Greta schiava - 1 continua
di
LanA
genere
dominazione
Mi chiama Greta, ho 22 anni e abito in un paesino del Piemonte.
Ecco come sono diventata schiava.
Lo avevo contattato dopo averlo visto ad un aperitivo, ci eravamo scambiati qualche mail e poi mi aveva proposto di incontrarlo.
Dopo averci pensato un po', decisi di accettare e gli chiesi l'indirizzo, mi diede appuntamento per il sabato successivo a casa sua.
Arrivai al luogo dell'indirizzo alle 8 precise. Era una villetta un po’ isolata con un giardino piuttosto grande, un grande cancello e un viale che conduceva davanti all' abitazione.
Suonai il campanello e attesi, nessuna risposta, risuonai e anche questa volta non rispose nessuno.
Stavo per risalire in macchina a telefonargli quando il cancello si aprì.
Lasciai l'auto davanti a casa, percorsi il viale fino all'ingresso dell'abitazione dove suonai il campanello.
Dopo qualche istante venne ad aprirmi.
"Entra" mi disse e mi fece accomodare in un ampio soggiorno su un divano, poi rimase in piedi di fronte a me a guardarmi.
Indossava un paio di pantaloni con la cintura e una camicia aperta che lasciava intravedere il suo torace muscoloso completamente depilato.
Comincio a sentirmi in imbarazzo sotto il suo sguardo.
"Alzati" mi disse.
Mi alzai, poi mi fece girare e rimanere in piedi mentre lui si sedette sul divano.
"Perché mi hai telefonato?" chiese.
"Così, mi andava di vederci".
Feci per sedermi ma lui mi bloccò.
"Non ti ho detto di sederti" disse, poi dopo un po’ di silenzio continuò
"Non mi sembri molto educata, hai bisogno di disciplina e di imparare ad obbedire. Se vuoi posso insegnartela io".
Non avevo ben chiaro cosa intendesse lui con "disciplina" ed "obbedire", ma ero sempre più attratta da lui, così risposi solamente "Okay".
"Io sarò il tuo master d'ora in poi e quando ti chiedo qualcosa devi rispondermi sempre con 'padrone', hai capito?"
"Sì" dissi.
"No, che non hai capito!" disse lui alzando la voce "Che cosa ti ho appena detto?"
"Sì, padrone" mi affrettai a correggermi.
Mi sentivo inspiegabilmente eccitata, quel gioco mi piaceva, era divertente...
"Così va meglio" disse lui "Per questa volta non sarai punita, ma d' ora in poi, ogni volta che farai un errore, subirai una punizione".
Poi continuò
"I vestiti che indossi vanno abbastanza bene per la prima volta, in seguito sarò io a dirti cosa indossare, hai capito?".
"Sì, padrone".
"Adesso togliti i vestiti, sbrigati".
Mi tolsi l'abito e rimasi con le autoreggenti e la biancheria intima.
"Bene" disse lui soddisfatto
"Ma le mutandine non vanno, dalla prossima volta ti voglio sempre in perizoma".
"Sì, padrone" risposi, pensando che ancora non era sicuro se ci sarebbe stata un'altra volta o no, dopotutto nella mia testa, quello era ancora un semplice incontro di sesso occasionale.
"Adesso voltati e piegati in avanti".
Feci come aveva ordinato. Avevo il culo proprio davanti alla sua faccia.
"Allarga le gambe" mi disse.
Feci anche questo, poi lo sentii alzarsi, venne di fronte a me e feci per raddrizzarmi ma lui si arrabbiò.
"Ti ho forse detto di alzarti?"
"No, padrone" e mi rimisi piegata.
"Così non va" disse lui
"Qui c'è bisogno di una punizione altrimenti non imparerai mai ad essere educata".
"Togliti le mutandine, puoi raddrizzarti per farlo ma poi devi rimetterti così"
Ecco come sono diventata schiava.
Lo avevo contattato dopo averlo visto ad un aperitivo, ci eravamo scambiati qualche mail e poi mi aveva proposto di incontrarlo.
Dopo averci pensato un po', decisi di accettare e gli chiesi l'indirizzo, mi diede appuntamento per il sabato successivo a casa sua.
Arrivai al luogo dell'indirizzo alle 8 precise. Era una villetta un po’ isolata con un giardino piuttosto grande, un grande cancello e un viale che conduceva davanti all' abitazione.
Suonai il campanello e attesi, nessuna risposta, risuonai e anche questa volta non rispose nessuno.
Stavo per risalire in macchina a telefonargli quando il cancello si aprì.
Lasciai l'auto davanti a casa, percorsi il viale fino all'ingresso dell'abitazione dove suonai il campanello.
Dopo qualche istante venne ad aprirmi.
"Entra" mi disse e mi fece accomodare in un ampio soggiorno su un divano, poi rimase in piedi di fronte a me a guardarmi.
Indossava un paio di pantaloni con la cintura e una camicia aperta che lasciava intravedere il suo torace muscoloso completamente depilato.
Comincio a sentirmi in imbarazzo sotto il suo sguardo.
"Alzati" mi disse.
Mi alzai, poi mi fece girare e rimanere in piedi mentre lui si sedette sul divano.
"Perché mi hai telefonato?" chiese.
"Così, mi andava di vederci".
Feci per sedermi ma lui mi bloccò.
"Non ti ho detto di sederti" disse, poi dopo un po’ di silenzio continuò
"Non mi sembri molto educata, hai bisogno di disciplina e di imparare ad obbedire. Se vuoi posso insegnartela io".
Non avevo ben chiaro cosa intendesse lui con "disciplina" ed "obbedire", ma ero sempre più attratta da lui, così risposi solamente "Okay".
"Io sarò il tuo master d'ora in poi e quando ti chiedo qualcosa devi rispondermi sempre con 'padrone', hai capito?"
"Sì" dissi.
"No, che non hai capito!" disse lui alzando la voce "Che cosa ti ho appena detto?"
"Sì, padrone" mi affrettai a correggermi.
Mi sentivo inspiegabilmente eccitata, quel gioco mi piaceva, era divertente...
"Così va meglio" disse lui "Per questa volta non sarai punita, ma d' ora in poi, ogni volta che farai un errore, subirai una punizione".
Poi continuò
"I vestiti che indossi vanno abbastanza bene per la prima volta, in seguito sarò io a dirti cosa indossare, hai capito?".
"Sì, padrone".
"Adesso togliti i vestiti, sbrigati".
Mi tolsi l'abito e rimasi con le autoreggenti e la biancheria intima.
"Bene" disse lui soddisfatto
"Ma le mutandine non vanno, dalla prossima volta ti voglio sempre in perizoma".
"Sì, padrone" risposi, pensando che ancora non era sicuro se ci sarebbe stata un'altra volta o no, dopotutto nella mia testa, quello era ancora un semplice incontro di sesso occasionale.
"Adesso voltati e piegati in avanti".
Feci come aveva ordinato. Avevo il culo proprio davanti alla sua faccia.
"Allarga le gambe" mi disse.
Feci anche questo, poi lo sentii alzarsi, venne di fronte a me e feci per raddrizzarmi ma lui si arrabbiò.
"Ti ho forse detto di alzarti?"
"No, padrone" e mi rimisi piegata.
"Così non va" disse lui
"Qui c'è bisogno di una punizione altrimenti non imparerai mai ad essere educata".
"Togliti le mutandine, puoi raddrizzarti per farlo ma poi devi rimetterti così"
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