Questione di gusti

di
genere
etero

“E la panna??”
Il suo tono era quasi scandalizzato.
“La panna...guarda, applico da sempre una vecchia regola che mi insegnò mio fratello quando ero bambino: la panna, se devi chiederla, solo alla fine. Altrimenti ti danno meno gelato.”
Il mio tono professionale credevo avrebbe terminato ogni discussione, ma ci tenni ad aggiungere.
“Ma in genere non la prendo proprio: la panna in gelateria è spesso una roba insipida, magari anche un po' acida e piena d’aria!”
“Si, ma alla Romana te la fanno al caffè o allo zabaione!”
La questione si faceva spinosa.
“Sì, ma non sono andato a La Romana stavolta.
Ok. Sarà più 'zozza', ti aggiungono lo squaglio di cioccolata, lo so...roba grossolana, per quel che mi riguarda.
Ma oggi ti faccio provare un’altra gelateria!”

Ed allora feci un gesto che non ammetteva repliche.
Mi alzai dalla sedia, mi avvicinai a lei e la sollevai di peso.
In camicia e mutandine era splendida.
Istintivamente mi circondò il bacino con le gambe, abbracciandomi alle spalle
Non persi l’occasione per baciarle il collo.

Dimostrando una certa resistenza (alla fine tutto quel tennis a qualcosa era servito), in quella posizione andai al frigo, lo aprii e presi la bustina con la coppetta.
Un cucchiaino dal cassetto in cucina e, con passo sicuro, lei ancora aggrappata a me, la portai in camera, gettandola finalmente di peso sul letto.
Le scappò una risata e non resistetti a baciarla ancora.
Presi la coppetta dalla busta e la poggiai vicino a lei.
Madornale errore.

Quando feci scorrere le mani sui suoi fianchi per toglierle gli slip le scappò un’imprecazione.
“Vaffanculo… hai le mani gelate!”

Non l’ascoltai, e le feci scivolare le mutandine dalle gambe.
Un’inevitabile odorata al suo profumo di donna sul cotone, le gettai via.
Mi strofinai le mani per riscaldarle e, prendendole deciso le caviglie, le feci allargare le gambe.

“Senti, ora voglio il tuo giudizio!”
“Che vuoi fare?”
Ci guardammo con un sorriso, che mi fece sciogliere il cuore e indurire il cazzo.
Presi la coppetta, il cucchiaio e l’affondai nel primo dei tre gusti che avevo scelto.
Consistenza perfetta, si era un poco sciolto, ma era ancora sodo.
Mi infilai tra le sue cosce, avvicinai il cucchiaino al suo clitoride e lasciai che la temperatura del nostro desiderio facesse il resto.
Il gelato lentamente si sciolse colando sulla sua perla affamata.
Le scappò un sospiro.
“…'ddddio...” portandosi le mani al viso.

La guardai, era irresistibile: le lasciai un poco di tempo per gustare la sensazione.
Poi affondai il viso sulla sua intimità, leccandole il clitoride ricoperto di gelato.
Il paradiso.
“Dai, finalmente, sì!”
Avrei proseguito all’infinito, ma quella sera volevo dimostrarle altro.

Scivolai lungo il suo corpo per venirla a baciare.
Le nostre labbra si incontrarono, le nostre lingue ingaggiarono una lotta furiosa.
Finché mi staccai.

“Allora? Che mi dici?”
“Be’, sì… cos’è, mandorla?”
“Esatto. Ma non solo…”
“c’è un retrogusto…”
“Mandorla tostata all’arancia”
“mandorla tostata?! Certo, ora la sento! dammene altra!”

Ne presi un altro po’ dalla coppetta porgendola direttamente alla sua bocca.
Fui quasi invidioso che il verso che si lasciò sfuggire fosse così simile a quello che aveva fatto quando la mia bocca si era dedicata alla sua patata.
“E questa è una crema. Ma quella gelateria è speciale per le frutte!”

Presi un altro gusto. E tornai giù verso il suo monte di venere.
Spinse in avanti il bacino. Ed io lasciai colare di nuovo il gelato sul suo desiderio, le sue labbra che avevano fatto in tempo a tornare a temperatura normale, sebbene evidentemente più umide di lei.
La sua bocca disegnò un cerchio perfetto, lasciando sfuggire una languida “O”
“Questo è diverso” disse quando si fu ripresa
” La consistenza non è la stessa di prima…sembra più freddo!”
“Brava, tesoro mio…aspetta…ora arrivo”
La mia lingua risalì dalla parte più bassa della sua vulva lungo tutta la linea della fica, raccogliendo il gelato che stava colando, fino a raggiungere nuovamente il suo clitoride, che aspirai con uno schiocco.
Il sapore dei suoi umori e del gelato mischiati mi fecero impazzire, ma dovevo mantenere il controllo. C’era un esperimento in corso.
Tornai a baciarla.

“….mmmmm…..cannella….e….?”
“Mele e cannella. E’ un cremolato quasi, in pratica, no latte. Ma non ci sono grossolani cristalli di ghiaccio. Lo senti?”
Ne assaggiai di nuovo un po’ e lei tornò a baciarmi, rubandomi un’uvetta dalla lingua.
“sì…devo dire che…mela, cannella e uvetta… è quasi perfetto!”
“Ci sarebbe stato anche pere e caramello, ma quelle scaglie di zucchero caramellato ho pensato potessero essere un pochino rischiose per il nostro gioco.... Ma adesso l’ultimo gusto”
“Cioccolata?”
“Macchè cioccolata…quelli son bravi tutti a farla…anche le gelaterie più volgari…pure la Romana! Senti qua!”

Ma questa volta cambiai qualcosa.
Le afferrai di nuovo le gambe e la obbligai a girarsi a pancia in sotto.
Lei protestò di nuovo per la temperatura delle mie dita.
Le presi il bacino con decisione costringendola a mettersi carponi, culo all’aria, esposto al mio desiderio.
“Ora mi devi aiutare. C’è bisogno delle tue mani”
“Che devo fare?”
“Mettiti giù, e allargati le chiappe con le mani.”
“Porco!”
“Lo faccio per te amore….”

Il suo buchino a mia disposizione era un gioiello prezioso.
Non potevo staccare gli occhi da quel fiore.
Con un estremo atto di volontà tornai a concentrarmi sul gelato, prendendo l’ultimo gusto.

Il cucchiaino si avvicina al suo culo e lascio cadere il gelato dritto al centro.
Lei inspira violentemente, temo quasi che si senta male.
La generosa presa di gelato comincia a colarle dal buchino lungo la linea della fica, lei che ripete “cazzo, cazzo, cazzo….”
Devo distendermi sotto di lei per evitare che il gelato sporchi il letto, lo lascio colare sulla mia lingua, le afferro le natiche, le nostre dita si incrociano sul suo sedere.
Ed io la mangio.
Rapito.
Perso in un’altra dimensione.

“Questo cosa cavolo era???”
Mi domandò con una voce che tradiva il crollo di ogni sua resistenza.
Le scivolai sotto, il mio viso si trovò prima schiacciato in mezzo alle sue tette, poi lei si sollevò finchè le nostre bocche si ritrovarono ancora.
E ci baciammo di nuovo.

La punta del mio glande che sfiora la sua intimità gelida, senza entrarci, ma dandomi un brivido di piacere.

“Mela e menta” io.
“Mela e menta?” lei.
“Sì, mela e menta. E mica usano le boccette di aromi. Si vedono proprio le foglioline di menta tritata” Io.
“Ecco perché sembrava ancora più freddo….no, vabbè, ancora, ti prego!”
“Ok, ma prima devi ammettere che avevo ragione io”
“Su cosa?”
“Sulla gelateria.”
“Guarda, dico quello che vuoi, ora. Ma torna a leccarmi il buchino, scaldamelo, e poi rimettici di nuovo quella benedetta mela e menta!”
“Dillo!”
“Leccami il culo!"
Il mio sguardo verso l'alto in una imprecazione silenziosa.
“No, quell’altra cosa…”

Devo dire che l’orgoglio è una brutta bestia.
Per questo, sentirla finalmente ammettere che la Gelateria dei Gracchi era meglio de La Romana me lo fece venire ancora più duro.
E la voglia di concederle tutto quello che mi avrebbe chiesto.
A quel punto.
scritto il
2024-05-15
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