Un racconto horror per l'Estate

di
genere
dominazione

- Primo Arcano: I Due Sconosciuti

Attendiamo, qualcosa accadrà.
C'è la solita gente incolore là fuori in strada.
Una processione continua di uomini e donne nel riquadro della vetrina come nello schermo di un televisore. Come in un acquario,
Camminano sul marciapiede, scorrono davanti alla vetrina senza guardare e subito spariscono.
Centinaia di uomini e donne senza volto, gente incolore e senza storie che passa via senza un bagliore. Camminano davanti alla vetrina con o senza una meta in testa, un luogo ove tornare o da cui partire, a passo deciso od incerto, a volte in coppia o in gruppo, sempre soli, persi nel tempo che è un istante già passato.
Un paio rallentano, due bimbetti appoggiano il viso sul vetro, facendosi ombra con le manine per vedere dentro.
Si ferma una ragazza. Controlla il viso nel riflesso come domandandosi se è davvero lei quella che vede. Ha un anellino di metallo al naso e uno al sopracciglio. All'ombelico un brillantino. I capelli sono ribelli, li trafigge con forcine.
Disprezza tutti ma è una insicura, lo sguardo è spavaldo dietro le lenti scure.
È ii tipo che piace, ma lei non si piace.
Si stira con la mano il fianco in fuori, i leggings tesi, e s'aggiusta i capelli sulla fronte.
Si vede bella e s'incazza. Tutto è così lento per lei, dovrebbe ormai essere altrove, lei si merita d'arrivare lontano, ha una dannata fretta.
Deglutisce fissandosi ed inspira profondamente, pronya a lottare contro il mondo.
È una bella storia.

È in fondo alla strada, sta già svoltando l'angolo. Si gira un istante, si sente osservata, ma poi se ne frega e va avanti.
Si chiama Lea.
Fa la ballerina. Le piacciono gli occhi addosso e non vuole ammetterlo.
Ha una vita incasinata come il suo borsone deforme che le pende dalla spalla. Le batte contro il fianco mentre cammina, si voltano a guardarle il culo. Lo sa, lo fa apposta per far star male i porci.
Lea veste trasandata ma cura i particolari, le spunta fuori il filo del perizoma sui fianchi nudi, stretti come una ninfetta.
Il pancino piatto è la parte che più preferisce di sé. Ne è orgogliosa come delle sue gambe snelle e del seno pieno. Sembra più grande perché è magra.
Il cervello lo odia!
Lea è un casino.
Parla al cellulare, sta mandando fanculo l'ultimo stronzo.
È arrivata.
Di fianco al portone c'è una targa scrostata: Scuola di Danza.
Entra, ma prima guarda ancora attorno, si sente osservata.

---

“Hey ragazze, ma che c'avete oggi?”
Oggi abbiamo l'ultima prova per il tour estivo, quella in costume, ma qui tira una brutta aria, la sento, qui va tutto a puttane.
Le ragazze sono imbarazzate con me, mi tengono lontana come una malata. C'è una tensione che non mi piace e, quando apriamo i costumi, cala lo sgomento.
“Merda, non ditemi che dobbiamo metterci questi!” Faccio.
“Li ha scelti Soledad, lo sai... se non altro sono eleganti.”
“Cazzo che stronza, non può farci ballare in pantaloni lunghi! Ha paura che guardano solo noi?”
Spunta il testone di Zack, il mio manager.
“Lea, vieni in ufficio.”
Ecco! Ci sono casini.


- Secondo Arcano: La Traditrice

Anche se Zack insiste Lea non si siede e rimane in piedi di fronte a lui. Zack vorrebbe mettere la scrivania fra loro due. L'impresario è alto col fisico massiccio, le maniche arrotolate sugli avambracci pelosi. Pare un gorilla in castigo.
“Cazzo Zack, tu non sai mentire, sei un codardo. E guardami quando parlo! Io ci ho sputato sangue per tre mesi e adesso mi scarichi dicendomi che siamo in troppe? Inventane un'altra!”
“Per le prove sei stata pagata e lo sapevi fin dall'inizio che non era automatico! Non dico che non sei brava, ma abbiamo pens... ci sono solo sette posti.”
“Abbiamo chi? Tu o Soledad?””
“Non farmi casini, Lea, ho scelto quelle con più esperienza, tutto qui. Tu sei la più giovane e l'ultima arrivata. Non hai legato con le altre, io ho bisogno di un gruppo affiatato.”
“No no, non sparar cazzate, io sono amica di tutte, lo sai. È solo quella stronza che mi odia!”
Zack si guarda i piedi. “Soledad è la prima ballerina. Il gruppo è suo da sempre ed ha il suo nome.”
“Okay okay, ho capito, non hai le palle!”
Zack stringe i denti per trattenersi. “Io penso al tour! Ci vuole armonia, voi due non potete coesistere nello stesso universo, mandereste a puttane tutto... Lea, è impossibile, cerca di ragionare! Ti troverò lavori migliori, te lo prometto, forse anche per la televisione! Tu sei bravissima, non andartene, lavora con me... Per il tour mi spiace, ma sarebbe solo un danno per la tua carriera. Devi rinunciarci.”
Le poggia la mano sulla spalla- A Lea è già passata. Per lei Zack è solo un coglione, uno dei tanti. “Cazzo Zack, mi lasci a casa. Due mesi!, un tour per l'Europa e tu mi lasci a casa!” Inclina la testa e poggia la guancia sulla manona. “Lo sai, ci saremmo divertiti.”
Per Zack è una pugnalata, scoparsi quella puttanella tatuata è da paura. “Ti porto al mare, domani!, prendo un cinque stelle per farmi perdonare.”
Lea fa cenno di no. “No, ci andiamo a settembre, quando tornate.”
“Non mi prendi in giro, vero?”
“Io no di certo. Tu?”
“Io mai, sei la mia preferita, devi lavorare per me! Con me farai carriera... e tieni questi, come anticipo.”
Lea non li guarda nemmeno, li stringe e si china per cacciarli nel borsone. È incazzata da tremare con quella troia di Soledad ma non con Zack. Lui è una merda, ma è un buono. Gli tira fuori l'uccello. È già duro, sorride stanca. Sì, Zack è una merda come tutti, vuole solo scoparla.
Lo spompina fino in gola. Pensa a Soledad. E questa merda deve pentirsi, deve pensare a lei ogni cazzo giorno di quel cazzo di tour. Lo sega succhiando la cappella fino a farlo venire.
Lo guarda dal basso con i suoi occhi neri. Tiene in fuori la lingua col piercing, a cucchiaio per mostrargli la sborra. C'è derisione nel suo sguardo, sa di tenerlo per le palle.
Ma poi inghiotte veloce. Si sente osservata.

- - -

Fanculo, anche Pam mi guarda con compassione: “Cosa t'ha detto? Ti fa venire? Io non...”
Raccatto la mia roba dall'armadietto. “Merda, lo sai benissimo, quella troia lo tiene per le palle.”
“...? Sì! È invidiosa di te, è una pazza fuori di testa.”
“Ve la godrete voi, a me ormai frega un cazzo di questo tour e di Soledad, ma fammi un favore, Pam, se arrivo a trentacinque anni male come quella, sparami un colpo in testa.”
“Che farai? Hai altri lavori?”
“Io adesso devo vendicarmi.” Le indico Pablo. “So che la troia è via tre giorni a Milano, vero?”
“Pablo?! Sei matta?, quella ti cava gli occhi!”
“Sono tre mesi che voglio mordere quelle chiappe nere!”
“Ahah Lea, ora sono io ad invidiarti!”
“... se vuoi ce lo scopiamo insieme.”
“Magari!, eheh, sarebbe divertente, quella troia impazzirebbe.”
Devo salutare tutti, voglio andarmene presto da qui. Bacetti alla giuda ed abbracci d'addio.
Pablo è dispiaciuto per me, è sincero, mi fa tenerezza. Con lui mi pare d'essere grande, è giovanissimo. E bellissimo, ha un fisico da sogno. Mi avvicino per non farmi sentire dagli altri. “È venerdì, stasera lavoro al Tijuana Beach, cercano anche ballerini, se vuoi possiamo andarci insieme.”
“No, grazie, ma non poss...”
“Soledad è via.” Gli ricordo.
“Ma sono senza auto, non so... Com'è?”
“Pagano bene e ci sono le mance.”
“Okay, mi servirebbero, ma stasera non mi va...” Ha vergogna di me, è il toyboy della gelosissima Soledad. Cazzo se mi attizza!
“Facciamo un balletto insieme, che c'è di male? Ti fanno forse schifo i soldi?” Gli sorrido. “O ti faccio schifo io?”
Non abbasso gli occhi ma posso scommetterci il culo che ce l'ha già duro. “Allora okay, passo a prenderti alle dieci, ma non so se poi ti riporto a casa, ahah!”
“...?!”
“Hai capito benissimo.”
Non resisto, gli palpo il pacco. “Cazzo, ma allora ti piaccio, ahahah!”



- Terzo Arcano : La Vendetta

La musica martellante li isola dal mondo.
Le luci stroboscopiche ed i laser fotografano istantanee dei loro corpi. La minigonna bianca lampeggia, la pelle è sudata, le labbra lucide. Lea balla di fronte a Pablo sfidandolo con gli occhi inchiodati.
Le ragazze se lo rubano, gli carezzano gli addominali e lo palpano peggio dei mortidifiga che le ballano attorno a Lea.
All'improvviso Lea lo afferra per la fibbia della cintura e se lo porta via. Non appena sono al riparo dalla musica: “Vieni, dobbiamo fare un numero di là.”
Pablo l'abbraccia da dietro stringendole i seni. “No, andiamocene.”
Lea si volta e gli mette una pasticca in bocca. “Prima il lavoro.”
Entrano in una sala privata, direttamente sul palco accecato dai faretti. Qui la musica è soffusa, più bassa di un respiro. Una ventina di tavolini nel buio. Pablo è disorientato, comincia a capire.
Lea s'avvita attorno al palo, lenta come la musica. Lo chiama con lo sguardo, s'allunga con le mani sopra la testa e si offre flessuosa alle sue mani. Pablo la tocca esitante, fianchi e seni, cosce e culo, ogni tanto si guarda indietro, verso la gente che non vede.
Lea gli blocca la testa intrecciando le dita nei rasta e gli fa sentire l'alito caldo sul viso; gli apre le labbra coi denti e le punte delle lingue si toccano. Lo spinge indietro, contro il palo, e gli salta in braccio.
Aggrappata in vita con le cosce, si lascia cadere all'indietro fino a sfiorare il parquet con la testa. Il gonnellino bianco si ribalta sul ventre. Pablo la sostiene con un braccio sotto la vita, le carezza il ventre incurvato all'indietro, le sfiora il brillantino all'ombelico, segue i tatuaggi e finalmente le artiglia i seno.
É suo! Lea sorride da puttana e si risolleva lentamente. L'abbraccia alle spalle, Pablo la sostiene con le mani sotto il culo, lei lo morde al collo e all'orecchio: “Hanno pagato, vogliono vedere che mi scopi.”
Scivola giù spogliandolo dei pantaloni, strofina il viso sotto i boxer, contro i coglioni morbidi e risale con la lingua leccandolo fino al mento. Gli sfugge quando tenta di baciarla, gli balla intorno svolazzando il gonnellino. Il bacino ipnotizza tutti.
Lo stuzzica da troietta, lo carezza e tocca, si piega a squadra, gambe aperte e mani sulle ginocchia, e gli twerka contro mimando una scopata. Poi finalmente gli libera il cazzo e lo succhia di profilo per il pubblico. Pensa a quella stronza di Soledad.
Lea è a novanta gradi. Gli occhi annebbiati dal piacere sono rivolti alla sala buia. Non li vede, la sala è nera, ma sa che li tiene tutti per le palle.
Pablo la trattiene per i capelli, la testa le balla, ondeggia al ritmo della scopata. La stanno guardando e lei mostra a tutti quanto sta godendo, ansima tra i denti e svela appena il piercing sulla lingua.
È solo un attimo, come una gelida folata: sullo sfondo nero intravvede una maschera bianca che la osserva.

---

“No, Pam, non vengo, non me ne può fregar di meno del vostro aperitivo.”
“Ma daiii, ci siamo tutte, è per salutarci. Partiamo martedì, poi non ci vediamo più... È domenica, cazzo hai da fare?”
“Mi sto vendicando.”
“Nooo!!! Sei con lui?!”
“Da due giorni, ahah!
“Com'è com'è?”
“Una macchina da sesso! Ha la bestia sempre armata, io devo solo dargli da mangiare.”
“Ahah cazzo Lea, devi raccontarmi!”
“Ma se tu ce l'avrai per due mesi!”
“Seee, quella troia mi cava gli occhi.”
Riattacco, è entrato Pablo. “Cinque minuti e butto la pasta. Hai fame?”
“Chi era?” È nudo, il cazzo pendente pesante.
“Era Pam, la tua collega.” Glielo carezzo, è il mio cucciolone.
“Io non parto, resto con te.”
“Non fare il coglione. Prima il lavoro, lo sai.”
“Non voglio tornare da lei.”
Beh, un po' mi spiace lasciarlo andare e non avere più 'sto puledro nudo per casa. Cerco una pasticca qualsiasi fra i cassetti della cucina e la inghiotto. Lo bacio un istante, per annusarlo. Sa di buono, di maschio giovane. Cazzo, mi fa sgocciolare. Gli bacio il torace. “Amico, spiace anche a me, ma Soledad resta un problema tuo, ti tocca scoparla.”
“Io voglio solo te.”
La bestia mi si rizza in mano. Mi cala il sangue.“Ahah, ma non sei mai stanco?!”
M'afferra da dietro e mi risale in fica con una spinta sola. Occazzo, spengo la fiamma e mi chino sul lavello. “Quando ritorno ti scopo un mese di seguito!” Mi promette.
“Sì, e poi?”
“T'inculo al Tijuana, davanti a tutti!”
No, cazzo, non il Tijuana, non voglio pensarci.
“Adesso, inculami, lo voglio adesso.”
Fottiti Soledad.


- Quarto Arcano : Il Giudice

Lea annaspa sulle lenzuola, non trova il cellulare. Sul display s'illumina la scritta Zack. Finalmente lo trova a tastoni.
“Lo sapevo!, cazzo Lea, stai ancora dormendo! È giovedì, cazzo!, hai il provino!”
“Dove sei?”
“A Lione, benedetta ragazza, non posso mica ricordarmi io di svegliarti! Corri, cazzo! Corri o te lo perdi”
Lea getta il cellulare e si butta sotto la doccia inseguita dalla nausea. Bestemmia, odia svegliarsi così. Ha la faccia devastata, la mano trema truccandosi. Fanculo, il caffè lo prenderà per strada. Non ha un cazzo di roba decente da mettersi. Fanculo, annusa una tuta, la mette, spera sia pulita. Cazzo le chiavi!? Sono tra la biancheria.
Scende di corsa in strada e si blocca davanti alla Punto.
Le hanno tagliato le gomme. Squarciate tutte e quattro.

- - -

Okay, mi siedo ed attendo che mi chiamino in ufficio solo perché ho dato di matta per farmi fare il provino con tre ore di ritardo. Facevo meglio a lasciar perdere, è andato di merda che peggio non poteva. Cazzo, sono troppo incazzata e mi parla la pancia.
C'è un distributore, scelgo uno snack. Cazzo, un euro e trentacinque! Un morso e lo butto via. C'ho una nausea da vomitare. Cazzo ho bevuto ieri?
Mi chiamano per ultima. Okay, mettiamo fine a questa giornata del cazzo!
Nell'ufficio c'è solo un tizio, gli altri giudici se ne sono già andati. So già tutto.
È quasi più imbarazzato lui di me per l'esibizione pietosa. “Sai ballare ma oggi non era proprio giornata! Ti dico subito che la coreografa non ti vuole, per via dei tatuaggi... Eppure per me ti danno quel qualcosa in più. Se vuoi ne possiamo parlare, ma s'è fatto tardi, è quasi ora di cena... magari davanti a una pizza.” Mi guarda da porco.
No, non sono in grado nemmeno di farti un pompino, ti vomiterei addosso. Me ne vado senza salutare.
Ecco, ho mandato fanculo un'altra occasione, Zack mi ucciderà.
Se becco il bastardo che m'ha tagliato le gomme gli taglio le palle!
Stringo in mano le chiavi della Punto. Il marciapiede è deserto. Rigo una portiera senza rallentare il passo, magari è l'auto di quel porco.
Un colpetto di clacson. Cazzo!!, c'è dentro qualcuno!!!
Scatto via velocissima. All'angolo mi guardo indietro, non è sceso!, e corro ancora più forte. Corro per tre isolati con le orecchie tese, col terrore di sentire un'auto che m'insegue. Taglio in diagonale il viale bloccando due auto che mi mandano affanculo e salto su un bus fermo, pieno di gente. Si chiudono le porte e riparte subito. Spintono tutti per andare sul fondo.
Nessuno m'insegue, evviva!
Cazzo che paura, ho il fiatone. Mi sembra d'essere tornata bambina, quando rubavo le pannocchie.


- Quinto Arcano : La Suora Nera

Lea è dal meccanico. Bestemmia e piange miseria.
“Quattro gomme e carro attrezzi, non posso proprio farti di meno.”
Lo dice come se dicesse 'mi spiace, devi pagare anche se sei figa.'
A Lea piace il suo meccanico, sa il fatto suo e la tratta come un cliente qualsiasi. Si ribella ancora un poco, fa un paio di moine ed ottiene uno sconticino, quello che il bastardo farebbe a tutti.
Ci pensa un istante, ma subito scaccia l'idea. Lea ha un universo tutto suo. Quell'uomo vive del suo lavoro, non gli propone un baratto in natura.
Ha voglia d'uccidere, non può crederci, la Punto le è costata una sassata. Può permetterselo, lo sa, ma sta male. È più forte di lei, non può vedere il suo conto scendere, piuttosto smette di mangiare e comprar vestiti.
“Okay.” Paga e se la porta via.
Ai semafori cerca sul sito, ci sono sempre avvocati e manager. Le suonano dietro, manda a fanculo senza guardare nello specchietto. Risponde all'annuncio di un professionista che cerca una giovane non professionista per una notte. Lascia subito telegram.
Parcheggia al centro commerciale. Deve rilassarsi, le piace girovagarci il primo pomeriggio quando è semivuoto. Passeggia a caso, ha gli anfibi, sente gli sguardi che la seguono, è abituata, un po' la fan sentire superiore. Cerca svogliatamente tra i costumi di un negozio sotto gli occhi attenti della commessa.

- - -

Tranquilla stronza, non rubo niente.
M'arriva una video chiamata. È il professionista. Rispondo.
“Ciao... accidenti se sei carina! Dove sei?”
“Sto scegliendo qualcosa per il mare, domani parto.”
“Ah!... Ma puoi stasera?, cerco per una notte in motel.”
“Amore, dimmi prima se il regalo che fai è quello che hai scritto.”
“Certo, però è per la notte... e per una cosa completa.”
M'inquadro davanti allo specchio.
“Azz, che figa... Sei maggiorenne, vero?”
“Vengo con la mia auto. Dimmi dove, amore.”
“Okay, mi piaci, ma ci siamo intesi?... Hai capito cosa voglio?”
Eccolo!, ho trovato il bikini che cercavo.
“Sì, amore...” C'è anche rosso corallo. Mi sta meglio turchese o corallo? “... certo, io sono completa.”
La commessa sente tutto, frega un cazzo! Ci mettiamo d'accordo in fretta, con questo mi pago la Punto.
Ho deciso, prendo questo, mi piace turchese. Alzo lo sguardo in cerca della commessa. Mi si avvicina una ragazzina: “Vuoi provarlo?”
“Sì... ma dov'è finita l'altra commessa?”
“Quale? Nel pomeriggio ci sono solo io.”



- Sesto Arcano : Il Fulmine

Da tre giorni Lea è con loro. Vanno e vengono, sono sempre metà di mille nella villa di chissà chi. Mangiano pizzette, bevono, sparano musica, fanno festa e trombano in piscina. Il pomeriggio dormono in spiaggia.
Questa sera minaccia temporale. Ci sono lampi nel cielo nero.
Lea ritorna nella festa insieme ad un ragazzo. É in bikini turchese, si avvolge le spalle nel pareo trasparente, trema leggermente. Gli occhi umidi sono da pompino in spiaggia. Il tipo la molla subito.
Un'amica che non conosce si alza e le va incontro. Le carezza il viso fra le mani, sussurra qualcosa e la spinge contro una colonna ficcandole la lingua in bocca. Lea si lascia limonare e palpare, ma poi se ne libera stancamente e da un tavolino ruba il gin tonic di qualcuno.
Non sa dove andare, alza un braccio e fa gonfiare il pareo al vento che soffia nervoso. Si gonfia come una vela sopra la sua testa, Lea lo segue sorseggiando il drink. Balla da sola attorno alla piscina luminosa. Si muove lenta fra coppie e lettini senza sentire la musica. Un tizio col torace tatuato le prende il bicchiere di mano e lo passa ad una lì vicino. Le stringe il mento e col pollice le sfiora in giù il labbro, vuole vederla bene negli occhi.
“Vieni.” Le mette il braccio in spalla e se la porta via.
ll pareo cade nell'acqua azzurra.
Arrivati all'ingresso della villa le dà un pacca sulla chiappa e la manda avanti verso tre amici a torso nudo e muscoli tesi. “Ci scopiamo insieme questa figa?”
“Io l'ho scopata ieri con Gerry.”
Lea gli s'incolla addosso e lo bacia con la lingua.
“Questa cagna ha proprio voglia!”
Li dividono. Il tizio tatuato la solleva da dietro e, senza alcun sforzo, se la butta in spalla come un sacco: “Cerchiamo un letto.” Le dà una pacca sul culo.
In camera non hanno fretta. Il tizio si mette comodo, gambe larghe e cellulare in mano, e si riprende orgoglioso il cazzo mentre Lea, gattoni sul letto e culo in aria, glielo lecca fissando il cellulare. Gli altri dietro riprendono primi piani di figa e buchetto.
Un flash fortissimo illumina la camera e porta via la luce. Il tuono è immediato, uno schianto che trema nel buio. Lea non interrompe il pompino, ma negli occhi abbagliati si forma una macchia bianca a forma di maschera, la stessa del Tijuana.
“No, lasciatemi andare!” Si risveglia.
“Dopo. Dopo te ne puoi andare.”

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Figa se sto male!
Sono agitata, è come se avessi una voce dentro.
Non so, mi si inceppano i pensieri. Ho bisogno di star da sola.
La spiaggia è deserta.
Chiamo Pam, lei si sveglia sempre presto. Dovrebbero essere ad Aix-en-Provence.
“Lea!? L'hai già saputo?”
“Cosa?!”
“Pablo! È stato investito, è in ospedale.”
“No!! Come sta? Cosa s'è fatto?”
“Non lo sappiamo, ha la caviglia fracassata, dicono che può rimanere zoppo, ma è ancora in sala operatoria.”
“Non ci credo!... Cazzo, com'è successo?”
“Ieri sera, dopo le spettacolo, appena giù dal pullman, stava attraversando la strada sulle strisce. L'ha travolto un'auto che non s'è nemmeno fermata, un pirata della strada. L'ambulanza è arriv...”
Non ascolto più Pam.
C'è qualcuno sulla duna. Un'ombra scura che mi fissa.
“Aspetta, ti richiamo dopo.”
Chiudo e mi alzo in piedi.
Non c'è più nessuno, solo una coppia lontana, che cammina piedi nell'acqua.


- Settimo Arcano : La Casa

L'appartamento è disordinato, vuoto da cinque giorni.
Lea è un disastro. Abiti e biancheria ovunque, i piatti sono accatastati nel lavello. Nei cassetti bollette, pubblicità, riviste, braccialetti di plastica... Nascoste sotto tutto ci sono delle conchiglie e la foto di una vacanza: sua madre che la protegge mentre il fratellino spara col fucile ad acqua.
Girano la chiave.
È Lea che rientra all'alba, ha lavorato al Tijuana. Non accende la luce, non vuole vedere il casino in giro. Lancia via le scarpe e gira a piedi nudi. Trova solo un tubo di pringles mezzo vuoto. Si siede sulle gambe e cerca il telecomando.
Il televisore si apre su un canale di televendite mai visto prima. Un tipo in cravatta descrive dei quadri inguardabili con una voce odiosa.
Intanto Lea controlla il cellulare. C'è un messaggio di quello tatuato: Martedì andiamo a Ponza 5gg. Vieni?
Ha allegato un video di trenta secondi. Lei che lo spompina in primo piano e gli altri dietro. Che stronzo!
Torna alla tv.
Cazzo è 'sta roba?, cambia canale proprio mentre appare un quadro rosso con una maschera bianca. Ha un sussulto.
Torna indietro, dov'è finito? Scorre centinaia di canali ma la televendita è sparita.
“Io sto diventando scema.”, ride nervosa e lancia lontano il blister. “Devo smetterla, sto dando fuori.”
Ha un brivido, se ne pente. Lo cerca a tastoni sul pavimento, lo trova, stacca una pastiglia e se la inghiotte. Va subito meglio.
Cerca un film già visto e s'addormenta.
Il televisore torna sulla televendita.

---

“Ciao Pam, hai notizie di Pablo?”
“Non so, ormai dovrebbero averlo dimesso. Ho sentito che andava da un parente a Parigi. Tu non l'hai chiamato?”
“Settimana scorsa...” Poi non ne ho più avuto il coraggio. “... e il tour com'è?”
“Lascia perdere, una morte!... No, gli spettacoli vanno anche bene, piacciono parecchio, ma c'è sempre un'aria irrespirabile, Soledad è fuori di testa... Tu invece? Ti sento strana.”
“Devo venir via. Cerco casa.”
“Stai ancora nell'appartamento di quello che ha le palestre?”
“Appunto, devo venir via.”
“Beh in effetti dovresti... da quanto tempo non state più insieme?”
“Ma da subito, è durata un mese... una storia assurda.”
“Quello t'avrebbe sposata. Sei una scema, è ricco e mi dicevi che scopa da dio. Ahah!”
“Lo faceva strano.”
“Strano?!”
“Molto strano.”
“Dici roba tipo manette e frustini?!”
“Fosse solo questo, ma non voglio parlarne... Ho bisogno di n favore, posso andar da te? Solo in queste settimane, mentre tu sei via, poi...”
“Cazzo Lea, darti le chiavi di casa mia?! Tu sei una casinista, io adoro la mia casetta, finiremo col litigare.”
“Ti prego!, non tocco nulla... non so più che dirgli.”
“Okay, Lea, facciamo così: tu ti prendi un altro mese con lui e quando torno vieni a vivere da me. Giuro, dividiamo l'affitto a metà. Ci stai?”
“Ti amo, cucciola.”
“Mi manchi.”


- Ottavo Arcano : La Lupa

Ginko prova a risuonare per la terza volta. È incazzato con quella stronzetta, sa che è in casa. Odia aspettare sul pianerottolo, si sente osservato. Suoana per l'ultima volta.
Questa volta la porta si apre. Spinge ed entra chiudendo subito.
Lea ha su le cuffie. È spettinata, in top e mutandine.
“Sei un schianto Lea, hai preso il sole?”
“Sono stata al mare, da amici.” Si solleva sulle punte dei piedi e gli dà un bacetto. “Anche tu sei abbronzato.” Sorride da puttanella e lo sfiora.
Ginko la spinge indietro. “Non fare la troia.”
“Cosa pensi? Mica volevo...” Lo guarda incazzata. “Se sei qui per l'affitto te lo pago settimana prossima, devo prendere i soldi per un lavoro... adesso non li ho.”
Lea mente, mente sempre.
“Non sono qui per questo e sai che non lo voglio. I patti erano che non portavi qui i tuoi amici.”
Ginko è nervoso. Lo innervosisce quella troietta e qualcosa in quell'appartamento: si guarda in giro per vedere se ha cambiato qualcosa.
“E io non ho mai portato nessuno.”
“Senti Lea, non raccontiamoci palle.” Ginko cerca di stare calmo, ma sente montare una rabbia irrazionale
“L'unico che è mai entrato qui sei tu.”
Parte uno schiaffo.
Lea rimane scioccata, nemmeno capisce cosa è successo. Si porta la mano alla guancia, solo adesso la sente infiammarsi. “Brutto stronzo!”
Ginko è più scioccato di lei. Cos'ha fatto, si chiede, ma ha il cazzo durissimo. L'artiglia per i capelli in cima alla testa e la trascina in camera. Lea lo colpisce, scappa dal letto, scivola sul parquet. Ginko le crolla addosso, le blocca le spalle col braccio di traverso. “Ora t'insegno io” le alita alla nuca.
Lea è sotto, coi seni schiacciati sul pavimento, nello stretto corridoio tra il letto e la parete. È completamente coperta dal corpo massiccio di Ginko, novanta chili di muscoli. A fatica porta le mani ai fianchi, artiglia l'elastico coi pollici e s'abbassa le mutandine.
“Bagnalo.”
No, questa troia non gli deve dire che fare.
Glielo punta sull'ano e spinge, spinge da farsi male alla cappella, spinge bestemmiando, non se l'incula da tre mesi, se lo merita 'sta cagna. Finalmente cede e se l'impala fino alle palle, fino a sentire le natiche morbide contro i coglioni. La blocca con un abbraccio alle spalle e se la sbatte eccitato perso.
Lea è sotto lui, non si vede, solo i capelli neri ed i piedi contratti, singhiozza al ritmo delle picconate. Ginko è sudato in viso, gocce di sudore bagnano i capelli di Lea, è preoccupato, quando se lo sente così in tiro sa che non verrà, gli sembra d'avere un manganello al posto del cazzo. Prova ad accelerare il ritmo, allunga gli affondi e aumenta la forza, ma poi prende un ritmo da palestra, picconate regolari e devastanti che la inchiodano al parquet. Non viene, ha bisogno di un aiuto: “Ti piace cagna? Dimmelo che ti piace.!
“Fanculo Ginko, sei un bastardo.”
Ginko si blocca un istante.
Se lo eccita questa cagna!
Glielo picchia in culo e riprende a sbattersela, concentrato come in palestra, come in una maratona, glielo pompa in culo da rimanerci. Finalmente sente l'eccitazione gonfiarli i coglioni e se la sbatte con l'affanno degli ultimi cento metri.
La sborrata è una liberazione, gli svuota il cervello. Si risolleva sulle braccia, il cazzo ben innestato in culo per le ultime gocce. “Sei fantastica Lea.”
Ma subito si guarda indietro.

- - -

È spaventato. “Scusami, scusa! Non so che cazzo m'ha preso.”
Mi raggomitolo sul letto, sono sudata marcia. Mi carezza la guancia che brucia ancora, cazzo!, sono così cretina che mi rimetterei con 'sto bastardo.
“Lascia perdere.”
“Non volevo, Lea, non so, mi fai sempre incazzare, tu e le tue...”
Cazzo, ma si rende conto di quanto è ridicolo? Si sta scusando col cazzo ancora fuori. Allungo la mano e lo tiro più vicino. Mi pulsa in mano, m'ero innamorata di lui.
“Dammi ancora un mese, Ginko, poi vado a stare da un'amica.”
“Okay, Lea, mi spiace ma è meglio... Per me potresti restare quanto vuoi, lo sai, ma si lamentano tutti, è una palazzina elegante, devi aver più rispetto.”
“Sono dei merdosi! Pensano che faccio la puttana, io non... non ho mai portato nessuno qui, credimi!”
“M'hanno chiamato stamattina.” Mi guida la nuca verso il suo cazzone. “Dicono che non hanno dormito, che li hai tenuti svegli tutta notte con le tue urla!” Mi poggia la cappella sulla lingua. “Ahah, Lea, li hai sconvolti con le tue urla da cagna! Non voglio sapere con chi scopavi, ma datti un freno, okay?, non puoi tenermi sveglio tutto il palazzo! Intesi?”
Stronzi! Io manco ero a casa stanotte.


- Nono Arcano : Il Carro dei Monatti

Al Tijuana Beach stasera lavora con un atleta brasiliano, un vero professionista, se la scopa senza passione in noiosi numeri da circo.
Lea tiene gli occhi chiusi, non guarda mai verso la platea nera.

In camerino chiama Pablo. “Ciao, come va?”
“Lo sai... Niente, torno a Cuba.”
“Fammi sapere.”
Riattacca, non vuole pensare a lui. Si agita.
Raccoglie la sua roba e passa a ritirare il compenso.
“Settimana prossima c'è una festa privata, un addio al celibato.. vogliono te e il brasiliano per un numero. Che dico?”
“Quanto mi dai?” Chiede.
“Il solito, ma le mance sono tue.”

Non vuole andarsene.
Quest'ora affascina Lea, i locali che si svuotano lentamente le mettono addosso un languore strano. Sorseggia un margarita al banco insieme a due ubriachi. Si osserva riflessa alle pareti ed al soffitto, in cento specchi, ma scruta continuamente fra la gente in sala come se cercasse qualcuno. O temesse d'incontrare qualcuno.
Gioca con i due stronzi, vuole ridere ma non funziona. Li fa sbavare, si lascia toccare, ride, chiede come ce l'hanno, promette sesso toccandoli e poi li manda fanculo.
Cammina sulla ghiaia del parcheggio ascoltando i propri passi.
Non la sta seguendo nessuno.
La Punto è sotto gli alberi. Le gira attorno per controllare le gomme e ci sale sbattendo la porta su questa serata del cazzo.
Non parte! Cazzo cazzo cazzo!, picchia sul volante.
Ci vuole quasi un'ora e una mezza dozzina di coglioni per capire che si dovrà chiamare domani il meccanico.
Roberto, quello della sicurezza, può riportarla a Roma, ma solo fino al capolinea. Okay.
Non vuole parlare, ascoltare, pensare.
Lo spompina mentre guida.
La scarica nel piazzale. L'alba è grigia.

- - -

Fa un freddo del cazzo, ho le gambe gelate.
L'autista sta fumando davanti al bus. Mi osserva arrivare senza staccarmi gli occhi di dosso. Gli alzo il dito medio e salgo sul bus vuoto. Mi seggo dietro, sulla ruota, e mi raggomitolo subito puntando i piedi sullo schienale davanti. Fa un po' meno freddo.
Finalmente si chiudono le porte e parte. Ci sono solo io, è la prima corsa del mattino.
Ingollo una pasticca, non voglio addormentarmi e saltare la fermata. Alzo il volume delle cuffie. In fondo è bella la città a quest'ora, ma è una vita di merda viaggiare in bus. C'è un tanfo irrespirabile che m'arriva ad ondate.
Ad una fermata sale una peruviana col suo bimbetto per mano. Che cazzo di vita!, se lo porterà dietro al lavoro. Traballa insicura fino alla macchinetta per timbrare. Quando mi vede spalanca gli occhi e volta la testa al bimbo. Incespica fino alla porta centrale e s'arrampica per schiacciare il campanello troppo in alto. É buffa. Non si volta più verso di me, ha il volto tirato e cerca di nascondere il figlio. Alla fermata scende trascinandoselo via.
Ma che stronza!? Ma va' a farti fottere baule di merda! Che cazzo c'ho?, non sono mica una troia, cogliona! Ma guardati.
Poi rido da sola. Per un istante ho creduto d'essermi scordata le mutandine.
Rido ma sono troppo incazzata per quella stronza ed il bus è lentissimo. C'è un tanfo schifoso, insopportabile.
Non mi alzo per suonare, urlo che scendo alla prossima. Quando si aprono le porte salto giù salutando l'autista col dito medio.
Il bus riparte sorpassandomi. Con la coda dell'occhio vedo un'ombra nera. C'era qualcun altro sul bus!
Era seduto dietro me.



- Decimo Arcano : Il Sogno

Lea getta via i vestiti ma si sente ancora quell'odore addosso. Lo chiama.
“Lea?! Ma sai che cazzo di ore sono? Cazz'è successo stavolta?”
“Scusami Zack, ma devi trovarmi un lavoro, anche all'estero, dove vuoi tu, io devo venir via da Roma!”
“...! Cos'hai? Sei strana. Devi smetterla con quella merda!”
“Sì sì, te lo prometto, non ne prendo più, ma tu devi trovarmi un lavoro!”
“Okay, ci penserò. Ma ora fatti una dormita, ti chiamo io.”
Lea ingolla quel che trova e si butta sotto la doccia. Va subito meglio e si sente una scema, ha vergogna d'aver chiamato Zack.
S'addormenta a pezzi e s'immerge perdendosi in un sogno confuso.
È al Tijuana ma è tutto azzurro, sembra il mare, ha il gonnellino bianco, balla col brasiliano che la infilza a novanta, ma Lea non chiude gli occhi, è bello in Tijuana azzurro e guarda verso pubblico. Ci sono papà e mamma con gli spritz arancioni, ridono felici, e Zack con Soledad. Zack si scusa, è imbarazzato di essere con Soledad.
Ma poi torna tutto buio e nero, s'era scordata, è la festa di addio al celibato. Bacia il novello sposo mentre il brasiliano non smette di pomparla.
'Matteo!, non sapevo che ti sposavi?'
Lo carezza, è così carino con la giacca.
'Lo ha deciso papà'
'E chi sposi?'
'Ci sposiamo noi due, papà è incazzato con te.'
'Ma non possiamo!'
Lea scappa, ora è sul bus. 'Facci scopare tua sorella, tocca a noi.'
'Aspettate! Matteo, diglielo che non possiamo sposarci! Dillo anche a papà, io voglio sposare Pablo.'
Il sogno la porta nella scuola di ballo. C'è Pablo. È seduto gambe larghe sulla sua vecchia poltrona, il pene nero abbandonato sulla coscia. Soledad ha gli occhi spiritati: 'Sposatelo tu, ormai è rotto!'
'Matteo lasciami sposare Pablo, non è vero che è rotto.'
'Ma come facciamo?, mi hanno organizzato la festa. I miei amici ti devono scopare.'
'Ci sposiamo in tre! Io, te e Pablo. È semplicissimo, Pablo ha la tua stessa età.'
Si rigira nel sogno, il lenzuolo annodato stretto tra le cosce.
'Tu hai bisogno d'un vero uomo.'
Glielo preme contro l'ano. ''Lo so, Ginko. ma non ti lascio, ci sposiamo e veniamo ad abitare qui, ti pago io l'affitto.'
'Sposa anche me.'
'Tu non sei da sposare Ginko, scusami.'
'Poi torni sempre da me.'
Il sogno si confonde in una nebbia azzurra e svanisce sgocciolando lentamente. Lea non vorrebbe risvegliarsi, vuole tornare da loro.
La stanno chiamando al cellulare.

---

“Pablo?!!! Ti stavo sognando!!! Sognavo che ci sposavamo, ma mi hai svegliata prima.”
“Ahaha, ma ti svegli sempre a quest'ora?”
“Che ore sono?”
“Le tre... stai bene?”
“Di merda ahahah! Infatti ho fatto un sogno con te... ma era eccitante. Come stai?”
“Devo tenere il gesso ancora per due settimane e ne avrò per almeno sei mesi, ma dicono che forse posso recuperare al novanta per cento.”
“Fantastico! E non sai come sono felice di sentirti! Mi hai chiamato mentre ti pensavo.”
“Sì... scusami, stamattina non potevo rispondere.”
“... Ma io non ti ho... No! Vuoi vedere che t'ho chiamato mentre dormivo, ahahah! Sono fuori, da ricovero!... Allora rimani in Italia? Non te ne vai via, vero?”
“Non so ancora. Soledad vuole che rimanga, ma...”
“Lascia quella stronza! È pericolosa.”
“Ma dai!”
“Se ti racconto non mi credi. Fidati, quella è una strega, ci fa del male.”
“Ahahah! Povera Soledad, la odi proprio! E lei invece ti difende sempre.”
“Non ci credo!”
“Giuro, le piaci anche se hai un carattere di merda.”
“Non crederle, è falsa come Giuda.”
“Sei cattiva, Lea, Soledad invece dice che sei in gamba.”
“Sì. E scommetto che te lo dice mentre ti succhia l'uccello! Quella ti prende in giro Pablo.”
“Ahaha, mi sembri tu quella invidiosa.”
“Da morire!!! Lo voglio solo per me, ahahah! Non sai che voglia ho d'impastarti sul mio letto. Anche nel sogno eri nudo.”
“E io te l'ho promesso, ti scopo un mese di seguito, ahaha!... Ma a parte gli scherzi, Soledad era indignata, l'ho vista io litigare con Zack perché t'ha esclusa dal tour.”
“Non sono andate così le cose, credimi, lo so.”
“Okay, pensala come vuoi, però è stata l'unica ad aiutarmi.”
“Lasciala, vieni a stare da me! Mi manchi Pablo. Ho la casa ancora per un mese, ma ne sto cercando un'altra, se non la trovo subito ci può ospitare Pam, me l'ha promesso.”
“Pam?! Non ci credo!”
“Che c'è?”
“Ma come fai ad essere così ingenua? È Pam quella che non ti voleva nel balletto. Ha preso lei il tuo posto.”
“Non è vero, lei mi...”
“Senti, a me frega un cazzo metterti contro Pam, ti dico solo come stanno le cose. Io ho fatto solo la prima settimana, ma mi credi se ti dico che Pam dormiva con Zack?”
Fanculo Pam, fanculo Zack, fanculo Pablo, mi viene da piangere.
“Lea?... scusami, ma è la verità.”
“Me ne vado.”
“Dove?”
“Dall'altra parte del mondo e mando tutti a fanculo.”
Riattacco.
Sì, io me ne vado. non voglio più rivedere nessuno. Cerco subito un volo. Cazzo chi è?
È mamma, non voglio rispondere. Non lei, non oggi. Lascio squillare cinque volte ma poi rispondo “Ciao mamma.”
“Lea!!! ma perché ci odi così? Non è giusto, cosa ti abbiamo fatto? E poi a tuo padre! Perché a lui? Ti abbiamo sempre voluto bene, t'abbiamo sempre lasciata libera di fare quello che desideravi, ti abbiamo appoggiata in tutto e tu ci fai questo? Senti io lo so, devi disintossicarti, devi liberarti il cervello... e noi ti aiuteremo, ma non venire a Ferragosto, non farti vedere in questi giorni, tuo padre è troppo arrabbiato, l'hai distrutto.”
Sono stordita, mi gira tutto, fisso il cellulare inebetita. C'è anche un messaggio di mio fratello, 'Sei una merda”.
Non capisco, leggo la chat, cazzo! Gli ho scritto che voglio scopare con lui ma che non lo sposerò mai!!!
Sto male! Ho scritto anche a papà, non voglio vedere cosa... Nooo!gli ho girato il video di quello stronzo al mare! Merda.
Corro a vomitare in bagno.


- Undicesimo Arcano : Il Boia

Lea non s'abbatte. E non deve scusarsi con nessuno.
Lei fuggirà.
Ha trovato un volo a prezzo ragionevole: Sidney.
Ha una settimana per organizzarsi, lei ci va a vivere. Ha un contatto, conosce uno che ha dei locali e un'agenzia, è suo amico, l'aiuterà. Lea ha sempre un sacco di amici che l'aiutano. L'ha invitata lui in Australia. Gli invia il curriculum.
Deve però prima mettere da parte qualcosa.
Per lei è facile, non si fa problemi ed ha in testa l'Australia, poi non esisterà più per nessuno.
Ha risposto agli annunci. Uno in auto nel pomeriggio ed uno per una notte in un cinque stelle. Il giorno dopo ha un pomeriggio in motel.
Il tizio la vuole legare per finta, con foulard e cravatta, senza stringere davvero. È un tipo che lecca e bacia. Lea pensa a Ginko. Un'ora che non passa più, finge piacere e pensa a Ginko. Quando la monta viene all'istante. Ci rimane male, ma dice che la vuole rivedere. 'Posso sabato, se ti lasci legare ancora. Quanto vuoi per una notte?”
“Sono cara, amore.” Gli sfila il preservativo e lo svuota succhiando.
Con questo coglione si paga il volo.
Ha la sua lingua nel retto mentre scrive a Ginko. 'Devo vederti.'

Parcheggia la Punto sotto casa.
C'è Ginko ad aspettarla.
“No, tu non mi prendi più per il culo! Basta!, trovati subito un'altra casa, qui non puoi più restare.”
“Calmati, che cazzo è successo?”
“Cazzo è successo?!! Che stanotte stavano per chiamare i carabinieri! Porca puttana! Non l'hanno fatto solo per me, ma ora tu te ne vai!”
“I carabinieri?!”
“Non provare a fare la stronza con me! T'ho avvisata di non far più casino!... m'hanno detto che hai urlato tutta notte peggio d'una cagna!”
“Ginko, ti stanno prendendo per il culo! Io stanotte non c'ero, ero in albergo con uno.”
Ginko ha un attimo d'esitazione. “No, no...” Le caccia la mano nello zainetto e tira fuori il primo tubetto che trova. “Tu ormai non sai più nemmeno dove sei!”

---

Cazzo che stronzo!
È solo uno stronzo da mandare fanculo, ma è dal motel che penso a lui, lo odio, ha un cazzo che mi devasta. Non posso non pensarci, ma riesco a controllarmi e non abbasso gli occhi per vedergli il pacco, non gli do questa soddisfazione.
“Vieni su in casa, non qui.”
Mi segue. “Adesso hai vergogna? Adesso hai paura che ci sentono?”
Mi giro sulle scale, sono sul gradino più in alto e gli chiudo la bocca con un bacio. “Me ne vado, me ne vado, tranquillo, ma non oggi.”
Apro la porta.
“Vuoi fare la troia?, con me non funziona. Tu te ne vai da questa casa. hai finito di urlare come una cagna!”
Devo bere, io qui sto dando fuori! Prendo una redbull. Mi guarda bere. Cazzo, la metto subito giù ed allontano la mano, Ginko s'è sempre vantato d'averlo largo così... ed è vero, porca puttana, è vero... perché non mi salta addosso invece di sbraitare?
“Okay, me ne vado, per sempre, ma tra tre settimane.”
Gli faccio vedere il biglietto per Sidney.
“...? Ci vai a vivere, sai già dove andare?”
Il coglione è già pentito! “Cazzi miei... Tu devi riprenderti la tua roba.” Mi sento dire.
Ho tutto davanti come al cinema, so cosa farò.
Cazzo ho preso? Non mi sono fatta, sono lucida, eppure non posso fermarmi.
Mi segue in camera, non capisce. Chiudo la finestra e da sotto il letto tiro fuori la valigia di plastica. Gli si tende il viso. “Tu invece sai sempre dove sei, vero?, tu hai rispetto per questi segaioli di merda!” La apro sulle lenzuola.
Ginko la fissa in trance.
“Ricordi?, tu non hai mai disturbato i tuoi vicini, non facevi mai casino... nessuno poteva sentirmi con questa.” Sollevo per l'elastico la ball gag rossa.
Ginko non stacca gli occhi dai suoi giocattoli neri. “Sei una cagna.”
Vado a fuoco, non resisto, voglio il suo cazzo bastardo. Ginko deve punirmi. “È l'ultima volta, Ginko, devi farlo. Prometto di non urlare. Non ti dirò di smettere.”
Ginko tira fuori l'imbracatura. “Sei sicura? Io poi non mi fermo.”
“Non voglio che ti fermi... non devi.”
“Ma cos'hai addosso, Lea?”
“Quello che hai addosso tu.”


- Dodicesimo Arcano : Il Mercante

“Chi è questa bella troietta?”
“Un'italiana, l'ho vista lavorare in un locale. Le ho detto che qui ci sono mille opportunità per una bella come lei. Parte domani.”
“Beh, sembra figa e dev'essere cagna forte... ma la vuoi davvero far lavorare? Di puttanelle qui ne abbiamo già fin troppe.”
“No, ahah, questa è il tipino che piace agli arabi. È già venduta! Un lavoro pulito pulito, nemmeno la vedremo. Il volo fa scalo sei ore a Dubai, è già tutto organizzato, sa che incontrerà una nostra amica. La caricheranno su un jet privato e non prenderà mai l'aereo per Sidney.”


C'è sempre la solita gente incolore che passa davanti alla vetrina. Un flusso di uomini e donne senza volto né storia.
Ma si ferma un ragazzo.
È carino e incasinato.
Seguiamolo.
scritto il
2024-08-04
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