Capitolo 3/C. Daniele.

di
genere
dominazione

Alle 18.35 il campanello suona, Luigi va ad aprire e Adelmo è al mio fianco, evidentemente teso, quasi sull’attenti.
Alzo il busto e guardo verso la porta, mi accorgo di avere le puntine del seno gonfie e rigidissime: oscene. Ridivento rossa all’istante per la vergogna, ma non ho paure.
L’amico sconosciuto ( si chiama Daniele) entra sorridente e sereno, stringe calorosamente la mano a Luigi, un “Ciao!” a me e… vedo due occhi magnetici: esistono davvero degli uomini così. Abbasso gli occhi all’istante, per un innato senso di riverenza.

Un metro e 90 circa. Due spalle larghe come un armadio. Sui 40, forse 45 anni. Moro con i primi capelli grigi, barbetta lasciata un po’ incolta, in realtà curatissima come Brad Pitt. Un colosso, fisico abbastanza sportivo. vestito grigio chiaro, finissimo, senza essere appariscente. Un bronzo di Riace… fortunatamente vestito!
Mi porge un mazzo di profumatissime rose rosse, resto inginocchiata a occhi bassi, le prendo e sorrido dolcissima, spontanea, senza controllarmi.

Come se fosse la cosa più naturale del mondo, mentre porge il dorso della enorme manona alla mia lingua, commenta rivolto allegramente agli altri due:
D. “Ah, ma siamo proprio agli inizi… è ancora senza collarino”. Sento nel mio cuoricino che costui ha la capacità di rendere tutto più semplice e naturale, di sdrammatizzare tutte le situazioni, anche le più umilianti.
Lecco quel dorso felice, lecco tanto, mi sento al mio posto nell’universo.
Scoprirò poco tempo dopo che si è laureato a pieni voti 15 anni prima e da allora lavorava come avvocato, con uno studio molto importante, in una città vicina, con tanti collaboratori.

Lo invitano in sala mentre si asciuga la mano con la pochette, lasciandomi dove ero, forse per abituarmi alla nuova situazione e a ripensare alla parola “collarino”. Parole che han reso tesissimo Adelmo, come se avesse preso un meno a scuola. Sento che i rapporti dei due non sono tra amici, ma da capo a sottoposto. E chi dei due sia il capo è chiarissimo.
Daniele prende a conversare del più e del meno per togliere ogni tensione al momento, finché Luigi non dice un: “Amore, puoi portarci un aperitivo per piacere?”

Mi alzo – nuda, reggicalze e calze bianche ornate da fiorellini rosa, decolleté rosa a tacco alto (non altissimo!) – passo poco distante da loro e vado verso l’angolo cucina: son concentrata, non voglio sbagliare, il visino tutto sommato sereno… mi abituo così in fretta?
Torno da loro, volo in ginocchio e offro diligentemente a tutti e tre il vassoietto con i bicchieri.

A. “Daniele, pensi che L. possa interessarti?”.
D. “Vediamo se è degna”, dice lui alzandosi e prendendomi le manine nelle sue, dentro le quali le mie quasi scompaiono. Mi fa alzare davanti a se’ e con un dito mi tira su il visetto: “Che begli occhi verdi, da cerbiatta… e visino bellissimo, da bimba buona”, commenta.
Passa delicatamente il dito sul mio nasino e sulle labbra, poi scende sul seno.
Ho un leggero sussulto, ma riesco a controllarmi, mentre Dan aggiunge “Le tettine sono un po’ piccole, ma i capezzoli così chiari fanno tenerezza… questo va bene”.
L’ispezione continua: “Che bel pancino… la fica è depilata bene… e sei già bagnata, brava! Vediamo le gambe adesso… però! sono splendide, complimenti…. E che belle caviglie… voltati ora”.
Mi lascio guidare docilmente e con le guance di un bel rosa vivo, ma mi sento come una mucca in vendita al foro boario... Ma il sorriso di Dan mi incoraggia, mi sembra di potergli andar bene.
Ogni tanto guardo Luigi, anche lui rosso in viso ma per l’eccitazione. Adelmo, invece, sembrava stia facendo lui l’esame.
Dan mi scosta i capelli e accarezza il collo, continuando l’ispezione verso il basso: “Capelli lunghi e tenuti morbidi, bene… Il collo potrebbe essere più affusolato, ma è bello anche così… eccellente la proporzione tra spalle, petto, vita e fianchi”.
Ho un altro sussulto solo quando la mano di Dan mi avvolge una chiappa e stringe: “Hai un culo notevole, sai bambina? Non sarai brasiliana – segue una sua risata dolce - … e neanche un filo di cellulite, brava!… sei già aperta? Non sarai sfondata vero?”.

La mia vocina trema, a quelle parole ho una piccola crisi di vergogna, ma riesco a dire: “Sono aperta, ma credo non sfondata, signor Daniele”.
D. “Ooohhh… ma che bimba educata... che bella umiltà nel rispondere… allora, scusami se ho usato parole un po’ forti” (che uomo meraviglioso!).
Mi lascio chinare in avanti da Daniele, che mi infila un ditone su per l’ano: “No, sei stata sincera: non sei sfondata e sei ancora bella strettina, brava… torna pure in ginocchio, ora”.
Daniele torna a sedersi e sentenzia: “Amici, qui siamo oltre i 9 decimi: è bellissima, ben educata e umile. Ma la testa? E il cuore? Quanto tempo impiegherà per raggiungere la perfezione nell’ubbidienza? Comunque va bene, mi interessa usarla, naturalmente se il suo padrone è d’accordo”.
Luigi è un po’ nervoso, sicuramente per paura di non vedere montata la sua perla anche da Daniele. Ma è eccitatissimo, non riesce a dir nulla, sorride come un cretino.

Adelmo: “Siamo ancora agli inizi, è la quinta settimana e ci si vede solo nel week end… Non la vogliamo forzare, abbiamo constatato che L. si adegua con facilità, ti ho chiamato proprio per questa ragione: lei fa tutto, senza bisogno di punizioni. Se possibile, ancora per questa volta lasciala decidere se essere usata. È la sua prima volta con estranei. Altrimenti come vuoi tu”.
D. “Capisco benissimo e sono d’accordo con voi. Se è come dite, sarebbe un delitto rovinare questo diamante grezzo. Non mi offenderò se non ce la fa e sarà per un’altra volta. Intanto però vi ringrazio per aver pensato a me, e perché siete una compagnia piacevole”, dice intelligentemente Dan.

Sento gli occhi dei tre su di me. Son tornata in ginocchio accanto a Luigi e con gli occhi bassi: mi sento perfettamente nel mio ruolo.
A. “L. cara, hai sentito? Hai visto che gentiluomo è questo tuo nuovo amico?”.
Io annuisco con la testa.
A. “Devi sentire come un grande onore aver superato la valutazione di Daniele, sai? Ora prepara la tavola che noi chiacchieriamo… e continua a fare i tuoi esercizi e a ripensare. Vai!”.
Mi alzo: sono fradicia, non so perché. Tutti vedono i miei umori amorosi che bagnano l’interno cosce.

Rimasti soli, sento qualcosa della loro conversazione: sono reputata un soggetto più unico che raro, e non solo per il fisico. È contento di essere il primo “anziano” (?) a vedermi servire. Raccomanda di fare piano e di non rovinare tutto; l’educazione sino a quel momento impartita gli sembra ottima.

Ci metto poco ad apparecchiare e ci accomodiamo. Sono ormai le 19.30:
A. “L., vai pure e servi da mangiare”.
Continuo a eseguire l’esercizio di ripensare: concentrata, silenziosamente ripetevo a me stessa: “sei nata schiava, ti piace servire, è giusto che tu sia scelta, impara a sperare di essere usata…”.
Mentre servo, Daniele prende astutamente a raccontare qualche innocente barzelletta… si mettono a ridere … e anche io ascolto e rido, benché in silenzio. Apprezzo: per me è molto importante ci sia un clima di gioco e allegria.
Mentre passo tra loro, scherzando mi accarezzano la fichetta, mi palpano il culetto e pizzicano i capezzoli: ad ogni scherzo mi sembra di essere più sciolta, spero non sia evidente che la situazione mi intriga da morire.

Durante la cena, Adelmo mi fa stare buona, in ginocchio al loro cospetto, accanto al tavolo mentre mangiano. Dolce umiliazione: ogni tanto mi tasta la patatina per controllare che tutto funzioni: e, dato il liquido umorale presente, mi sembra soddisfatto e molto meno teso rispetto ai primi momenti in cui Daniele è arrivato.

Quando finiscono devo subire un’altra piccola umiliazione: ho il permesso di mangiare: ma naturalmente sul pavimento, accanto al loro tavolo, in modo che tutti mi possano vedere e io veda loro.
Finita la mia “pappa” son di nuovo rossa in viso, ma non ho paure, son serena.

Adelmo mi porge un tovagliolo e mi spiega: “Ora vai sotto al tavolo tesoro. Là sotto, non vista, proverai meno imbarazzo: devi fare un bel bocchino a chi vuoi tu. Se sbocchinerai Daniele, per noi vorrà dire che accetti di farti possedere da lui. Sai già da sola cosa piacerebbe ai tuoi due padroni, ma puoi scegliere. Sappi però che se ci farai contenti e sceglierai il mio amico, avrai un premio”.

Alzo la tovaglia e vado sotto al tavolo: i tre hanno già il pene di fuori. Quello di Daniele spicca tra gli altri per proporzioni, armonia e… dimensioni. Vinco me stessa e cerco di imboccare quello di Daniele: lui raggiunge una splendida erezione in pochi istanti, ma così è proprio grosso e rischio di fare brutta figura. La sua voce allegra e sdrammatizzante, mi incoraggia:
D. “Bimba, prima le palle. Devi adorarle, coprirle di baci: solo così farai capire quanto è importante per te e per la tua realizzazione quel che producono. Poi, capisco che non sei abituata a un cazzo così: quindi fai piano, non ti picchierò e nemmeno ti sgriderò se non riesci. Ci vuole tempo, lo so”.
Lo amo per quelle parole gentili e copro di bacini bagnati i testicoli dell’avvocato… poi glieli lecco più volte e, infine, provo ad accoglierne in bocca uno: ci riesco, stando attentissima a non fargli male. Ho compiuto quella sconcia adorazione, ora lo riprendo in bocca e spingo dentro: in qualche minuto riesco ad accoglierne oltre la metà. Entra in gola, ma Dan è espertissimo: sta immobile per non rischiare di soffocarmi. Io spingo ancora e lo accolgo tutto in bocca.

Mi prende delicatamente per i capelli, mi fa uscire da sotto e si alza da tavola… mettendo in mostra un sesso importante e, lo confesso, molto ben fatto.
Tenendomi per i capelli (li porto lunghi quasi fino al sedere) mi fa camminare a gattoni accanto a lui e lascia tutte le pareti aperte perché possano valutare la mia performance e reazioni.
Mi solleva i miei 48 chili come fossero una piuma, depositandomi sul letto. Si spoglia: cerco di non farmi scoprire, guardo di sottecchi: è un colosso, alto oltre 30 centimetri più di me, con solo un filo di pancetta.

Si distende piano su di me, facendo attenzione a non schiacciarmi troppo: mi guarda negli occhi e io non riesco ad abbassarli. È magnetico, mi trasmette la consapevolezza di dover ubbidire, di essere una persona inferiore, di doverlo compiacere in ogni modo.
Entra piano, delicato: non mi fa alcun male perché mi bagno ed emoziono ad ogni suo gesto. Ho il primo orgasmo dopo pochissimi minuti: un piacere violento, tremo tutta e miagolo a lungo, sottovoce, come una gattina in calore che chiama i maschi.
Mi penetra davanti agli occhi morbosi del mio fidanzato per due ore e mezza: Luigi si masturba tre volte. Io perdo il conto dei miei orgasmini e orgasmoni: ogni tanto guardo Luigi e Adelmo e poi torno a godere, godo di tutto, ogni affondo, ogni bacio, ogni carezza.

L’immagine che penso resterà impressa nella memoria dei due è: un corpo grande e grosso che ricopre completamente il mio; due splendide lunghe gambe, fasciate da calze bianche, con le scarpine dal tacco sottile, che stringono i fianchi di lui, come per imprigionarlo dentro di me.

Mi fa di tutto, in tutte le posizioni, ma non mi sodomizza: dice sottovoce, perché i due sentano: “Non voglio rovinarla, ma il lato B va preparato al più presto, per lei sarà una forma di sottomissione più completa”.
Non sono vergine nel lato B, ma un conto è Luigi, altro è il gigante che ho sopra.

Alla fine, sono vinta, sottomessa e docile. Daniele si prende la sua soddisfazione sporcandomi tutto il visino: mi dice che così sono proprio bella e vuole che io resti sporca del suo seme finché non saranno andati via. Io sono in trance, crollo a dormire con un dolcissimo sorriso sul viso, assieme al seme di Dan.

Immagino che abbiano festeggiato, non lo so: dormivo, distrutta.

Luigi riceve alcune istruzioni: da oggi, quando sarò al chiuso, devo inserirmi nell’ano un cuneo con una lunga e bella coda da gattina. Bianca.
Si saranno sentiti nei giorni successivi per le istruzioni del sabato dopo, la quinta lezione del sesto sabato.

Continua
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scritto il
2022-12-14
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