La vrenzola vuole comandare - capitolo 2: le tette non bastano
di
Asiadu01
genere
dominazione
Pioveva a dirotto, ma nonostante il tempo, sapevo che non avevo scelta. Dovevo andare a prendere Carla, come lei aveva richiesto. Arrivai sotto casa sua con largo anticipo, ma come al solito, il suo senso del tempo era inesistente. Aspettai quasi un’ora, osservando la pioggia scorrere sul parabrezza, mentre dentro di me cresceva quella strana tensione che Carla riusciva sempre a suscitare.
Alla fine, eccola lì. Scese con quella sua tipica nonchalance, come se il mondo intero dovesse girare attorno a lei. Indossava una gonna così corta e aderente che sembrava sfidare le regole del buon senso. Le sue gambe apparivano infinite sotto la pioggia, lucide e perfette. Sopra, un top bianco con uno scollo vertiginoso metteva in evidenza il suo seno, generoso e audace, coperto solo dal suo lungo rosario che pendeva tra le curve. I tacchi altissimi affondavano leggermente nelle pozzanghere, ma lei sembrava non curarsene, avanzava con quel suo incedere seducente, i capelli perfettamente pettinati nonostante l'umidità.
Senza neppure un saluto o una scusa per il ritardo, aprì la portiera e salì in macchina. Il suo profumo dolciastro inondò immediatamente l’abitacolo, e prima che potessi dire qualcosa, la vidi sistemarsi comodamente, come se fosse a casa sua. Fece indietro il sedile, sfilò gli stivali e poggiò i piedi nudi sul cruscotto. Le sue gambe, nude e abbronzate, si distesero sotto i miei occhi, e ammetto che la visione mi lasciava senza fiato.
“Sei proprio un gentleman, a farmi aspettare tanto,” disse con tono sarcastico, guardandomi di sfuggita.
Non potei fare a meno di rispondere, seppure un po' innervosito: “Mi sembra che tu abbia fatto aspettare me, non il contrario.”
Carla rise, una risata leggera e piena di sufficienza. “Ma che carino, ti stai lamentando? Dai, fai il bravo, lo sai che mi piace metterti alla prova.”
Iniziò subito a parlare di lei, come se il mondo fuori non esistesse. Raccontava di tutti i posti esotici in cui voleva andare, di come la vita fosse così ingiusta perché non aveva ancora trovato qualcuno disposto a spendere una fortuna per portarla in giro. Io guidavo in silenzio, cercando di mantenere la concentrazione sulla strada, ma non era facile. Carla, con i suoi piedi appoggiati sul cruscotto, giocava con le dita, sfiorandomi ogni tanto in modo provocante. A un certo punto, decise di sollevare un piede e poggiarlo vicino al mio viso.
“Ehi, guarda qui, mica male, eh?” disse con un sorrisetto malizioso, inclinando la testa mentre i suoi occhi mi sfidavano. “Non ti piacciono i piedi di una donna? Ho sentito dire che a certi uomini fanno impazzire.”
Ero imbarazzato, ma non potevo negare che c’era qualcosa di estremamente seducente in quel suo modo di comportarsi. Provocante, sfacciata, eppure così sicura di sé. Ogni suo gesto sembrava calcolato per mettermi a disagio, ma allo stesso tempo, mi sentivo completamente catturato da lei.
“Senti che morbidi,” continuò, strofinando il piede sulla mia guancia. Il suo tono era scherzoso, ma dietro ogni parola c’era una chiara intenzione: farmi perdere il controllo.
“Carla, stai esagerando,” mormorai, cercando di mantenere la calma.
“Oh, poverino,” disse, con un finto tono compassionevole. “Non riesci a concentrarti sulla guida? Non ti preoccupare, mi sto solo divertendo.”
Quando arrivammo al centro commerciale, si rimise gli stivali con una lentezza esasperante, facendomi aspettare ancora prima di scendere dall’auto. Uscì con la stessa grazia provocatoria di sempre, attirando subito l’attenzione di tutti gli uomini che ci circondavano. I loro sguardi si incollarono su di lei, e Carla non si fece problemi a rispondere con occhiate languide, sorrisi maliziosi, o addirittura piccole strizzatine d’occhio.
Entrammo in uno dei negozi, e lei si gettò immediatamente nella sezione più audace, scegliendo vestiti che sfidavano ogni logica. Uno di essi, un tubino in pelle nera, era così aderente da sembrare cucito addosso. Quando uscì dal camerino indossandolo, il suo sguardo cercò immediatamente il mio, cercando la mia reazione.
“Ti piace?” mi chiese, posando una mano sul fianco e ammirando la sua figura nello specchio. “Forse è un po’ troppo per te, vero?”
Prima che potessi rispondere, un altro uomo, un tipo palestrato, si avvicinò a noi. “Wow, stai benissimo,” disse, senza vergogna.
Carla lo guardò con quel sorriso irresistibile. “Grazie, amore. Sei proprio un tesoro.”
Io rimasi lì, con il sangue che mi ribolliva nelle vene, ma non dissi nulla. Lei continuava a flirtare con quel tipo sotto il mio naso, lanciandomi di tanto in tanto occhiate maliziose, come se volesse vedere fino a che punto poteva spingermi.
Quando finalmente decise di lasciar perdere quell'uomo, si voltò verso di me con un sorriso trionfante. “Ti vedo un po’ teso. Forse hai paura di non essere all’altezza?”
La tensione tra noi cresceva a ogni passo, a ogni sguardo. Sapevo che stava giocando con me, mettendomi alla prova, ma allo stesso tempo non potevo fare a meno di sentirmi irresistibilmente attratto da lei.
Tornammo in macchina, Il viaggio di ritorno iniziò con la stessa tensione con cui era finito il giro di shopping. Carla si rimise comoda, i piedi nuovamente appoggiati sul cruscotto, i suoi gesti sempre pieni di quell’audacia che mi faceva perdere la testa. Mentre guidavo sotto la pioggia battente, le gocce d'acqua che scivolavano sul parabrezza facevano da sottofondo al silenzio che si era creato tra noi. Ma bastò un attimo perché Carla rompesse quell’apparente calma.
“Ti sei ingelosito prima, eh?” disse con quel sorriso malizioso che ormai conoscevo troppo bene. “Quell’uomo al negozio... dici che preferiva me a te? Forse dovrei andare a cena con lui, mi sembrava più sicuro di sé.”
Le sue parole mi colpirono come uno schiaffo. Cercai di mantenere la calma, ma sentivo la rabbia montare dentro di me, mischiata a un’eccitazione incontrollabile.
“Basta, Carla,” dissi a denti stretti, il mio tono più duro del solito. “Non sono qui per farti da zerbino.”
Lei rise, senza nemmeno preoccuparsi di guardarmi. “Oh, davvero? Eppure sembra proprio che tu lo stia facendo benissimo. Ti piace essere sottomesso, vero? Non lo ammetteresti mai, ma guarda come ti comporti…”
Non ce la feci più. Mi fermai a lato della strada, incapace di resistere alle provocazioni di Carla. La pioggia battente rendeva tutto più intenso, e l’abitacolo della macchina si trasformò in una piccola bolla fuori dal tempo, immersa in tensione e desiderio. Carla, come sempre, non perse occasione per continuare a tormentarmi. Mi lanciò uno sguardo che diceva tutto: sapeva esattamente cosa stava facendo, come stava giocando con me.
"Dai, che fai? Non hai coraggio neanche stavolta?" disse, il tono sempre più pungente mentre mi fissava. "Te lo leggo in faccia che muori dalla voglia... Ma tanto sei sempre ‘nu bamboccio."
Quelle parole mi colpirono, facendomi scattare. Non potevo più sopportare di essere messo in ridicolo, soprattutto da lei. Senza pensarci, mi voltai verso di lei, e la tensione esplose in un momento travolgente. Le afferrai il viso e la baciai con tutta la passione accumulata. Carla all’inizio sembrò sorpresa, ma ben presto ricambiò, il suo respiro si fece più profondo e il suo corpo si avvicinò al mio.
Le sue mani si mossero rapide verso la mia camicia, slacciando i bottoni uno a uno, mentre il suo seno premeva contro di me, facendomi perdere il controllo. La pelle umida di lei, mista al calore del nostro contatto, mi fece impazzire. Carla, sempre padrona della situazione, mi spinse contro il sedile, salendo sopra di me con sicurezza.
"Mmmh, adesso sì che ti fai valere," sussurrò, la voce leggermente roca, mentre continuava a strofinarsi contro di me, i suoi movimenti lenti e controllati. I suoi occhi erano pieni di quella scintilla di sfida che mi aveva tormentato per tutto il giorno.
La sua bocca si avvicinò al mio orecchio, e mentre un gemito soffocato le sfuggiva dalle labbra, sentii le sue mani afferrarmi con decisione. "pensavi di comando così eh? Ma comando sempre io..." Il tono si fece più basso, quasi un sussurro che mi provocava in profondità, mentre le sue dita scivolavano lungo la mia pelle.
I suoi gemiti si fecero più forti, mentre si muoveva sopra di me con sempre più decisione. Il suo corpo sembrava un fuoco vivo, i suoi movimenti una danza selvaggia. Con una mano afferrava il suo seno, stringendolo con forza mentre continuava a cavalcarmi, i suoi occhi fissi nei miei, come se volesse ricordarmi chi stava davvero conducendo quel gioco. Le sue labbra, socchiuse, emettevano gemiti più forti, e ogni suo respiro era carico di desiderio.
“Mo, fammi vedere cosa sai fare davvero,” mi sfidò, con quel tono da dominatrice che ormai conoscevo bene. Ero totalmente perso in lei, nel calore del suo corpo e nel suono dei suoi gemiti. Le sue mani continuavano a stringere il mio viso, a guidarmi, mentre il suo corpo si muoveva in maniera sensuale, perfettamente consapevole dell’effetto che stava avendo su di me.
La pioggia continuava a cadere incessantemente, battendo sul tetto dell’auto, quasi come se fosse un eco lontano di quello che stava succedendo all'interno. Il mondo esterno sembrava svanito, lasciando solo noi due, immersi in una passione sfrenata e dominata da Carla.
Carla non smetteva mai di avere il controllo. Anche mentre eravamo lì, intrappolati in quella bolla di desiderio sotto la pioggia, sapeva esattamente come mantenere il potere. I suoi movimenti erano lenti e calcolati, perfetti per tenermi sempre sull’orlo di qualcosa di più grande, ma senza mai lasciarmi andare del tutto. Sapevo che stava giocando con me, e nonostante tutto, mi lasciavo guidare.
Si fermò per un attimo, il suo respiro affannato che riempiva l’abitacolo, poi mi fissò con quegli occhi pieni di malizia e superiorità. “Hai fatto un buon lavoro prima,” sussurrò, le sue dita che scivolavano lungo la mia guancia in una carezza quasi sarcastica. “Forse te la sei guadagnata una piccola ricompensa, ma ricorda... comando sempre io.”
Con un gesto lento, si sollevò leggermente e iniziò a sfilare il top che indossava, lasciando intravedere il reggiseno nero che le avvolgeva il seno. I miei occhi non potevano distogliersi da quella visione, e il mio cuore batteva sempre più forte. Carla sorrise, divertita dal mio evidente desiderio.
“Mhh, vuoi proprio questo, vero? Ma te lo devi guadagnare…” disse, abbassando una spallina del reggiseno con movimenti sensuali. Mi morsi il labbro, incapace di rispondere mentre continuava a provocarmi con quegli sguardi di sfida. Si piegò verso di me, permettendomi di avvicinarmi al suo seno, il profumo della sua pelle che mi inebriava.
Finalmente, abbassò il reggiseno, rivelando i suoi seni pieni e morbidi, le sue mani che li sfioravano con lentezza prima di dirigersi verso la mia testa. “Ecco, adesso puoi,” mi concesse, spingendomi leggermente verso di lei. La mia bocca si avvicinò al suo seno, e iniziai a baciarla con desiderio, sentendo il calore della sua pelle e il sapore dolce che mi riempiva la bocca. Carla gemeva leggermente, ma il controllo era sempre suo. Mi teneva fermo con una mano sulla nuca, guidandomi esattamente dove voleva.
“Brav... continua così,” mi sussurrò, la sua voce che si mescolava ai suoi gemiti. Le sue mani strinsero il suo seno con più forza, e la sua testa si piegò leggermente all’indietro, lasciandosi andare al piacere che iniziava a percepire. Sentii la sua presa sulla mia nuca farsi più decisa, spingendomi a succhiare e mordere delicatamente la sua pelle, mentre i suoi gemiti si facevano sempre più intensi.
Mi stava premiando, ma era sempre lei a dettare le regole. Anche quando decisi di osare di più, scivolando con la mano sul suo fianco e cercando di guidare la situazione, Carla fu rapida a rimettermi al mio posto. “Non così in fretta, verginello,” mi ammonì con un sorrisetto beffardo, le sue mani che afferravano il mio polso e lo spingevano via. “Solo quando IO voglio.”
Poi, senza alcun preavviso, si chinò verso di me e mi baciò con una passione sfrenata. La sua bocca si aprì sulla mia, e il nostro bacio si trasformò in qualcosa di selvaggio e intenso. Sentivo la sua lingua che giocava con la mia, i suoi denti che mordevano leggermente il mio labbro. Il sapore delle sue labbra era travolgente, e il suo modo di baciarmi era una fusione perfetta tra dominazione e desiderio.
Dopo alcuni istanti, si staccò da me, il suo respiro ancora più rapido di prima. “Adesso basta, mi sono stufata. Mi hai divertito abbastanza per oggi,” disse, alzandosi con un sorriso soddisfatto sul volto. Si sistemò il reggiseno e rimise il top, lasciandomi lì, ancora ansimante e completamente sotto il suo controllo.
“Accompagnami a casa,” ordinò, come se il momento di passione appena vissuto fosse solo un’altra parte del gioco. E senza dire altro, si girò verso il finestrino, pronta a continuare a giocare con me ancora una volta.
Il viaggio verso casa continuò sotto una pioggia battente, ma l’atmosfera nell'auto era intrisa di una tensione elettrica. Carla, seduta accanto a me, sembrava aver deciso che il nostro momento di passione fosse ormai acqua passata. Il suo sguardo era di nuovo quello di sempre: distaccato, annoiato, come se nulla fosse successo tra noi poco prima.
Per diversi minuti, nessuno dei due disse una parola. Io stringevo il volante, cercando di razionalizzare quello che stava accadendo. Lei, invece, giocava distrattamente con il telefono, alternando scrollate su Instagram a qualche risata sommessa, probabilmente per qualche messaggio che riceveva. Ogni tanto si sistemava i capelli con gesti lenti, come a voler ribadire la sua superiorità.
Poi, d’improvviso, Carla spezzò il silenzio. “Sei stato... divertente,” disse con una nota di sarcasmo nella voce, senza neanche distogliere lo sguardo dallo schermo del suo cellulare. “Ma non pensare che sia successo chissà cosa. Certe cose per me sono routine.” Il suo tono era tagliente, come un coltello che affonda con precisione. Ogni sua parola era un colpo che mi faceva sentire più piccolo.
Mi voltai un attimo verso di lei, cercando di capire se scherzasse, ma i suoi occhi erano freddi, distanti. "Routine?" ripetei, cercando di mantenere la calma.
“Eh sì,” continuò, con un sorriso beffardo. “Non ti pensare che te le concedo perché sei speciale o chissà che. Lo faccio perché mi va. È tutto qua.”
Mi sentii improvvisamente invaso da una sensazione di vuoto. Il suo disprezzo era evidente, e anche se avevo sperato che ci fosse almeno un briciolo di interesse da parte sua, era chiaro che non rappresentavo altro che un passatempo, un giocattolo per i suoi capricci.
Sorrise in quel suo modo malizioso, incrociando le gambe lentamente, lasciando scoprire un po’ più della coscia. Era un gesto provocante, calcolato, come sempre. Mi stava testando, spingendo i miei limiti, ma il suo sguardo rimaneva freddo.
“Sai, potrei farmi dare un passaggio da chiunque,” aggiunse con una leggerezza sprezzante. “Ma sei tu che ci sei cascato. Dovresti ringraziarmi che almeno ti ho dato un assaggio di cosa ti perdi con me.”
Quelle parole mi colpirono come un pugno nello stomaco. Sentivo il calore del disprezzo, la sua totale mancanza di rispetto. Ma nonostante tutto, il suo corpo, la sua presenza... erano come una droga. Non potevo fare a meno di desiderarla, anche se sapevo che ogni suo tocco mi avrebbe fatto solo sentire peggio.
Prima di arrivare a casa sua, si chinò verso di me, il suo respiro caldo sul mio orecchio. “Non ci sperare troppo, eh. Se mi gira, magari domani ti ignoro. O magari, chissà, ti chiamo... se non ho di meglio da fare.”
Mi baciò il collo, una volta, due volte, con una lentezza esasperante, e poi si ritrasse, ridendo piano. “Ma sì, non ci contare.” E con quelle parole, come se nulla fosse, tornò a guardare fuori dal finestrino, lasciandomi a riflettere su quel vortice di emozioni contrastanti.
Arrivammo finalmente sotto casa di Carla. Il silenzio nell’auto era diventato pesante, carico di tensione non risolta, ma lei sembrava perfettamente a suo agio, come se tutto quello che era successo poco prima fosse già dimenticato. Senza troppi convenevoli, prese la borsa e si preparò a scendere.
“Ci vediamo, verginello,” disse con quel suo sorriso sfrontato, mentre apriva la portiera. Il tono con cui lo disse, quel misto di sufficienza e sarcasmo, mi fece scattare qualcosa dentro. Volevo farle capire che non ero così facilmente manipolabile. O almeno volevo provarci.
Proprio mentre stava per uscire dall’auto, mi voltai verso di lei, con un sorriso provocatorio. "Sai, domani esco con un'altra. Magari non ti servirò più come autista personale."
Lei si bloccò per un istante, poi si voltò verso di me, alzando un sopracciglio. "Ah sì? Ma chist' ‘o verginello vuole farmi ingelosire? Ahahah!" scoppiò a ridere, quella risata esagerata e piena di scherno che mi faceva venire voglia di scomparire. “Uagliò, tu fai proprio ridere. Fatti sentire quando hai imparato a stare con le donne, magari poi ci facciamo due risate ancora.”
Scese dall’auto senza nemmeno guardarmi indietro, chiudendo la portiera con un colpo secco. Mi lasciò lì, nel buio, con la pioggia che continuava a cadere a dirotto sul parabrezza. La vidi allontanarsi con i suoi soliti passi sicuri, lasciandomi con un misto di frustrazione e desiderio. Era incredibile come riuscisse a farmi sentire così, piccolo e inutile, e allo stesso tempo incapace di resisterle.
Mentre la sua figura scompariva tra le luci della strada bagnata, sapevo che quel gioco malato tra di noi era appena cominciato. E per quanto cercassi di convincermi del contrario, ero certo che il giorno dopo sarei tornato a cercarla.
Alla fine, eccola lì. Scese con quella sua tipica nonchalance, come se il mondo intero dovesse girare attorno a lei. Indossava una gonna così corta e aderente che sembrava sfidare le regole del buon senso. Le sue gambe apparivano infinite sotto la pioggia, lucide e perfette. Sopra, un top bianco con uno scollo vertiginoso metteva in evidenza il suo seno, generoso e audace, coperto solo dal suo lungo rosario che pendeva tra le curve. I tacchi altissimi affondavano leggermente nelle pozzanghere, ma lei sembrava non curarsene, avanzava con quel suo incedere seducente, i capelli perfettamente pettinati nonostante l'umidità.
Senza neppure un saluto o una scusa per il ritardo, aprì la portiera e salì in macchina. Il suo profumo dolciastro inondò immediatamente l’abitacolo, e prima che potessi dire qualcosa, la vidi sistemarsi comodamente, come se fosse a casa sua. Fece indietro il sedile, sfilò gli stivali e poggiò i piedi nudi sul cruscotto. Le sue gambe, nude e abbronzate, si distesero sotto i miei occhi, e ammetto che la visione mi lasciava senza fiato.
“Sei proprio un gentleman, a farmi aspettare tanto,” disse con tono sarcastico, guardandomi di sfuggita.
Non potei fare a meno di rispondere, seppure un po' innervosito: “Mi sembra che tu abbia fatto aspettare me, non il contrario.”
Carla rise, una risata leggera e piena di sufficienza. “Ma che carino, ti stai lamentando? Dai, fai il bravo, lo sai che mi piace metterti alla prova.”
Iniziò subito a parlare di lei, come se il mondo fuori non esistesse. Raccontava di tutti i posti esotici in cui voleva andare, di come la vita fosse così ingiusta perché non aveva ancora trovato qualcuno disposto a spendere una fortuna per portarla in giro. Io guidavo in silenzio, cercando di mantenere la concentrazione sulla strada, ma non era facile. Carla, con i suoi piedi appoggiati sul cruscotto, giocava con le dita, sfiorandomi ogni tanto in modo provocante. A un certo punto, decise di sollevare un piede e poggiarlo vicino al mio viso.
“Ehi, guarda qui, mica male, eh?” disse con un sorrisetto malizioso, inclinando la testa mentre i suoi occhi mi sfidavano. “Non ti piacciono i piedi di una donna? Ho sentito dire che a certi uomini fanno impazzire.”
Ero imbarazzato, ma non potevo negare che c’era qualcosa di estremamente seducente in quel suo modo di comportarsi. Provocante, sfacciata, eppure così sicura di sé. Ogni suo gesto sembrava calcolato per mettermi a disagio, ma allo stesso tempo, mi sentivo completamente catturato da lei.
“Senti che morbidi,” continuò, strofinando il piede sulla mia guancia. Il suo tono era scherzoso, ma dietro ogni parola c’era una chiara intenzione: farmi perdere il controllo.
“Carla, stai esagerando,” mormorai, cercando di mantenere la calma.
“Oh, poverino,” disse, con un finto tono compassionevole. “Non riesci a concentrarti sulla guida? Non ti preoccupare, mi sto solo divertendo.”
Quando arrivammo al centro commerciale, si rimise gli stivali con una lentezza esasperante, facendomi aspettare ancora prima di scendere dall’auto. Uscì con la stessa grazia provocatoria di sempre, attirando subito l’attenzione di tutti gli uomini che ci circondavano. I loro sguardi si incollarono su di lei, e Carla non si fece problemi a rispondere con occhiate languide, sorrisi maliziosi, o addirittura piccole strizzatine d’occhio.
Entrammo in uno dei negozi, e lei si gettò immediatamente nella sezione più audace, scegliendo vestiti che sfidavano ogni logica. Uno di essi, un tubino in pelle nera, era così aderente da sembrare cucito addosso. Quando uscì dal camerino indossandolo, il suo sguardo cercò immediatamente il mio, cercando la mia reazione.
“Ti piace?” mi chiese, posando una mano sul fianco e ammirando la sua figura nello specchio. “Forse è un po’ troppo per te, vero?”
Prima che potessi rispondere, un altro uomo, un tipo palestrato, si avvicinò a noi. “Wow, stai benissimo,” disse, senza vergogna.
Carla lo guardò con quel sorriso irresistibile. “Grazie, amore. Sei proprio un tesoro.”
Io rimasi lì, con il sangue che mi ribolliva nelle vene, ma non dissi nulla. Lei continuava a flirtare con quel tipo sotto il mio naso, lanciandomi di tanto in tanto occhiate maliziose, come se volesse vedere fino a che punto poteva spingermi.
Quando finalmente decise di lasciar perdere quell'uomo, si voltò verso di me con un sorriso trionfante. “Ti vedo un po’ teso. Forse hai paura di non essere all’altezza?”
La tensione tra noi cresceva a ogni passo, a ogni sguardo. Sapevo che stava giocando con me, mettendomi alla prova, ma allo stesso tempo non potevo fare a meno di sentirmi irresistibilmente attratto da lei.
Tornammo in macchina, Il viaggio di ritorno iniziò con la stessa tensione con cui era finito il giro di shopping. Carla si rimise comoda, i piedi nuovamente appoggiati sul cruscotto, i suoi gesti sempre pieni di quell’audacia che mi faceva perdere la testa. Mentre guidavo sotto la pioggia battente, le gocce d'acqua che scivolavano sul parabrezza facevano da sottofondo al silenzio che si era creato tra noi. Ma bastò un attimo perché Carla rompesse quell’apparente calma.
“Ti sei ingelosito prima, eh?” disse con quel sorriso malizioso che ormai conoscevo troppo bene. “Quell’uomo al negozio... dici che preferiva me a te? Forse dovrei andare a cena con lui, mi sembrava più sicuro di sé.”
Le sue parole mi colpirono come uno schiaffo. Cercai di mantenere la calma, ma sentivo la rabbia montare dentro di me, mischiata a un’eccitazione incontrollabile.
“Basta, Carla,” dissi a denti stretti, il mio tono più duro del solito. “Non sono qui per farti da zerbino.”
Lei rise, senza nemmeno preoccuparsi di guardarmi. “Oh, davvero? Eppure sembra proprio che tu lo stia facendo benissimo. Ti piace essere sottomesso, vero? Non lo ammetteresti mai, ma guarda come ti comporti…”
Non ce la feci più. Mi fermai a lato della strada, incapace di resistere alle provocazioni di Carla. La pioggia battente rendeva tutto più intenso, e l’abitacolo della macchina si trasformò in una piccola bolla fuori dal tempo, immersa in tensione e desiderio. Carla, come sempre, non perse occasione per continuare a tormentarmi. Mi lanciò uno sguardo che diceva tutto: sapeva esattamente cosa stava facendo, come stava giocando con me.
"Dai, che fai? Non hai coraggio neanche stavolta?" disse, il tono sempre più pungente mentre mi fissava. "Te lo leggo in faccia che muori dalla voglia... Ma tanto sei sempre ‘nu bamboccio."
Quelle parole mi colpirono, facendomi scattare. Non potevo più sopportare di essere messo in ridicolo, soprattutto da lei. Senza pensarci, mi voltai verso di lei, e la tensione esplose in un momento travolgente. Le afferrai il viso e la baciai con tutta la passione accumulata. Carla all’inizio sembrò sorpresa, ma ben presto ricambiò, il suo respiro si fece più profondo e il suo corpo si avvicinò al mio.
Le sue mani si mossero rapide verso la mia camicia, slacciando i bottoni uno a uno, mentre il suo seno premeva contro di me, facendomi perdere il controllo. La pelle umida di lei, mista al calore del nostro contatto, mi fece impazzire. Carla, sempre padrona della situazione, mi spinse contro il sedile, salendo sopra di me con sicurezza.
"Mmmh, adesso sì che ti fai valere," sussurrò, la voce leggermente roca, mentre continuava a strofinarsi contro di me, i suoi movimenti lenti e controllati. I suoi occhi erano pieni di quella scintilla di sfida che mi aveva tormentato per tutto il giorno.
La sua bocca si avvicinò al mio orecchio, e mentre un gemito soffocato le sfuggiva dalle labbra, sentii le sue mani afferrarmi con decisione. "pensavi di comando così eh? Ma comando sempre io..." Il tono si fece più basso, quasi un sussurro che mi provocava in profondità, mentre le sue dita scivolavano lungo la mia pelle.
I suoi gemiti si fecero più forti, mentre si muoveva sopra di me con sempre più decisione. Il suo corpo sembrava un fuoco vivo, i suoi movimenti una danza selvaggia. Con una mano afferrava il suo seno, stringendolo con forza mentre continuava a cavalcarmi, i suoi occhi fissi nei miei, come se volesse ricordarmi chi stava davvero conducendo quel gioco. Le sue labbra, socchiuse, emettevano gemiti più forti, e ogni suo respiro era carico di desiderio.
“Mo, fammi vedere cosa sai fare davvero,” mi sfidò, con quel tono da dominatrice che ormai conoscevo bene. Ero totalmente perso in lei, nel calore del suo corpo e nel suono dei suoi gemiti. Le sue mani continuavano a stringere il mio viso, a guidarmi, mentre il suo corpo si muoveva in maniera sensuale, perfettamente consapevole dell’effetto che stava avendo su di me.
La pioggia continuava a cadere incessantemente, battendo sul tetto dell’auto, quasi come se fosse un eco lontano di quello che stava succedendo all'interno. Il mondo esterno sembrava svanito, lasciando solo noi due, immersi in una passione sfrenata e dominata da Carla.
Carla non smetteva mai di avere il controllo. Anche mentre eravamo lì, intrappolati in quella bolla di desiderio sotto la pioggia, sapeva esattamente come mantenere il potere. I suoi movimenti erano lenti e calcolati, perfetti per tenermi sempre sull’orlo di qualcosa di più grande, ma senza mai lasciarmi andare del tutto. Sapevo che stava giocando con me, e nonostante tutto, mi lasciavo guidare.
Si fermò per un attimo, il suo respiro affannato che riempiva l’abitacolo, poi mi fissò con quegli occhi pieni di malizia e superiorità. “Hai fatto un buon lavoro prima,” sussurrò, le sue dita che scivolavano lungo la mia guancia in una carezza quasi sarcastica. “Forse te la sei guadagnata una piccola ricompensa, ma ricorda... comando sempre io.”
Con un gesto lento, si sollevò leggermente e iniziò a sfilare il top che indossava, lasciando intravedere il reggiseno nero che le avvolgeva il seno. I miei occhi non potevano distogliersi da quella visione, e il mio cuore batteva sempre più forte. Carla sorrise, divertita dal mio evidente desiderio.
“Mhh, vuoi proprio questo, vero? Ma te lo devi guadagnare…” disse, abbassando una spallina del reggiseno con movimenti sensuali. Mi morsi il labbro, incapace di rispondere mentre continuava a provocarmi con quegli sguardi di sfida. Si piegò verso di me, permettendomi di avvicinarmi al suo seno, il profumo della sua pelle che mi inebriava.
Finalmente, abbassò il reggiseno, rivelando i suoi seni pieni e morbidi, le sue mani che li sfioravano con lentezza prima di dirigersi verso la mia testa. “Ecco, adesso puoi,” mi concesse, spingendomi leggermente verso di lei. La mia bocca si avvicinò al suo seno, e iniziai a baciarla con desiderio, sentendo il calore della sua pelle e il sapore dolce che mi riempiva la bocca. Carla gemeva leggermente, ma il controllo era sempre suo. Mi teneva fermo con una mano sulla nuca, guidandomi esattamente dove voleva.
“Brav... continua così,” mi sussurrò, la sua voce che si mescolava ai suoi gemiti. Le sue mani strinsero il suo seno con più forza, e la sua testa si piegò leggermente all’indietro, lasciandosi andare al piacere che iniziava a percepire. Sentii la sua presa sulla mia nuca farsi più decisa, spingendomi a succhiare e mordere delicatamente la sua pelle, mentre i suoi gemiti si facevano sempre più intensi.
Mi stava premiando, ma era sempre lei a dettare le regole. Anche quando decisi di osare di più, scivolando con la mano sul suo fianco e cercando di guidare la situazione, Carla fu rapida a rimettermi al mio posto. “Non così in fretta, verginello,” mi ammonì con un sorrisetto beffardo, le sue mani che afferravano il mio polso e lo spingevano via. “Solo quando IO voglio.”
Poi, senza alcun preavviso, si chinò verso di me e mi baciò con una passione sfrenata. La sua bocca si aprì sulla mia, e il nostro bacio si trasformò in qualcosa di selvaggio e intenso. Sentivo la sua lingua che giocava con la mia, i suoi denti che mordevano leggermente il mio labbro. Il sapore delle sue labbra era travolgente, e il suo modo di baciarmi era una fusione perfetta tra dominazione e desiderio.
Dopo alcuni istanti, si staccò da me, il suo respiro ancora più rapido di prima. “Adesso basta, mi sono stufata. Mi hai divertito abbastanza per oggi,” disse, alzandosi con un sorriso soddisfatto sul volto. Si sistemò il reggiseno e rimise il top, lasciandomi lì, ancora ansimante e completamente sotto il suo controllo.
“Accompagnami a casa,” ordinò, come se il momento di passione appena vissuto fosse solo un’altra parte del gioco. E senza dire altro, si girò verso il finestrino, pronta a continuare a giocare con me ancora una volta.
Il viaggio verso casa continuò sotto una pioggia battente, ma l’atmosfera nell'auto era intrisa di una tensione elettrica. Carla, seduta accanto a me, sembrava aver deciso che il nostro momento di passione fosse ormai acqua passata. Il suo sguardo era di nuovo quello di sempre: distaccato, annoiato, come se nulla fosse successo tra noi poco prima.
Per diversi minuti, nessuno dei due disse una parola. Io stringevo il volante, cercando di razionalizzare quello che stava accadendo. Lei, invece, giocava distrattamente con il telefono, alternando scrollate su Instagram a qualche risata sommessa, probabilmente per qualche messaggio che riceveva. Ogni tanto si sistemava i capelli con gesti lenti, come a voler ribadire la sua superiorità.
Poi, d’improvviso, Carla spezzò il silenzio. “Sei stato... divertente,” disse con una nota di sarcasmo nella voce, senza neanche distogliere lo sguardo dallo schermo del suo cellulare. “Ma non pensare che sia successo chissà cosa. Certe cose per me sono routine.” Il suo tono era tagliente, come un coltello che affonda con precisione. Ogni sua parola era un colpo che mi faceva sentire più piccolo.
Mi voltai un attimo verso di lei, cercando di capire se scherzasse, ma i suoi occhi erano freddi, distanti. "Routine?" ripetei, cercando di mantenere la calma.
“Eh sì,” continuò, con un sorriso beffardo. “Non ti pensare che te le concedo perché sei speciale o chissà che. Lo faccio perché mi va. È tutto qua.”
Mi sentii improvvisamente invaso da una sensazione di vuoto. Il suo disprezzo era evidente, e anche se avevo sperato che ci fosse almeno un briciolo di interesse da parte sua, era chiaro che non rappresentavo altro che un passatempo, un giocattolo per i suoi capricci.
Sorrise in quel suo modo malizioso, incrociando le gambe lentamente, lasciando scoprire un po’ più della coscia. Era un gesto provocante, calcolato, come sempre. Mi stava testando, spingendo i miei limiti, ma il suo sguardo rimaneva freddo.
“Sai, potrei farmi dare un passaggio da chiunque,” aggiunse con una leggerezza sprezzante. “Ma sei tu che ci sei cascato. Dovresti ringraziarmi che almeno ti ho dato un assaggio di cosa ti perdi con me.”
Quelle parole mi colpirono come un pugno nello stomaco. Sentivo il calore del disprezzo, la sua totale mancanza di rispetto. Ma nonostante tutto, il suo corpo, la sua presenza... erano come una droga. Non potevo fare a meno di desiderarla, anche se sapevo che ogni suo tocco mi avrebbe fatto solo sentire peggio.
Prima di arrivare a casa sua, si chinò verso di me, il suo respiro caldo sul mio orecchio. “Non ci sperare troppo, eh. Se mi gira, magari domani ti ignoro. O magari, chissà, ti chiamo... se non ho di meglio da fare.”
Mi baciò il collo, una volta, due volte, con una lentezza esasperante, e poi si ritrasse, ridendo piano. “Ma sì, non ci contare.” E con quelle parole, come se nulla fosse, tornò a guardare fuori dal finestrino, lasciandomi a riflettere su quel vortice di emozioni contrastanti.
Arrivammo finalmente sotto casa di Carla. Il silenzio nell’auto era diventato pesante, carico di tensione non risolta, ma lei sembrava perfettamente a suo agio, come se tutto quello che era successo poco prima fosse già dimenticato. Senza troppi convenevoli, prese la borsa e si preparò a scendere.
“Ci vediamo, verginello,” disse con quel suo sorriso sfrontato, mentre apriva la portiera. Il tono con cui lo disse, quel misto di sufficienza e sarcasmo, mi fece scattare qualcosa dentro. Volevo farle capire che non ero così facilmente manipolabile. O almeno volevo provarci.
Proprio mentre stava per uscire dall’auto, mi voltai verso di lei, con un sorriso provocatorio. "Sai, domani esco con un'altra. Magari non ti servirò più come autista personale."
Lei si bloccò per un istante, poi si voltò verso di me, alzando un sopracciglio. "Ah sì? Ma chist' ‘o verginello vuole farmi ingelosire? Ahahah!" scoppiò a ridere, quella risata esagerata e piena di scherno che mi faceva venire voglia di scomparire. “Uagliò, tu fai proprio ridere. Fatti sentire quando hai imparato a stare con le donne, magari poi ci facciamo due risate ancora.”
Scese dall’auto senza nemmeno guardarmi indietro, chiudendo la portiera con un colpo secco. Mi lasciò lì, nel buio, con la pioggia che continuava a cadere a dirotto sul parabrezza. La vidi allontanarsi con i suoi soliti passi sicuri, lasciandomi con un misto di frustrazione e desiderio. Era incredibile come riuscisse a farmi sentire così, piccolo e inutile, e allo stesso tempo incapace di resisterle.
Mentre la sua figura scompariva tra le luci della strada bagnata, sapevo che quel gioco malato tra di noi era appena cominciato. E per quanto cercassi di convincermi del contrario, ero certo che il giorno dopo sarei tornato a cercarla.
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