Notte
di
Anonima1981
genere
etero
Mi sveglio di soprassalto. Forse un rumore inatteso.
Sono sola nel letto, mi ricordo che è via per lavoro fino a domani sera. Che strano, dormivo profondamente. Ora c’è silenzio. La camera è immersa nel buio, qualche sottile lame di luce entra dalle persiane avvolgibili che ho serrato anche troppo. Non mi piace dormire completamente al buio.
E poi perché le finestre sono chiuse? E’ quasi estate, non fa caldo ma la primavera è dolce quest’anno.
Un altro rumore che forse nemmeno è rumore, quasi una sensazione. Scosto la leggera coperta di cotone e faccio appello al mio poco coraggio. Una porta chiusa male? Una finestra socchiusa che l’aria notturna ha spinto contro il battente?
Sono le 2 del mattino e devo vedere. Mi conosco, rischio di non dormire più. Accendo la piccola luce del comodino che ingigantisce le ombre della stanza e ancora di più mi intimidisce.
Appoggio i piedi nudi sul pavimento freddo. In punta di piedi (ma perché in punta di piedi se sono sola in casa?) mi avventuro nel corridoio stringendomi le braccia sul petto.
E’ quasi giugno ma a quest’ora di notte il mio pigiama bianco di seta non mi tiene ancora abbastanza caldo. Sento irrigidirsi i capezzoli, non so se per il freddo o per il timore di esplorare da sola di notte la mia casa deserta.
Ancora un leggero rumore, come un trattenuto respiro. Mi sento osservata ma non vedo nessuno. Adagio lascio il buio del corridoio e accendo le tranquillizzanti luci del soggiorno, dello studio, della cucina, del bagno. Nulla, non c’è nulla di cui preoccuparsi. Vado fino alla porta finestra. Chiusa, certo che l’avevo chiusa! Torno in cucina, mi rilasso, bevo un sorso d’acqua.
Torno verso la camera e spengo tutte le luci, una dopo l’altra. Ho freddo, i capezzoli ancora irrigiditi sfregano contro la seta sottile, una morbida danza dei seni, quasi un eccitante piacere dopo l’inattesa paura.
Passo di nuovo per il corridoio buio, mi fermo. Ancora quel rumore, quello di prima. Come un respiro trattenuto. Mi fermo qualche secondo. Più nulla, entro in camera da letto, vado verso il comodino. Ora spengo e mi rimetto a dormire.
Succede allora. Da dietro un braccio mi circonda il collo e una mano, forte e decisa, mi chiude la bocca. Cerco di liberarmi, riesco a girarmi e resto come bloccata dalla paura.
Un uomo più alto di me, il viso coperto da un passamontagna nero, gli vedo solo gli occhi, grandi e scuri. Mi divincolo e cerco di scappare. Scappare dove?
Ma il braccio mi ferma. Mi afferra lo scollo della giacca del pigiama e mi attira a sé. Sento un odore che non conosco, un profumo a me ignoto, forte e maschile. I pensieri agitati dalla paura vanno per vie sconosciute.
La mano strappa con forza la giacca, sento il rumore dei bottoni di madreperla sul pavimento.
Allungo un braccio per colpire quel viso nascosto. La mano blocca il mio braccio, poi l’uomo con calma violenza finisce di strapparmi la giacca lasciandomi nuda fino alla cintola.
I seni nudi, i capezzoli irrigiditi dalla paura. Colgo un lampo nei suoi occhi. Allungo di nuovo la mano per schiaffeggiarlo e coglierlo di sorpresa. Non ci riesco. Mi spinge senza fatica sul letto e mi strappa i pantaloni, ultima barriera alla mia resa totale.
Ora sono nuda, sola e spaventata da quello che so che mi aspetta. Apro la bocca per gridare. “Qualcuno mi sentirà nel silenzio della notte” penso con poca speranza. La sua mano mi serra di nuovo la bocca mentre con l’altra mi ordina di fare silenzio, un ordine cui non si può che obbedire.
Con una manata scaraventa la lampada del comodino contro il muro. La stanza torna nel buio, solo qualche lama di luce che attraverso gli avvolgibili penetra dalla strada. Con occhi dilatati ora vedo l’ombra che mi sovrasta.
L’ombra si slaccia la cintura, sento il leggero rumore della cerniera lampo. I pantaloni cadono a terra senza rumore. Non indossa intimo, è venuto per questo, già pronto.
“Come è entrato? Chi è?” penso mentre si sfila con calma il passamontagna e la maglia leggera e rimane nudo, in piedi davanti a me, abbandonata sul letto disfatto.
Allunga un braccio, la mano mi afferra i capelli. Li tira, mi fa alzare, mi obbliga a inginocchiarmi. Davanti ai miei occhi il suo cazzo. Grosso, duro, scuro. Il glande già umido, lucido il pelo del pube. Odore di maschio.
Mi tira ancora i capelli e appoggia il cazzo sulle mie labbra serrate. Faccio segno di no con la testa e subito mi arriva una sberla sul viso, poi un’altra. Due dita mi serrano il naso. Mi manca l’aria.
Vinta, apro la bocca e accolgo il cazzo pulsante. I denti sfregano lungo l’asta, penso di morderlo ma ho paura della sua reazione. La mano padrona dei miei capelli mi guida nel movimento, il cazzo scivola quasi fuori dalla bocca e poi dentro di nuovo, sempre più dentro. Il ritmo è ossessivo, veloce, sempre di più. Controllo un conato di vomito. Poi improvviso finisce, me lo toglie di bocca e mi spinge di nuovo indietro sul letto.
Un po’ di saliva mi esce di bocca e cade sul seno che si alza e si abbassa nel respiro affrettato. Lui mi apre le cosce. Obbediente le lascio dischiuse al suo sguardo e alle sue dita che mi frugano in mezzo alle labbra fino ad arrivare al bocciolo che sporge. So di essere bagnata, non credo sia solo sudore.
Mi fruga con un dito, poi con due. La penombra mi rivela il suo corpo nudo mentre si stende sopra di me e mi penetra con il cazzo duro e ancora bagnato dalla mia saliva. Incomincia a scoparmi con ritmo lento, poi più veloce… sempre di più. Vedo i suoi occhi dilatati e fissi nei miei. Mi sento piena di lui, la figa calda e piena di umori, miei e suoi. La mano mi afferra un seno con forza e mi stringe il capezzolo irrigidito.
Mi sfugge un lamento. Decido di lasciarlo fare. Cerco di rilassarmi mentre sento salire l’onda del suo piacere. So che comincia a piacermi, so che comincio a godere. Sento piccoli tremiti lungo la schiena, sento contrarre i muscoli dell’addome. Non voglio godere, almeno quello, non voglio che vinca su tutta la linea.
Ma non ci riesco. Lo sento scaricare il suo seme bollente dentro di me e vengo travolta da un orgasmo che non provavo da tempo. Sembra non avere fine. Gli occhi pieni di lacrime della passata paura e del presente piacere, incontrollato e incontrollabile.
Esce da me. Mi sento vuota, vinta, usata. Si alza dal letto senza una parola, indossa di nuovo la maglia leggera e i pantaloni abbandonati sul pavimento.
Rimango sola, nuda sul letto, le cosce bagnate dal suo sperma e dal mio piacere. Dopo un tempo che sembra eterno mi alzo e nella luce della notte che lenta cede al giorno vado in bagno e mi faccio una lunga doccia bollente.
Indosso l’accappatoio e torno in camera da letto. Lui è là, sta fumando…
“Questa volta ti è piaciuto?” mi chiede con la solita voce arrochita dal fumo e dai momenti che seguono al sesso. “Si, però potevi fare a meno di prendermi a sberle così.. Comunque sei stato bravo, non ti ho quasi sentito entrare e non ti ho proprio visto nascosto nel buio… E hai pure cambiato profumo, bravo!”
Poi lascio cadere l’accappatoio ed entro nel letto, scopro il suo corpo nudo, il cazzo già quasi duro di nuovo. Lo prendo in mano, comincio a masturbarlo e poi lo prendo in bocca. La lingua gioca col cercine scoperto del grande, sento che arresta il respiro. So quanto gli piace quando lo succhio mentre lo guardo negli occhi.
La lingua corre dal glande alla radice, affondo il naso nel pelo del pube sudato. Prendo in bocca un testicolo, poi l’altro. Riprendo in bocca il cazzo, corro con i denti lungo l’asta dura e vibrante, la lingua segue i percorsi delle vene gonfie di sangue. Il suo piacere che monta.
“Non ne hai mai abbastanza, eh??!!” mi dice nel silenzio dell’alba. Poi mi gira prona, apro le cosce perché mi prenda da dietro, nel mio lago di miele. In quel modo che mi fa impazzire…. Lui, il compagno della mia vita.
Sono sola nel letto, mi ricordo che è via per lavoro fino a domani sera. Che strano, dormivo profondamente. Ora c’è silenzio. La camera è immersa nel buio, qualche sottile lame di luce entra dalle persiane avvolgibili che ho serrato anche troppo. Non mi piace dormire completamente al buio.
E poi perché le finestre sono chiuse? E’ quasi estate, non fa caldo ma la primavera è dolce quest’anno.
Un altro rumore che forse nemmeno è rumore, quasi una sensazione. Scosto la leggera coperta di cotone e faccio appello al mio poco coraggio. Una porta chiusa male? Una finestra socchiusa che l’aria notturna ha spinto contro il battente?
Sono le 2 del mattino e devo vedere. Mi conosco, rischio di non dormire più. Accendo la piccola luce del comodino che ingigantisce le ombre della stanza e ancora di più mi intimidisce.
Appoggio i piedi nudi sul pavimento freddo. In punta di piedi (ma perché in punta di piedi se sono sola in casa?) mi avventuro nel corridoio stringendomi le braccia sul petto.
E’ quasi giugno ma a quest’ora di notte il mio pigiama bianco di seta non mi tiene ancora abbastanza caldo. Sento irrigidirsi i capezzoli, non so se per il freddo o per il timore di esplorare da sola di notte la mia casa deserta.
Ancora un leggero rumore, come un trattenuto respiro. Mi sento osservata ma non vedo nessuno. Adagio lascio il buio del corridoio e accendo le tranquillizzanti luci del soggiorno, dello studio, della cucina, del bagno. Nulla, non c’è nulla di cui preoccuparsi. Vado fino alla porta finestra. Chiusa, certo che l’avevo chiusa! Torno in cucina, mi rilasso, bevo un sorso d’acqua.
Torno verso la camera e spengo tutte le luci, una dopo l’altra. Ho freddo, i capezzoli ancora irrigiditi sfregano contro la seta sottile, una morbida danza dei seni, quasi un eccitante piacere dopo l’inattesa paura.
Passo di nuovo per il corridoio buio, mi fermo. Ancora quel rumore, quello di prima. Come un respiro trattenuto. Mi fermo qualche secondo. Più nulla, entro in camera da letto, vado verso il comodino. Ora spengo e mi rimetto a dormire.
Succede allora. Da dietro un braccio mi circonda il collo e una mano, forte e decisa, mi chiude la bocca. Cerco di liberarmi, riesco a girarmi e resto come bloccata dalla paura.
Un uomo più alto di me, il viso coperto da un passamontagna nero, gli vedo solo gli occhi, grandi e scuri. Mi divincolo e cerco di scappare. Scappare dove?
Ma il braccio mi ferma. Mi afferra lo scollo della giacca del pigiama e mi attira a sé. Sento un odore che non conosco, un profumo a me ignoto, forte e maschile. I pensieri agitati dalla paura vanno per vie sconosciute.
La mano strappa con forza la giacca, sento il rumore dei bottoni di madreperla sul pavimento.
Allungo un braccio per colpire quel viso nascosto. La mano blocca il mio braccio, poi l’uomo con calma violenza finisce di strapparmi la giacca lasciandomi nuda fino alla cintola.
I seni nudi, i capezzoli irrigiditi dalla paura. Colgo un lampo nei suoi occhi. Allungo di nuovo la mano per schiaffeggiarlo e coglierlo di sorpresa. Non ci riesco. Mi spinge senza fatica sul letto e mi strappa i pantaloni, ultima barriera alla mia resa totale.
Ora sono nuda, sola e spaventata da quello che so che mi aspetta. Apro la bocca per gridare. “Qualcuno mi sentirà nel silenzio della notte” penso con poca speranza. La sua mano mi serra di nuovo la bocca mentre con l’altra mi ordina di fare silenzio, un ordine cui non si può che obbedire.
Con una manata scaraventa la lampada del comodino contro il muro. La stanza torna nel buio, solo qualche lama di luce che attraverso gli avvolgibili penetra dalla strada. Con occhi dilatati ora vedo l’ombra che mi sovrasta.
L’ombra si slaccia la cintura, sento il leggero rumore della cerniera lampo. I pantaloni cadono a terra senza rumore. Non indossa intimo, è venuto per questo, già pronto.
“Come è entrato? Chi è?” penso mentre si sfila con calma il passamontagna e la maglia leggera e rimane nudo, in piedi davanti a me, abbandonata sul letto disfatto.
Allunga un braccio, la mano mi afferra i capelli. Li tira, mi fa alzare, mi obbliga a inginocchiarmi. Davanti ai miei occhi il suo cazzo. Grosso, duro, scuro. Il glande già umido, lucido il pelo del pube. Odore di maschio.
Mi tira ancora i capelli e appoggia il cazzo sulle mie labbra serrate. Faccio segno di no con la testa e subito mi arriva una sberla sul viso, poi un’altra. Due dita mi serrano il naso. Mi manca l’aria.
Vinta, apro la bocca e accolgo il cazzo pulsante. I denti sfregano lungo l’asta, penso di morderlo ma ho paura della sua reazione. La mano padrona dei miei capelli mi guida nel movimento, il cazzo scivola quasi fuori dalla bocca e poi dentro di nuovo, sempre più dentro. Il ritmo è ossessivo, veloce, sempre di più. Controllo un conato di vomito. Poi improvviso finisce, me lo toglie di bocca e mi spinge di nuovo indietro sul letto.
Un po’ di saliva mi esce di bocca e cade sul seno che si alza e si abbassa nel respiro affrettato. Lui mi apre le cosce. Obbediente le lascio dischiuse al suo sguardo e alle sue dita che mi frugano in mezzo alle labbra fino ad arrivare al bocciolo che sporge. So di essere bagnata, non credo sia solo sudore.
Mi fruga con un dito, poi con due. La penombra mi rivela il suo corpo nudo mentre si stende sopra di me e mi penetra con il cazzo duro e ancora bagnato dalla mia saliva. Incomincia a scoparmi con ritmo lento, poi più veloce… sempre di più. Vedo i suoi occhi dilatati e fissi nei miei. Mi sento piena di lui, la figa calda e piena di umori, miei e suoi. La mano mi afferra un seno con forza e mi stringe il capezzolo irrigidito.
Mi sfugge un lamento. Decido di lasciarlo fare. Cerco di rilassarmi mentre sento salire l’onda del suo piacere. So che comincia a piacermi, so che comincio a godere. Sento piccoli tremiti lungo la schiena, sento contrarre i muscoli dell’addome. Non voglio godere, almeno quello, non voglio che vinca su tutta la linea.
Ma non ci riesco. Lo sento scaricare il suo seme bollente dentro di me e vengo travolta da un orgasmo che non provavo da tempo. Sembra non avere fine. Gli occhi pieni di lacrime della passata paura e del presente piacere, incontrollato e incontrollabile.
Esce da me. Mi sento vuota, vinta, usata. Si alza dal letto senza una parola, indossa di nuovo la maglia leggera e i pantaloni abbandonati sul pavimento.
Rimango sola, nuda sul letto, le cosce bagnate dal suo sperma e dal mio piacere. Dopo un tempo che sembra eterno mi alzo e nella luce della notte che lenta cede al giorno vado in bagno e mi faccio una lunga doccia bollente.
Indosso l’accappatoio e torno in camera da letto. Lui è là, sta fumando…
“Questa volta ti è piaciuto?” mi chiede con la solita voce arrochita dal fumo e dai momenti che seguono al sesso. “Si, però potevi fare a meno di prendermi a sberle così.. Comunque sei stato bravo, non ti ho quasi sentito entrare e non ti ho proprio visto nascosto nel buio… E hai pure cambiato profumo, bravo!”
Poi lascio cadere l’accappatoio ed entro nel letto, scopro il suo corpo nudo, il cazzo già quasi duro di nuovo. Lo prendo in mano, comincio a masturbarlo e poi lo prendo in bocca. La lingua gioca col cercine scoperto del grande, sento che arresta il respiro. So quanto gli piace quando lo succhio mentre lo guardo negli occhi.
La lingua corre dal glande alla radice, affondo il naso nel pelo del pube sudato. Prendo in bocca un testicolo, poi l’altro. Riprendo in bocca il cazzo, corro con i denti lungo l’asta dura e vibrante, la lingua segue i percorsi delle vene gonfie di sangue. Il suo piacere che monta.
“Non ne hai mai abbastanza, eh??!!” mi dice nel silenzio dell’alba. Poi mi gira prona, apro le cosce perché mi prenda da dietro, nel mio lago di miele. In quel modo che mi fa impazzire…. Lui, il compagno della mia vita.
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