Bisogno di carezze

di
genere
gay

Bisogno di carezze. Ognuno di noi arriverà nel luogo di incontro autonomamente. Sarà ritarderà un paio d'ore soltanto: anche lei non sta nella pelle, odia presenziare alla riunione anziché spogliarsi nuda davanti a due bei maschi vigorosi. Tu arrivi per primo, ti fai consegnare le chiavi e sali nella 104; io arrivo dopo poco, a me tocca la 105 (abbiamo appositamente chiesto due camere diverse nello stesso piano con prenotazioni diverse). Ti raggiungo nella vostra camera, tremo un po' mentre compio quei passi che mi separano dalla porta d'ingresso, spero di essere all'altezza dopo la lunga attesa, di riuscire a farvi godere come e più di altre avventure, solo così conoscerò anche io il vero piacere. Busso velocemente e tu apri lentamente. Il breve corridoio che dà sulla porta di ingresso non è ben illuminato, percepisco la tua sagoma a fianco alla porta sempre più dischiusa con indosso una camicia sbottonata e ti riconosco per la voce, quel tuo caratteristico suono vocale leggermente acuto, che esordisce come fosse intimidito, che si ode di scatto, rivelando un carattere mite ma non remissivo a letto, pronto alla lotta: "Ciao!". Alla luce della finestra ti vedo finalmente bene: hai la mia stessa altezza, sei più slanciato, si vede che curi il fisico, bel viso giovanile, barba non folta e curatissima, occhi castani a taglio dritto, capelli corti brizzolati. Ci stringiamo la mano e ci guardiamo per alcuni secondi negli occhi: percepisco che indugi sul colore dei miei, verdi. Sappiamo già che possiamo iniziare a giocare. Ti appoggio leggermente il palmo della mano destra sull'addome asciutto lasciato scoperto dalla camicia, e ti accarezzo con delicatezza. Risalgo fino al pettorale sinistro, puntando al capezzolo: non appena lo sfioro, capto una scossa dentro di te che si irradia. Ci baciamo. Le labbra si appoggiano l'una su l'altra, le lingue si intrecciano, roteano, si accarezzano con la massima naturalezza. Ci sta piacendo, e molto. Poggi la mano destra sulla patta dei miei denim, ti accorgi dell'erezione già consistente, abbassi la zip e lo trovi... sì, senza gli slip, libero. Anche io faccio lo stesso movimento, e nel tastare il tuo bel cazzo già duro, ti bacio più forte. Ci stacchiamo ma per poco, giusto il tempo per ognuno di togliersi i vestiti continuando a guardare l'altro spogliarsi. Ci buttiamo sul letto e iniziamo ad esplorate i nostri corpi finalmente liberi da costruzioni, le mani iniziano a disegnare sulla pelle, le dita si fanno strada senza pietà, frenate solo da carezze improvvise. Tu disteso supino offri alla mia bocca la tua mazza, ed io mi disteso su di te a pancia sotto, presentandoti a pochi millimetri dalla bocca il mio cazzo duro come un palo di marmo, con tanto di venature. Stiamo giocando un bellissimo 69, dove gli unici suoni udibili sono i risucchi delle leccate e delle pompate sui nostri bei cazzoni. La saliva scorre a fiumi e si mescola con le gustose secrezioni che i nostri uccelli domani. Essendo supino, tu puoi anche palpeggiare meglio il mio culo piccolino e trovare dove ficcare il dito medio. Anche io ti regalo la medesima sensazione. La stanza si riempie di mugolii strozzati e schiocchi fragorosi, fino a che ognuno non sborra nella bocca dell'altro. Sara nonostante la copiosa sborrata, avrebbe trovato al suo arrivo, due cazzi già allenati, pronti a farle perdere la testa, proprio come la sua figa che, senza mutandine era già bagnata, coperta appena dalla mini gonna, sotto il grande tavolo della riunione.
scritto il
2024-03-15
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