Val, l’amica di mia sorella - capitolo 1: scoppia la passione
di
Asiadu01
genere
sentimentali
Non ho mai avuto buon sangue con Valeria. Era una di quelle amicizie inevitabili, di quelle che ti ritrovi addosso perché tua sorella gemella decide che devono far parte della tua vita. Fin da piccoli, io e Valeria abbiamo sempre trovato il modo di litigare: lei troppo precisa, troppo testarda; io troppo ironico, troppo deciso a farla perdere la pazienza. Anna diceva che era il nostro modo di volerci bene, ma io non ci ho mai creduto.
Valeria, però, non era sempre stata quella che è oggi. Quando eravamo bambini, non spiccava granché rispetto alle altre: timida, con i capelli sempre raccolti in una coda disordinata, e quei vestiti che sembravano scelti da sua madre senza pensarci troppo. Non era brutta, per carità, ma non avrei mai immaginato che, anni dopo, sarebbe diventata così... perfetta.
Adesso, ogni volta che varca la porta di casa nostra con il suo sorriso smagliante, è impossibile non notarla. È alta, con una carnagione chiara che sembra sempre leggermente accarezzata dal sole. Il suo fisico è snello ma sodo, come scolpito nel marmo, e il suo viso è così dolce che sembra irreale, liscio come seta. Ha un naso sottile e appena lungo, perfettamente proporzionato, e quei grandi occhi verdi, profondi e dolci, che ti fissano come se ti leggessero dentro.
Ma è con i capelli che ha il vero colpo di scena: lunghi, ondulati, castano scuro alla radice, che si sfumano in un biondo magnifico, quasi dorato. Quando li muove, sembra una di quelle pubblicità di shampoo che non credi siano vere. Le labbra, lunghe e sempre sorridenti, fanno il resto: non esagerate, ma incredibilmente sensuali. Le sue guance hanno sempre un leggero tocco di rosa naturale, e tutto in lei sembra gridare perfezione.
Non parliamo poi del suo fisico. Una pancia piatta, senza un grammo fuori posto; gambe lunghe e mozzafiato che sembrano non finire mai, e un fondoschiena sodo da far girare chiunque. Non ha un seno enorme, una terza forse, ma è perfetto, sodo, e... beh, impossibile non notarlo.
Io, ovviamente, non dovrei neanche pensarci. È Valeria, l’amica di Anna, quella con cui non faccio altro che discutere da quando avevamo sei anni. Eppure, da quando è tornata dall’Erasmus con Anna e Sofia, è come se fosse un’altra persona.
Anna e Sofia? Loro sono un capitolo a parte. Anna è mia sorella, quindi cerco di non pensarci troppo, ma devo ammettere che anche lei è bellissima. È più bassa di Valeria, con una carnagione un po’ più scura e un viso dolce, pieno di lentiggini che le danno quell’aria da eterna ragazzina. Ha occhi grandi, castano scuro, e un naso piccolo e grazioso. I suoi capelli, castano scuro e ondulati, le arrivano appena alle spalle, incorniciando il suo viso alla perfezione. E fisicamente... beh, diciamo che capisco perché tutti i miei amici perdono la testa per lei: un seno morbido e abbondante, gambe incredibili, e un fondoschiena grande e sodo che non passa inosservato.
Sofia, invece, è tutta un’altra storia. È bassa, con una carnagione chiarissima e un fisico curvy che attira gli sguardi senza sforzo. Ha un viso dolce, con guance morbide che sembrano sempre un po’ arrossate, e un naso piccolo decorato da un piercing che le dà quel tocco di ribellione. I suoi occhi verdi sono grandi e luminosi, e i capelli, castano chiaro, le scendono lunghi e fluenti sulle spalle. Il resto... be’, Sofia non è una di quelle che passa inosservata: seno abbondante e morbido, e un fondoschiena grande e perfetto che non si dimentica facilmente.
Le tre insieme sono una squadra perfetta. Sempre in camera di Anna a chiacchierare, ridere, condividere chissà quali segreti, e io lì a passare davanti a quella porta chiusa, cercando di non pensare a niente. Ma ogni tanto la immagino: Valeria, lì in mezzo, che ride con quel sorriso che riesce sempre a disarmarmi, anche se non lo ammetterò mai.
Ed è lì che mi fermo. Non dovrei pensarci. Non dovrei provare niente per lei. Eppure, da qualche tempo, non riesco a farne a meno.
Le serate in cui Anna e le sue amiche organizzano i loro pigiama party sono diventate quasi una tradizione in casa nostra. Era un’abitudine che avevano fin da bambine, ma col tempo le cose si erano evolute: non si trattava più di favole e film Disney, bensì di gossip, confessioni, e risate fino a tarda notte. Io, come sempre, cercavo di tenermene alla larga. Non perché mi infastidisse, ma perché non sopportavo l’idea di essere visto come il “fratello invadente” o, peggio, di sentirmi fuori posto.
Avevano preso l’abitudine di chiudersi in camera di Anna, e io me ne restavo nella mia stanza, che era proprio accanto. Dalle pareti sottili mi capitava di cogliere qualche risata, qualche parola spezzata. Erano chiacchiere femminili che spesso ignoravo, sebbene a volte mi divertisse origliare i loro racconti, specie quando Valeria iniziava a discutere o a raccontare qualcosa con quel suo tono deciso e brillante che riusciva sempre a catturare l’attenzione.
Ma quella sera fu diverso.
Ero sdraiato sul letto, con gli auricolari infilati e un video in sottofondo, quando sentii un rumore strano provenire dalla stanza accanto. Era una risata, sì, ma bassa, quasi sommessa. Mi tolsi un auricolare, incuriosito, e ascoltai.
Non capivo bene cosa stessero dicendo, ma i toni erano diversi dal solito. Sembravano più… intimi. Un mormorio accompagnato da risatine soffocate, seguito da una pausa lunga e poi un’altra risata, più acuta. Mi alzai dal letto, sentendomi un po’ ridicolo, e mi avvicinai alla parete, cercando di captare qualcosa di più.
«No, dai, non così!» disse una voce che riconobbi subito. Era Sofia, e il suo tono aveva una sfumatura che non avevo mai sentito.
Seguì un'altra risata, più morbida, quasi maliziosa, e poi Valeria disse qualcosa che non riuscii a cogliere, ma il tono era basso e caldo. Le parole erano troppo soffocate per essere chiare, ma il modo in cui parlavano, le pause, il ritmo… tutto aveva qualcosa di diverso. Qualcosa di sensuale.
Mi sentii improvvisamente a disagio, ma non riuscivo a staccarmi da quella parete. Cercai di convincermi che stavo fraintendendo, che erano solo chiacchiere normali tra ragazze. Eppure, il mio respiro si era fatto più pesante, e il cuore batteva più forte.
Poi sentii Anna: «Non ci credo, Sofia! Davvero fai così?»
«Certo che sì…» rispose Sofia, con una voce che sembrava un sussurro.
Le immaginai sedute sul letto di Anna, forse con una bottiglia di vino, magari più vicine del solito. E poi Valeria, con quei suoi occhi profondi e quel sorriso che non le mancava mai. Non avrei dovuto pensarci, ma l’immagine mi balenò nella testa prima che potessi fermarla: Valeria che ride, si passa una mano tra i capelli, e quel suo sguardo che sa sempre come sfidarti, anche senza volerlo.
Scossi la testa, cercando di scacciare quei pensieri. Mi rimisi a letto, tirandomi la coperta fin sopra il petto, ma non c’era verso di dormire. Quella voce, quelle risate… e quella maledetta immagine non mi lasciavano in pace.
La notte si fece lunga, e io mi ritrovai a fissare il soffitto, chiedendomi cosa diavolo stesse succedendo nella stanza accanto.
La notte era calata sulla casa, e il silenzio era rotto solo dal fruscio lieve delle foglie mosse dal vento. Non riuscendo a dormire, decisi di alzarmi dal letto e andare fuori al balcone a fumare. Non lo facevo spesso, ma quella notte ne sentivo il bisogno: volevo svuotare la mente, lasciarmi alle spalle quei pensieri confusi e quelle risate soffocate che ancora riecheggiavano nella mia testa.
Aprii la porta finestra cercando di non fare rumore, ma appena misi piede sul balcone, la vidi.
Valeria era già lì.
Indossava una maglietta azzurra morbida, che le scivolava appena sulla spalla destra, e un pantalone della tuta lungo, semplice ma che in qualche modo su di lei sembrava elegante. Aveva una sigaretta tra le dita, e quando si girò per guardarmi, sembrava sorpresa quanto me.
«Anche tu qui?» dissi, cercando di mascherare l'imbarazzo.
«Sì, volevo un po’ d’aria» rispose lei, alzando le spalle. «E tu? Cosa fai qui? Non sei tipo da sigaretta di mezzanotte.»
«Non riuscivo a dormire» ammisi, tirando fuori il pacchetto di sigarette dalla tasca. Lei mi osservò accendersi la sigaretta, con un’espressione che non riuscivo a decifrare.
Per un momento restammo in silenzio, appoggiati alla ringhiera, osservando il giardino che si stendeva davanti a noi. Non era una situazione tipica tra noi: di solito, quando eravamo soli, scattava sempre qualche battuta pungente o una discussione. Ma quella sera sembrava diversa.
«Come stai?» le chiesi alla fine, rompendo il silenzio.
Lei mi guardò di sbieco, come se non si aspettasse quella domanda. «Sto bene. E tu?»
«Bene, credo» risposi, soffiando via il fumo. «Anche se non so se resisterò un’altra serata di urla e risate provenienti da quella stanza.»
Lei rise, un suono basso e morbido che mi fece alzare un sopracciglio. «Oh, dai, non essere così acido. Ti piace ascoltarci, ammettilo.»
«Ascoltarvi? Preferirei infilarmi aghi sotto le unghie.»
«Se lo dici tu…» replicò, sorridendo mentre tirava un'altra boccata di fumo.
Ci fu un’altra pausa, poi non resistetti. «Sai una cosa?» le dissi, guardandola di lato. «Come ci si sente a essere la più popolare e ricercata in città? Deve essere un peso essere tanto… perfetta.»
Lei alzò gli occhi al cielo, ma il sorriso che fece era diverso, quasi imbarazzato. «Ah, già, perché tu sai tutto, vero?»
«Beh, è quello che si dice in giro. Tutti vogliono Valeria. Tu sei l’obiettivo, il sogno, la ragazza inarrivabile.»
Lei scosse la testa, guardando davanti a sé. «È più complicato di così.»
«Davvero?» incalzai, stavolta con meno ironia. «Perché non mi sembri molto entusiasta. Pensavo che ti piacesse tutta questa attenzione.»
Lei rimase in silenzio per un momento, fissando la brace della sua sigaretta. Poi si voltò a guardarmi, i suoi grandi occhi verdi che brillavano sotto la luce pallida della luna. «Non è tutto così bello come sembra, Ale.»
C’era qualcosa nel modo in cui lo disse, una nota di sincerità che mi spiazzò. Non era da Valeria mostrarsi vulnerabile, almeno non con me. Eppure, in quel momento, sembrava quasi che stesse lasciando cadere una maschera.
«Non so se posso capirti» ammisi, poggiandomi di nuovo alla ringhiera. «Ma se vuoi lamentarti, sono qui. Solo che non aspettarti troppa comprensione.»
Lei rise di nuovo, ma stavolta il sorriso era più dolce. «Non ti preoccupare, non lo farò. Preferisco le prese in giro. Sono più il tuo stile.»
«Esatto» confermai, con un mezzo sorriso. «Siamo troppo abituati a prenderci a parole, no? Sarebbe strano altrimenti.»
Lei annuì, e restammo lì, in silenzio, per un altro lungo momento. C’era qualcosa di diverso in quella notte, qualcosa di nuovo. Per la prima volta, parlare con Valeria non sembrava una sfida, ma qualcosa di naturale. Quasi… piacevole.
La guardavo mentre parlava, le labbra leggermente socchiuse per il fumo della sigaretta che svaniva nell’aria fredda. E tremava. Solo un po’, ma tremava. Effettivamente faceva freddo quella sera. Senza dire nulla, mi tolsi la felpa, quella felpa verde che indossavo sempre e che ormai era un’estensione di me stesso, e gliela misi sulle spalle.
«Cosa stai facendo?» mi chiese, alzando un sopracciglio, sorpresa dal gesto.
«Non voglio che muori congelata qui fuori. Poi chi prendo in giro?» risposi con nonchalance, anche se dentro di me c’era qualcosa di diverso.
Lei sorrise, avvolgendosi nella felpa. «Non è da te essere così gentile. Sei sicuro di stare bene?»
«Non abituarti» replicai, accendendomi un’altra sigaretta per mascherare il piccolo imbarazzo. «Lo sto facendo per puro egoismo.»
«Ah, certo, egoismo. Come no.»
Ci fu un momento di silenzio, interrotto solo dal rumore della brace delle sigarette. Ma poi, quasi senza accorgermene, ricominciammo a punzecchiarci. Le nostre battute si rincorrevano leggere, come al solito, ma c’era un calore nuovo nella sua voce, qualcosa che non avevo mai notato prima.
Ad un certo punto, tra uno sfottò e l’altro, Valeria si fermò. Abbassò lo sguardo, tirando la sigaretta tra le dita, e quando parlò, la sua voce era più bassa, quasi esitante.
«Sai, tutti pensano che io sia perfetta» disse, fissando il vuoto davanti a sé.
Mi voltai verso di lei, sorpreso da quel cambio di tono. «Perché, non lo sei?»
Lei alzò gli occhi al cielo, ma stavolta senza il solito sorriso. «No, Ale. Non lo sono. Non mi ci sento neanche lontanamente. La gente mi guarda e vede una ragazza altezzosa, sicura di sé, interessante. Una che sa sempre cosa fare, cosa dire. Ma non è così.»
Restai in silenzio, ascoltandola. Non era facile vederla parlare così apertamente.
«Vorrei solo stare tranquilla, capisci?» continuò. «Tutti quelli che ci provano con me vogliono sempre fare cose assurde, esagerate, come se fossi questa ‘donna di mondo’ che loro immaginano. Ma io… io vorrei solo una birra, una serata normale, in un posto tranquillo. Voglio essere me stessa, non l’idea che hanno di me.»
La sua voce si incrinò appena, e per un attimo vidi una Valeria diversa, più fragile. Mi fece uno strano effetto.
«Non avrei mai detto» le dissi, stavolta senza ironia.
Lei scosse la testa, come per cancellare quel momento di vulnerabilità, ma poi aggiunse qualcosa che mi colpì ancora di più.
«Sai qual è la cosa più assurda?»
«Dimmi.»
«Non ho mai neanche baciato un ragazzo.»
Rimasi interdetto. «Cosa?»
«Hai capito bene» rispose, guardandomi di sbieco. «Mentre tutti pensano che io sia questa ragazza con mille esperienze, in realtà… niente. Mai nemmeno un bacio.»
La fissai, cercando di capire se stesse scherzando. Ma i suoi occhi verdi, profondi e sinceri, mi dicevano che era la verità.
«Sei seria?» chiesi.
Lei annuì, con un mezzo sorriso un po’ amaro.
«Wow» dissi, cercando di mascherare il mio stupore. Poi, com’era nel mio stile, non resistetti. «Beh, questo cambia tutto. Devo rivalutarti, Valeria. Da donna di mondo a principiante totale.»
Lei rise piano, ma c’era un filo di rossore sulle sue guance. Mi sentii spinto da un impulso che non riuscii a controllare.
«Sai una cosa?» le dissi, avvicinandomi appena. «Forse posso aiutarti con questa tua… mancanza di esperienza.»
«Oh, certo» disse lei, sarcastica. «Come no.»
Ma prima che potesse dire altro, le presi delicatamente il mento tra le dita e mi avvicinai. Le sue labbra erano morbide, calde, e il bacio fu breve, ma intenso. Mi allontanai appena, guardandola con un sorriso.
«Ecco» dissi, cercando di mantenere la mia solita ironia. «Adesso hai un’esperienza.»
Lei arrossì ancora di più, abbassando lo sguardo. Poi, all’improvviso, scoppiò a ridere, coprendosi il viso con una mano.
«Sei impossibile, Ale.»
«Lo so» risposi, accendendomi di nuovo la sigaretta. Ma dentro di me, sentivo che qualcosa era cambiato. E non ero sicuro di sapere come gestirlo.
Ci incamminammo verso le nostre rispettive camere senza dire una parola. Lei davanti, io dietro, il suono dei suoi passi leggero come se non volesse disturbare il silenzio della casa. Arrivammo sull’uscio della porta della stanza di Anna. Valeria si fermò e si girò appena, il volto illuminato solo dalla luce tenue del corridoio.
Mi guardò un istante, poi poggiò la mano sulla maniglia della porta, pronta a rientrare. Io rimasi lì, in silenzio, combattuto. Dentro di me si accavallavano domande che non avevo mai osato farmi prima. Come avevo potuto baciarla e poi comportarmi come se nulla fosse? Come avevo potuto lasciarle credere che fosse solo uno scherzo, una provocazione come tante?
Proprio quando stavo per girarmi e tornare in camera mia, sentii qualcosa che non mi aspettavo.
Un abbraccio.
Valeria si voltò di scatto e mi avvolse con le sue braccia, il suo viso premuto contro il mio petto, morbido e caldo. Restai immobile, incapace di reagire, mentre il profumo delicato dei suoi capelli mi riempiva i sensi.
«Possiamo parlare ancora un po’, per favore?» mi disse con una voce che sembrava fragile, quasi un sussurro. «Mi sono sentita davvero bene.»
La sua sincerità mi colpì più di quanto avrei voluto ammettere. C’era qualcosa nella sua voce, nella sua stretta, che fece cadere ogni resistenza.
Nonostante il nostro astio, nonostante le battute e le provocazioni che ci eravamo scambiati per anni, non potevo dire di no alla piccola Val.
«Va bene» risposi piano, sciogliendomi dall’abbraccio e guardandola negli occhi. «Ma ti avverto, niente lacrime. Non saprei come gestirle.»
Lei sorrise appena, un sorriso timido ma pieno di gratitudine, e annuì. La presi per mano, senza pensarci troppo, e la condussi nella mia stanza.
Era un gesto spontaneo, naturale. Chiusi la porta dietro di noi, facendo attenzione a non fare rumore, e accesi la lampada sul comodino, che gettò una luce soffusa nella stanza. Lei si sedette sul bordo del letto, stringendosi ancora nella mia felpa, quasi fosse un rifugio.
«Allora, di cosa vuoi parlare?» chiesi, sedendomi accanto a lei, cercando di mantenere un tono leggero. Ma la mia voce tradiva una certa curiosità, e forse qualcosa di più.
Valeria non rispose subito. Guardava il pavimento, giocherellando con il bordo della felpa. Poi alzò lo sguardo verso di me, e i suoi occhi verdi sembravano ancora più profondi nella luce morbida.
«Di te» disse, con un sorriso appena accennato. «Di noi.»
«Non fraintendermi» iniziò Valeria, alzando le mani come se si stesse difendendo. «Non mi metterei mai con te.»
La fissai, fingendo di essere offeso. «Ah, grazie. Che bella botta al mio ego.»
Lei ridacchiò e abbassò lo sguardo. «Io intendo... il nostro rapporto di amicizia. Tu mi conosci. Sei l’unico che non mi reputa tanto perfetta.»
«E su questo puoi stare certa» risposi con un sorrisetto. «Per me sei insopportabile come sempre.»
Valeria scoppiò a ridere, e in quel momento sembrava davvero libera, senza il peso di quello che la gente pensava di lei. «Ecco perché mi piace parlare con te. Sei... diverso.»
«Diverso come uno schiaffo in faccia?» scherzai.
«Più o meno» rispose, dandomi una leggera spinta sulla spalla. «Ma seriamente, con te è più facile. Non mi sento giudicata.»
Mi appoggiai contro la parete, incrociando le braccia. «Be’, se accetti qualche piccolo insulto ogni tanto, sai dove trovarmi.»
Lei rise ancora, poi il suo sorriso si fece più tenue. «È solo che a volte mi sento oppressa... da come mi vedono tutti. Perfetta, altezzosa, quella che ha tutto. È... faticoso.»
«Be’, è normale» risposi con un tono più serio. «Se sembri inarrivabile, la gente ti mette su un piedistallo. Ma sai che puoi scendere da sola, no? Nessuno ti obbliga a restarci.»
«Parli facile tu» disse con un sorriso malinconico. «Non sai quante aspettative ci sono. E poi... ho paura.»
Mi sporsi un po’ verso di lei, curioso. «Paura di cosa?»
Lei fece una pausa, giocherellando con il bordo della felpa che ancora indossava. «Paura di non essere all’altezza. Di deludere qualcuno. Anche in una relazione... è come se dovessi dimostrare qualcosa, e io non voglio. Voglio solo essere me stessa, con qualcuno che non si aspetti nulla di più.»
Rimasi in silenzio per un momento, osservandola. Era incredibile come Valeria, la ragazza che tutti idolatravano, si sentisse così vulnerabile. «Se posso darti un consiglio... non pensarci troppo. Le persone sono deludenti per natura, e nessuno è davvero perfetto. Nemmeno tu.»
«Grazie, Ale» rispose sarcastica. «Sempre gentile e comprensivo.»
Scrollai le spalle con un sorrisetto. «Dico solo la verità. E poi... non sembri così male quando non fai la diva.»
Lei mi diede un altro leggero colpetto sulla spalla. «E tu non sembri così odioso quando non fai il provocatore.»
Le sorrisi, ma poi non resistetti e tornai a provocarla. «A proposito... quel bacio di prima? Direi che ti sei cavata bene per essere alla tua prima esperienza.»
Valeria arrossì visibilmente, e per un istante si nascose nel collo della felpa. «Ale, smettila!» disse, ridendo imbarazzata.
«Sto solo dicendo che sei stata all’altezza» continuai, facendo spallucce. «Nessuna delusione.»
«Sei proprio impossibile» disse, scuotendo la testa.
«Lo so» risposi con un sorriso sornione. «Ed è per questo che non potrai mai fare a meno di me.»
Valeria mi guardò negli occhi, e per un istante sembrò voler dire qualcosa di più, ma si fermò. Il suo sorriso si fece più dolce, e io, per la prima volta in quella serata, mi chiesi se davvero avesse ragione.
C’era una tensione strana nell’aria, palpabile, quasi tangibile. Val mi fissava con quei suoi occhi dolci, profondi, e sembrava che ogni parola non detta si accumulasse in quel silenzio carico. Non sapevo cosa mi spingesse a farlo, ma mi avvicinai leggermente. Era un gesto spontaneo, naturale, come se qualcosa dentro di me sapesse già come sarebbe andata.
I suoi occhi non si spostarono dai miei, e mentre il mio viso si avvicinava, notai il leggero rossore che le colorava le guance. Per primi si sfiorarono i nostri nasi, entrambi un po’ lunghi, e per un attimo quasi mi fermai, come se un segnale invisibile potesse dirmi di tornare indietro. Ma non accadde.
In un battito di ciglia, i miei occhi si chiusero, e le mie labbra trovarono le sue. Fu un bacio appassionato, intenso, eppure incredibilmente naturale. Sembrava che fosse qualcosa che avessimo aspettato entrambi senza saperlo, un momento che si era costruito con anni di battibecchi, prese in giro e, forse, sentimenti repressi.
Eravamo seduti sul bordo del letto, ma senza neanche rendermene conto, lei si ritrovò stesa sotto di me. Le sue mani mi sfioravano la nuca, e le mie si posarono delicatamente sui suoi fianchi, come se ogni movimento fosse studiato, perfetto.
I suoi capelli ondulati si spargevano sul cuscino, creando un contrasto magnifico con la maglietta azzurra che indossava. Ero sopra di lei, eppure non c’era imbarazzo, solo una naturalezza disarmante. Continuavamo a baciarci, le nostre labbra si cercavano e si trovavano con una passione che non avevo mai provato prima.
Val si lasciava andare, le sue mani che sfioravano la mia schiena e il suo respiro caldo che si mescolava al mio. Era come se in quel momento non esistesse altro al mondo. Nessuna battuta, nessuna provocazione, solo noi due e un legame che sembrava crescere ad ogni bacio.
Quando mi staccai leggermente per guardarla, i suoi occhi verdi mi fissarono, ancora lucidi. Il suo viso era illuminato da un’emozione che non riuscivo a decifrare del tutto. Non avevo mai visto Val così, vulnerabile e allo stesso tempo incredibilmente bella.
«Ale...» sussurrò, appena udibile, ma non aggiunse altro. Ero senza parole, il cuore mi batteva forte, ma una cosa era certa: quello che stava succedendo, per quanto inaspettato, era qualcosa che nessuno dei due poteva più ignorare.
Sentii la sua mano scivolare con delicatezza sotto la mia maglia, le sue dita morbide e calde che si muovevano lentamente sulla mia schiena. Le unghie, corte ma perfettamente curate, mi facevano dei dolci grattini, e ogni piccolo movimento mi faceva venire i brividi. Era un gesto così semplice eppure incredibilmente intimo, quasi più di quel bacio che continuava a crescere in intensità.
Le sue dita tracciavano percorsi lenti sulla mia pelle, e la sensazione di essere coccolato da Val mi faceva perdere completamente il controllo. Il mio cuore batteva forte, e il desiderio che sentivo era diverso da qualsiasi altra cosa avessi mai provato: non era solo fisico, era profondo, come se ogni suo tocco accendesse qualcosa di nuovo dentro di me.
Il bacio diventava sempre più intenso, le nostre labbra si cercavano senza sosta, e ogni tanto le sue si schiudevano leggermente, permettendo ai nostri respiri di fondersi. Era come se ogni barriera tra noi fosse caduta in quel momento, lasciando spazio solo al desiderio e alla voglia di sentirci vicini.
Le mie mani, quasi in risposta al suo gesto, si spostarono dai suoi fianchi, scivolando lentamente lungo il suo corpo, fino a posarsi sulla sua vita sottile. La stringevo delicatamente, quasi timoroso di romperla, ma il suo corpo si inarcava leggermente sotto di me, come a chiedere di più, a volere di più.
Mi staccai per un istante, il mio respiro affannato mentre la guardavo. Il suo viso era ancora più bello, leggermente arrossato, le labbra leggermente gonfie per i nostri baci, e gli occhi verdi che brillavano di qualcosa che non riuscivo del tutto a decifrare.
«Val...» sussurrai, senza sapere nemmeno cosa volessi dire.
Lei mi sorrise, un sorriso dolce e disarmante, e con la sua mano ancora sulla mia schiena mi tirò nuovamente verso di lei. «Non fermarti...» mi disse a bassa voce, con un tono che mescolava dolcezza e una sicurezza che mi mandò completamente fuori controllo.
E così, tornai a baciarla, con ancora più trasporto, mentre le sue unghie continuavano a percorrere la mia schiena, lasciandomi senza fiato.
Le mie mani, come guidate da un istinto dolce e deciso, scivolarono lentamente sul suo seno, stringendolo delicatamente attraverso la felpa. Sentii il calore del suo corpo attraverso il tessuto, e quella morbidezza mi fece perdere la testa. Mi immersi completamente in quel momento, lasciando che fosse il suo respiro più veloce a darmi il coraggio di spingermi oltre.
Le mie dita trovarono la cerniera della felpa, e con movimenti lenti iniziai a tirarla giù, pronto a spogliarla per avvicinarmi ancora di più a lei. Ma fu allora che Val si fermò, posandomi una mano sul polso e guardandomi con quegli occhi dolci e profondi che mi avevano sempre disarmato.
«Puoi solo aprirla?» mi chiese sottovoce, con un sorriso quasi timido. «Non voglio toglierla… è calda, ed è tua.»
Quelle parole mi colpirono, tanto semplici quanto cariche di un significato che non sapevo spiegare. La vidi come una delle cose più dolci che avesse mai fatto, e non riuscii a trattenermi dal prenderla in giro, come al solito.
«Ah, quindi adesso ci tieni così tanto a qualcosa di mio?» le dissi con un sorriso furbetto, dandole un piccolo bacio su una guancia che si arrossò all’istante.
Lei rise piano, ma il rossore non sparì, e io capii che non avevo altra scelta che ascoltarla. Aprii la felpa con cura, lasciandola ancora sulle sue spalle, e alzai lentamente la maglietta che indossava sotto. Il tessuto scivolò sulla sua pelle liscia, e davanti a me apparve il suo seno: piccolo, sodo, perfetto.
Senza dire una parola, mi chinai e iniziai a baciarlo con una dolcezza che non credevo di possedere. Le mie labbra sfioravano la sua pelle calda, tracciando percorsi lenti e delicati, mentre sentivo il suo corpo reagire sotto di me. I suoi respiri si facevano più profondi, le sue mani cercavano la mia schiena, e ogni tanto emetteva un piccolo gemito, quasi impercettibile, che sembrava incoraggiarmi a continuare.
Il mio cuore batteva fortissimo, ma non mi importava di nulla in quel momento. Ero perso in lei, nel suo corpo, nel suo essere così perfettamente imperfetta, così vulnerabile e sincera. Ero completamente suo, e non avrei voluto essere altrove.
Val prese un respiro profondo, come se raccogliesse il coraggio necessario, e le sue mani delicate si mossero verso di me. Sentii le sue dita che, con un tocco esitante ma deciso, mi sollevarono la maglietta, facendola scivolare via e lasciandomi a petto nudo. Il calore della sua pelle incontrò il mio, creando una connessione che andava oltre il fisico. Pelle contro pelle, ogni barriera sembrava sparire, e la stanza divenne il nostro mondo.
Mi spostai accanto a lei, disteso sul letto, e lasciai che la mia mano iniziasse a esplorare il suo corpo con dolcezza. Le mie dita tracciarono percorsi lenti sulla sua pelle, accarezzando ogni curva con delicatezza, fino a raggiungere i pantaloni del suo pigiama. Lei si irrigidì per un momento, ma poi, come se il suo corpo sapesse già che poteva fidarsi, si rilassò.
Le mie dita scivolarono sotto il morbido tessuto, e il calore che trovai lì mi fece trattenere il fiato. Il suo corpo parlava per lei, e la sua fiducia mi faceva sentire onorato. Con una delicatezza infinita, iniziai a darle piacere con le mie dita, esplorando ogni suo movimento, ogni reazione.
Val era inesperta, ma la sua naturalezza e la fiducia che riponeva in me la rendevano meravigliosa. La guardai mentre il rossore le colorava il viso, e i suoi grandi occhi verdi, pieni di emozione, si abbassavano per la timidezza. Ogni tanto tratteneva dolcemente un gemito, mordendosi il labbro per non lasciarlo sfuggire.
La sua espressione, tenera e perfetta, mi fece sciogliere. Le accarezzai il viso con l’altra mano, spostandole dolcemente una ciocca di capelli dal viso. Sussurrai a bassa voce:
«Lo vedi? Non sei così perfetta come dicono, eh?» scherzai con il mio solito tono.
Lei sorrise timidamente, cercando di nascondere il suo imbarazzo, ma i suoi occhi mi fissavano con un’intensità che mi lasciava senza parole.
«Val, sei incredibile,» continuai con un tono più dolce, alternando parole affettuose a prese in giro. «E sai una cosa? Mi piace quando arrossisci così, sembra che finalmente stai mostrando il tuo lato vero.»
Lei chiuse gli occhi, stringendosi leggermente contro di me, lasciando che ogni mio tocco, ogni mia parola, la avvolgesse completamente. In quel momento, il mondo fuori scomparve. Eravamo solo io e lei, in una notte che non avremmo mai dimenticato.
Val raggiunse il culmine con un dolce sospiro, incapace di trattenere i gemiti che riempirono la stanza, così sinceri e spontanei da farmi venire i brividi. Il suo corpo tremava leggermente mentre cercava di riprendere fiato, e io mi limitai a guardarla con un sorriso appena accennato, accarezzandole delicatamente il viso.
Non disse nulla, semplicemente si avvicinò a me e mi abbracciò forte, stendendosi accanto a me sul letto. Il suo corpo, ancora caldo e vulnerabile, si avvolse al mio, come se in quel momento io fossi il suo unico rifugio. Sentire le sue braccia stringermi, il suo viso nascosto contro il mio petto, era una sensazione indescrivibile. Non avevo mai provato nulla del genere: era dolce, puro, eppure pieno di una complicità che non avrei mai immaginato tra noi.
Rimasi lì, immobile, mentre il suo respiro si faceva sempre più lento e regolare. Pochi minuti dopo, Val crollò addormentata tra le mie braccia, stretta a me come se fosse il posto più sicuro del mondo. Guardai il suo viso rilassato, la guancia appoggiata sul mio petto, e non potei fare a meno di sorridere. Nonostante tutto, mi faceva sentire bene, davvero bene.
Con cautela, cercai di raggiungere la coperta ai piedi del letto senza svegliarla, coprendo entrambi per proteggerci dal fresco della notte. Restai così, accanto a lei, sentendo il suo respiro lento e regolare, il calore del suo corpo contro il mio.
Non sapevo cosa ci aspettasse il mattino dopo, ma in quel momento non importava. Chiusi gli occhi e mi lasciai andare al sonno, con il cuore che batteva ancora forte per tutto ciò che era appena successo.
Fine capitolo.
Valeria, però, non era sempre stata quella che è oggi. Quando eravamo bambini, non spiccava granché rispetto alle altre: timida, con i capelli sempre raccolti in una coda disordinata, e quei vestiti che sembravano scelti da sua madre senza pensarci troppo. Non era brutta, per carità, ma non avrei mai immaginato che, anni dopo, sarebbe diventata così... perfetta.
Adesso, ogni volta che varca la porta di casa nostra con il suo sorriso smagliante, è impossibile non notarla. È alta, con una carnagione chiara che sembra sempre leggermente accarezzata dal sole. Il suo fisico è snello ma sodo, come scolpito nel marmo, e il suo viso è così dolce che sembra irreale, liscio come seta. Ha un naso sottile e appena lungo, perfettamente proporzionato, e quei grandi occhi verdi, profondi e dolci, che ti fissano come se ti leggessero dentro.
Ma è con i capelli che ha il vero colpo di scena: lunghi, ondulati, castano scuro alla radice, che si sfumano in un biondo magnifico, quasi dorato. Quando li muove, sembra una di quelle pubblicità di shampoo che non credi siano vere. Le labbra, lunghe e sempre sorridenti, fanno il resto: non esagerate, ma incredibilmente sensuali. Le sue guance hanno sempre un leggero tocco di rosa naturale, e tutto in lei sembra gridare perfezione.
Non parliamo poi del suo fisico. Una pancia piatta, senza un grammo fuori posto; gambe lunghe e mozzafiato che sembrano non finire mai, e un fondoschiena sodo da far girare chiunque. Non ha un seno enorme, una terza forse, ma è perfetto, sodo, e... beh, impossibile non notarlo.
Io, ovviamente, non dovrei neanche pensarci. È Valeria, l’amica di Anna, quella con cui non faccio altro che discutere da quando avevamo sei anni. Eppure, da quando è tornata dall’Erasmus con Anna e Sofia, è come se fosse un’altra persona.
Anna e Sofia? Loro sono un capitolo a parte. Anna è mia sorella, quindi cerco di non pensarci troppo, ma devo ammettere che anche lei è bellissima. È più bassa di Valeria, con una carnagione un po’ più scura e un viso dolce, pieno di lentiggini che le danno quell’aria da eterna ragazzina. Ha occhi grandi, castano scuro, e un naso piccolo e grazioso. I suoi capelli, castano scuro e ondulati, le arrivano appena alle spalle, incorniciando il suo viso alla perfezione. E fisicamente... beh, diciamo che capisco perché tutti i miei amici perdono la testa per lei: un seno morbido e abbondante, gambe incredibili, e un fondoschiena grande e sodo che non passa inosservato.
Sofia, invece, è tutta un’altra storia. È bassa, con una carnagione chiarissima e un fisico curvy che attira gli sguardi senza sforzo. Ha un viso dolce, con guance morbide che sembrano sempre un po’ arrossate, e un naso piccolo decorato da un piercing che le dà quel tocco di ribellione. I suoi occhi verdi sono grandi e luminosi, e i capelli, castano chiaro, le scendono lunghi e fluenti sulle spalle. Il resto... be’, Sofia non è una di quelle che passa inosservata: seno abbondante e morbido, e un fondoschiena grande e perfetto che non si dimentica facilmente.
Le tre insieme sono una squadra perfetta. Sempre in camera di Anna a chiacchierare, ridere, condividere chissà quali segreti, e io lì a passare davanti a quella porta chiusa, cercando di non pensare a niente. Ma ogni tanto la immagino: Valeria, lì in mezzo, che ride con quel sorriso che riesce sempre a disarmarmi, anche se non lo ammetterò mai.
Ed è lì che mi fermo. Non dovrei pensarci. Non dovrei provare niente per lei. Eppure, da qualche tempo, non riesco a farne a meno.
Le serate in cui Anna e le sue amiche organizzano i loro pigiama party sono diventate quasi una tradizione in casa nostra. Era un’abitudine che avevano fin da bambine, ma col tempo le cose si erano evolute: non si trattava più di favole e film Disney, bensì di gossip, confessioni, e risate fino a tarda notte. Io, come sempre, cercavo di tenermene alla larga. Non perché mi infastidisse, ma perché non sopportavo l’idea di essere visto come il “fratello invadente” o, peggio, di sentirmi fuori posto.
Avevano preso l’abitudine di chiudersi in camera di Anna, e io me ne restavo nella mia stanza, che era proprio accanto. Dalle pareti sottili mi capitava di cogliere qualche risata, qualche parola spezzata. Erano chiacchiere femminili che spesso ignoravo, sebbene a volte mi divertisse origliare i loro racconti, specie quando Valeria iniziava a discutere o a raccontare qualcosa con quel suo tono deciso e brillante che riusciva sempre a catturare l’attenzione.
Ma quella sera fu diverso.
Ero sdraiato sul letto, con gli auricolari infilati e un video in sottofondo, quando sentii un rumore strano provenire dalla stanza accanto. Era una risata, sì, ma bassa, quasi sommessa. Mi tolsi un auricolare, incuriosito, e ascoltai.
Non capivo bene cosa stessero dicendo, ma i toni erano diversi dal solito. Sembravano più… intimi. Un mormorio accompagnato da risatine soffocate, seguito da una pausa lunga e poi un’altra risata, più acuta. Mi alzai dal letto, sentendomi un po’ ridicolo, e mi avvicinai alla parete, cercando di captare qualcosa di più.
«No, dai, non così!» disse una voce che riconobbi subito. Era Sofia, e il suo tono aveva una sfumatura che non avevo mai sentito.
Seguì un'altra risata, più morbida, quasi maliziosa, e poi Valeria disse qualcosa che non riuscii a cogliere, ma il tono era basso e caldo. Le parole erano troppo soffocate per essere chiare, ma il modo in cui parlavano, le pause, il ritmo… tutto aveva qualcosa di diverso. Qualcosa di sensuale.
Mi sentii improvvisamente a disagio, ma non riuscivo a staccarmi da quella parete. Cercai di convincermi che stavo fraintendendo, che erano solo chiacchiere normali tra ragazze. Eppure, il mio respiro si era fatto più pesante, e il cuore batteva più forte.
Poi sentii Anna: «Non ci credo, Sofia! Davvero fai così?»
«Certo che sì…» rispose Sofia, con una voce che sembrava un sussurro.
Le immaginai sedute sul letto di Anna, forse con una bottiglia di vino, magari più vicine del solito. E poi Valeria, con quei suoi occhi profondi e quel sorriso che non le mancava mai. Non avrei dovuto pensarci, ma l’immagine mi balenò nella testa prima che potessi fermarla: Valeria che ride, si passa una mano tra i capelli, e quel suo sguardo che sa sempre come sfidarti, anche senza volerlo.
Scossi la testa, cercando di scacciare quei pensieri. Mi rimisi a letto, tirandomi la coperta fin sopra il petto, ma non c’era verso di dormire. Quella voce, quelle risate… e quella maledetta immagine non mi lasciavano in pace.
La notte si fece lunga, e io mi ritrovai a fissare il soffitto, chiedendomi cosa diavolo stesse succedendo nella stanza accanto.
La notte era calata sulla casa, e il silenzio era rotto solo dal fruscio lieve delle foglie mosse dal vento. Non riuscendo a dormire, decisi di alzarmi dal letto e andare fuori al balcone a fumare. Non lo facevo spesso, ma quella notte ne sentivo il bisogno: volevo svuotare la mente, lasciarmi alle spalle quei pensieri confusi e quelle risate soffocate che ancora riecheggiavano nella mia testa.
Aprii la porta finestra cercando di non fare rumore, ma appena misi piede sul balcone, la vidi.
Valeria era già lì.
Indossava una maglietta azzurra morbida, che le scivolava appena sulla spalla destra, e un pantalone della tuta lungo, semplice ma che in qualche modo su di lei sembrava elegante. Aveva una sigaretta tra le dita, e quando si girò per guardarmi, sembrava sorpresa quanto me.
«Anche tu qui?» dissi, cercando di mascherare l'imbarazzo.
«Sì, volevo un po’ d’aria» rispose lei, alzando le spalle. «E tu? Cosa fai qui? Non sei tipo da sigaretta di mezzanotte.»
«Non riuscivo a dormire» ammisi, tirando fuori il pacchetto di sigarette dalla tasca. Lei mi osservò accendersi la sigaretta, con un’espressione che non riuscivo a decifrare.
Per un momento restammo in silenzio, appoggiati alla ringhiera, osservando il giardino che si stendeva davanti a noi. Non era una situazione tipica tra noi: di solito, quando eravamo soli, scattava sempre qualche battuta pungente o una discussione. Ma quella sera sembrava diversa.
«Come stai?» le chiesi alla fine, rompendo il silenzio.
Lei mi guardò di sbieco, come se non si aspettasse quella domanda. «Sto bene. E tu?»
«Bene, credo» risposi, soffiando via il fumo. «Anche se non so se resisterò un’altra serata di urla e risate provenienti da quella stanza.»
Lei rise, un suono basso e morbido che mi fece alzare un sopracciglio. «Oh, dai, non essere così acido. Ti piace ascoltarci, ammettilo.»
«Ascoltarvi? Preferirei infilarmi aghi sotto le unghie.»
«Se lo dici tu…» replicò, sorridendo mentre tirava un'altra boccata di fumo.
Ci fu un’altra pausa, poi non resistetti. «Sai una cosa?» le dissi, guardandola di lato. «Come ci si sente a essere la più popolare e ricercata in città? Deve essere un peso essere tanto… perfetta.»
Lei alzò gli occhi al cielo, ma il sorriso che fece era diverso, quasi imbarazzato. «Ah, già, perché tu sai tutto, vero?»
«Beh, è quello che si dice in giro. Tutti vogliono Valeria. Tu sei l’obiettivo, il sogno, la ragazza inarrivabile.»
Lei scosse la testa, guardando davanti a sé. «È più complicato di così.»
«Davvero?» incalzai, stavolta con meno ironia. «Perché non mi sembri molto entusiasta. Pensavo che ti piacesse tutta questa attenzione.»
Lei rimase in silenzio per un momento, fissando la brace della sua sigaretta. Poi si voltò a guardarmi, i suoi grandi occhi verdi che brillavano sotto la luce pallida della luna. «Non è tutto così bello come sembra, Ale.»
C’era qualcosa nel modo in cui lo disse, una nota di sincerità che mi spiazzò. Non era da Valeria mostrarsi vulnerabile, almeno non con me. Eppure, in quel momento, sembrava quasi che stesse lasciando cadere una maschera.
«Non so se posso capirti» ammisi, poggiandomi di nuovo alla ringhiera. «Ma se vuoi lamentarti, sono qui. Solo che non aspettarti troppa comprensione.»
Lei rise di nuovo, ma stavolta il sorriso era più dolce. «Non ti preoccupare, non lo farò. Preferisco le prese in giro. Sono più il tuo stile.»
«Esatto» confermai, con un mezzo sorriso. «Siamo troppo abituati a prenderci a parole, no? Sarebbe strano altrimenti.»
Lei annuì, e restammo lì, in silenzio, per un altro lungo momento. C’era qualcosa di diverso in quella notte, qualcosa di nuovo. Per la prima volta, parlare con Valeria non sembrava una sfida, ma qualcosa di naturale. Quasi… piacevole.
La guardavo mentre parlava, le labbra leggermente socchiuse per il fumo della sigaretta che svaniva nell’aria fredda. E tremava. Solo un po’, ma tremava. Effettivamente faceva freddo quella sera. Senza dire nulla, mi tolsi la felpa, quella felpa verde che indossavo sempre e che ormai era un’estensione di me stesso, e gliela misi sulle spalle.
«Cosa stai facendo?» mi chiese, alzando un sopracciglio, sorpresa dal gesto.
«Non voglio che muori congelata qui fuori. Poi chi prendo in giro?» risposi con nonchalance, anche se dentro di me c’era qualcosa di diverso.
Lei sorrise, avvolgendosi nella felpa. «Non è da te essere così gentile. Sei sicuro di stare bene?»
«Non abituarti» replicai, accendendomi un’altra sigaretta per mascherare il piccolo imbarazzo. «Lo sto facendo per puro egoismo.»
«Ah, certo, egoismo. Come no.»
Ci fu un momento di silenzio, interrotto solo dal rumore della brace delle sigarette. Ma poi, quasi senza accorgermene, ricominciammo a punzecchiarci. Le nostre battute si rincorrevano leggere, come al solito, ma c’era un calore nuovo nella sua voce, qualcosa che non avevo mai notato prima.
Ad un certo punto, tra uno sfottò e l’altro, Valeria si fermò. Abbassò lo sguardo, tirando la sigaretta tra le dita, e quando parlò, la sua voce era più bassa, quasi esitante.
«Sai, tutti pensano che io sia perfetta» disse, fissando il vuoto davanti a sé.
Mi voltai verso di lei, sorpreso da quel cambio di tono. «Perché, non lo sei?»
Lei alzò gli occhi al cielo, ma stavolta senza il solito sorriso. «No, Ale. Non lo sono. Non mi ci sento neanche lontanamente. La gente mi guarda e vede una ragazza altezzosa, sicura di sé, interessante. Una che sa sempre cosa fare, cosa dire. Ma non è così.»
Restai in silenzio, ascoltandola. Non era facile vederla parlare così apertamente.
«Vorrei solo stare tranquilla, capisci?» continuò. «Tutti quelli che ci provano con me vogliono sempre fare cose assurde, esagerate, come se fossi questa ‘donna di mondo’ che loro immaginano. Ma io… io vorrei solo una birra, una serata normale, in un posto tranquillo. Voglio essere me stessa, non l’idea che hanno di me.»
La sua voce si incrinò appena, e per un attimo vidi una Valeria diversa, più fragile. Mi fece uno strano effetto.
«Non avrei mai detto» le dissi, stavolta senza ironia.
Lei scosse la testa, come per cancellare quel momento di vulnerabilità, ma poi aggiunse qualcosa che mi colpì ancora di più.
«Sai qual è la cosa più assurda?»
«Dimmi.»
«Non ho mai neanche baciato un ragazzo.»
Rimasi interdetto. «Cosa?»
«Hai capito bene» rispose, guardandomi di sbieco. «Mentre tutti pensano che io sia questa ragazza con mille esperienze, in realtà… niente. Mai nemmeno un bacio.»
La fissai, cercando di capire se stesse scherzando. Ma i suoi occhi verdi, profondi e sinceri, mi dicevano che era la verità.
«Sei seria?» chiesi.
Lei annuì, con un mezzo sorriso un po’ amaro.
«Wow» dissi, cercando di mascherare il mio stupore. Poi, com’era nel mio stile, non resistetti. «Beh, questo cambia tutto. Devo rivalutarti, Valeria. Da donna di mondo a principiante totale.»
Lei rise piano, ma c’era un filo di rossore sulle sue guance. Mi sentii spinto da un impulso che non riuscii a controllare.
«Sai una cosa?» le dissi, avvicinandomi appena. «Forse posso aiutarti con questa tua… mancanza di esperienza.»
«Oh, certo» disse lei, sarcastica. «Come no.»
Ma prima che potesse dire altro, le presi delicatamente il mento tra le dita e mi avvicinai. Le sue labbra erano morbide, calde, e il bacio fu breve, ma intenso. Mi allontanai appena, guardandola con un sorriso.
«Ecco» dissi, cercando di mantenere la mia solita ironia. «Adesso hai un’esperienza.»
Lei arrossì ancora di più, abbassando lo sguardo. Poi, all’improvviso, scoppiò a ridere, coprendosi il viso con una mano.
«Sei impossibile, Ale.»
«Lo so» risposi, accendendomi di nuovo la sigaretta. Ma dentro di me, sentivo che qualcosa era cambiato. E non ero sicuro di sapere come gestirlo.
Ci incamminammo verso le nostre rispettive camere senza dire una parola. Lei davanti, io dietro, il suono dei suoi passi leggero come se non volesse disturbare il silenzio della casa. Arrivammo sull’uscio della porta della stanza di Anna. Valeria si fermò e si girò appena, il volto illuminato solo dalla luce tenue del corridoio.
Mi guardò un istante, poi poggiò la mano sulla maniglia della porta, pronta a rientrare. Io rimasi lì, in silenzio, combattuto. Dentro di me si accavallavano domande che non avevo mai osato farmi prima. Come avevo potuto baciarla e poi comportarmi come se nulla fosse? Come avevo potuto lasciarle credere che fosse solo uno scherzo, una provocazione come tante?
Proprio quando stavo per girarmi e tornare in camera mia, sentii qualcosa che non mi aspettavo.
Un abbraccio.
Valeria si voltò di scatto e mi avvolse con le sue braccia, il suo viso premuto contro il mio petto, morbido e caldo. Restai immobile, incapace di reagire, mentre il profumo delicato dei suoi capelli mi riempiva i sensi.
«Possiamo parlare ancora un po’, per favore?» mi disse con una voce che sembrava fragile, quasi un sussurro. «Mi sono sentita davvero bene.»
La sua sincerità mi colpì più di quanto avrei voluto ammettere. C’era qualcosa nella sua voce, nella sua stretta, che fece cadere ogni resistenza.
Nonostante il nostro astio, nonostante le battute e le provocazioni che ci eravamo scambiati per anni, non potevo dire di no alla piccola Val.
«Va bene» risposi piano, sciogliendomi dall’abbraccio e guardandola negli occhi. «Ma ti avverto, niente lacrime. Non saprei come gestirle.»
Lei sorrise appena, un sorriso timido ma pieno di gratitudine, e annuì. La presi per mano, senza pensarci troppo, e la condussi nella mia stanza.
Era un gesto spontaneo, naturale. Chiusi la porta dietro di noi, facendo attenzione a non fare rumore, e accesi la lampada sul comodino, che gettò una luce soffusa nella stanza. Lei si sedette sul bordo del letto, stringendosi ancora nella mia felpa, quasi fosse un rifugio.
«Allora, di cosa vuoi parlare?» chiesi, sedendomi accanto a lei, cercando di mantenere un tono leggero. Ma la mia voce tradiva una certa curiosità, e forse qualcosa di più.
Valeria non rispose subito. Guardava il pavimento, giocherellando con il bordo della felpa. Poi alzò lo sguardo verso di me, e i suoi occhi verdi sembravano ancora più profondi nella luce morbida.
«Di te» disse, con un sorriso appena accennato. «Di noi.»
«Non fraintendermi» iniziò Valeria, alzando le mani come se si stesse difendendo. «Non mi metterei mai con te.»
La fissai, fingendo di essere offeso. «Ah, grazie. Che bella botta al mio ego.»
Lei ridacchiò e abbassò lo sguardo. «Io intendo... il nostro rapporto di amicizia. Tu mi conosci. Sei l’unico che non mi reputa tanto perfetta.»
«E su questo puoi stare certa» risposi con un sorrisetto. «Per me sei insopportabile come sempre.»
Valeria scoppiò a ridere, e in quel momento sembrava davvero libera, senza il peso di quello che la gente pensava di lei. «Ecco perché mi piace parlare con te. Sei... diverso.»
«Diverso come uno schiaffo in faccia?» scherzai.
«Più o meno» rispose, dandomi una leggera spinta sulla spalla. «Ma seriamente, con te è più facile. Non mi sento giudicata.»
Mi appoggiai contro la parete, incrociando le braccia. «Be’, se accetti qualche piccolo insulto ogni tanto, sai dove trovarmi.»
Lei rise ancora, poi il suo sorriso si fece più tenue. «È solo che a volte mi sento oppressa... da come mi vedono tutti. Perfetta, altezzosa, quella che ha tutto. È... faticoso.»
«Be’, è normale» risposi con un tono più serio. «Se sembri inarrivabile, la gente ti mette su un piedistallo. Ma sai che puoi scendere da sola, no? Nessuno ti obbliga a restarci.»
«Parli facile tu» disse con un sorriso malinconico. «Non sai quante aspettative ci sono. E poi... ho paura.»
Mi sporsi un po’ verso di lei, curioso. «Paura di cosa?»
Lei fece una pausa, giocherellando con il bordo della felpa che ancora indossava. «Paura di non essere all’altezza. Di deludere qualcuno. Anche in una relazione... è come se dovessi dimostrare qualcosa, e io non voglio. Voglio solo essere me stessa, con qualcuno che non si aspetti nulla di più.»
Rimasi in silenzio per un momento, osservandola. Era incredibile come Valeria, la ragazza che tutti idolatravano, si sentisse così vulnerabile. «Se posso darti un consiglio... non pensarci troppo. Le persone sono deludenti per natura, e nessuno è davvero perfetto. Nemmeno tu.»
«Grazie, Ale» rispose sarcastica. «Sempre gentile e comprensivo.»
Scrollai le spalle con un sorrisetto. «Dico solo la verità. E poi... non sembri così male quando non fai la diva.»
Lei mi diede un altro leggero colpetto sulla spalla. «E tu non sembri così odioso quando non fai il provocatore.»
Le sorrisi, ma poi non resistetti e tornai a provocarla. «A proposito... quel bacio di prima? Direi che ti sei cavata bene per essere alla tua prima esperienza.»
Valeria arrossì visibilmente, e per un istante si nascose nel collo della felpa. «Ale, smettila!» disse, ridendo imbarazzata.
«Sto solo dicendo che sei stata all’altezza» continuai, facendo spallucce. «Nessuna delusione.»
«Sei proprio impossibile» disse, scuotendo la testa.
«Lo so» risposi con un sorriso sornione. «Ed è per questo che non potrai mai fare a meno di me.»
Valeria mi guardò negli occhi, e per un istante sembrò voler dire qualcosa di più, ma si fermò. Il suo sorriso si fece più dolce, e io, per la prima volta in quella serata, mi chiesi se davvero avesse ragione.
C’era una tensione strana nell’aria, palpabile, quasi tangibile. Val mi fissava con quei suoi occhi dolci, profondi, e sembrava che ogni parola non detta si accumulasse in quel silenzio carico. Non sapevo cosa mi spingesse a farlo, ma mi avvicinai leggermente. Era un gesto spontaneo, naturale, come se qualcosa dentro di me sapesse già come sarebbe andata.
I suoi occhi non si spostarono dai miei, e mentre il mio viso si avvicinava, notai il leggero rossore che le colorava le guance. Per primi si sfiorarono i nostri nasi, entrambi un po’ lunghi, e per un attimo quasi mi fermai, come se un segnale invisibile potesse dirmi di tornare indietro. Ma non accadde.
In un battito di ciglia, i miei occhi si chiusero, e le mie labbra trovarono le sue. Fu un bacio appassionato, intenso, eppure incredibilmente naturale. Sembrava che fosse qualcosa che avessimo aspettato entrambi senza saperlo, un momento che si era costruito con anni di battibecchi, prese in giro e, forse, sentimenti repressi.
Eravamo seduti sul bordo del letto, ma senza neanche rendermene conto, lei si ritrovò stesa sotto di me. Le sue mani mi sfioravano la nuca, e le mie si posarono delicatamente sui suoi fianchi, come se ogni movimento fosse studiato, perfetto.
I suoi capelli ondulati si spargevano sul cuscino, creando un contrasto magnifico con la maglietta azzurra che indossava. Ero sopra di lei, eppure non c’era imbarazzo, solo una naturalezza disarmante. Continuavamo a baciarci, le nostre labbra si cercavano e si trovavano con una passione che non avevo mai provato prima.
Val si lasciava andare, le sue mani che sfioravano la mia schiena e il suo respiro caldo che si mescolava al mio. Era come se in quel momento non esistesse altro al mondo. Nessuna battuta, nessuna provocazione, solo noi due e un legame che sembrava crescere ad ogni bacio.
Quando mi staccai leggermente per guardarla, i suoi occhi verdi mi fissarono, ancora lucidi. Il suo viso era illuminato da un’emozione che non riuscivo a decifrare del tutto. Non avevo mai visto Val così, vulnerabile e allo stesso tempo incredibilmente bella.
«Ale...» sussurrò, appena udibile, ma non aggiunse altro. Ero senza parole, il cuore mi batteva forte, ma una cosa era certa: quello che stava succedendo, per quanto inaspettato, era qualcosa che nessuno dei due poteva più ignorare.
Sentii la sua mano scivolare con delicatezza sotto la mia maglia, le sue dita morbide e calde che si muovevano lentamente sulla mia schiena. Le unghie, corte ma perfettamente curate, mi facevano dei dolci grattini, e ogni piccolo movimento mi faceva venire i brividi. Era un gesto così semplice eppure incredibilmente intimo, quasi più di quel bacio che continuava a crescere in intensità.
Le sue dita tracciavano percorsi lenti sulla mia pelle, e la sensazione di essere coccolato da Val mi faceva perdere completamente il controllo. Il mio cuore batteva forte, e il desiderio che sentivo era diverso da qualsiasi altra cosa avessi mai provato: non era solo fisico, era profondo, come se ogni suo tocco accendesse qualcosa di nuovo dentro di me.
Il bacio diventava sempre più intenso, le nostre labbra si cercavano senza sosta, e ogni tanto le sue si schiudevano leggermente, permettendo ai nostri respiri di fondersi. Era come se ogni barriera tra noi fosse caduta in quel momento, lasciando spazio solo al desiderio e alla voglia di sentirci vicini.
Le mie mani, quasi in risposta al suo gesto, si spostarono dai suoi fianchi, scivolando lentamente lungo il suo corpo, fino a posarsi sulla sua vita sottile. La stringevo delicatamente, quasi timoroso di romperla, ma il suo corpo si inarcava leggermente sotto di me, come a chiedere di più, a volere di più.
Mi staccai per un istante, il mio respiro affannato mentre la guardavo. Il suo viso era ancora più bello, leggermente arrossato, le labbra leggermente gonfie per i nostri baci, e gli occhi verdi che brillavano di qualcosa che non riuscivo del tutto a decifrare.
«Val...» sussurrai, senza sapere nemmeno cosa volessi dire.
Lei mi sorrise, un sorriso dolce e disarmante, e con la sua mano ancora sulla mia schiena mi tirò nuovamente verso di lei. «Non fermarti...» mi disse a bassa voce, con un tono che mescolava dolcezza e una sicurezza che mi mandò completamente fuori controllo.
E così, tornai a baciarla, con ancora più trasporto, mentre le sue unghie continuavano a percorrere la mia schiena, lasciandomi senza fiato.
Le mie mani, come guidate da un istinto dolce e deciso, scivolarono lentamente sul suo seno, stringendolo delicatamente attraverso la felpa. Sentii il calore del suo corpo attraverso il tessuto, e quella morbidezza mi fece perdere la testa. Mi immersi completamente in quel momento, lasciando che fosse il suo respiro più veloce a darmi il coraggio di spingermi oltre.
Le mie dita trovarono la cerniera della felpa, e con movimenti lenti iniziai a tirarla giù, pronto a spogliarla per avvicinarmi ancora di più a lei. Ma fu allora che Val si fermò, posandomi una mano sul polso e guardandomi con quegli occhi dolci e profondi che mi avevano sempre disarmato.
«Puoi solo aprirla?» mi chiese sottovoce, con un sorriso quasi timido. «Non voglio toglierla… è calda, ed è tua.»
Quelle parole mi colpirono, tanto semplici quanto cariche di un significato che non sapevo spiegare. La vidi come una delle cose più dolci che avesse mai fatto, e non riuscii a trattenermi dal prenderla in giro, come al solito.
«Ah, quindi adesso ci tieni così tanto a qualcosa di mio?» le dissi con un sorriso furbetto, dandole un piccolo bacio su una guancia che si arrossò all’istante.
Lei rise piano, ma il rossore non sparì, e io capii che non avevo altra scelta che ascoltarla. Aprii la felpa con cura, lasciandola ancora sulle sue spalle, e alzai lentamente la maglietta che indossava sotto. Il tessuto scivolò sulla sua pelle liscia, e davanti a me apparve il suo seno: piccolo, sodo, perfetto.
Senza dire una parola, mi chinai e iniziai a baciarlo con una dolcezza che non credevo di possedere. Le mie labbra sfioravano la sua pelle calda, tracciando percorsi lenti e delicati, mentre sentivo il suo corpo reagire sotto di me. I suoi respiri si facevano più profondi, le sue mani cercavano la mia schiena, e ogni tanto emetteva un piccolo gemito, quasi impercettibile, che sembrava incoraggiarmi a continuare.
Il mio cuore batteva fortissimo, ma non mi importava di nulla in quel momento. Ero perso in lei, nel suo corpo, nel suo essere così perfettamente imperfetta, così vulnerabile e sincera. Ero completamente suo, e non avrei voluto essere altrove.
Val prese un respiro profondo, come se raccogliesse il coraggio necessario, e le sue mani delicate si mossero verso di me. Sentii le sue dita che, con un tocco esitante ma deciso, mi sollevarono la maglietta, facendola scivolare via e lasciandomi a petto nudo. Il calore della sua pelle incontrò il mio, creando una connessione che andava oltre il fisico. Pelle contro pelle, ogni barriera sembrava sparire, e la stanza divenne il nostro mondo.
Mi spostai accanto a lei, disteso sul letto, e lasciai che la mia mano iniziasse a esplorare il suo corpo con dolcezza. Le mie dita tracciarono percorsi lenti sulla sua pelle, accarezzando ogni curva con delicatezza, fino a raggiungere i pantaloni del suo pigiama. Lei si irrigidì per un momento, ma poi, come se il suo corpo sapesse già che poteva fidarsi, si rilassò.
Le mie dita scivolarono sotto il morbido tessuto, e il calore che trovai lì mi fece trattenere il fiato. Il suo corpo parlava per lei, e la sua fiducia mi faceva sentire onorato. Con una delicatezza infinita, iniziai a darle piacere con le mie dita, esplorando ogni suo movimento, ogni reazione.
Val era inesperta, ma la sua naturalezza e la fiducia che riponeva in me la rendevano meravigliosa. La guardai mentre il rossore le colorava il viso, e i suoi grandi occhi verdi, pieni di emozione, si abbassavano per la timidezza. Ogni tanto tratteneva dolcemente un gemito, mordendosi il labbro per non lasciarlo sfuggire.
La sua espressione, tenera e perfetta, mi fece sciogliere. Le accarezzai il viso con l’altra mano, spostandole dolcemente una ciocca di capelli dal viso. Sussurrai a bassa voce:
«Lo vedi? Non sei così perfetta come dicono, eh?» scherzai con il mio solito tono.
Lei sorrise timidamente, cercando di nascondere il suo imbarazzo, ma i suoi occhi mi fissavano con un’intensità che mi lasciava senza parole.
«Val, sei incredibile,» continuai con un tono più dolce, alternando parole affettuose a prese in giro. «E sai una cosa? Mi piace quando arrossisci così, sembra che finalmente stai mostrando il tuo lato vero.»
Lei chiuse gli occhi, stringendosi leggermente contro di me, lasciando che ogni mio tocco, ogni mia parola, la avvolgesse completamente. In quel momento, il mondo fuori scomparve. Eravamo solo io e lei, in una notte che non avremmo mai dimenticato.
Val raggiunse il culmine con un dolce sospiro, incapace di trattenere i gemiti che riempirono la stanza, così sinceri e spontanei da farmi venire i brividi. Il suo corpo tremava leggermente mentre cercava di riprendere fiato, e io mi limitai a guardarla con un sorriso appena accennato, accarezzandole delicatamente il viso.
Non disse nulla, semplicemente si avvicinò a me e mi abbracciò forte, stendendosi accanto a me sul letto. Il suo corpo, ancora caldo e vulnerabile, si avvolse al mio, come se in quel momento io fossi il suo unico rifugio. Sentire le sue braccia stringermi, il suo viso nascosto contro il mio petto, era una sensazione indescrivibile. Non avevo mai provato nulla del genere: era dolce, puro, eppure pieno di una complicità che non avrei mai immaginato tra noi.
Rimasi lì, immobile, mentre il suo respiro si faceva sempre più lento e regolare. Pochi minuti dopo, Val crollò addormentata tra le mie braccia, stretta a me come se fosse il posto più sicuro del mondo. Guardai il suo viso rilassato, la guancia appoggiata sul mio petto, e non potei fare a meno di sorridere. Nonostante tutto, mi faceva sentire bene, davvero bene.
Con cautela, cercai di raggiungere la coperta ai piedi del letto senza svegliarla, coprendo entrambi per proteggerci dal fresco della notte. Restai così, accanto a lei, sentendo il suo respiro lento e regolare, il calore del suo corpo contro il mio.
Non sapevo cosa ci aspettasse il mattino dopo, ma in quel momento non importava. Chiusi gli occhi e mi lasciai andare al sonno, con il cuore che batteva ancora forte per tutto ciò che era appena successo.
Fine capitolo.
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6.3
6.3
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