Sotto il Costume dell’Animatrice - capitolo 1

di
genere
dominazione

Era la mia prima festa da animatore, una comunione. Semplice, prevedibile, senza grosse sorprese. Dopotutto, non potevo chiedere di meglio per iniziare: bambini annoiati e genitori troppo occupati a fare conversazione per notare il nostro spettacolo improvvisato di trucchi e palloncini. Quando arrivai, scoprii che avrei lavorato con un’altra animatrice.

Fu quando la vidi per la prima volta che la giornata cambiò totalmente. Si chiamava Fiona. Al primo sguardo mi resi conto che non somigliava affatto agli animatori classici: minuta e bassina, ma dal portamento fiero, con un fisico da ballerina. Si muoveva con grazia e precisione, come se ogni passo fosse una coreografia, e subito pensai che nessun dettaglio fosse lasciato al caso.

La pelle chiara faceva risaltare le lentiggini che le decoravano il viso autoritario, un volto che sembrava modellato per avere sempre l’ultima parola. Le labbra, lunghe e piene, si muovevano con una sicurezza magnetica mentre parlava con un genitore, rivelando un sorriso appena accennato. Gli occhi, due pozzi castano scuro, trasmettevano una calma profonda che, guardando meglio, sembrava celare una sfumatura di malizia. Avvertivo quella serietà e quella perversione silenziosa che mi fecero capire subito che Fiona non era una ragazza comune.

Un’altra occhiata, e mi ritrovai a seguirne ogni dettaglio: il naso minuto e le guance leggermente paffute che sembravano dare una dolcezza inaspettata al suo aspetto deciso. Ma bastò abbassare lo sguardo per trovarmi ipnotizzato dalla sensualità di quel fisico. Il seno abbondante e incredibilmente morbido, come da accarezzare solo con gli occhi; il busto si slanciava in due gambe ben piene, forti, che suggerivano un’energia contenuta e pronta a esplodere. Due gambe da ballerina, solide e sensuali, che sostenevano un fondoschiena inconfondibilmente attraente, tanto che era difficile non notarlo mentre si muoveva con quella naturale sicurezza.

Alla fine della festa, mentre i genitori ringraziavano e raccoglievano i bambini, io e Fiona ci ritrovammo a chiacchierare.

«Allora… lavoriamo bene insieme, mi pare» dissi, cercando di rompere il ghiaccio con un tono leggero.

Lei mi sorrise. «Niente di che oggi, ma domani si parte sul serio. Campo estivo, giusto?»

Annuii. «Già, mi sa che ci aspetta un’estate bella lunga. Prima esperienza anche per te?»

Fiona ridacchiò, un suono morbido e un po’ malizioso. «Non proprio. Diciamo che ne ho fatte un po’… ma ho bisogno di altro, ultimamente.»

Incuriosito, cercai di capire cosa intendesse, ma lei sembrava volerlo dire senza mezzi termini.

«È che… è da un po’ che non mi do a un momento di passione, capisci?» continuò, con una tranquillità disarmante. Mi guardò con quegli occhi scuri che non lasciavano spazio a fraintendimenti. «Sì, proprio quello. Mi serve qualcuno che mi faccia passare una notte diversa.»

Rimasi a fissarla, sorpreso dalla sua disinvoltura. Tra le parole, il sorriso e lo sguardo, c’era una naturalezza incredibile.

Le sue parole mi lasciarono di sasso, ma cercai di nascondere l’imbarazzo. «Capisco, sì…» risposi, cercando di mantenere il controllo della situazione. Non riuscivo a capire se stesse scherzando o se ci fosse una vena di verità in quel suo tono rilassato. Ma Fiona non smise di sorridere in quel modo che pareva voler dire più di quanto le sue parole lasciassero intuire.

«Oh, sì?» ribatté, sollevando un sopracciglio, come se avesse colto la mia incertezza. «Dici davvero? Perché sembra che tu non abbia proprio capito…»

Deglutii, cercando una risposta mentre lei si avvicinava un po’ di più, con la stessa naturalezza di prima. «Be’, intendevo… che probabilmente hai voglia di… uscire con qualcuno, no?» domandai, incerto.

Fiona ridacchiò, scuotendo la testa, e quella risata bassa mi fece sentire sciocco e al tempo stesso ancora più incuriosito. «Uscire? Non è esattamente quello che ho detto, sai?» Mi guardava con quegli occhi scuri e profondi, come a voler vedere fino a che punto sarei rimasto sulle mie.

In un attimo, si sporse un po’ di più verso di me, abbassando la voce fino a sfiorare la confidenza. «Ho detto che ho bisogno di qualcuno che mi faccia passare una notte diversa, sai? Che mi faccia perdere un po’ il controllo, qualcuno che sappia cosa vuole e che non si tiri indietro.»

Sorrise con aria innocente, ma il messaggio era tutto meno che ingenuo. Non sapevo se fosse un test, se volesse mettermi alla prova o se stesse solo divertendosi nel vedermi cercare una risposta. Arrossii leggermente, incerto su cosa dire. «Quindi, insomma… tipo una notte di divertimento intenso?» azzardai, ancora cercando di indovinare.

Fiona rise di nuovo e mi diede una leggera spinta sulla spalla. «Intenso? Tu sei proprio adorabile, sai?» Poi si fermò, scrutandomi come per vedere se mi avesse finalmente messo sulla strada giusta. «Sì, intenso… con un significato molto particolare. Non credo di doverlo spiegare a parole, no?»

Era incredibilmente esplicita, ma qualcosa dentro di me continuava a trattenermi dal capire fino in fondo. Forse ero troppo concentrato sulla professionalità del lavoro, forse non credevo davvero che una ragazza come Fiona potesse rivolgermi un invito tanto sfacciato. Ma quegli occhi, quel sorriso… sembrava tutto un gioco che mi stava facendo perdere il filo. «Beh… mi sa che sono lento a capire…» risposi, grattandomi la nuca, imbarazzato.

Lei sospirò in modo teatrale e incrociò le braccia sotto il petto, accentuando la sua figura senza nemmeno sforzarsi. «E io mi sa che ho trovato il ragazzo più ingenuo della festa.» Abbassò la voce ancora di più, avvicinando le labbra al mio orecchio. «Quando ti dico che ho voglia di un corpo accanto al mio, di pelle, di mani… non sto parlando di un ballo o di una passeggiata.»

Questa volta, le parole arrivarono come un fulmine. La guardai, finalmente comprendendo dove volesse arrivare. Ma prima che potessi dire qualcosa, lei si tirò indietro e mi rivolse uno sguardo soddisfatto. «Ecco, finalmente!» esclamò con una risatina divertita. «Mi chiedevo quanto ci avresti messo.»

Fiona scoppiò in una risata sincera, prendendomi bonariamente in giro per la mia ingenuità. «Sei proprio un caso perso, sai?» disse, scuotendo la testa con un sorriso divertito. «Non capita spesso di incontrare qualcuno così… disarmato.» C’era qualcosa di irresistibilmente provocatorio nel modo in cui mi guardava, come se volesse ricordarmi che avevo perso un’occasione speciale.

«Beh, allora… sarà per la prossima volta?» azzardai, cercando di salvare almeno un po’ della mia dignità.

Fiona mi diede un colpetto leggero sul petto con la mano, guardandomi come si guarda un ragazzino che ha fatto una marachella. «Forse. Ma, credimi, stavolta era davvero un’offerta unica.» Si avviò verso l’uscita, lanciandomi un ultimo sguardo di sfida. «Dormi bene, ragazzo ingenuo.»

La guardai allontanarsi, combattuto tra l’imbarazzo e il rimorso. Ogni suo passo mi sembrava un’occasione persa, e mentre lei svaniva oltre la porta, mi resi conto che avevo lasciato sfuggire qualcosa di raro. Con un ultimo sorriso malizioso, Fiona si voltò e mi lanciò un occhiolino prima di sparire tra la folla.

Passai il resto della serata ripensando a ogni istante, alla sua voce, al suo sguardo. Più ci pensavo, più mi maledicevo per non aver colto quei segnali. Mi ritrovai a tornare a casa con una frustrazione che cresceva a ogni passo, sapendo che Fiona mi aveva sfidato apertamente e che io non ero stato in grado di risponderle.

Quella notte, il pensiero di lei non mi diede tregua. La sua voce, i suoi gesti, ogni dettaglio del suo viso… Ero solo, a rigirarmi nel letto, pentito e deluso di aver lasciato andare un’opportunità così sfacciata e intrigante. Non riuscivo a non pensare a quello che sarebbe potuto succedere se fossi stato un po’ più audace, se avessi avuto il coraggio di accettare il gioco che mi aveva proposto.

Mi addormentai solo a tarda notte, con l’immagine di Fiona impressa nella mente, come una promessa irrealizzata che mi lasciava sospeso tra il rimorso e il desiderio.

Il campo estivo iniziò a pieno ritmo, e fin dai primi giorni io e Fiona ci trovammo spesso in contrasto. Lei era brillante, capace di tenere insieme i bambini con un’energia contagiosa, ma anche terribilmente autoritaria. Eravamo entrambi leader, entrambi testardi, e questo ci portava a scontrarci continuamente, come due poli opposti che non riuscivano a trovare un equilibrio. Ogni volta che proponevo un’attività, lei aveva un’idea alternativa, diversa, e, per quanto mi costasse ammetterlo, spesso riusciva a renderla più interessante. Il nostro rapporto si trasformò rapidamente in una sfida aperta: le nostre discussioni si facevano sempre più accese, e a tratti sembrava che ci odiassimo.

Ma c’era una cosa che continuava a tenermi inchiodato a lei, come un’attrazione irresistibile: Fiona in costume. Ogni volta che la vedevo in piscina con i bambini, mentre giocava o li schizzava con l’acqua, qualcosa dentro di me ribolliva. Fiona aveva un modo tutto suo di muoversi, naturale e al tempo stesso incredibilmente provocante, come se ogni suo gesto, ogni suo sorriso, fosse un invito sottile e consapevole.

La osservavo tuffarsi con una grazia studiata, e poi risalire dall’acqua, i capelli scuri incollati al viso e la pelle bagnata che brillava al sole. Il costume le aderiva perfettamente, evidenziando ogni curva, ogni linea del suo corpo sodo da ballerina. Non riuscivo a distogliere lo sguardo da lei, dal modo in cui il suo seno abbondante sembrava muoversi leggermente a ogni suo passo, morbido e al tempo stesso contenuto in quel costume che lasciava poco spazio all’immaginazione.

Fiona giocava con i bambini con un’allegria travolgente, ma a tratti il suo sguardo si posava su di me, con quella scintilla di malizia che sembrava non voler spegnersi mai. C’era una sorta di gioco perverso nel suo modo di comportarsi, quasi volesse sfidarmi a guardarla, a notare ogni suo gesto. Quando rideva, gettando la testa all’indietro, le sue labbra carnose si aprivano in un sorriso che mi mandava fuori controllo. Era come se sapesse esattamente cosa mi stesse facendo provare, e si divertisse a vedermi lottare con il mio desiderio.

Ogni volta che mi avvicinavo a lei per coordinare le attività, Fiona sembrava trovasse un modo per confondermi: un’occhiata, un sorriso appena accennato, o magari una frase ambigua che lasciava intendere più di quanto dicesse apertamente. Se le chiedevo di controllare i bambini in piscina, lei mi rispondeva con un «Certo, capo» ironico, mentre si chinava a raccogliere qualcosa con una lentezza studiata, lasciandomi senza parole.

C’erano altri animatori intorno, giovani e affiatati, che osservavano la nostra dinamica con un certo divertimento. Alcuni di loro sembravano intuire qualcosa, accennavano a battute, ma nessuno avrebbe mai potuto capire quanto Fiona mi facesse dannare internamente. Ogni giorno mi ritrovavo a maledirmi per aver perso quell’occasione alla festa, ripensando alle sue parole, ai suoi occhi scuri e profondi, a quel corpo perfetto che sembrava creato apposta per farmi impazzire.

E lei, quasi consapevole di tutto, continuava a giocare, a mostrarsi per quello che era: sicura, sensuale, provocante, come se il mondo intero fosse lì per ammirarla. Non faceva nulla di esplicito, ma ogni suo sguardo, ogni suo sorriso, mi ricordavano costantemente quanto fossi caduto nella sua trappola.

Nei giorni successivi, la mia attrazione per Fiona si trasformò in un’ossessione incontrollabile. Più cercavo di resistere, di mantenere un minimo di professionalità, più lei sembrava trovarsi ovunque, con i suoi sguardi maliziosi e i suoi gesti provocanti. Fu allora che iniziai a scattare foto di nascosto: piccoli momenti rubati, quando lei si chinava a raccogliere qualcosa o quando si girava, lasciandomi una visuale irresistibile sul suo fondoschiena sodo o sul seno morbido che il costume non riusciva a nascondere.

Quelle foto diventarono presto il mio rifugio segreto, un modo per placare almeno in parte quel desiderio crescente. Ogni sera, una volta solo, le guardavo, le osservavo nei dettagli, ripercorrendo mentalmente ogni sguardo, ogni parola di Fiona, e mi lasciavo andare al piacere, come se fosse l’unico modo per alleviare la frustrazione di quella tensione costante.

Un giorno, durante la pausa pranzo, Fiona si spinse ancora oltre con le provocazioni. Scherzava e rideva con gli altri, ma ogni tanto il suo sguardo si posava su di me, con quella scintilla maliziosa che sembrava aumentare a ogni battuta. Passò accanto a me più volte, sfiorandomi il braccio o appoggiandosi leggermente a me con un’intimità non necessaria. Quel gioco mi mandava fuori controllo, fino al punto che non riuscii più a resistere. Mi alzai di scatto e mi diressi verso il bagno, incapace di tollerare oltre quella situazione.

Una volta chiuso dentro, tirai fuori il telefono e scorsi fino a una delle foto più esplicite che avevo scattato di Fiona, una in cui il suo fondoschiena si intravedeva in tutto il suo splendore. Mi lasciai cadere contro la parete, abbassandomi i pantaloni, mentre con una mano stringevo il telefono e con l’altra mi davo piacere, abbandonandomi completamente a quel momento.

Perso nel mio piacere, non mi accorsi del tempo che passava. Ero troppo concentrato sulle immagini, sui ricordi di quei momenti rubati, quando all’improvviso una mano calda e decisa mi afferrò la virilità da dietro, bloccandomi in un istante. Mi irrigidii, il cuore che batteva all’impazzata, mentre sentivo quella presa decisa che non lasciava spazio a dubbi.

Mi voltai lentamente, e lì, con un’espressione di sfida e un sorriso malizioso, c’era Fiona. I suoi occhi castani brillavano di una perversione che non avevo mai visto così chiaramente, e con voce bassa e sensuale mi sussurrò all’orecchio: «Ti avevo avvertito che non sarebbe stato facile starmi lontano.»

Mi sentii immobilizzato mentre Fiona, restando dietro di me, iniziò a sussurrarmi cose all’orecchio, prendendomi in giro con quella voce bassa e sensuale che mi faceva impazzire. Ogni parola era una sfida, un’esca perfetta per farmi sentire completamente in suo potere. La sua mano, calda e decisa, massaggiava la mia virilità in un modo così abile da lasciarmi senza fiato, mentre io restavo immobile, sospeso tra il piacere e il senso di sorpresa.

Sentivo il suo corpo contro di me, il seno morbido che premeva contro la mia schiena, e il suo respiro caldo che mi accarezzava il collo, creando una sensazione di piacere che mi attraversava dalla testa ai piedi. Fiona continuava a sussurrarmi all’orecchio, il tono provocante e beffardo. «Hai fatto proprio delle belle foto, sai?» mi disse ironicamente, mentre le sue dita scivolavano su di me in modo sempre più provocante. «Ma perché accontentarti di una foto, quando puoi avere qualcosa di molto più… reale?»

Le sue parole, piene di malizia, mi mandavano fuori controllo. Ogni frase, ogni sussurro, sembrava calcolato per portarmi sempre più vicino al limite, per farmi perdere completamente la testa. Non riuscivo a trattenermi, sentivo crescere l’intensità del piacere che mi travolgeva sempre di più.

E poi, in un attimo di abbandono totale, raggiunsi il culmine, incapace di contenere l’onda di passione che mi travolgeva. Fiona non si fermò, mi strinse ancora, fino a raccogliere tutta la mia passione sulla sua mano, mantenendo quella sua espressione di sfida e di compiacimento.

Si spostò appena, lasciandomi il tempo di riprendere fiato, e poi, senza distogliere il suo sguardo malizioso, portò la mano alla bocca e si leccò le dita lentamente, con una sensualità disarmante. «Questo è solo l’inizio,» sussurrò, con quel sorriso malizioso che ormai conoscevo troppo bene. «Preparati, perché d’ora in poi ti darò il tormento.»

Mi lasciò lì, ancora scosso, con il cuore che batteva all’impazzata e il suo profumo che ancora aleggiava intorno a me. Sapevo che le sue parole erano una promessa, e, in fondo, non potevo fare a meno di desiderare ogni istante di quel tormento.
scritto il
2024-11-17
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