Sotto copertura 3
di
tilde
genere
tradimenti
Terzo tempo
Elisa non era andata troppo lontana, giusto in via Rosmini, fra Sesto e Monza, in mezzo al parco.
Viktor le prese il cellulare e lo lanciò dal finestrino; lei, non capendo, iniziò a colpirlo mentre il russo rideva divertito e cercava di prendere la parola sotto la gragnola di smanacciate e male parole della bionda.
Alla fine si limitò ad indicare il cruscotto e proferire un “guarda lì dentro”, Elisa si calmò un attimo ed ubbidì, trovando un nuovo device già acceso.
- Vik, adesso mi devi una spiegazione -
- Sì e te la faccio breve: tu hai scaricato i file su Musabaev, vero? -
- No - disse guardando fuori dal finestrino
- Non mentire… che ti cresce il naso… -
- Ancora??! No, basta! Già che quando starnuto si muovono i sismografi! Ok, è vero, li ho copiati -
- Brava! -rise di gusto- Ti sei beccata anche un virus che sfasa il GPS e, infatti, sei finita nel nulla -
- Si, ma tu come facevi a sapere dov’ero? -
- Lo stesso malware segnala la tua posizione reale all'organizzazione. Ecco, vedi? -
- Dove? -
- Qui -indicò sullo schermo al centro del cruscotto- vedi i 3 puntini rossi? Ecco, quelli sono soggetti spiati, il giallo è il tuo cellulare; guarda, si sta spegnendo. Meglio… -
- E quelli verdi -interrompé- i tuoi amici, giusto? -
- Già. Ma non sono amici. Ecco, noi andiamo proprio dove ci sono i tre rossi e i quattro verdi -
- Sai che in quel che hai buttato c’era un pezzo della mia vita? …Mia nipote, la mia famiglia… -
- Avrai fatto i backup - disse dolce regalandole un buffetto sulla guacia
- Mmhmm… backup? Non ci capisco molto, Vik - strinse la mano di lui con la spalla
- Ma sì, di sicuro, imposta quello che hai in mano e vedrai; al massimo avrai perso qualche giorno -
Elisa cominciò con le impostazioni chiedendo e chiacchierando, per poi studiare le funzionalità e prendere a scattare foto a Viktor scherzando; ma lui non fu molto d'accordo ed più di una parola scortese gli uscì; così lei s’imbronciò e si ammutolì.
- La villa è isolata -disse Ivanov, interrompendo il silenzio- L'accesso principale è controllato, ma conosco una via secondaria. Ci vorrà precisione. Quando sarai dentro, dipenderà da te -
Elisa lo guardò di sottecchi, cercando di captare qualcosa di più dal suo tono, poi domandò come mai non entrasse.
Il russo, freddo come la sua Siberia, sorrise e rispose d’aver già preso abbastanza rischi e che si sarebbe occupato di altro.
Era chiaro che il russo stava giocando la sua partita, ma lei non aveva ancora capito quali fossero le sue vere motivazioni. Forse lo avrebbe scoperto nella villa, o forse mai. In quel momento, l’unica cosa che contava era mettere le mani sull’ex capo del KGB kazako.
Arrivarono in prossimità della villa, una cascina, in realtà, tra i colli della Brianza. Le luci soffuse all'esterno indicavano che l'evento era già in corso. Dalla stradina si vedeva il cortile e lei riconobbe facilmente l'Hummer di poche ore prima ed una berlina nera molto familiare. Ivanov accostò l’auto in un punto sicuro e le indicò una stretta scala in pietra.
- Là sopra -disse fissandola negli occhi- troverai una porticina seminascosta dall’edera, si apre facilmente, sarai in un cortiletto inaccessibile, da una finestra potrai vedere l'incontro. Stai attenta, sladost. Una volta che hai le prove, esci subito. Non puoi permetterti errori -
Elisa annuì, sentendo il peso della missione sulle sue spalle. Si voltò per uscire dall'auto, ma prima che potesse aprire la portiera, sentì la mano di Viktor sulla sua. "Elisa…"
Si voltò verso di lui, sorpresa dal tono più morbido della sua voce.
- Se qualcosa va storto… non esitare a chiamarmi: lì sopra c’è il mio numero. Io ci sarò - disse; e per un istante i suoi occhi lasciarono trasparire un'ombra di vulnerabilità che Elisa non si aspettava.
Lei lo fissò per un lungo momento, senza sapere se credergli o meno. Ma non c'era tempo per sentimenti o esitazioni.
- Non andrà storto - disse freddamente, staccando la mano dalla sua e uscendo dal suv.
Con passi rapidi e silenziosi, si diresse verso il cortiletto. Ogni ombra, ogni rumore, poteva essere una minaccia, ma l'addestramento di anni le permetteva di muoversi con precisione e discrezione. Si avvicinò alla finestra indicata da Viktor e si abbassò, scrutando dentro.
Il salone era vasto e rustico, da un camino in angolo sembrava di udire il crepitio della legna. Uomini, stranamente eleganti in un posto simile, Stavano parlavano attorno a un lungo tavolo. Al centro, come sempre impeccabile, il magnate cosacco: Sergej Musabaev. L’uomo che lei aveva inseguito per mesi. Ma c'era qualcosa di più. Accanto a lui, di spalle alla finestra, uno dei suoi più stretti collaboratori stava maneggiando una valigetta. Elisa si aiutò con lo zoom del cellulare: erano documenti societari, conti bancai, riconobbe facilmente la bandiera di Trinidad su di essi. “telefono fantastico, col mio non ci leggerei” si disse a fil di voce.
Riconobbe nei presenti, fra gli altri, lo sceicco saudita Hamid, il delfino dell’hayatollah dell’Iran, il console cinese di Milano (amico di famiglia che conosceva benissimo) ed una figura più in ombra che aveva modi prelateschi.
Il collaboratore distese gli atti ed i contratti sul tavolo. Erano tutte prove tangibili che collegavano Musabaev ai traffici illeciti di armi, ma non solo: il caso si stava rivelando molto più grosso, ne ebbe la certezza quando vide in cima alla lista fornitori il nome Oto-Melara.
Era il momento. Doveva agire con rapidità. Con il telefono in mano, iniziò a scattare fotografie da angolazioni precise. Ogni dettaglio doveva essere immortalato. Stava per concludere quando sentì un rumore dietro di sé. Si girò di scatto, ma era troppo tardi.
Una mano forte la bloccò, spingendola contro il muro violentemente tanto da farle sbattere la testa. Si accasciò a terra, Il cuore le batteva forte, ma non mostrò paura. Con uno sguardo tagliente, sollevò lo sguardo per incontrare quello del suo aggressore. Era uno degli uomini di Musabaev. Mise mano alla beretta alla caviglia, ma un calcio dell'uomo alla mano la fece volare via
- Un po' troppo facile, ti pare? - disse ridacchiando
- Già, potrei dire la stessa cosa… - sfidò la bionda rialzandosi di scatto
- Sapevo che qualcuno sarebbe arrivato -disse l'uomo, avvicinandosi pericolosamente al suo viso- ma non mi aspettavo una spia così bella -
Elisa, non si lasciò intimidire e sfruttò l’incauto avvicinarsi dello sgherro per colpirlo con un attacco efficace, magari un poco fuori regolamento, facendolo accasciare a terra rantolante ed imprecante di dolore.
Nello spazio della porticina aperta la sagoma del russo, pistola in pugno
- Te l’avevo detto, sladost -disse con un sorriso soddisfatto- non ti avrei lasciata sola, ma vedo che ti sai difendere -
- Solo sciocco lui; che ne facciamo? -
- Lo faccio fuori, può parlare… - disse lui puntando l'arma
L’uomo a terra chiese, fra i lamenti, pietà e di avere salva la vita, la ragazza gli assestò un calcio alla gola per farlo tacere
- Perché sei qui? -
- Non potevo resistere. La tentazione di vederti in azione era troppo forte -rispose lui con un tono leggero, mentre le porse una mano- Adesso andiamo. Abbiamo tutto ciò che ci serve -
Elisa, pur riluttante, sapeva che aveva ragione. Aveva le prove e, con Viktor che le copriva le spalle, poteva uscire viva da quella trappola. Con un ultimo sguardo al corpo dell'uomo a terra, scese la scaletta, un istante dopo un colpo sordo non lasciò dubbi; avrebbe voluto una missione senza vittime, almeno quella volta.
Mentre correvano nella notte, l'adrenalina pulsava ancora forte nelle vene di Elisa. Una parte di lei si chiedeva se avesse fatto bene a fidarsi del glaciale russo, ma una cosa era certa: la loro storia non era finita lì. Non ancora.
I due riuscirono a tornare alla Jaguar e scappare prima che il caos all’interno della cascina attirasse ulteriori attenzioni. Con le prove salvate e i documenti in mano, Elisa, aveva finalmente quello che le serviva per incastrare il cosacco e scoperchiare un impensabile giro di tradimenti fra alleati.
Durante il viaggio di ritorno, l’atmosfera tra loro era cambiata. La tensione della missione era allentata, ma c’era ancora un velo di incertezza. Ivanov guidava con calma, ma lo sguardo della giovane non si staccava mai da lui, cercando di capire se avesse finto o tenesse davvero a lei.
Arrivarono alla questura di Milano a notte fonda, il russo, come promesso, rimase in auto lasciando che Elisa facesse il suo lavoro di consegna delle prove al vicequestore.
Ma subito dopo lei si precipitò su via Fatebenefratelli, di lui, però, non c’era più traccia; lo chiamò al numero che aveva e risultò inesistente, di colpo le sembrò di aver vissuto un sogno, scalciò una cartaccia sul marciapiede e rientrò in cortile, cercò la sua Yaris al solito posto, ma era vuoto.
Raggiunse casa a piedi.
Intanto le prove avevano prodotto i risultati desiderati: Sergej ed i suoi complici furono arrestati ed il traffico d’armi smascherato.
Un paio di settimane dopo ricevette un messaggio criptato da Viktor: "Missione conclusa. Complimenti per il lavoro. Ci vedremo di nuovo?"
Elisa rispose con un breve: "Sicuramente" e un sorriso. La relazione tra loro era rimasta ambigua e complicata, ma aveva capito che, sebbene i loro interessi e obiettivi potessero divergere, c’era una connessione reale tra loro.
Le strade di Elisa e Viktor si erano incrociate in modo imprevedibile ed il loro legame rimaneva un capitolo aperto, ricco di potenziale e mistero. La prossima volta... non sapeva cosa aspettarsi, ma una cosa era certa: sarebbe stata pronta a qualsiasi sfida, con Viktor o senza.
Elisa non era andata troppo lontana, giusto in via Rosmini, fra Sesto e Monza, in mezzo al parco.
Viktor le prese il cellulare e lo lanciò dal finestrino; lei, non capendo, iniziò a colpirlo mentre il russo rideva divertito e cercava di prendere la parola sotto la gragnola di smanacciate e male parole della bionda.
Alla fine si limitò ad indicare il cruscotto e proferire un “guarda lì dentro”, Elisa si calmò un attimo ed ubbidì, trovando un nuovo device già acceso.
- Vik, adesso mi devi una spiegazione -
- Sì e te la faccio breve: tu hai scaricato i file su Musabaev, vero? -
- No - disse guardando fuori dal finestrino
- Non mentire… che ti cresce il naso… -
- Ancora??! No, basta! Già che quando starnuto si muovono i sismografi! Ok, è vero, li ho copiati -
- Brava! -rise di gusto- Ti sei beccata anche un virus che sfasa il GPS e, infatti, sei finita nel nulla -
- Si, ma tu come facevi a sapere dov’ero? -
- Lo stesso malware segnala la tua posizione reale all'organizzazione. Ecco, vedi? -
- Dove? -
- Qui -indicò sullo schermo al centro del cruscotto- vedi i 3 puntini rossi? Ecco, quelli sono soggetti spiati, il giallo è il tuo cellulare; guarda, si sta spegnendo. Meglio… -
- E quelli verdi -interrompé- i tuoi amici, giusto? -
- Già. Ma non sono amici. Ecco, noi andiamo proprio dove ci sono i tre rossi e i quattro verdi -
- Sai che in quel che hai buttato c’era un pezzo della mia vita? …Mia nipote, la mia famiglia… -
- Avrai fatto i backup - disse dolce regalandole un buffetto sulla guacia
- Mmhmm… backup? Non ci capisco molto, Vik - strinse la mano di lui con la spalla
- Ma sì, di sicuro, imposta quello che hai in mano e vedrai; al massimo avrai perso qualche giorno -
Elisa cominciò con le impostazioni chiedendo e chiacchierando, per poi studiare le funzionalità e prendere a scattare foto a Viktor scherzando; ma lui non fu molto d'accordo ed più di una parola scortese gli uscì; così lei s’imbronciò e si ammutolì.
- La villa è isolata -disse Ivanov, interrompendo il silenzio- L'accesso principale è controllato, ma conosco una via secondaria. Ci vorrà precisione. Quando sarai dentro, dipenderà da te -
Elisa lo guardò di sottecchi, cercando di captare qualcosa di più dal suo tono, poi domandò come mai non entrasse.
Il russo, freddo come la sua Siberia, sorrise e rispose d’aver già preso abbastanza rischi e che si sarebbe occupato di altro.
Era chiaro che il russo stava giocando la sua partita, ma lei non aveva ancora capito quali fossero le sue vere motivazioni. Forse lo avrebbe scoperto nella villa, o forse mai. In quel momento, l’unica cosa che contava era mettere le mani sull’ex capo del KGB kazako.
Arrivarono in prossimità della villa, una cascina, in realtà, tra i colli della Brianza. Le luci soffuse all'esterno indicavano che l'evento era già in corso. Dalla stradina si vedeva il cortile e lei riconobbe facilmente l'Hummer di poche ore prima ed una berlina nera molto familiare. Ivanov accostò l’auto in un punto sicuro e le indicò una stretta scala in pietra.
- Là sopra -disse fissandola negli occhi- troverai una porticina seminascosta dall’edera, si apre facilmente, sarai in un cortiletto inaccessibile, da una finestra potrai vedere l'incontro. Stai attenta, sladost. Una volta che hai le prove, esci subito. Non puoi permetterti errori -
Elisa annuì, sentendo il peso della missione sulle sue spalle. Si voltò per uscire dall'auto, ma prima che potesse aprire la portiera, sentì la mano di Viktor sulla sua. "Elisa…"
Si voltò verso di lui, sorpresa dal tono più morbido della sua voce.
- Se qualcosa va storto… non esitare a chiamarmi: lì sopra c’è il mio numero. Io ci sarò - disse; e per un istante i suoi occhi lasciarono trasparire un'ombra di vulnerabilità che Elisa non si aspettava.
Lei lo fissò per un lungo momento, senza sapere se credergli o meno. Ma non c'era tempo per sentimenti o esitazioni.
- Non andrà storto - disse freddamente, staccando la mano dalla sua e uscendo dal suv.
Con passi rapidi e silenziosi, si diresse verso il cortiletto. Ogni ombra, ogni rumore, poteva essere una minaccia, ma l'addestramento di anni le permetteva di muoversi con precisione e discrezione. Si avvicinò alla finestra indicata da Viktor e si abbassò, scrutando dentro.
Il salone era vasto e rustico, da un camino in angolo sembrava di udire il crepitio della legna. Uomini, stranamente eleganti in un posto simile, Stavano parlavano attorno a un lungo tavolo. Al centro, come sempre impeccabile, il magnate cosacco: Sergej Musabaev. L’uomo che lei aveva inseguito per mesi. Ma c'era qualcosa di più. Accanto a lui, di spalle alla finestra, uno dei suoi più stretti collaboratori stava maneggiando una valigetta. Elisa si aiutò con lo zoom del cellulare: erano documenti societari, conti bancai, riconobbe facilmente la bandiera di Trinidad su di essi. “telefono fantastico, col mio non ci leggerei” si disse a fil di voce.
Riconobbe nei presenti, fra gli altri, lo sceicco saudita Hamid, il delfino dell’hayatollah dell’Iran, il console cinese di Milano (amico di famiglia che conosceva benissimo) ed una figura più in ombra che aveva modi prelateschi.
Il collaboratore distese gli atti ed i contratti sul tavolo. Erano tutte prove tangibili che collegavano Musabaev ai traffici illeciti di armi, ma non solo: il caso si stava rivelando molto più grosso, ne ebbe la certezza quando vide in cima alla lista fornitori il nome Oto-Melara.
Era il momento. Doveva agire con rapidità. Con il telefono in mano, iniziò a scattare fotografie da angolazioni precise. Ogni dettaglio doveva essere immortalato. Stava per concludere quando sentì un rumore dietro di sé. Si girò di scatto, ma era troppo tardi.
Una mano forte la bloccò, spingendola contro il muro violentemente tanto da farle sbattere la testa. Si accasciò a terra, Il cuore le batteva forte, ma non mostrò paura. Con uno sguardo tagliente, sollevò lo sguardo per incontrare quello del suo aggressore. Era uno degli uomini di Musabaev. Mise mano alla beretta alla caviglia, ma un calcio dell'uomo alla mano la fece volare via
- Un po' troppo facile, ti pare? - disse ridacchiando
- Già, potrei dire la stessa cosa… - sfidò la bionda rialzandosi di scatto
- Sapevo che qualcuno sarebbe arrivato -disse l'uomo, avvicinandosi pericolosamente al suo viso- ma non mi aspettavo una spia così bella -
Elisa, non si lasciò intimidire e sfruttò l’incauto avvicinarsi dello sgherro per colpirlo con un attacco efficace, magari un poco fuori regolamento, facendolo accasciare a terra rantolante ed imprecante di dolore.
Nello spazio della porticina aperta la sagoma del russo, pistola in pugno
- Te l’avevo detto, sladost -disse con un sorriso soddisfatto- non ti avrei lasciata sola, ma vedo che ti sai difendere -
- Solo sciocco lui; che ne facciamo? -
- Lo faccio fuori, può parlare… - disse lui puntando l'arma
L’uomo a terra chiese, fra i lamenti, pietà e di avere salva la vita, la ragazza gli assestò un calcio alla gola per farlo tacere
- Perché sei qui? -
- Non potevo resistere. La tentazione di vederti in azione era troppo forte -rispose lui con un tono leggero, mentre le porse una mano- Adesso andiamo. Abbiamo tutto ciò che ci serve -
Elisa, pur riluttante, sapeva che aveva ragione. Aveva le prove e, con Viktor che le copriva le spalle, poteva uscire viva da quella trappola. Con un ultimo sguardo al corpo dell'uomo a terra, scese la scaletta, un istante dopo un colpo sordo non lasciò dubbi; avrebbe voluto una missione senza vittime, almeno quella volta.
Mentre correvano nella notte, l'adrenalina pulsava ancora forte nelle vene di Elisa. Una parte di lei si chiedeva se avesse fatto bene a fidarsi del glaciale russo, ma una cosa era certa: la loro storia non era finita lì. Non ancora.
I due riuscirono a tornare alla Jaguar e scappare prima che il caos all’interno della cascina attirasse ulteriori attenzioni. Con le prove salvate e i documenti in mano, Elisa, aveva finalmente quello che le serviva per incastrare il cosacco e scoperchiare un impensabile giro di tradimenti fra alleati.
Durante il viaggio di ritorno, l’atmosfera tra loro era cambiata. La tensione della missione era allentata, ma c’era ancora un velo di incertezza. Ivanov guidava con calma, ma lo sguardo della giovane non si staccava mai da lui, cercando di capire se avesse finto o tenesse davvero a lei.
Arrivarono alla questura di Milano a notte fonda, il russo, come promesso, rimase in auto lasciando che Elisa facesse il suo lavoro di consegna delle prove al vicequestore.
Ma subito dopo lei si precipitò su via Fatebenefratelli, di lui, però, non c’era più traccia; lo chiamò al numero che aveva e risultò inesistente, di colpo le sembrò di aver vissuto un sogno, scalciò una cartaccia sul marciapiede e rientrò in cortile, cercò la sua Yaris al solito posto, ma era vuoto.
Raggiunse casa a piedi.
Intanto le prove avevano prodotto i risultati desiderati: Sergej ed i suoi complici furono arrestati ed il traffico d’armi smascherato.
Un paio di settimane dopo ricevette un messaggio criptato da Viktor: "Missione conclusa. Complimenti per il lavoro. Ci vedremo di nuovo?"
Elisa rispose con un breve: "Sicuramente" e un sorriso. La relazione tra loro era rimasta ambigua e complicata, ma aveva capito che, sebbene i loro interessi e obiettivi potessero divergere, c’era una connessione reale tra loro.
Le strade di Elisa e Viktor si erano incrociate in modo imprevedibile ed il loro legame rimaneva un capitolo aperto, ricco di potenziale e mistero. La prossima volta... non sapeva cosa aspettarsi, ma una cosa era certa: sarebbe stata pronta a qualsiasi sfida, con Viktor o senza.
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