruolo, è momento della seconda prova che ti avevo nascosto con il giochetto sessuale. Ora rimetti le autoreggenti e le decolleté alte. Ma nient’altro. La cucina è di là… e io avrei proprio bisogno di un caffè”.
Sorrido di nuovo, provo gioia… come una sfacciata. Mi rialzo e indosso quello che vuole: senza fare più resistenza (almeno senza che Adelmo se ne accorga) vado in cucina.
Torno con la tazzina e lo zucchero:
A. “Sai che sei bella? Ma proprio bella vestita così, da serva”.
Taccio, le guance mi si arrossano un po’, ma sorrido. Mi chino per offrirgli la tazzina, ma fa segno di “no” col dito.
A. “Non sei una cameriera, sei una schiava. Come si serve il caffè?”.
Capisco. Piego prima un ginocchio e poi l’altro e torno a porgergli la tazzina: “Il suo caffè è pronto, signore”.
A. “Bravissima”, presa la tazzina mi gratifica con una carezza sulla guancia. Rispondo con un silenzioso sorriso.
A. “Per piacere cambia stazione, puoi scegliere la musica che più ti piace. Poi torna qui”.
Mi alzo e faccio quanto ordinatomi, mi accorgo che sto ancheggiando. Senza malizia, forse la mia natura sente che devo offrirmi, compiacerlo.
Scelgo un’altra radio, ma sempre di musica italiana: Fred De Palma con Ana Mena, “D'Estate non vale” … Adelmo ha intuito bene di me.
Torno da lui e “sento” che è giusto rimettermi spontaneamente in ginocchio. Mi sembra giusto stare ai suoi piedi inginocchiata, mi sento al mio posto.
Lui: “Più vicina e metti il visino sul tappeto”.
Lo faccio e senza dirmi altro, appoggia i suoi piedi sulla mia schiena.
A. “Che bella musica. Ascoltiamo un po'”.
Mi fa fare da poggiapiedi per un paio di canzoni, in silenzio: accetto la gentile umiliazione, senza fatica. Mi sto abituando a conoscere il mio posto nel mondo, come dice lui?
Continuo a bagnarmi, sempre più umida a ogni cosa che mi dice di fare.
Guardo di nascosto tra le gambe di lui. Ha una eccitazione pazzesca e, purtroppo, gemo di piacere vedendola, senza riuscire a controllarmi.
A. “Come va messa così?”
L. “Bene, signore”.
A. “Lo vedo. Sai che mi sembri portata per essere schiava? Puoi parlare, pensa bene e dimmi cosa ne pensi”.
Non riesco a dir niente, passa un minuto buono, mi calmo e…
L. “Non ho mai avuto un carattere forte e sono abbastanza insicura… tanti ne hanno approfittato… ho paura di sbagliare ogni cosa che faccio… ho sempre avuto fidanzati con un carattere forte… mi danno sicurezza e mi fanno sentire protetta. Ma non so se questo vuol dire qualcosa”.
A. “Vuol dire tantissimo. Continua. Allora non pensi di essere una ragazza aperta e disinibita?”
L. “Signore, sono timida. Divento rossa con niente. Anche a scuola quando mi parla un ragazzo che non conosco arrossisco”.
A. “Sei ancora più carina quando arrossisci. Ho visto che mi hai guardato tra le gambe cercando non farti scoprire: viso a terra, lecca il tappeto e parla ancora, sciogliti. Qualcosa di tuo, spontaneamente, qualcosa che vuoi chiarire”
Si è accorto che l’ho guardato lì… che figura…! Sono di nuovo rossa. Altra pausa di silenzio, poi:
L. “Ecco, signore, come ho già detto, essere insicura non vuol dire essere frigida. Non ho mai avuto problemi di orgasmo. Non avere iniziativa non vuol dire non sentire quello che i fidanzati fanno, non vuol dire non partecipare”.
A. “Lo so, me lo hai dimostrato con la violenza del tuo orgasmo di poco fa. Verifichiamo di nuovo un po’” e mette una manona a controllarmi la vagina: sono fradicia! Che vergogna!
A. “Cosa ti sta succedendo? Come mai sei così bagnata?”.
L. “Non lo so, signore”
A. “Non ti ho neanche penetrata, come spieghi che sei in questo stato?”
L. “Non si arrabbi, non mi mandi via, la supplico… Giuro che non lo so”.
A. “Pensaci. Secondo me una spiegazione c’è, ma voglio sentirla da te”.
Altro silenzio. Toglie i piedi.
A. “Ti aiuterò a capirti e vedremo se ho visto giusto. Ripeti quello che ti dirò, ma non meccanicamente, voglio che pensi intensamente a quello che ripeterai. Hai capito?”.
L. “Si, signore”
A. “E’ giusto che L. stia in ginocchio davanti ai suoi padroni”
E io, umilmente: “E’ giusto che io stia in ginocchio davanti ai miei padroni”.
A. È giusto che L. faccia loro da poggiapiedi”
E io: “E’ giusto che io faccia loro da poggiapiedi”
A. È giusto che L. stia in ginocchio davanti a ogni uomo”
E io: “E’ giusto che io stia in ginocchio davanti a ogni uomo”.
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