Serialità
di
Anonima1981
genere
etero
Guardo le giovani mani eccitate ed incerte slacciare con moti nervosi i bottoni del mio abito estivo.
Guardo il suo giovane volto un poco sudato per la trepidazione e per l’ansia. Ha 23 anni, l’ho visto spiando la sua carta d’identità quando un po’ titubante l’ha tolta dal portafoglio per consegnarla all’ingresso.
Credo che sia la sua prima volta con una donna più vecchia di lui, una di quelle che chiamano MILF, come ho imparato negli ultimi mesi. Una donna vestita della morbida luce degli anni maturi che scivolano veloci verso la penombra dell’età dei ricordi e dei rimpianti.
Gli accarezzo gentile una guancia, gli dico di stare tranquillo, che abbiamo tempo anche se so che non è proprio così. L’abito leggero scivola lungo le braccia, accarezza il ventre e si raccoglie ai piedi ancora calzati nei sandali aperti. Resto vestita dell’intimo che ho scelto con cura stamane scegliendolo tra i molti capi che mi sono comperata negli ultimi tempi.
Il suo sguardo è fisso sui seni a stento contenuti nel piccolo reggiseno di seta nera, la mano sale a sfiorare la pelle, le labbra contratte in un sorriso nervoso.
Tocca a me. Gli sfilo la maglia firmata “Dio, speriamo che non porti la canottiera!”. Porto la mano sui jeans a toccare il suo desiderio. Trattiene il respiro, è così giovane.
“Toglimi il reggiseno” lo invito e lo aiuto nel farlo. Poi gli poso le mani sulle spalle un poco ossute e lo faccio inginocchiare. Le mutandine accarezzano lente la pelle mentre le sfila, gli offro il pube vestito del leggero pelo chiaro. Sento il suo respiro solleticarmi i morbidi riccioli. Sorrido, è una sensazione piacevole ed eccitante.
Oggi, per la prima volta, da preda mi trasformo in predatrice.
Tutto è cominciato un anno fa, era il 15 giugno. Quando ho scoperto che il mio compagno non era quello che diceva di essere e i suoi tradimenti, persino con donne che credevo amiche. Quando ho scoperto che anch’io volevo dell’altro e che c’era un mondo fuori della porta di casa. Un mondo che aspettava di essere scoperto. E che forse io ero pronta a scoprire.
Il caso ha voluto che il primo sia stato un gentile signore accorso in mio aiuto nel parcheggio sotterraneo del supermercato vicino a casa. Galeotta è stata la modesta qualità del sacchetto riciclabile che ha liberato mele, arance e yoghurt sul selciato vicino all’auto.
“Posso aiutarla?” “Grazie, certo, sono disperata!”. Aveva un buon odore quel signore gentile e delle mani grosse e curate che raccoglievano senza fatica le arance e le mele rotolate per terra. Nella mia testa un lampo accecante e un brivido caldo lungo la schiena: il pensiero improvviso di quelle mani sulla mia pelle nuda.
L’ho rivisto per caso pochi giorni dopo nel medesimo supermercato. Un sorriso, un saluto, un caffè nel bar sull’angolo. Mi sovrastava di tutta la testa, sui cinquanta ben portati, capelli folti e ingrigiti dal tempo. “Ci vediamo per un altro caffè tra qualche giorno?” come dirgli di no. Ci siamo scambiati il numero di telefono e dopo due giorni un suo messaggio. Un nuovo incontro. Poi un altro, un altro ancora.
Ormai sapevamo entrambi cosa sarebbe successo. Stava bene a entrambi. Baci rubati all’ombra di un platano in un parco nascosto. Baci più ardenti nella sua auto. Mani via via senza remore e senza imbarazzi nell’estate all’inizio.
Poi un motel fuori mano. La vergogna e il timore, la prima volta. Il desiderio di scappare via ma la sua bocca mi cerca. La sua mano si rivela sicura e senza incertezze nello spogliare una donna.
In un attimo sono nuda su un letto, la mia immagine si riflette su uno specchio volgare attaccato al soffitto che rimanda i miei occhi spaventati ed eccitati al contempo. Sto sudando e non è per il caldo. Lui si spoglia senza togliermi gli occhi di dosso, lo sguardo accarezza il suo corpo che si rivela. L’ultimo baluardo cade. ll suo cazzo, grosso e già eretto, mi sfiora la mano abbandonata sul letto. Chiudo gli occhi e lo prendo. E’ caldo, più grosso ancora tra le mie piccole dita. Lo stringo, quasi con forza, quando la bocca affonda tra le cosce aperte dalla sua mano e bagnate dal desiderio nascosto nei miei pensieri.
Altri giochi con le mie mani e le sue, con la mia bocca e la sua. Giochi nuovi e per questo ancora più eccitanti, giochi già noti e rinnovati con un’altra pelle di uomo. Poi, improvviso, eccolo, mi prende, il suo cazzo diventa padrone, il letto sobbalza al ritmo incalzante e violento delle sue spinte. Sono piena di lui, finalmente. Mi travolge un orgasmo che nasce in silenzio, si allunga violento tra i brividi e si chiude in un grido che non trattengo fino a quando la sua bocca e la lingua non mi fanno tacere.
Improvviso come tutto è iniziato si leva da me, il cazzo ancora eretto, il glande scoperto e violaceo, umido del primo piacere. Mi afferra deciso i capelli, mi porta verso di lui e si spinge con forza nella mia bocca. Lo accolgo e in un attimo sento l’onda che percorre l’asta. Gode nella mia bocca, mi sazio del suo piacere. Ha un sapore diverso.
Rimango sola, abbandonata sul letto sgualcito, nuda e sudata, sporca di sperma in mezzo alle cosce e sulle labbra. Gli occhi chiusi.
A quello sono seguiti altri incontri, lo stesso motel, a volte la medesima camera anonima. Gli imbarazzi sono via via scemati fino a scomparire. Mi spogliava appena entrati, lo spogliavo con furia, lo volevo nudo, volevo il suo cazzo dentro di me, tutto per me, dovunque in me. Mi ha guidato con mano sapiente in un mondo nuovo, un mondo di incontri rubati, di chat e di favole e racconti erotici.
Il sesso occasionale e sempre diverso è diventato per me via via una dipendenza, un bisogno seriale. Nel corso del tempo sono diventata docile preda, una troia a disposizione degli altrui desideri per soddisfare anche le mie fantasie e colmare il vuoto della mia vita borghese. Mi sono lasciata catturare da uomini maturi, eleganti o volgari, belli o lascivamente affascinanti, a volte falsamente gentili ma sempre e comunque interessati a incontri fugaci in camere anonime. Auto diverse per baci rubati e sempre più audaci. Posteggi e parchi isolati e deserti dove il sesso rubato era regola pericolosa. Altri motel sempre uguali nella loro diversità in anonime periferie. Altri odori e sapori, cazzi di aspetto e dimensioni diverse. Uomini con desideri imprevisti ma pur sempre uguali.
Il dirigente di un ente parastatale che mi portava in un motel subito fuori dalla Tangenziale est di Milano e mi scopava tra le 13 e le 15, dopo avermi coscienziosamente eccitata con la lingua e le dita: poca fantasia ma molta resistenza. Il piccolo commerciante che mi cercava nel giorno di chiusura settimanale per farmi schiava del suo cazzo fuori misura. Il medico che impazziva per i pompini nella penombra della sua berlina grigia ferma nel parcheggio pubblico di un centro commerciale tra auto che entravano e uscivano. L’ingegnere informatico che mi legava prona con lacci di seta nera e fingeva di sodomizzarmi violento, ben sapendo che tutto era un gioco anche per me. Il professore di matematica che mi penetrava raccontandomi come gli sarebbe piaciuto vedermi scopare sua moglie di cui mi mostrava le foto fatte nell’intimità. Il commercialista maturo che amava riempirmi con un membro di plastica nera mentre gli leccavo il cazzo di dimensioni modeste fino a farlo esplodere sul viso e le tette. Il sottufficiale in carriera che odorava di caserma anche nudo e che, mentre mi chiamava puttana, voleva sentire esaltare le sue doti di maschio potente. L’avvocato civilista che mi torturava deliziosamente i capezzoli duri come grossi chiodi e mi trasformava in un lago caldo di umori, pronto per essere invaso dal suo cazzo sapiente. L’artigiano del legno (non un falegname, per carità, ci teneva!!!) che voleva essere cavalcato e che amava filmarmi mentre, con il viso coperto, sudavo sopra di lui e gli dicevo che ero una troia, la sua troia.
Quanti uomini, quante ore rubate alla famiglia e ai miei doveri. Una traditrice seriale, una moglie capace di nascondere i suoi desideri, le sue voglie, le sue dipendenze, una donna facile preda di uomini tra i quali avevo solo l’imbarazzo di scelta! Mi sono comportata così per mesi, cambiando uomini e situazioni con voluta frequenza per poi comprendere che non ero io la preda bensì la predatrice!
E quindi ho superato un ultimo confine, una restante barriera. Mi sono messa in caccia anch’io come tanti uomini avevano fatto con me. Ho cercato io qualcosa di diverso da quegli uomini maturi e spesso supponenti che avevano usato il mio corpo e si erano dati piacere nei modi e nei tempi dettati da loro.
Ho cercato la gioventù che si stava allontanando da me, ho cercato l’energia e la celata ingenuità dei vent’anni. Un giovane a cui donare un corpo usato dal tempo e da altri, un giovane da cui prendere piacere finalmente con i miei tempi e le mie voglie.
E oggi sono qui con lui. Nuda, stesa sul letto, in piena luce. In quello stesso motel in cui ho cominciato la mia avventura di troia da chat. Ma sono io che do i tempi. Lo invito con silenzioso gesto a inginocchiarsi tra le mie cosce, a giocare con il mio bocciolo eretto che sporge come un piccolo cazzo da soddisfare. Sono io che gli stringo i folti e lunghi capelli e lo accompagno nel ritmo e nella profondità. Ecco la sua lingua inesperta che poco per volta addestro con voce suadente e già roca per l’atteso piacere.
Sento nascere lento quel brivido che diventerà intenso e gli riempirà la bocca dei miei umori di miele. Lo tengo stretto contro la mia figa aperta, gli stringo le cosce attorno alla testa per non lasciarlo scappare proprio ora mentre sto godendo per la prima volta. Tengo ben spalancati gli occhi a guardare lo specchio sopra il letto che rimanda la lasciva immagine della sua testa che si muove veloce in mezzo alle cosce.
Non voglio che goda troppo presto, io voglio di più. Lo faccio sollevare dal grembo fradicio, lui guarda le labbra gonfie e bagnate, il pelo lucente della sua saliva e dei miei umori. Il cazzo eretto e tremante, bello, giovane, dura pietra. Mi chino a baciarlo, lecco il glande umido e caldo. Trattiene il respiro. Sento che prende coraggio e me lo spinge in gola, soffoco un conato. Lo tolgo, non voglio che goda adesso.
Mi giro prona. Lui si stende sopra di me, mi lecca il collo, ingenuamente dice di amarmi. Non voglio amore, voglio il suo cazzo dentro di me. Ecco, mi prende, scivola dentro di me. Mi morde il collo, gli dico di non lasciare segni. Comincia a montarmi come fossi una cagna, questo voglio… essere montata, come altri hanno già fatto ma oggi con i miei ritmi. Lo sento accelerare, il respiro veloce e ansante. Lo fermo.
Mi giro supina. Prendo tra le mani il cazzo teso e bagnato di me, con il pollice accarezzo il glande umido, mi porto il dito alla bocca e lo succhio. Non credo che durerà ancora per molto, ma ora sono pronta.
Mi faccio scopare mentre lo guardo negli occhi, incrocio le gambe dietro la sua schiena per non lasciarlo fuggire. Colpi violenti dentro di me, il letto un po’ cigola, la testiera batte contro il muro dietro la testa.
Nuovi brividi nascono, un nuovo orgasmo, quello voluto. Lungo, feroce. Gli mordo la spalla, soffoca un lamento mentre scarica il suo sperma bollente dentro di me. Appagata gli sussurro “Sei stato bravo”.
Lui sorride, i denti perfetti.
Guardo il suo giovane volto un poco sudato per la trepidazione e per l’ansia. Ha 23 anni, l’ho visto spiando la sua carta d’identità quando un po’ titubante l’ha tolta dal portafoglio per consegnarla all’ingresso.
Credo che sia la sua prima volta con una donna più vecchia di lui, una di quelle che chiamano MILF, come ho imparato negli ultimi mesi. Una donna vestita della morbida luce degli anni maturi che scivolano veloci verso la penombra dell’età dei ricordi e dei rimpianti.
Gli accarezzo gentile una guancia, gli dico di stare tranquillo, che abbiamo tempo anche se so che non è proprio così. L’abito leggero scivola lungo le braccia, accarezza il ventre e si raccoglie ai piedi ancora calzati nei sandali aperti. Resto vestita dell’intimo che ho scelto con cura stamane scegliendolo tra i molti capi che mi sono comperata negli ultimi tempi.
Il suo sguardo è fisso sui seni a stento contenuti nel piccolo reggiseno di seta nera, la mano sale a sfiorare la pelle, le labbra contratte in un sorriso nervoso.
Tocca a me. Gli sfilo la maglia firmata “Dio, speriamo che non porti la canottiera!”. Porto la mano sui jeans a toccare il suo desiderio. Trattiene il respiro, è così giovane.
“Toglimi il reggiseno” lo invito e lo aiuto nel farlo. Poi gli poso le mani sulle spalle un poco ossute e lo faccio inginocchiare. Le mutandine accarezzano lente la pelle mentre le sfila, gli offro il pube vestito del leggero pelo chiaro. Sento il suo respiro solleticarmi i morbidi riccioli. Sorrido, è una sensazione piacevole ed eccitante.
Oggi, per la prima volta, da preda mi trasformo in predatrice.
Tutto è cominciato un anno fa, era il 15 giugno. Quando ho scoperto che il mio compagno non era quello che diceva di essere e i suoi tradimenti, persino con donne che credevo amiche. Quando ho scoperto che anch’io volevo dell’altro e che c’era un mondo fuori della porta di casa. Un mondo che aspettava di essere scoperto. E che forse io ero pronta a scoprire.
Il caso ha voluto che il primo sia stato un gentile signore accorso in mio aiuto nel parcheggio sotterraneo del supermercato vicino a casa. Galeotta è stata la modesta qualità del sacchetto riciclabile che ha liberato mele, arance e yoghurt sul selciato vicino all’auto.
“Posso aiutarla?” “Grazie, certo, sono disperata!”. Aveva un buon odore quel signore gentile e delle mani grosse e curate che raccoglievano senza fatica le arance e le mele rotolate per terra. Nella mia testa un lampo accecante e un brivido caldo lungo la schiena: il pensiero improvviso di quelle mani sulla mia pelle nuda.
L’ho rivisto per caso pochi giorni dopo nel medesimo supermercato. Un sorriso, un saluto, un caffè nel bar sull’angolo. Mi sovrastava di tutta la testa, sui cinquanta ben portati, capelli folti e ingrigiti dal tempo. “Ci vediamo per un altro caffè tra qualche giorno?” come dirgli di no. Ci siamo scambiati il numero di telefono e dopo due giorni un suo messaggio. Un nuovo incontro. Poi un altro, un altro ancora.
Ormai sapevamo entrambi cosa sarebbe successo. Stava bene a entrambi. Baci rubati all’ombra di un platano in un parco nascosto. Baci più ardenti nella sua auto. Mani via via senza remore e senza imbarazzi nell’estate all’inizio.
Poi un motel fuori mano. La vergogna e il timore, la prima volta. Il desiderio di scappare via ma la sua bocca mi cerca. La sua mano si rivela sicura e senza incertezze nello spogliare una donna.
In un attimo sono nuda su un letto, la mia immagine si riflette su uno specchio volgare attaccato al soffitto che rimanda i miei occhi spaventati ed eccitati al contempo. Sto sudando e non è per il caldo. Lui si spoglia senza togliermi gli occhi di dosso, lo sguardo accarezza il suo corpo che si rivela. L’ultimo baluardo cade. ll suo cazzo, grosso e già eretto, mi sfiora la mano abbandonata sul letto. Chiudo gli occhi e lo prendo. E’ caldo, più grosso ancora tra le mie piccole dita. Lo stringo, quasi con forza, quando la bocca affonda tra le cosce aperte dalla sua mano e bagnate dal desiderio nascosto nei miei pensieri.
Altri giochi con le mie mani e le sue, con la mia bocca e la sua. Giochi nuovi e per questo ancora più eccitanti, giochi già noti e rinnovati con un’altra pelle di uomo. Poi, improvviso, eccolo, mi prende, il suo cazzo diventa padrone, il letto sobbalza al ritmo incalzante e violento delle sue spinte. Sono piena di lui, finalmente. Mi travolge un orgasmo che nasce in silenzio, si allunga violento tra i brividi e si chiude in un grido che non trattengo fino a quando la sua bocca e la lingua non mi fanno tacere.
Improvviso come tutto è iniziato si leva da me, il cazzo ancora eretto, il glande scoperto e violaceo, umido del primo piacere. Mi afferra deciso i capelli, mi porta verso di lui e si spinge con forza nella mia bocca. Lo accolgo e in un attimo sento l’onda che percorre l’asta. Gode nella mia bocca, mi sazio del suo piacere. Ha un sapore diverso.
Rimango sola, abbandonata sul letto sgualcito, nuda e sudata, sporca di sperma in mezzo alle cosce e sulle labbra. Gli occhi chiusi.
A quello sono seguiti altri incontri, lo stesso motel, a volte la medesima camera anonima. Gli imbarazzi sono via via scemati fino a scomparire. Mi spogliava appena entrati, lo spogliavo con furia, lo volevo nudo, volevo il suo cazzo dentro di me, tutto per me, dovunque in me. Mi ha guidato con mano sapiente in un mondo nuovo, un mondo di incontri rubati, di chat e di favole e racconti erotici.
Il sesso occasionale e sempre diverso è diventato per me via via una dipendenza, un bisogno seriale. Nel corso del tempo sono diventata docile preda, una troia a disposizione degli altrui desideri per soddisfare anche le mie fantasie e colmare il vuoto della mia vita borghese. Mi sono lasciata catturare da uomini maturi, eleganti o volgari, belli o lascivamente affascinanti, a volte falsamente gentili ma sempre e comunque interessati a incontri fugaci in camere anonime. Auto diverse per baci rubati e sempre più audaci. Posteggi e parchi isolati e deserti dove il sesso rubato era regola pericolosa. Altri motel sempre uguali nella loro diversità in anonime periferie. Altri odori e sapori, cazzi di aspetto e dimensioni diverse. Uomini con desideri imprevisti ma pur sempre uguali.
Il dirigente di un ente parastatale che mi portava in un motel subito fuori dalla Tangenziale est di Milano e mi scopava tra le 13 e le 15, dopo avermi coscienziosamente eccitata con la lingua e le dita: poca fantasia ma molta resistenza. Il piccolo commerciante che mi cercava nel giorno di chiusura settimanale per farmi schiava del suo cazzo fuori misura. Il medico che impazziva per i pompini nella penombra della sua berlina grigia ferma nel parcheggio pubblico di un centro commerciale tra auto che entravano e uscivano. L’ingegnere informatico che mi legava prona con lacci di seta nera e fingeva di sodomizzarmi violento, ben sapendo che tutto era un gioco anche per me. Il professore di matematica che mi penetrava raccontandomi come gli sarebbe piaciuto vedermi scopare sua moglie di cui mi mostrava le foto fatte nell’intimità. Il commercialista maturo che amava riempirmi con un membro di plastica nera mentre gli leccavo il cazzo di dimensioni modeste fino a farlo esplodere sul viso e le tette. Il sottufficiale in carriera che odorava di caserma anche nudo e che, mentre mi chiamava puttana, voleva sentire esaltare le sue doti di maschio potente. L’avvocato civilista che mi torturava deliziosamente i capezzoli duri come grossi chiodi e mi trasformava in un lago caldo di umori, pronto per essere invaso dal suo cazzo sapiente. L’artigiano del legno (non un falegname, per carità, ci teneva!!!) che voleva essere cavalcato e che amava filmarmi mentre, con il viso coperto, sudavo sopra di lui e gli dicevo che ero una troia, la sua troia.
Quanti uomini, quante ore rubate alla famiglia e ai miei doveri. Una traditrice seriale, una moglie capace di nascondere i suoi desideri, le sue voglie, le sue dipendenze, una donna facile preda di uomini tra i quali avevo solo l’imbarazzo di scelta! Mi sono comportata così per mesi, cambiando uomini e situazioni con voluta frequenza per poi comprendere che non ero io la preda bensì la predatrice!
E quindi ho superato un ultimo confine, una restante barriera. Mi sono messa in caccia anch’io come tanti uomini avevano fatto con me. Ho cercato io qualcosa di diverso da quegli uomini maturi e spesso supponenti che avevano usato il mio corpo e si erano dati piacere nei modi e nei tempi dettati da loro.
Ho cercato la gioventù che si stava allontanando da me, ho cercato l’energia e la celata ingenuità dei vent’anni. Un giovane a cui donare un corpo usato dal tempo e da altri, un giovane da cui prendere piacere finalmente con i miei tempi e le mie voglie.
E oggi sono qui con lui. Nuda, stesa sul letto, in piena luce. In quello stesso motel in cui ho cominciato la mia avventura di troia da chat. Ma sono io che do i tempi. Lo invito con silenzioso gesto a inginocchiarsi tra le mie cosce, a giocare con il mio bocciolo eretto che sporge come un piccolo cazzo da soddisfare. Sono io che gli stringo i folti e lunghi capelli e lo accompagno nel ritmo e nella profondità. Ecco la sua lingua inesperta che poco per volta addestro con voce suadente e già roca per l’atteso piacere.
Sento nascere lento quel brivido che diventerà intenso e gli riempirà la bocca dei miei umori di miele. Lo tengo stretto contro la mia figa aperta, gli stringo le cosce attorno alla testa per non lasciarlo scappare proprio ora mentre sto godendo per la prima volta. Tengo ben spalancati gli occhi a guardare lo specchio sopra il letto che rimanda la lasciva immagine della sua testa che si muove veloce in mezzo alle cosce.
Non voglio che goda troppo presto, io voglio di più. Lo faccio sollevare dal grembo fradicio, lui guarda le labbra gonfie e bagnate, il pelo lucente della sua saliva e dei miei umori. Il cazzo eretto e tremante, bello, giovane, dura pietra. Mi chino a baciarlo, lecco il glande umido e caldo. Trattiene il respiro. Sento che prende coraggio e me lo spinge in gola, soffoco un conato. Lo tolgo, non voglio che goda adesso.
Mi giro prona. Lui si stende sopra di me, mi lecca il collo, ingenuamente dice di amarmi. Non voglio amore, voglio il suo cazzo dentro di me. Ecco, mi prende, scivola dentro di me. Mi morde il collo, gli dico di non lasciare segni. Comincia a montarmi come fossi una cagna, questo voglio… essere montata, come altri hanno già fatto ma oggi con i miei ritmi. Lo sento accelerare, il respiro veloce e ansante. Lo fermo.
Mi giro supina. Prendo tra le mani il cazzo teso e bagnato di me, con il pollice accarezzo il glande umido, mi porto il dito alla bocca e lo succhio. Non credo che durerà ancora per molto, ma ora sono pronta.
Mi faccio scopare mentre lo guardo negli occhi, incrocio le gambe dietro la sua schiena per non lasciarlo fuggire. Colpi violenti dentro di me, il letto un po’ cigola, la testiera batte contro il muro dietro la testa.
Nuovi brividi nascono, un nuovo orgasmo, quello voluto. Lungo, feroce. Gli mordo la spalla, soffoca un lamento mentre scarica il suo sperma bollente dentro di me. Appagata gli sussurro “Sei stato bravo”.
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