La nostalgia del totalmente altro

di
genere
orge

“…certo che i suoi amici sono ben strani!”
“scusi, dice a me?”
Il tipo dai buffi abiti è poggiato alla balaustra, guardando più in basso un punto non ben definito, nascosto alla mia vista dal parapetto.
“sì, intendo: tutto bene, meglio questo che altro! Ma non si può negare che sia una cosa un po’ fuori dalla norma”
“Mi perdoni, non capisco che intende”
Il signore si gira a guardarmi.
“Comprensibile, venga qui” mi fa un cenno con la testa.
Mi accosto a lui appoggiato al parapetto, la luce accecante del mezzogiorno.
Lo guardo negli occhi, strani occhi che hanno un che di indefinito.
“Laggiù, dia un’occhiata!”
Mi trovo a guardare da un’altezza imprecisata un gruppo di persone nel giardino di una villa, un trio suona su un palco, teli stesi per terra come per un grande picnic.

Ma quello che inevitabilmente attira la mia attenzione è notare come tutti siano impegnati in attività che sembrano stonare con il contesto.
Appoggiata ad un albero una coppia scopa disperatamente, lei aggrappata con le gambe nude al bacino di lui che ha i pantaloni calati alle caviglie.
Una donna in ginocchio lecca la fica di un’altra, che le afferra la testa quasi a volerla far entrare nella propria vagina.
Una donna solitaria si masturba seduta su un telo.

Ma l’immagine che fra tutte spicca è un trombettista che suona, lo strumento puntato al cielo verso di noi, il cazzo fuori dalla patta, afferrato con ritmica sicurezza dalla mano di un secondo uomo che l’abbraccia da dietro.

Hanno tutti un’aria familiare, non capisco perché.
E la sensazione che quel trio debba essere un quartetto.

“non capisco…”

fisso l’uomo accanto a me, notando meglio il suo singolare abbigliamento, ed una barba grigia che adorna il suo viso dai tratti forti, circondato dalla luce.
“coraggio, non ti viene proprio nulla in mente?”
Torno ad osservare la scena. Ed il trio che doveva essere un quartetto.
Poi mi guardo attorno.
Non è un palazzo quello in cui mi trovo.
Ci sono nuvole ovunque, e quel signore vestito di una tunica leggera, che si muove al vento.
“…deve essere uno scherzo!”
“welcome, my dear!”
“maccheccazz…”
“hey, piano con le parole!”
Sono io a mancare in quel quartetto.

L’uomo spalanca le braccia e mi guarda con un sorrisetto sardonico, allungando poi una mano puntando un dito verso di me.
E ormai ho capito dove sono.
E mi ricordo tutto, i primi giorni e gli ultimi giorni, nel letto di ospedale.
Ma non ricordo come sia arrivato qui.

Eppure lo sconvolgimento della scoperta non mi colpisce con l’intensità che mi sarei aspettato.
E’ tutto ovattato qui. E’ come se non capissi, ma comprendendo tutto da subito.

Veramente l’aldilà è questo quadretto un po’ cheap, Lui che pare venuto fuori direttamente da qualche libro di catechismo per la prima comunione?
Devo fare uno sforzo per raccogliere tutto il coraggio di parlare all’uomo barbuto, ora che penso di sapere chi sia.
“Ma ha così scarsa immaginazione per mettere su un teatrino di questa banalità?
Quando arriva Warren Beatty?”
“Ma figurati. Ovvio che quello che vedi non è il vero Me!
Già fare i conti con la propria morte può dare qualche grattacapo.
Se anche mi mostrassi a voi da subito come sono veramente, non reggereste la visione.
Mi tocca presentarmi nella foggia a voi più familiare per farvi prima ambientare.”
"...il dio barbuto della cappella Sistina?"
"...eh, il dio barbuto della cappella Sistina".

Torno a dare uno sguardo al mio party funebre.
Mi assale la nostalgia delle persone che ho amato.
E già mi manca la musica.
E cosa non darei per essere di nuovo laggiù, in mezzo a quelle carni, al sesso e ai suoi odori.
E’ il paradiso o l’inferno quello in cui sto?
“Lo so”
Un imbarazzo mi assale: Lui ovviamente non può non sapere cosa mi passa per la testa in questo momento.
E per un attimo temo che, se quello è effettivamente il paradiso, un Suo ultimo ripensamento per i pensieri sconci nella mia testa possa far cambiare il verdetto.

“Non devi imbarazzarti. E non devi preoccuparti. Lo vedrai...anzi: mi vedrai”
Aggrotto la fronte.
“dopo questo breve ambientamento pensi di esser pronto?”
“Sì, per favore: tutto questo mi sembra poco dignitoso, ed anche un po’ svilente per quello che mi è appena successo”.
“Legittimo, e cosa desidereresti ora, prima di vedermi finalmente?”
Ripenso al gruppo di sotto ma stranamente il primo pensiero è al cibo.
“Di quello direi ne hai avuto in abbondanza!”

E allora solo un’altra cosa mi viene in mente.
E Lui lo sa.
“Diciamo che sarà il mio regalo di addio e di benvenuto, una breve celebrazione per farti arrivare a me e mostrarmi a te per quel che sono.
L’unica cosa che non hai mai avuto in una vita che – non puoi negarlo – è stata ben ricca, e che mi sembra giusto concederti ora”

Sento una carezza sulla guancia, mi giro nella luce ovattata.
Due donne si stanno baciando, intrecciate, piccoline, sembrano fatte l’una per l’altra, i capelli scuri che contrastano con il bianco accecante che mi circonda.
Una indossa solo degli slip bianchi ed una camicia da uomo che mi sembra familiare, l’altra è nuda, piedi scalzi, monte di venere peloso, seni pieni.
Ne sento i gemiti soffocati, ne vedo le mani che si esplorano, una afferra il seno dell’altra, l’altra infila una mano nelle mutandine e resta lì a caccia del suo clitoride.
Mi avvicino, la visione confusa si fa sempre più chiara e nitida. E finalmente le vedo e capisco.
Laura e Paola, sono lì davanti a me, mia moglie e l’amica che più di un’erezione mi ha strappato.
Lo sguardo percorre i loro corpi, le tette di Paola e la sua mano nelle mutande di Laura, il dito che esplora la sua fica.
Laura si gira a guardarmi e mi sorride, mi prende per mano.
Paola sfila la mano dagli slip e mi passa le dita profumate di donna sotto il naso.
Posso sentire ancora gli odori.
Mi baciano, tutte e due, poi si baciano tra di loro, poi di nuovo le mie labbra.
Laura porta la mia mano sulla fica pelosa di Paola, la massaggio desideroso, ne tasto i contorni morbidi, intreccio le dita con i suoi peli e la infilo in mezzo alle sue cosce, alla ricerca della sua umidità.
Paola allarga un poco le gambe, spinge avanti il pube, per facilitarmi l’esplorazione.
Sarò pure morto, ma il mio cazzo non sembra ricordarlo.
Mi accorgo finalmente di essere anche io nudo, la punta del mio membro che sbatte contro le loro pance, e mi sembra potrei già venire lì in quell’istante.
Laura mi invita a distendermi, la superficie è morbida ed accogliente sotto di noi.
Ora sono lì, che le guardo dal basso mentre si baciano, sono in adorazione delle pieghe carnose delle chiappe di Paola, il mio cazzo che svetta nell’aria tiepida, mi viene voglia di afferrarlo per masturbarmi.
Ma loro vengono verso di me, mi scavalcano con una gamba, in piedi Laura all’altezza del mio bacino, Paola sopra la mia faccia: ne contemplo la fica rosea.
Laura si scosta le mutandine bianche e lentamente scende. Scende anche Paola, il suo sesso che man mano occupa tutta la mia visuale, le sue gambe divaricate.
Il momento che il cazzo penetra nell’umida morbida intimità di mia moglie è il momento in cui Paola si siede sulla mia faccia, il mio naso incastrato nella sua fica ed un odore paradisiaco che mi ubriaca e mi manda in estasi.
Mia moglie mi scopa, struscia il suo pube peloso sul mio ventre, la punta del mio cazzo tocca le porte del suo utero.
Paola scopa la mia faccia, e sento i suoi umori impregnarmi la barba e inumidirmi il naso ed il viso.
Le voci e i gemiti delle donne crescono e si fanno più affannose, in accordo al mio proprio piacere.
Non reggo molto così.
Ed infatti basta poco ed io vengo, gli spasmi del mio orgasmo si arrampicano direttamente dalle mie palle;
e sento ancora il piacere della sborra che sale a ondate lungo il mio pisello, per riversarsi nella fica di Laura.
Le contrazioni della vagina di Paola intrappolano e massaggiano il mio viso, lei che si lascia scappare un gutturale verso di piacere.

Ora capisco: è questo il paradiso. Sono pronto per passare oltre.
Ma altre mani mi accarezzano, Laura e Paola si alzano dalle loro sedute ed altri visi mi accolgono.
Man mano che la fica di Paola lascia libera la mia visuale, riconosco sopra di me Rosa e Floriana.
La tentazione del tradimento e l’occasione perduta in adolescenza.
Rosa nella sua maglia gialla color girasole e mutandine nere, Floriana nel suo bikini verde che non riesce a trattenere la straripante pelosità del suo pube.
I capelli scuri ricci di Rosa e le curve piene e acerbe di Floriana.
Mi invitano a sollevarmi, un ultimo sguardo fugace alle gambe divaricate di Laura e Paola che senza pudori mi liberano dalla presa.
In piedi sono circondato dalla loro femminilità, il cazzo ancora umido per la scopata ma nonostante questo ancora turgido.
Rosa si accarezza in mezzo alle gambe, le mutandine si infilano nelle sue pieghe: cazzo come vorrei sentirne l’odore.
Prendendomi per mano, si avviano, conducendomi in quella che sembra una lenta processione.

Un suono ritmico prima indistinto si fa man mano più chiaro, assieme ai contorni di due figure davanti a me.
Una donna in piedi, alta, capelli di rubino, suona un rullante appoggiato al suo ventre nudo sotto la sua maglietta rossa.
Un’invisibile orchestra di percussioni brasiliane l’accompagna.
Davanti a lei un letto. Sul letto una donna, un altro volto familiare.
Ha la mia età, ma allo stesso tempo mi sembra più matura di me, sconvolgendomi di una attrazione ancestrale.
O forse sono io che sono tornato ragazzo. Non saprei più cosa dire, l’aria è sempre più irreale.
La donna dai capelli fluenti e distesa sul materasso, camicia aperta ed una gonna alle ginocchia, gambe larghe.
E quest’ultimo dettaglio me la fa riconoscere.

E’ come viaggiare indietro nel tempo, ora capisco.
E’ trovarsi di nuovo sui banchi di scuola, preda di desideri adolescenziali per la propria insegnante.
Le donne dietro di me mi conducono alle soglie del letto, Laura e Paola alle mie spalle, Rosa e Floriana ai lati.
La mia procace insegnante di latino abbandonata sulle lenzuola sgualcite, cosce aperte e seno visibile dietro il reggiseno nascosto dalla camicetta.
"Coraggio, dai, vieni qua da me, te lo meriti che sei sempre stato beneducato" la sua voce materna, la cadenza romagnola che pare uscita da un film di Fellini.

Un parossismo di eccitamento mi stordisce e mi fa perdere la testa, la coscienza offuscata dalla scopata appena consumata.
O forse, semplicemente, è che sono morto.

Non resisto: bacio Rosa, non penso neanche all’odore della fica di Paola che pervade la mia faccia che potrebbe infastidirla.
Non ha più alcuna importanza evidentemente.
Rosa ricambia il bacio, mi accarezza, mi sussurra parole d’amore all’orecchio
"Ti aspettavo quella notte in albergo a Taranto, avrei voluto passare la notte abbracciati"
Mi prende la mano e se la porta al pube, invitandomi a massaggiarle la carne cedevole, così che il tessuto si impregni dell’odore del suo sesso.
Floriana mi si accosta alle spalle, liberandosi del reggiseno, le sue tette che si appoggiano alla mia schiena, i suoi capezzoli che pungono la mia pelle, mentre lei mi afferra il cazzo.
Rosa si stacca da me, un attimo di indecisione e si sfila le mutandine, inginocchiandosi poi davanti alla donna distesa sul letto, fica al vento.
Il culo di Rosa danza nelle percussioni della sacerdotessa dai capelli rossi, Floriana mi masturba, senza ritegno.
Rosa fa indossare le proprie mutandine alla professoressa, il cotone risale le cosce, la donna solleva un attimo il bacino e la sua fica pelosa è finalmente nella sua teca di tessuto che si riempie del gonfiore delle carni generose.
Rosa, la grandi labbra carnose in bella vista che vien voglia di morderle, si scosta per lasciarmi la visuale dell’insegnante indossare le sue mutande.
Floriana lascia la presa dal mio pisello, si fa da parte, si cala gli slip del costume da bagno e si accovaccia a terra sui calcagni, il bikini alle caviglie, il seno libero.
Un filo sottile di liquido giallo scende dalla sua vagina, sempre più copioso. Contemplo Floriana fare la pipì, qualche goccia che schizza a bagnarle le mutandine verdi.
Neuroni impazziti mi trascinano nel delirio, il mio cazzo ancora dritto nonostante l’orgasmo di qualche minuto prima.
O sono passati secoli forse?

Le quattro donne mi invitano a farmi vicino al pube offerto dalla mia professoressa, imprigionato nelle mutandine che erano prima indossate da Rosa.
Il mio viso si fa sempre più vicino, le sue cosce si allargano sconce, la punta del mio naso tocca il cotone.
Sulla mia pelle l’odore di Paola che si mischia all’odore di Rosa che si mischia all’odore della professoressa.
Aspiro impazzito, le cosce della donna che si stringono sulle mie tempie, mentre lei accarezza dolcemente capelli che non ho più.
Il mio viso è perso in una fica che è tutte le fiche della mia vita.
E gli odori intimi sono ovunque, ed una valanga di sensazioni e di desideri mandano in frantumi il mio essere, mentre la sacerdotessa dai capelli rossi picchia sul rullante in una sequenza infinita di colpi e ghost notes, accompagnando una nota di tromba che sale da non ricordo più dove.
Una gatta nera gira intorno al gruppo, languida, e si arrampica finalmente sul letto, fusa rumorose che si aggiungono ai paradiddle.
Ho la sensazione che questa orgia di donne attorno a me suoni un contrappunto con un’altra orgia che si sta compiendo solenne chissà dove.

Ma i miei ricordi forse non sono più miei.
E ricordo un uomo barbuto che non era un uomo barbuto congedarsi da me: "Beati i puri di cuore perché vedranno Dio".

Un secondo orgasmo parte dal mio ano, risale lo scroto e percorrere l’asta del mio membro, per esplodere di piacere dal mio glande e macchiare il letto.

Un bacio sulla mia guancia, un bacio sulla punta del mio membro esausto, labbra umide che succhiano il mio cazzo ubriaco, labbra che non so più a chi appartengano.

Muoio un’altra volta di una piccola morte,
vedo il totalmente altro così come è,
mentre un pelo di fica di chissà chi
tormenta la mia lingua.
scritto il
2023-01-28
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