La tutor
di
WabiSabi
genere
masturbazione
(racconto di fantasia)
Avevo ventidue anni e non avevo mai provato il piacere sessuale in vita mia. Manco a dirlo ero vergine e, anche da sola, non ero mai riuscita ad avere un orgasmo. Con le mie amiche, ogni volta che si affrontavano argomenti come sesso o masturbazione, fingevo interesse ed esperienza, due attitudini che non facevano certo parte di me, soprattutto l’esperienza. Ridevo come una donna navigata quando raccontavano episodi sessuali al limite del comico, che magari avevano vissuto con questo o quel ragazzo in particolare.
Dentro di me provavo una sorta di vergogna per essere ancora in quella situazione di vergine incallita, nonché un vivo interesse nei confronti dell’orgasmo. Tutte le mie amiche lo provavano da tempo, mentre io non ero ancora riuscita a raggiungere il piacere nemmeno da sola, soprattutto da sola. Certo, c’avevo provato ma, complice anche gli insegnamenti e la mentalità chiusa di mia madre, la quale mi aveva sempre ripetuto fin da piccola che tutto quello che era legato alla sessualità costituiva un “peccato” o comunque qualcosa da non fare perché ritenuto inaccettabile (secondo la sua visione) o riprovevole (ripeto le sue parole alla lettera), ero sempre bloccata sulle questioni sessuali e sull’autoerotismo. Quei pochi ragazzi che fino a quel momento mi avevano avvicinata all’università scappavano a gambe levate quando, dopo alcuni mesi, si rendevano conto della mia frigidità innaturale per una ragazza di ventidue anni del ventunesimo secolo.
Molte volte avevo provato a toccarmi mentre ero in bagno, al riparo da occhi indiscreti, ma ogni volta era stata una delusione. Spesso ci provavo quando ero immersa nella vasca da bagno, tra le bolle di sapone e l’odore di lavanda che si spargeva nell’ambiente. Immergevo la mano nell’acqua e la facevo scivolare tra le gambe ma, dopo aver iniziato a toccarmi, non riuscivo a raggiungere il piacere, non mi lasciavo andare e così rinunciavo.
La mia amica Martina, invece, era il mio opposto, il mio alter ego femminile che viveva in piena sintonia con l’altro sesso ma anche con sé stessa. Aveva più o meno la mia età ed era fidanzata da circa due anni con un bel ragazzo che frequentava i corsi di ingegneria. La sua esperienza sessuale e la sua naturalezza nell’affrontare quegli argomenti erano gli elementi che le invidiavo di più. Quando eravamo tra amiche era solita raccontare le avventure che viveva tra le lenzuola con il fidanzato, confidenze che si fanno solo tra compagne intime. Raccontava di come lui la prendeva con la dolcezza dell’amore che provava per lei. Anche lei era molto innamorata, glielo potevi leggere negli occhi; ero molto contenta per lei, era una brava ragazza e si meritava tutto l’amore del mondo. Era una persona buona fino in fondo e, forse, nel sentirmi raccontare le mie storie, aveva capito da tempo che erano tutte sciocchezze, che cercavo di darmi un tono da donna vissuta, quando invece non ero mai riuscita a provare un orgasmo nemmeno da sola. Mi sentivo come un esemplare di una specie in via di estinzione e più il tempo passava più vedevo la mia vita sessuale ed amorosa scivolarmi tra le dita nonostante la mia giovane età e tutta la vita che avevo davanti ai miei occhi.
Quando finimmo gli esami universitari della sessione estiva eravamo esauste, con il cervello che sprigionava un fumo denso che ci usciva dalle orecchie. L’ultimo esame lo concludemmo verso la fine del mese di luglio e finalmente potevamo goderci l’estate in piena libertà.
Quando Martina mi invitò a trascorrere una settimana nella sua casa al mare accettai di buon grado, presa dalla voglia euforica di rilassarmi e godermi un po’ il mare e il sole. I suoi genitori erano proprietari di una piccola villa a ridosso del mare, in una località estiva non troppo distante da dove vivevamo. La casa sarebbe stata a nostra disposizione per i prossimi sette giorni. In valigia, insieme ai costumi da bagno e agli shorts, misi anche il libro di fisica che mi sarebbe servito per il successivo esame universitario, scelta che, ne ero sicura, Martina non avrebbe accolto con il mio stesso entusiasmo.
Nella villetta io e Martina occupavamo il secondo piano perché, al primo, vi erano dei lavori in corso e mobili accatastati, tutta una preparazione frenetica che si sarebbe conclusa da lì a qualche giorno, per accogliere la sua famiglia durante il mese di agosto. Al secondo piano c’erano un salone, un bellissimo bagno fornito di tutto e la stanza che io e lei dividevamo insieme. Dormivamo in letti separati, come due sorelle piuttosto che due amiche. Il suo fidanzato era rimasto in città perché nei mesi estivi, quando era lontano dai libri, svolgeva dei lavoretti per conto di suo padre e metteva da parte qualche soldo. Spesso ascoltavo le telefonate tra lui e Martina. Si volevano molto bene e non vedevano l’ora di rivedersi. Quando la sera eravamo a letto, stanche dopo una giornata di mare e sole, Martina mi raccontava di come il loro rapporto fosse evoluto e di quanto sperava che lui sarebbe diventato un giorno suo marito, magari quando entrambi avrebbero concluso gli studi universitari e trovato un lavoro.
Il mare distava appena trecento metri dalla villa e ogni mattina andavamo a fare il bagno sulla spiaggia libera. Trascorremmo dei giorni fantastici, pieni di spensieratezza e di sole. Una sera, stese nei rispettivi letti, ci lasciammo andare a confidenze di carattere sessuale. Quando iniziammo a parlare avevo paura che tutta la mia inesperienza fosse venuta fuori da un momento all’altro, avevo paura di fare la figura dell’inesperta e di apparire ai suoi occhi come una mocciosa.
“Quel ragazzo che frequentavi? Non l’hai più visto?” mi chiese all’improvviso. Eravamo entrambe stese sotto fresche lenzuola; io indossavo un pantaloncino e una canotta, mentre lei solo reggiseno e mutandine.
Colpita da quella domanda, cercai di ricordare in una frazione di secondo la bugia che tempo fa le avevo raccontato: le avevo detto che ero andata a letto con un Luca, un compagno di corso del suo ragazzo con il quale lui non scambiava nemmeno una parola.
“Ci siamo frequentati per un po’ di tempo, ma poi ho lasciato perdere, non era il tipo per me”
“Almeno a letto ci sapeva fare?” mi chiese.
“Diciamo di sì, ma non come il mio ex. Te l’ho raccontato vero quello che combinavo sotto le lenzuola con lui?” dissi.
Lei sistemò il cuscino sotto la testa e intrecciò le dita dietro la nuca. “Sì, me l’hai raccontato… doveva essere un gran figo” disse, “Lo sai…” continuò, “Luca e il mio ragazzo hanno studiato insieme per un esame ultimamente”
“Ahmmm” riuscii solo a biascicare.
“Luca gli ha raccontato alcune cose…”
“Su di me?” chiesi spazientita. “Cosa si è permesso di raccontargli?” chiesi come presa da una finta arrabbiatura nella paura che la mia copertura stesse per saltare. “Mica quell’idiota gli ha raccontato cosa facevamo a letto?”
“No, no tranquilla. Anzi… gli ha raccontato il contrario”
“Cioè?”
“Sai che gli uomini a volte sono stupidi vantandosi delle proprie conquiste, ma Luca gli ha detto che tra te e lui non c’è stato nulla, anzi, gli ha riferito solo che lo hai aiutato a studiare per l’esame di fisica I e che sei una ragazza molto dolce secondo lui”
Cercai di mantenere un contegno di fronte a quel racconto, ma all’improvviso iniziai a piangere contro il mio volere. Le lacrime scendevano da sole, senza che riuscissi a fermarle. Martina scese dal letto e venne a sedersi accanto a me, mi accarezzò il viso e mi guardo negli occhi.
“Che succede? Perché piangi?”
Tra le lacrime le raccontai tutto; che con Luca non era successo nulla anche se lui aveva provato ad avere un approccio con me e l’avevo respinto. Le raccontai della mia paura del sesso, della mia inesperienza e del fatto che, anche da sola, non ero mai riuscita a provare un orgasmo. Di quello che mia madre mi aveva fatto vivere e di come mentivo ogni volta che le nostre amiche parlavano di argomenti del genere.
Martina mi accarezzò il viso e mi prese tra le sue braccia. “Devi stare tranquilla, ci sono io” disse, “non è mica una gara a chi la molla per prima. Non devi ascoltare quello che dicono le altre. Avere esperienze sessuali deve essere gratificante e soprattutto devi farlo con una persona che ti vuole bene e ti stimi, come è successo a me”
La guardai tra le lacrime. “Sono contentissima per te. Te lo meriti un ragazzo come quello che hai”
Martina mi asciugò gli occhi. “Ora la smetti di piangere?” disse. Feci di sì con la testa.
“Certo…” riprese Martina, “è strano che anche da sola tu non abbia provato mai un orgasmo, è una cosa bellissima che dovresti provare. Toccarsi per darsi piacere non è per niente un peccato e poi… fa bene alla salute, lo dicono molti medici”
“Non ci riesco”, dissi singhiozzando. “non riesco a lasciarmi andare e ogni volta che ci provo è un disastro”
“Se non cominci a rilassarti non succederà mai” disse. “Vogliamo provare a farlo ora?” mi chiese. Rimasi impietrita a quella sua richiesta; “In… in che senso?”
“Lo facciamo insieme” disse Martina.
“ma… intendi che tu lo fai a me ed io a te?”
Martina alzò le mani in segno di difesa. “No, no, non metterti in testa strane idee, non ho quelle tendenze, nonostante non abbia nulla in contrario. Sai quanto sono amica di Isabella e lei predilige tutt’altra parrocchia rispetto alla mia” disse e scoppiammo a ridere entrambe.
Poi riprese a parlare, “posso farti vedere come devi fare e come rilassarti al meglio. Mi sembra assurdo che tu non abbia mai provato un vero orgasmo nemmeno da sola. È come se ognuna di noi fosse stata sulla luna e tu, pur avendo tutti gli strumenti per andarci, rinunci di partire perché hai paura di volare”
Era questo che mi piaceva di lei. la sua dolcezza e la sua amicizia erano uniche. Era una persona che non giudicava mai e cercava sempre di darti un aiuto per quanto potesse. Stava bene con sé stessa e voleva che anche le altre persone alle quali lei voleva bene potessero vivere tranquille.
“Ora la smetti di piangere?” disse e mi passò un fazzoletto. Mi asciugai gli occhi.
“Dai, proviamo, ti aiuto io”, detto questo si slacciò il reggiseno e tolse le mutandine. Aveva la vagina rasata, mentre io non la curavo molto. “Così, su due piedi?” chiesi. “Certo” disse lei, “Oh, aspetta, vuoi che chiediamo il permesso al rettore della nostra facoltà” disse ridendo.
Scostai il lenzuolo e uscii da letto sedendomi sul bordo del materasso. Lei era nuda di fronte a me. Tolsi la canotta e il pantaloncino e rimasi anche io nuda. “Io ci ho provato spesso” dissi, “ma mi blocco. È come se non riuscissi ad andare avanti fino in fondo”
“E’ perché sei boccata da tutti i preconcetti che magari tua madre nel tempo ti ha messo nella testolina, piccola mia” disse sistemandosi sul suo letto, “devi capire che non c’è nulla di male. Per carità, tua madre è una brava donna, la conosco bene anche io, ma tu oramai sei una donna, hai diritto a provare certe cose e a trovare l’amore soprattutto”
La guardai mentre si sistemava sul letto e apriva le gambe poggiando i piedi sui bordi laterali del materasso. “Dai, masturbiamoci che mi è venuta voglia”
Invidiavo il suo modo di parlare, il suo modo di affrontare argomenti che per anni erano stati un tabù in casa mia. Imitai la sua posizione sul mio letto; allargai per bene le gambe e poggiai i piedi di lato. Lei iniziò per prima, io seguivo i suoi movimenti come un allievo che osserva il maestro. Si massaggiava il clitoride con due dita, “usa l’indice e il medio e passali sopra con movimenti circolari e rilassati, vedrai che lentamente inizierai a sentire qualcosa.” Eseguii esattamente seguendo le sue istruzioni. Per un po’ rimanemmo in silenzio, armeggiando ognuna con la propria vagina. “Cavolo, se lo sapessero il mio fidanzato e Luca” disse prorompendo in una sonora risata. Io risi di conseguenza, “dai, non distrarmi”
“Ok, ok , scusa” disse continuando a toccarsi in silenzio.
“Ad un certo punto…” disse mentre armeggiava con le dita sulla vagina, “l’orgasmo lo sentirai esplodere dentro di te. È in quel momento che devi accelerare il ritmo per raggiungerlo”
“Ok, va bene” dissi presa dalla concentrazione. In effetti, dopo alcuni minuti, un primo riscontro dei suoi insegnamenti era già visibile sul mio viso paonazzo e tra le mie gambe. Le dita che muovevo sul clitoride di erano bagnate come non mi era mai accaduto e avvertivo un leggero senso di benessere che aumentava ogni volta che le mie dita si muovevamo in circolo.
Dopo circa cinque minuti Martina raggiunse l’orgasmo. Chiuse le gambe intorno alla mano che era quasi scomparsa; ansimava e gemeva e dopo poco rimase in silenzio. Io stavo continuando a toccarmi ma mi ero fermata quando lei aveva concluso la masturbazione.
Si sedette sul ciglio del letto, io ero ancora con le gambe aperte. Prese un fazzoletto dal comodino e si deterse tra le gambe. “Dai, continua, non fare caso a me” disse. Ancora nuda, accavallò le gambe e prese a guardarmi. Io ripresi a toccarmi; avevo il viso rosso e stavo sudando, complice anche la serata estiva. “Brava, continua così” mi diceva. “Stai andando bene, lo vedo” “Secondo me tra poco ci sarai… quando lo senti aumenta la velocità”
Sotto il suo controllo, sentii un calore invadermi le caviglie e un formicolio che sulla vagina e sul pube. “E’ questo l’orgasmo?” chiesi convinta di averlo raggiunto, una volta descrittole quello che stavo provando.
“No, non è questo, ma credo che ci sei quasi. Non voglio rovinarti la sorpresa. Continua più veloce”
Aumentai il ritmo delle dita, muovendole in circolo sul clitoride che si era gonfiato come non mi era mai accaduto in passato. Dopo pochi minuti, mentre le stavo muovendo con maggiore veemenza sentii per la prima volta un vero orgasmo, dopo tanti anni passati a provarci. Le gambe iniziarono a tremarmi, i capezzoli mi si erano induriti a dismisura; avevo la bocca secca e stavo sudando. Una sensazione stupenda mi invase il basso ventre, come se qualcosa mi stesse esplodendo dentro. Il tutto durò circa dieci secondi; lanciai delle grida di piacere e lanciai la testa indietro. “OHHH Dio mio Martina”, avevo il fiato corto e, quando tutto si concluse mi abbandonai con la testa sul cuscino. Guardai Martina, ancora seduta nuda sul ciglio del letto. “Complimenti” mi disse, “ora anche tu capirai di cosa parliamo noi tutte”.
La guardai per un attimo. Il sudore mi colava dalle ascelle e dalla schiena. Non avevo mai provato una cosa del genere.
“Ti è piaciuto?” mi chiese Martina.
“E’ stato stupendo” dissi mettendomi seduta a mia volta sul ciglio del letto. “E ancora non hai provato il sesso vero” disse.
“Anche questo potrei aiutarti a provarlo sai?” mi disse.
“In che senso?”
“C’è un’altra cosa che Luca ha detto al mio fidanzato”
“Cosa?” le chiesi.
“E’ innamorato di te”
“Dici sul serio?”
“Sì”
Provai una sensazione alla bocca dello stomaco in quel momento. Una specie di vuoto che non avevo mai provato in vita mia. Forse anche io ero innamorata ma non volevo ammetterlo.
“E come faccio Marty. Io non ho esperienze”
“Le farete insieme. Quando c’è l’amore si può tutto”
Ci abbracciammo, ci sistemammo sotto le fresche lenzuola nei nostri letti e finalmente, complice anche quelle stupende sensazioni, riuscii a dormire un sonno tranquillo, forse per la prima volta.
Avevo ventidue anni e non avevo mai provato il piacere sessuale in vita mia. Manco a dirlo ero vergine e, anche da sola, non ero mai riuscita ad avere un orgasmo. Con le mie amiche, ogni volta che si affrontavano argomenti come sesso o masturbazione, fingevo interesse ed esperienza, due attitudini che non facevano certo parte di me, soprattutto l’esperienza. Ridevo come una donna navigata quando raccontavano episodi sessuali al limite del comico, che magari avevano vissuto con questo o quel ragazzo in particolare.
Dentro di me provavo una sorta di vergogna per essere ancora in quella situazione di vergine incallita, nonché un vivo interesse nei confronti dell’orgasmo. Tutte le mie amiche lo provavano da tempo, mentre io non ero ancora riuscita a raggiungere il piacere nemmeno da sola, soprattutto da sola. Certo, c’avevo provato ma, complice anche gli insegnamenti e la mentalità chiusa di mia madre, la quale mi aveva sempre ripetuto fin da piccola che tutto quello che era legato alla sessualità costituiva un “peccato” o comunque qualcosa da non fare perché ritenuto inaccettabile (secondo la sua visione) o riprovevole (ripeto le sue parole alla lettera), ero sempre bloccata sulle questioni sessuali e sull’autoerotismo. Quei pochi ragazzi che fino a quel momento mi avevano avvicinata all’università scappavano a gambe levate quando, dopo alcuni mesi, si rendevano conto della mia frigidità innaturale per una ragazza di ventidue anni del ventunesimo secolo.
Molte volte avevo provato a toccarmi mentre ero in bagno, al riparo da occhi indiscreti, ma ogni volta era stata una delusione. Spesso ci provavo quando ero immersa nella vasca da bagno, tra le bolle di sapone e l’odore di lavanda che si spargeva nell’ambiente. Immergevo la mano nell’acqua e la facevo scivolare tra le gambe ma, dopo aver iniziato a toccarmi, non riuscivo a raggiungere il piacere, non mi lasciavo andare e così rinunciavo.
La mia amica Martina, invece, era il mio opposto, il mio alter ego femminile che viveva in piena sintonia con l’altro sesso ma anche con sé stessa. Aveva più o meno la mia età ed era fidanzata da circa due anni con un bel ragazzo che frequentava i corsi di ingegneria. La sua esperienza sessuale e la sua naturalezza nell’affrontare quegli argomenti erano gli elementi che le invidiavo di più. Quando eravamo tra amiche era solita raccontare le avventure che viveva tra le lenzuola con il fidanzato, confidenze che si fanno solo tra compagne intime. Raccontava di come lui la prendeva con la dolcezza dell’amore che provava per lei. Anche lei era molto innamorata, glielo potevi leggere negli occhi; ero molto contenta per lei, era una brava ragazza e si meritava tutto l’amore del mondo. Era una persona buona fino in fondo e, forse, nel sentirmi raccontare le mie storie, aveva capito da tempo che erano tutte sciocchezze, che cercavo di darmi un tono da donna vissuta, quando invece non ero mai riuscita a provare un orgasmo nemmeno da sola. Mi sentivo come un esemplare di una specie in via di estinzione e più il tempo passava più vedevo la mia vita sessuale ed amorosa scivolarmi tra le dita nonostante la mia giovane età e tutta la vita che avevo davanti ai miei occhi.
Quando finimmo gli esami universitari della sessione estiva eravamo esauste, con il cervello che sprigionava un fumo denso che ci usciva dalle orecchie. L’ultimo esame lo concludemmo verso la fine del mese di luglio e finalmente potevamo goderci l’estate in piena libertà.
Quando Martina mi invitò a trascorrere una settimana nella sua casa al mare accettai di buon grado, presa dalla voglia euforica di rilassarmi e godermi un po’ il mare e il sole. I suoi genitori erano proprietari di una piccola villa a ridosso del mare, in una località estiva non troppo distante da dove vivevamo. La casa sarebbe stata a nostra disposizione per i prossimi sette giorni. In valigia, insieme ai costumi da bagno e agli shorts, misi anche il libro di fisica che mi sarebbe servito per il successivo esame universitario, scelta che, ne ero sicura, Martina non avrebbe accolto con il mio stesso entusiasmo.
Nella villetta io e Martina occupavamo il secondo piano perché, al primo, vi erano dei lavori in corso e mobili accatastati, tutta una preparazione frenetica che si sarebbe conclusa da lì a qualche giorno, per accogliere la sua famiglia durante il mese di agosto. Al secondo piano c’erano un salone, un bellissimo bagno fornito di tutto e la stanza che io e lei dividevamo insieme. Dormivamo in letti separati, come due sorelle piuttosto che due amiche. Il suo fidanzato era rimasto in città perché nei mesi estivi, quando era lontano dai libri, svolgeva dei lavoretti per conto di suo padre e metteva da parte qualche soldo. Spesso ascoltavo le telefonate tra lui e Martina. Si volevano molto bene e non vedevano l’ora di rivedersi. Quando la sera eravamo a letto, stanche dopo una giornata di mare e sole, Martina mi raccontava di come il loro rapporto fosse evoluto e di quanto sperava che lui sarebbe diventato un giorno suo marito, magari quando entrambi avrebbero concluso gli studi universitari e trovato un lavoro.
Il mare distava appena trecento metri dalla villa e ogni mattina andavamo a fare il bagno sulla spiaggia libera. Trascorremmo dei giorni fantastici, pieni di spensieratezza e di sole. Una sera, stese nei rispettivi letti, ci lasciammo andare a confidenze di carattere sessuale. Quando iniziammo a parlare avevo paura che tutta la mia inesperienza fosse venuta fuori da un momento all’altro, avevo paura di fare la figura dell’inesperta e di apparire ai suoi occhi come una mocciosa.
“Quel ragazzo che frequentavi? Non l’hai più visto?” mi chiese all’improvviso. Eravamo entrambe stese sotto fresche lenzuola; io indossavo un pantaloncino e una canotta, mentre lei solo reggiseno e mutandine.
Colpita da quella domanda, cercai di ricordare in una frazione di secondo la bugia che tempo fa le avevo raccontato: le avevo detto che ero andata a letto con un Luca, un compagno di corso del suo ragazzo con il quale lui non scambiava nemmeno una parola.
“Ci siamo frequentati per un po’ di tempo, ma poi ho lasciato perdere, non era il tipo per me”
“Almeno a letto ci sapeva fare?” mi chiese.
“Diciamo di sì, ma non come il mio ex. Te l’ho raccontato vero quello che combinavo sotto le lenzuola con lui?” dissi.
Lei sistemò il cuscino sotto la testa e intrecciò le dita dietro la nuca. “Sì, me l’hai raccontato… doveva essere un gran figo” disse, “Lo sai…” continuò, “Luca e il mio ragazzo hanno studiato insieme per un esame ultimamente”
“Ahmmm” riuscii solo a biascicare.
“Luca gli ha raccontato alcune cose…”
“Su di me?” chiesi spazientita. “Cosa si è permesso di raccontargli?” chiesi come presa da una finta arrabbiatura nella paura che la mia copertura stesse per saltare. “Mica quell’idiota gli ha raccontato cosa facevamo a letto?”
“No, no tranquilla. Anzi… gli ha raccontato il contrario”
“Cioè?”
“Sai che gli uomini a volte sono stupidi vantandosi delle proprie conquiste, ma Luca gli ha detto che tra te e lui non c’è stato nulla, anzi, gli ha riferito solo che lo hai aiutato a studiare per l’esame di fisica I e che sei una ragazza molto dolce secondo lui”
Cercai di mantenere un contegno di fronte a quel racconto, ma all’improvviso iniziai a piangere contro il mio volere. Le lacrime scendevano da sole, senza che riuscissi a fermarle. Martina scese dal letto e venne a sedersi accanto a me, mi accarezzò il viso e mi guardo negli occhi.
“Che succede? Perché piangi?”
Tra le lacrime le raccontai tutto; che con Luca non era successo nulla anche se lui aveva provato ad avere un approccio con me e l’avevo respinto. Le raccontai della mia paura del sesso, della mia inesperienza e del fatto che, anche da sola, non ero mai riuscita a provare un orgasmo. Di quello che mia madre mi aveva fatto vivere e di come mentivo ogni volta che le nostre amiche parlavano di argomenti del genere.
Martina mi accarezzò il viso e mi prese tra le sue braccia. “Devi stare tranquilla, ci sono io” disse, “non è mica una gara a chi la molla per prima. Non devi ascoltare quello che dicono le altre. Avere esperienze sessuali deve essere gratificante e soprattutto devi farlo con una persona che ti vuole bene e ti stimi, come è successo a me”
La guardai tra le lacrime. “Sono contentissima per te. Te lo meriti un ragazzo come quello che hai”
Martina mi asciugò gli occhi. “Ora la smetti di piangere?” disse. Feci di sì con la testa.
“Certo…” riprese Martina, “è strano che anche da sola tu non abbia provato mai un orgasmo, è una cosa bellissima che dovresti provare. Toccarsi per darsi piacere non è per niente un peccato e poi… fa bene alla salute, lo dicono molti medici”
“Non ci riesco”, dissi singhiozzando. “non riesco a lasciarmi andare e ogni volta che ci provo è un disastro”
“Se non cominci a rilassarti non succederà mai” disse. “Vogliamo provare a farlo ora?” mi chiese. Rimasi impietrita a quella sua richiesta; “In… in che senso?”
“Lo facciamo insieme” disse Martina.
“ma… intendi che tu lo fai a me ed io a te?”
Martina alzò le mani in segno di difesa. “No, no, non metterti in testa strane idee, non ho quelle tendenze, nonostante non abbia nulla in contrario. Sai quanto sono amica di Isabella e lei predilige tutt’altra parrocchia rispetto alla mia” disse e scoppiammo a ridere entrambe.
Poi riprese a parlare, “posso farti vedere come devi fare e come rilassarti al meglio. Mi sembra assurdo che tu non abbia mai provato un vero orgasmo nemmeno da sola. È come se ognuna di noi fosse stata sulla luna e tu, pur avendo tutti gli strumenti per andarci, rinunci di partire perché hai paura di volare”
Era questo che mi piaceva di lei. la sua dolcezza e la sua amicizia erano uniche. Era una persona che non giudicava mai e cercava sempre di darti un aiuto per quanto potesse. Stava bene con sé stessa e voleva che anche le altre persone alle quali lei voleva bene potessero vivere tranquille.
“Ora la smetti di piangere?” disse e mi passò un fazzoletto. Mi asciugai gli occhi.
“Dai, proviamo, ti aiuto io”, detto questo si slacciò il reggiseno e tolse le mutandine. Aveva la vagina rasata, mentre io non la curavo molto. “Così, su due piedi?” chiesi. “Certo” disse lei, “Oh, aspetta, vuoi che chiediamo il permesso al rettore della nostra facoltà” disse ridendo.
Scostai il lenzuolo e uscii da letto sedendomi sul bordo del materasso. Lei era nuda di fronte a me. Tolsi la canotta e il pantaloncino e rimasi anche io nuda. “Io ci ho provato spesso” dissi, “ma mi blocco. È come se non riuscissi ad andare avanti fino in fondo”
“E’ perché sei boccata da tutti i preconcetti che magari tua madre nel tempo ti ha messo nella testolina, piccola mia” disse sistemandosi sul suo letto, “devi capire che non c’è nulla di male. Per carità, tua madre è una brava donna, la conosco bene anche io, ma tu oramai sei una donna, hai diritto a provare certe cose e a trovare l’amore soprattutto”
La guardai mentre si sistemava sul letto e apriva le gambe poggiando i piedi sui bordi laterali del materasso. “Dai, masturbiamoci che mi è venuta voglia”
Invidiavo il suo modo di parlare, il suo modo di affrontare argomenti che per anni erano stati un tabù in casa mia. Imitai la sua posizione sul mio letto; allargai per bene le gambe e poggiai i piedi di lato. Lei iniziò per prima, io seguivo i suoi movimenti come un allievo che osserva il maestro. Si massaggiava il clitoride con due dita, “usa l’indice e il medio e passali sopra con movimenti circolari e rilassati, vedrai che lentamente inizierai a sentire qualcosa.” Eseguii esattamente seguendo le sue istruzioni. Per un po’ rimanemmo in silenzio, armeggiando ognuna con la propria vagina. “Cavolo, se lo sapessero il mio fidanzato e Luca” disse prorompendo in una sonora risata. Io risi di conseguenza, “dai, non distrarmi”
“Ok, ok , scusa” disse continuando a toccarsi in silenzio.
“Ad un certo punto…” disse mentre armeggiava con le dita sulla vagina, “l’orgasmo lo sentirai esplodere dentro di te. È in quel momento che devi accelerare il ritmo per raggiungerlo”
“Ok, va bene” dissi presa dalla concentrazione. In effetti, dopo alcuni minuti, un primo riscontro dei suoi insegnamenti era già visibile sul mio viso paonazzo e tra le mie gambe. Le dita che muovevo sul clitoride di erano bagnate come non mi era mai accaduto e avvertivo un leggero senso di benessere che aumentava ogni volta che le mie dita si muovevamo in circolo.
Dopo circa cinque minuti Martina raggiunse l’orgasmo. Chiuse le gambe intorno alla mano che era quasi scomparsa; ansimava e gemeva e dopo poco rimase in silenzio. Io stavo continuando a toccarmi ma mi ero fermata quando lei aveva concluso la masturbazione.
Si sedette sul ciglio del letto, io ero ancora con le gambe aperte. Prese un fazzoletto dal comodino e si deterse tra le gambe. “Dai, continua, non fare caso a me” disse. Ancora nuda, accavallò le gambe e prese a guardarmi. Io ripresi a toccarmi; avevo il viso rosso e stavo sudando, complice anche la serata estiva. “Brava, continua così” mi diceva. “Stai andando bene, lo vedo” “Secondo me tra poco ci sarai… quando lo senti aumenta la velocità”
Sotto il suo controllo, sentii un calore invadermi le caviglie e un formicolio che sulla vagina e sul pube. “E’ questo l’orgasmo?” chiesi convinta di averlo raggiunto, una volta descrittole quello che stavo provando.
“No, non è questo, ma credo che ci sei quasi. Non voglio rovinarti la sorpresa. Continua più veloce”
Aumentai il ritmo delle dita, muovendole in circolo sul clitoride che si era gonfiato come non mi era mai accaduto in passato. Dopo pochi minuti, mentre le stavo muovendo con maggiore veemenza sentii per la prima volta un vero orgasmo, dopo tanti anni passati a provarci. Le gambe iniziarono a tremarmi, i capezzoli mi si erano induriti a dismisura; avevo la bocca secca e stavo sudando. Una sensazione stupenda mi invase il basso ventre, come se qualcosa mi stesse esplodendo dentro. Il tutto durò circa dieci secondi; lanciai delle grida di piacere e lanciai la testa indietro. “OHHH Dio mio Martina”, avevo il fiato corto e, quando tutto si concluse mi abbandonai con la testa sul cuscino. Guardai Martina, ancora seduta nuda sul ciglio del letto. “Complimenti” mi disse, “ora anche tu capirai di cosa parliamo noi tutte”.
La guardai per un attimo. Il sudore mi colava dalle ascelle e dalla schiena. Non avevo mai provato una cosa del genere.
“Ti è piaciuto?” mi chiese Martina.
“E’ stato stupendo” dissi mettendomi seduta a mia volta sul ciglio del letto. “E ancora non hai provato il sesso vero” disse.
“Anche questo potrei aiutarti a provarlo sai?” mi disse.
“In che senso?”
“C’è un’altra cosa che Luca ha detto al mio fidanzato”
“Cosa?” le chiesi.
“E’ innamorato di te”
“Dici sul serio?”
“Sì”
Provai una sensazione alla bocca dello stomaco in quel momento. Una specie di vuoto che non avevo mai provato in vita mia. Forse anche io ero innamorata ma non volevo ammetterlo.
“E come faccio Marty. Io non ho esperienze”
“Le farete insieme. Quando c’è l’amore si può tutto”
Ci abbracciammo, ci sistemammo sotto le fresche lenzuola nei nostri letti e finalmente, complice anche quelle stupende sensazioni, riuscii a dormire un sonno tranquillo, forse per la prima volta.
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