Che cosa vuoi? - Parte 1

di
genere
etero

Siamo amici, siamo sempre stati amici. Da quando ne ho memoria.
Dalla prima volta che ci siamo visti, ci siamo sentiti legati da subito e di conseguenza ci siamo comportati.
Ci siamo raccontati le cose belle e le cose brutte, ci siamo urlati contro di tutto e siamo corsi a chiederci scusa promettendoci di non farlo mai più. Ci siamo divertiti con cazzate e abbiamo fatto follie, ci siamo sostenuti quando non c’era nessun altro a farlo.
Siamo amici, siamo sempre stati amici.
Ricordi quella volta in cui al cinema ci siamo fatti buttare fuori perché ridevamo troppo forte? La cannetta che ci eravamo fatti prima aveva contribuito ad amplificare la comicità di un film di merda.
O quella volta che abbiamo giocato a paintball e ci facevamo la guerra solo io e tu, tornando a casa stracolmi di lividi? Ci eravamo già eliminati a vicenda ma continuavamo a scaricarci palle di vernice addosso.
Per non parlare di quella volta che siamo partiti di notte con l’auto per andare a Milano per provare a prendere i biglietti del concerto dei Coldplay. E siamo rimasti fuori come due scemi.
Mi ricordo anche di quando siamo rimasti abbracciati per due ore, quando tuo papà ha subito un intervento d’urgenza. Non ci siamo mossi, ci siamo lasciati solo quando il chirurgo è uscito con un sorriso dalla sala operatoria dicendo che era andato tutto bene.
Mi ricordo tutto, Bruno.
Mi ricordo ogni momento passato insieme, ogni parola detta, ogni parola non detta.
Siamo amici, siamo sempre stati amici.

Mario crea uno di quei fastidiosissimi gruppi di whatsapp con 100 persone da invitare al suo compleanno. Tu mi scrivi in privato “ci andiamo?”, come se la tua partecipazione dipendesse dalla mia.
“Che palle, odio Mario”
“Eddai”
“Vai senza di me, mica ti serve la badante”
“Dai simpatia, lo sai che poi ti diverti. E poi se faccio qualche cazzata e ti tocca venirmi a recuperare in qualche burrone alle 3 di notte?”
“Ripeto, che palle.”
“Tivibi”
“Si ma al regalo ci pensi tu!”

Gonna di pelle nera, canotta a dolcevita nera, stivali comodi: almeno provo a stare comoda e divertirmi davvero. Tu passi a prendermi con la tua bmw nera e la musica house che odio a tutto volume. “Così entriamo nel mood!” Si, come no.
Arriviamo e raggiungiamo Mario al privè. Mario è il classico figlio di papà nullafacente. “Ragazzi, ordinate quello che volete, paga papiiiiiiii!” urla con un bicchiere in mano.
Gli consegni il pacchetto regalo, Mario lo posa a terra insieme ad altri. Mi fai cenno di andare al bancone per bere. “Due vodka lemon” dici al barista.
“Sei sicuro che io voglia un vodka lemon?”
“Se non lo vuoi lo bevo io!”
“Si, così chissà dove mi tocca venire a raccoglierti”
“Dai, rilassati un po’!” mi dice toccandomi il mento.
Prendiamo i bicchieri e ci guardiamo intorno. Tu cerchi la tua prossima preda, io cerco di capire che ambiente c’è stasera.
Incrocio lo sguardo di una vecchia amica di università e mi avvicino per salutarla.
La musica forte non ci consente di parlare molto.
Di colpo arrivi, mi prendi per mano e le urli “Scusa eh, poi vi sentite!” e mi tiri via.
“Che cazzo fai?” ti dico
“Dai, è il mio pezzo preferito, andiamo a ballare”
Non ho voglia di mettermi a litigare quindi ok, balliamo.
Altro lungo sorso dal bicchiere. In questo posto fanno i cocktail troppo forti, sento che mi sale già in testa.
Balliamo schiena contro schiena.
Ci giriamo, ci guardiamo, ci inventiamo coreografie improvvisate.
Il dj cambia pezzo, stavolta è il mio pezzo preferito.
L’alcool fa già effetto, così inizio a saltellare. Tu mi togli il bicchiere dalla mano per evitare che si butti il liquido ed esclami “sapevo che ti saresti divertita!”.
Riprendo il bicchiere e bevo un altro sorso.
“Ti piace la biondina vicino al bar?”
La guardo di sfuggita “Ha le tette piccole” dico con tono sprezzante.
“Si, ora ne cerco una con le tette migliori. Ma tu perché non hai il reggiseno?”
Come cazzo ti sei accorto che non ho il reggiseno?
“Si vedono i capezzoli alzati” mi rispondi leggendomi nel pensiero.
Bevo un altro sorso, non ti rispondo.
Ci avviciniamo agli altri, Mario sta ballando sul tavolino con la bottiglia in mano. Riesce a starmi sul cazzo anche così.
Finisco il cocktail, appoggio il bicchiere sul tavolo, scendo di nuovo in pista e ti lascio lì con Mario.
La selezione del dj è piacevole, quindi mi sto divertendo davvero a ballare.
Un tipo grassoccio inizia a guardarmi e a salutarmi, mi giro e lo ignoro. Dopo poco si avvicina e mi dice “Ehi ciao! Io mi chiamo Fabio!”. Ecchisenefrega Fabio, lasciami in pace. Sorrido finta cortese e mi sposto. Fabio continua a cercarmi e a seguirmi. “Non mi dici come ti chiami?”. Faccio spallucce continuando a ballare. Fabio resta lì, non si arrende. Mi giro per andare via, scanso alcune coppiette che si strusciano, ti vedo arrivare verso di me. Mi stringi e guardi Fabio, che finalmente si decide a mollarmi.
“Tutto ok? Ti ha dato fastidio?”
“Naaaa”
“Perché sei andata via?”
“Mario mi sta sul cazzo e tu mi hai detto di rilassarmi, quindi me ne sono andata”
Sorridi “Che cogliona che sei”.
Nuovo pezzo che adoro, ricomincio a ballare. Lo so che non sono la stessa di mezzoretta fa, ma alla fine un po’ di leggerezza non mi dispiace.
Restiamo a ballare ancora un po’. Rivedo Fabio osservarci in silenzio.
Mi giro e ti butto le braccia sul collo. Mi stringi la schiena. Sento il tuo profumo fin dentro le narici e mi piace. Dopo un pochino mi giro per vedere se ho ancora gli occhi di Fabio addosso, ma per fortuna è sparito. Ti avvicini e mi sussurri all’orecchio “Capelli rossi, top bianco. A tette ci siamo no?”
“La conosco, è fidanzata ed è una suora. Non te la darà mai, non sprecare energie”
“Che palle oh” dici con disappunto.
Chiedendomi questa cosa ti sei avvicinato al mio orecchio, al mio corpo. Mi è sembrato di percepire un’erezione. Mi dico che mi sbaglio e mi giro per tornare a ballare guardandoti in viso.
Sento le note di quella che dici sempre essere la tua canzone. Ti esalti e inizi a ballare con più energia. Ti seguo a ruota. Bevi l’ultimo lungo sorso del tuo drink e lo appoggi vicino al primo tavolino che trovi.
Torni e mi stringi. Intrecci le gambe con le mie, mi fai girare.
Che cazzo fai Bruno?
Canti nelle mie orecchie, tieni gli occhi bassi.
Allenti la presa, mi sposto un po’. Sono eccitata, cazzo.
Alzo le braccia e continuo a ballare.
Ti sarai fatto prendere dall’entusiasmo, io sono in preciclo e ho gli ormoni a palla. Faccenda archiviata.
Riprendiamo a ballare, ci diamo le spalle. Cambia di nuovo il pezzo. Il vocalist chiede a tutti di urlare, io mi tappo le orecchie perché odio le urla. Ti avvicini da dietro, mi stringi di nuovo. Stavolta sento la tua erezione, chiaramente.
Che cazzo fai Bruno?
Avevo archiviato la faccenda 2 minuti fa, non puoi fare così.
Sento di essere bagnata.
Mi prendi per mano, mi fai girare e mi allontani. Ti guardo in faccia. Mi avvicino all’orecchio. “Tutto ok?” dico. “Si perché?” mi chiedi come se non sapessi a cosa alludo.
“Boh” dico confusa. “Stiamo ballando” mi dici come quasi a negare la realtà. Ok, fingiamo che non sia successo. Di nuovo.
“Ne hai viste altre?” chiedo, cercando di richiamare una parvenza di normalità. “No” mi rispondi secco, guardandomi le labbra.
Sento il battito accelerato.
“Andiamo a bere qualcosa!” dico per cercare di togliermi da quella situazione strana.
Chupiti per tutti, paga il papà di Mario.
Sento il bruciore lungo la gola, ma il caldo tra le gambe non è ancora passato. Mi autoconvinco che devo farmela passare. E poi mi autoconvinco che il chupito adesso è stato una cazzata perché mi fa essere meno lucida. Sticazzi.
Un amico di Mario mi prende per farmi ballare. Si, lo seguo, ma sento i tuoi occhi addosso.
Si struscia un po’, lo sposto. Continuo a ballare per conto mio.
“Ti muovi benissimo” mi sussurra all’orecchio “non ti ricordavo così”. Cerco di fare mente locale, forse ci saremo visti a qualche altro compleanno.
Mi passa una mano dietro la schiena per avvicinarsi, tolgo la mano, infastidita.
Non riesco bene a capire quanto tempo passa prima di sentirti di nuovo su di me. Mi prendi per mano, mi tiri verso di te, stavolta sei tu a mettermi la mano dietro la schiena e stavolta non la sposto.
Ti butto le braccia al collo e avvicino la fronte alla tua. È il mio modo di dirti grazie per avermi tirato fuori dai guai. Mi volto, guardo l’amico di Mario di cui non ricordo il nome. Nel suo volto un misto tra delusione, amarezza e rabbia: mi spiace ragazzo, non è la tua serata fortunata.
Non voglio continuare a stare davanti a sto tizio, quindi ti faccio cenno con la testa di spostarci. Mi prendi per mano, mi porti via. “Hai sete?” mi chiedi protettivo. “Vorrei bere dell’acqua, sì”. Sosta al bancone e per prendere una bottiglietta. Nella foga di bere, me ne verso un po’ sul top.
“Te le guardo lo stesso le tette, anche se non attiri l’attenzione su di te in questo modo” dici prendendomi in giro.
Non ti rispondo, ti guardo solo male.
Il mio corpo mi tradisce. I capezzoli si sono svegliati e la mancanza del reggiseno si fa notare.
“Hai freddo o sei solo molto felice di sapere che le sto guardando?” mi chiedi ridendo. Ti spingo via e cerco di raggiungere il centro della pista. Voglio allontanarmi da te, stasera sei pericoloso. E io sono più pericolosa di te.
Mi raggiungi, ti avvicini.
Il tuo profumo mi è arrivato fino al cervello. Ma mi bagna le mutandine.
Intrecci le tue gambe con le mie, in un movimento di bacino sensuale. Non riesco ad opporti resistenza.
Ti sento respirare su di me.
Giro la testa verso di te e le nostre labbra sono vicine.
Sorridi. “Che fai?” non lo so. Ma so che tu ti fai beffe di me. Mi confondi, mi provochi, mi ecciti.
“Che faccio?”
“Mi vuoi baciare?”
“Sei tu che ti strusci su di me da tutta la sera”
“Mi vuoi baciare?”
“Ancora! Che sono tutte ‘ste palpatine, ‘ste battute, ‘sti atteggiamenti strani?”
“Non mi hai risposto. Mi vuoi baciare?”
“Bruno, che cazzo vuoi?”
“Ti voglio baciare.”
Confessi e sorridi. Confessi e mi annienti.
Resto senza parole.
“Ma sei scemo?” incalzo “sono io, mi riconosci?” ti spingo via e mi volto per andarmene.
Mi tiri dal polso, mi tiri su di te, sul tuo petto. Mi tieni dalla schiena per non farmi allontanare.
Vedo le tue labbra sorridere.
“Bruno, non è un gioco.”
“Lo so.”
“Ci facciamo male.”
“Io dico di no.”
“Ma poi perché stasera? Che ti è preso?”
Sorridi. Juanes canta la sua camisa negra.
'Yo por ti perdí la calma Y casi pierdo hasta mi cama'
“Lo sai che non resisto alle gonne di pelle e ai capezzoli alzati…” mi rispondi con fare malizioso.
“So anche che sto per darti un pugno se non la finisci”
“Se volevi, saresti già andata via.”
Ok, hai vinto tu. Di nuovo.
Mi lasci di nuovo senza parole.
'Cama, cama, come on, baby': ho perso il controllo.
Mi prendi per mano, mi fai girare, la mia schiena è contro il tuo petto, il tuo cazzo a contatto con il mio culo. Mi stringi per non farmi andare via, mentre continuiamo a ballare: la tua mano è sul mio seno e i miei capezzoli rispondono all’appello.
Probabilmente a opporti resistenza è rimasta solo la mia illusione.
Ti voglio tanto, anche io.
Mi giri di nuovo, ormai fai di me ciò che vuoi.
Le nostre labbra sono vicine, le nostre gambe intrecciate. Muovi il mio corpo come se fossi la tua marionetta. Strusci la tua coscia tra le mie gambe e io temo di macchiarti i pantaloni.
Mi aggrappo alla tua camicia.
“Cosa vuoi?” mi sussurri.
Non ti rispondo. “Cosa vuoi?” mi chiedi di nuovo.
Come cazzo faccio a resisterti?
“Non voglio stare qui” ti dico, sconfitta.
Mi prendi per mano, mi porti via.
Mi porti via e porti via tutte le certezze che avevo. Tutti quei momenti passati insieme, tutte le confessioni reciproche, tutti i dettagli di ogni persona, di ogni relazione, di ogni momento della nostra vita.
Dov’è il Bruno che è rimasto abbracciato a me una notte intera, quando il mio fidanzato storico mi ha mollata?
Dov’è il Bruno che mi aiutava a scegliere i completini intimi da portare in vacanza a Barcellona?
Dov’è il Bruno che ho consolato per il colloquio andato male con cui ci siamo sfondati di vodka?
Dove siamo Bruno? Dove stiamo andando?
Mi porti via dalla pista da ballo, mi porti via da quello che conosco e ho sempre conosciuto.
Mi porti via dalla sicurezza di averti al mio fianco, dalla certezza di non guardarci con occhi maliziosi. E adesso?

Trovi un punto più appartato, mi porti con la schiena contro il muro.
Premi il tuo corpo contro il mio.
Cazzo, mi stai facendo impazzire.
“E ora cosa vuoi?” mi chiedi a voce più bassa.
“Bruno, ti prego…”
“Cosa?”
“Stiamo facendo una cazzata” ultimo disperato tentativo.
“Tu cosa vuoi?”
“Lo sai cosa voglio…”
“Dimmelo, lo voglio sentire.”
Non posso dirtelo, non posso ammetterlo nemmeno a me stessa.
Mi lancio contro di te e ti bacio.
Mi restituisci il bacio, mentre le tue mani esplorano il mio corpo.
Tengo la tua testa premuta contro la mia: ti prego, non staccarti da me. Non lo sapevo ma era esattamente quello che volevo. La tua carne dentro la mia, la voglia urgente di averti con me, dentro di me. I nostri corpi che si spogliano delle difese che ci siamo costruiti e gli animali che graffiano dentro per uscire allo scoperto dopo anni.
Ti voglio, Bruno.
“Perché stasera?” ti dico con voce flebile.
“Perché mi sono stancato di fingere che non ci sia giorno in cui non penso a come scoparti.”
Mi dici quasi in un sussurro con le labbra attaccate alle mie.
Ti bacio di nuovo, perché in questo momento il linguaggio del corso è l’unico con cui riesco a esprimermi.
La tua mano scende, si infila tra le mie gambe e veloce arriva fino al tanga, zuppo.
Ti stacchi, mi guardi, sorridi incredulo.
“Che c’è?” ti chiedo quasi con aria di sfida.
“Di già?”
Resto fissa a guardarti.
“Madonna, quanto mi piaci” e ricominci a baciarmi.
Ti basta spostare di poco il tanga per toccare la mia pelle nuda e bagnata. Mi accarezzi con gentilezza, ma sappiamo entrambi che non è gentilezza: vuoi solo portarmi al limite.
Ti allontani, mi guardi negli occhi e le tue dita sono dentro di me. Vuoi vedere la mia faccia contorcersi per il piacere. Vuoi vedere il mio corpo reagire alle tue stimolazioni.
Gemo, con gli occhi chiusi.
Il tuo corpo si avvicina al mio e sento la tua erezione sulla mia coscia, il tuo respiro sul mio collo, il tuo petto contro il mio.
Ti ho raccontato per anni come amavo essere sedotta, come volevo essere toccata. Tu hai immagazzinato tutto e me lo stai riproponendo.
Le tue dita entrano ed escono da me con decisione, il piacere arriva fino al centro del mio cervello.
Sebbene sia appartato, c’è ancora troppa gente e non riesco a lasciarmi andare come vorrei.
Ti fermo la mano, ti guardo. “C’è ancora troppa gente…” ti dico quasi supplicante. Tu capisci.
Sfili le dita, le lecchi, sorridi, mi baci la fronte.
Mi prendi per mano, di nuovo.
Entriamo in un bagno, ricominciamo a baciarci.
Stavolta sono io a metterti con le spalle al muro. Devo provare a riprendere il controllo, Bruno, devo provare a non farmi male. E poi, ho una voglia di prendertelo in bocca che non posso spiegare a parole.
Mi abbasso e ti sbottono i pantaloni.
I tuoi boxer nascondono a malapena una evidente erezione.
Confesso che adesso sono imbarazzata. In ginocchio, davanti a te, pronta a vederti nudo.
Si, qualche volta l’ho immaginato.
Ma vederlo così è un’altra cosa.
Non lo immaginavo così grande.
Appena abbasso i boxer, appare in tutta la sua magnificenza.
Sta succedendo davvero?
Ti guardo, come una bimba che guarda il suo piatto preferito e si domanda se può iniziare a mangiare.
Mi accarezzi la testa, sei pronto.
Adesso è il mio turno di prendere tutte quelle lezioni e trasformarle in un gioco pericoloso per te.
Inizio a baciartelo a labbra socchiuse. Scorro lungo tutta la superficie, per studiare ogni vena, ogni rigonfiamento, ogni parte liscia. Apro le labbra ed esco la lingua, riprendo il tracciamento. Ti sento sospirare in cenno di godimento. Arrivo fino alla cappella, inizio a leccare dal buchino. Sto trattenendomi anche io, perché voglio prolungare il piacere. È bagnato, ma non quanto vorrei. Per questo spalanco la bocca e lo infilo tutto dentro.
Sapere che il tuo cazzo è dentro la mia bocca, mi da un piacere indescrivibile.
Muovo velocemente la testa, ogni tanto mi stacco e ti guardo negli occhi. Lo lecco dalla base fino alla punta, senza distogliere lo sguardo: lo so che questa cosa ti fa impazzire. E infatti ti porti una mano tra i capelli, eccitatissimo. Arrivato alla fine del percorso, lo riprendo in bocca e ricomincio a spompinare.
Accompagni il movimento della mia testa con le mani: mi stai scopando la bocca.
Rallento, mi stacco, mi alzo, ti bacio e continuo a massaggiarti tenendolo tra le mani. Tieni la mia testa attaccata alla tua, così la tua lingua può finirmi in mezzo alle tonsille.
Smetto di baciarti e scendo di nuovo con la testa sotto la tua cintura e prendo il tuo cazzo tra le mani, entrambe.
Sei mio, Bruno.
Apro la bocca, di nuovo.
Il duplice movimento di mani e testa è quello che ti serve per perdere il controllo.
“No…” sussurri.
“Fermati…” mi implori.
“Sto per venire” mi avvisi.
Aumento il ritmo. Sento il tuo corpo tesissimo e il tuo cazzo gonfio come mai.
Mi tieni la testa ferma mentre la usi per svuotarti. Il tuo sperma caldo mi riempie la bocca e scivola in fondo alla gola. Ingoio.
Non resta niente. Nemmeno tu.

*continua*
scritto il
2023-03-10
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