Sotto copertura 1

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etero

primo tempo


Milano, tardo pomeriggio. La pioggia velava leggera le finestre del lussuoso hotel dove si era appena conclusa una conferenza internazionale sull’energia. Elisa, giovane agente spacciata per ingegnere dell'Eni, sedeva al bancone del bar, mescolando distrattamente il suo drink ormai vuoto. Le note al piano di “misery in my heart” facevano da sottofondo ai suoi pensieri ed il fatto che Il suo obiettivo, un magnate kazako coinvolto in traffici illeciti, non avesse ancora fatto la sua mossa la rendevano sospettosa.

Un uomo si avvicinò al bancone, ordinando un "Old fashioned" con una voce profonda. Alto, capelli scuri, abito impeccabile. Lo aveva notato più volte durante la conferenza, sempre al centro dell'attenzione. Lei sapeva chi era: Viktor Ivanov, guardia del corpo e braccio destro del magnate.

- Posso offrirti un altro Cosmo? - chiese lui, con un accenno di sorriso sulle labbra.

Lei lo guardò attraverso il bordo del bicchiere fingendo indifferenza, poi sibilò di non accettare drink dagli sconosciuti.
Viktor inclinò la testa, avvicinandosi di un passo e, scosto uno sgabello, incalzò

- eppure mi sembra che ci conosciamo già, bionda... Elisa -

Il cuore le sobbalzò. Come diavolo faceva a sapere il suo nome?

- Interessante -rispose calma- un uomo che gioca a fare il misterioso, ma ha sbagliato persona -

Lui si sedette accanto a lei, il viso a pochi centimetri dal suo e sorrise complice
- Sai che non l'ho fatto. E so cosa stai cercando... Non sono qui per fermarti, fidati -

Lo guardò negli occhi, sentendo il suo respiro caldo sulla spalla scoperta
- Mettiamo ch'io sia Elisa, lei cosa sarebbe qui a fare, allora? -

- Per offrirti un'alternativa, sladost, ti aiuto ad ottenere ciò che vuoi... e poi vediamo dove ci porta questo gioco -

Col dorso delle dita, Viktor, le sfiorò il braccio ed un brivido le corse lungo la schiena scoperta; la tensione tra loro era palpabile e sapeva di potersi fidare molto poco del russo.

- Cosa ne guadagnerebbe lei? - chiese Elisa, fissandolo intensamente.

Il russo sorrise, più un ghigno pericoloso che lasciava intravedere i denti bianchi e perfetti, poi si appoggiò con un gomito al bancone allontanandosi da lei e, voltandosi, chiese un Cosmopolitan al barman.
Per un attimo, il mondo intorno a loro scomparve, lasciando solo quella sottile linea tra fiducia e tradimento.

- Molto più di quello che tu possa immaginare, sladost - riprese lui serafico

- Non chiamarmi più dolcezza, intanto, poi vediamo cosa sai fare - sussurrò, con un sorriso provocatorio sulle labbra e la fermezza algida nella voce.

- Da, sladost -scherzò- mi piacciono le donne decise. A noi, cin -

I due parlarono ancora qualche minuto, dando le spalle alla sala e condendo con più di un riso d'intesa; il che insospettì Musabaev, il magnate dell'uranio cosacco, ma, riconosciuta nella donna l'ingegnere sulla brochure Eni che aveva in mano, ci vide una fortuna inattesa.

Ivanov fu, d'improvviso, perentorio dicendo di raggiungerlo alla stanza 304 entro dieci minuti. Lei l'osservò allontanarsi, nel suo elegante gessato nero che nascondeva appena la potenza e la pericolosità che lui rappresentava. Si guardò intorno ed avrebbe potuto seguirlo subito, ma la prudenza era tutto in situazioni come quella. Bevve con calma due altri sorsi, riflettendo su quanto appena accaduto.

Era una trappola? Forse. Ma se voleva arrivare al magnate, doveva rischiare. Una volta nella stanza, avrebbe avuto il controllo della situazione giocando con le sue arti, in verità, senza nemmeno troppo sforzo.

Meno di dieci minuti più tardi, Elisa, camminava nel corridoio dell’hotel, il suono dei suoi tacchi risuonava nei lunghi corridoi silenziosi, attutito dalle geometrie grigie e perla dell'agugliato sul pavimento. La stanza 304 era di fronte a lei.
Inspirò profondamente e bussò con discrezione.

La porta si aprì quasi subito. Viktor era lì, senza giacca, solo con una camicia sbottonata sul collo che lasciava intravedere una cicatrice sulla clavicola. Il suo sguardo era intenso, oscuro, fu secco nel dire di entrare.

La ragazza si mosse con grazia, mantenendo però l'attenzione alta. L'ambiente era lussuoso, con un lieve profumo orientale nell'aria, le luci soffuse gettavano un'aura intima sulla scena. Un tavolo al centro, fra due poltroncine di velluto tortora, su cui era appoggiato un laptop aperto, una bottiglia di Krug in glacette trasparente e due flûte.

- Vino e computer, non ti manca proprio nulla - commentò lei, alzando un sopracciglio.

- Sono un uomo preparato -rispose Viktor, chiudendo la porta dietro di sé- e lo champagne è per festeggiare… se tutto andrà come previsto -

Elisa si avvicinò al laptop, appoggiò la borsetta e notò una serie di documenti aperti sullo schermo. Erano quelli che cercava: prove del coinvolgimento del magnate in un traffico d'armi con l'Iran e lo Yemen, ma anche molti omissis. La sua mano si mosse verso il dispositivo, ma lui le bloccò il polso con delicatezza e decisione, voltandola verso di sé

- Non così in fretta, sladost -disse con un tono pericolosamente calmo- Prima parliamo di condizioni -

Lei lo guardò negli occhi, la tensione tra loro era più forte che mai ed un lampo di paura si scaricò lungo la sua schiena, istintiva raggiunse l'orlo della borsetta dietro di sé con una mano, poi ribadì che le condizioni le avrebbe fatte lei se, davvero, Viktor avesse avuto qualcosa di concreto

- Altrimenti -disse- uscirò da quella porta -

Lui si avvicinò ancora di più, tanto da farle sentire il calore del suo corpo

- E se non volessi che te ne andassi? -

Il respiro di Elisa si fece più pesante. C'era una linea sottile che stavano oltrepassando, un gioco di potere, seduzione e inganno. Lei non era nuova a questo tipo di situazioni, ma Viktor era diverso. Qualcosa di lui la metteva in guardia, ma allo stesso tempo l'attraeva.
Con un movimento rapido, fu lei ad afferrare i polsi di lui e spingendolo contro il muro. Si trovarono i volti vicini, gli sguardi fissi l'uno nell'altro e le labbra quasi a sfiorarsi.

- Non provare a manipolarmi, Viktor, o per te finisce male - sussurrò a voce bassa e ferma

- Mi piace quando sei dura - disse con un sorriso affiliato

Elisa lo fissò ancora per un attimo, poi lo lasciò andare, ribadendo che di affari se ne sarebbe parlato, ma solo con qualcosa in più.

- Affari -ripeté il russo, raddrizzandosi- Musabaev è in questa città solo per altre 48 ore. Domani notte ci sarà un incontro segreto in una villa non lontano da Monza, una consegna importante. Se vuoi incastrarlo, dovrai essere lì. Io posso farti entrare, ma dopo… sarai sola -

- Perché lo fai? - chiese sospettosa.

- Non sempre tutto è come sembra, lo dovresti sapere bene, forse anch'io ho i miei motivi per volerlo vedere cadere -

Lo scrutò, cercando di leggere dietro quella maschera impenetrabile le ragioni di un simile tradimento. Non era certa di potersi fidare, ma non aveva scelta. Il tempo stava per scadere e il suo obiettivo era troppo importante.

- Ci sarò -disse la bionda con un sorrisetto appena accennato- Ma se mi tradisci, non ci sarà posto dove nasconderti -

Lui le prese la mano, portandola lentamente alle labbra, poi sussurrò, sfiorandole la pelle con un bacio leggero, che non tradirebbe mai una bella donna.

Quel tocco decretò che il gioco si era fatto ancora più pericoloso di quanto avesse immaginato. Ma lei, miss cento centri su cento, non avrebbe accettato di essere solo una preda.
Gli sfiorò la cicatrice con le dita prima e con le labbra poi, lui sospirò della sensazione sperata. Gli scalzò la camicia dai pantaloni ed vi insinuò dolcemente i palmi sfiorando quella pelle che non desiderava altro; Viktor cercò con le sue le labbra di lei, che si negò prima, per poi tornare a baciare quella bocca in una passione crescente. Le dita di lui correvano sulla schiena morbida per poi rallentare in delicate carezze, una volta vinta la zip e vestito caduto.
La spinse sul letto, le coppe di pizzo coprivano a stento l'areola e prominenti i capezzoli turgidi imploravano morsi ed attenzioni. Elisa guardò Ivanov, che non toglieva gli occhi da lei, tese le braccia e le mani che lui intrecciò con le sue.
Lasciati cadere i pantaloni, si gettò su di lei, carne a carne, e la baciò.

Si svegliò che ancora non era l'alba, Elisa, aveva il braccio muscoloso di lui che l'avvolgeva dal fianco al collo e la mano sotto la guancia, protettivo. Un suo ginocchio sull’interno coscia era intrigante, quasi amoroso e lei gli accarezzò i piedi con i suoi.
Dell'uomo percepiva il battito pulsare sulla propria schiena ed il respiro fra i capelli, lento, di un sonno profondo, eppure appariva vigile: ad ogni piccolo movimento rispondeva serrandola a sé per poi rilasciarla. Al terzo tentativo lui le baciò il collo e, biascicando qualcosa in russo, ebbe un’invadente erezione che lei sentì premere sull'orlo della vulva, risvegliando un lieve dolore interno; dono del sesso violento di poche ore prima.

Avrebbe voluto godere ancora di lui, ma il dovere imponeva di sfruttare l’attimo ed agire rapidamente. Riuscì a sottrarsi felina e scivolò fuori dal letto; si soffermò un istante ad osservare la bellezza statuaria di Ivanov e, rischiando, non resistette al chinarsi su di lui per baciarlo. Poi raggiunse il laptop ancora acceso e scaricò i file su Musabaev, nel mentre si vestì. Fuggì veloce, scalza.

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scritto il
2024-10-16
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