Con il suo sperma addosso
di
Claire1980
genere
tradimenti
Amore mio,
Milano mi ha accolto con la sua pioggia sottile e un'aria umida che mi si è attaccata addosso appena sono scesa dal treno. Ho aperto la valigia nella stanza d’albergo, e tra i vestiti piegati con cura, ho trovato il tuo biglietto. Le tue parole... oh, erano come una mano leggera sulla mia pelle, un desiderio che mi seguiva ovunque, anche mentre mi preparavo per uscire. Lo sai che sei perverso? E che le tue perversioni mi eccitano?
Ho fatto ciò che mi hai chiesto. L’appuntamento era a CityLife, al centro commerciale dove ti ho portata quella volta con i tuoi. C’era una specie di euforia nei miei gesti, quella stessa trepidazione che mi invade ogni volta che faccio qualcosa di trasgressivo per te.
Monello86 mi aspettava seduto al tavolino del bar, si guardava continuamente attorno, i suoi movimenti tradivano una certa attesa. Si è alzato a salutarmi. Alto, ma non eccessivamente, con quel tipo di fisico che suggerisce una vita non dedicata alla palestra, ma nemmeno trascurata. Aveva spalle larghe sotto una camicia bianca, leggermente sbottonata al collo, abbastanza perché si intravedesse un accenno di petto, la pelle chiara che faceva contrasto con i peli scuri. I jeans erano aderenti, ma non troppo, morbidi sul corpo, lasciando immaginare più di quanto mostrassero. Scarpe sportive, ma pulite, come se avesse voluto mantenere una certa cura anche nel disordine.
Il viso... il viso era interessante. Non bello nel senso canonico, ma con una mascella pronunciata, segni di barba non rasata da un paio di giorni che gli davano un'aria trascurata ma non trasandata. Le labbra sottili, e gli occhi – gli occhi erano la parte più intrigante – di un marrone scuro, quasi nero, che sembravano studiarmi. I capelli erano corti, e portati in modo casuale, come se non gli importasse troppo dell'aspetto, abbastanza da volerne dare l'illusione.
Abbiamo parlato poco, parole superficiali che celavano il vortice sottostante. Io gli parlavo delle combustioni di Burri, lui non so di quale indice asiatico su cui aveva investito. Non gli prestavo molta attenzione: io ero in missione per te, il tuo biglietto mi bruciava dentro. Ci siamo mossi insieme verso i bagni, come se fosse l'unico posto in cui la finzione del quotidiano potesse frantumarsi. Ci siamo chiusi dentro nel bagno dei disabili, mi sono seduta sulla tazza e mi sono messa all’opera.
I miei gesti erano precisi, eppure morbidi, quasi reverenti. Sentivo il mio respiro farsi corto mentre gli sbottonavo i jeans.
Il suo cazzo non era particolarmente grande, ma perfettamente proporzionato, elegante nella sua forma. La pelle era liscia, tesa, e la venatura che correva lungo il suo asse lo rendeva quasi ipnotico. Quando l’ho liberato dai pantaloni, ha preso forma nella mia mano, caldo, vivo, pulsante. Il colore, un rosa scuro che virava verso il porpora alla base, contrastava meravigliosamente con il pallore della mia pelle.
Era un equilibrio perfetto tra forza e vulnerabilità, sentivo la tensione crescere sotto le dita mentre lo avvolgevo con delicatezza, le vene sottili che pulsavano sotto la mia presa. La sua cappella era liscia, leggermente lucida, il profumo leggermente salato, terroso, che si mescolava con il mio respiro e il calore del bagno.
Ogni movimento che facevo sembrava risvegliare un desiderio più profondo in lui, e la mia bocca lo accoglieva con la stessa reverenza con cui si assaggia un frutto proibito, il sapore salmastro si espandeva su tutta la lingua, fino a diventare parte di me.
Quando ho sentito il suo respiro farsi più corto, il ritmo irregolare, sapevo che il momento stava arrivando. Ho rallentato, assaporando quell'attimo di potere e anticipazione. Mi sono alzata in piedi senza mai distogliere lo sguardo dai suoi occhi, dal piacere che lo stava travolgendo. Ho lasciato che le mie mani scivolassero lungo il mio corpo, abbassando i miei pantaloni di Alviero Martini fino ai fianchi. Ho tirato verso l’esterno l’elastico delle mutandine mentre con l’altra mano ho guidato il suo pene verso di me, inclinandolo con una precisione studiata, permettendo ai suoi schizzi di centrare l’apertura creata tra le mutandine e la parte bassa del mio addome.
Il primo tocco del suo seme contro la mia pelle mi ha dato una scossa, la sua calda essenza che colava dal ventre arrivava alla vagina, impregnandola del suo odore, mischiandosi al mio desiderio. L'ho diretto verso la mia vagina, strofinandolo per recuperare le ultime gocce del suo dono.
Ogni goccia era una celebrazione del nostro gioco, del tuo desiderio che attraversava il suo corpo per arrivare a me. E io, fiera e soddisfatta, sentivo quella miscela preziosa di piacere e complicità appiccicarsi a me, penetrando la mia carne con il suo sapore che avrei portato con me, come un segreto, per tutto il resto della giornata.
Anche se lui avrebbe volentieri continuato la conoscenza in una camera da letto, l’ho salutato. Dopo essere uscita dal bagno ho preso un cestello a mano e sono entrata nel supermercato.
Mentre mi muovevo tra gli scaffali, la sensazione del suo seme, denso e ancora caldo, si mescolava al mio piacere, impregnando le mutandine in un modo che mi faceva sentire viva, consapevole di ogni piccolo movimento del mio corpo. Ogni passo diventava un segreto intimo, nascosto sotto i miei vestiti, una traccia visibile solo a me, ma che sembrava emanare una sorta di energia invisibile. Era come se tutti, attorno a me, potessero percepire quel sottile brivido che mi attraversava, ma nessuno osava guardarmi direttamente negli occhi.
La stoffa umida si appiccicava alla mia pelle, creando una sensazione di calore costante, quasi elettrica. Il mio sesso si contraeva leggermente a ogni sfregamento, come un promemoria di ciò che era appena successo, e io dovevo trattenere il respiro per non farmi sfuggire un gemito silenzioso di piacere. Ogni tanto, il seme scivolava appena, creando una scia umida lungo le mie cosce, un segno di quel desiderio consumato che portavo con me.
C’era qualcosa di deliziosamente perverso nel camminare tra le corsie, scegliendo frutta e verdura, mentre sotto i miei pantaloni la mia vagina era ancora intrisa di lui. Sentivo i miei fianchi oscillare più del solito, come se stessi inconsciamente cercando di prolungare quella sensazione, quella combinazione di umidità e calore che mi avvolgeva come una seconda pelle. Ogni gesto, ogni sguardo da parte degli altri clienti sembrava un gioco, una sfida segreta che solo io potevo vincere.
Il mio corpo era pesante di piacere eppure leggero, quasi euforico. Ogni cosa attorno a me sembrava più vivida: le luci troppo luminose, i suoni metallici dei carrelli, le voci basse e distanti. Ma in fondo, tutto era un sottofondo lontano, perché l’unica cosa che realmente contava era quella sensazione carnale che continuava a pulsare dentro di me, a ricordarmi che in quel supermercato, tra quelle persone ignare, io ero l'unica a portare dentro di me il nostro segreto.
Ho fatto esattamente come volevi, amore mio. Ho esaudito il tuo desiderio, ma anche il mio. Sentire quella forza dentro di me, il potere di fare quello che mi hai chiesto di fare. Ora sono qui, con il tuo biglietto tra le mani, il sapore ancora sulle labbra, e l’orgoglio di aver portato a compimento il nostro gioco.
Ma non è tutto, amore mio. Ho rispettato ogni singola regola che mi hai imposto, seguendo le tue parole con precisione. Ma, mentre il desiderio mi attraversava, ho sentito il bisogno di aggiungere qualcosa di mio, un tocco personale che potesse farti sentire ancora più vicino a me. Dopo aver lasciato il supermercato, ho preso le mie mutandine, ancora intrise dei miei umori e del suo sperma, calde e umide come il ricordo di ciò che abbiamo fatto. Le ho sfilate con un gesto lento, quasi solenne, sentendo l'ultimo residuo di piacere scivolare sulle mie cosce.
Poi le ho sigillate in un sacchetto per alimenti, un gesto che mi ha fatto sorridere, immaginando il momento in cui lo troverai. Quel sacchetto sarà il mio regalo per te, un'offerta intima, un frammento di ciò che ho vissuto e condiviso con te. Potrai annusare l'odore denso e selvaggio dei miei umori, mischiati al seme di Monello86, ogni volta che il desiderio ti invaderà. Lo potrai toccare, leccare, mentre penserai alla tua coniglietta, e il piacere che abbiamo condiviso si ripeterà, come un eco silenzioso che ci tiene uniti anche a distanza.
Immaginarti, mentre stringi tra le mani quelle mutandine, mentre le porti alla bocca e ne assapori ogni dettaglio, mi fa sentire ancora più tua. È il mio dono, un sigillo della nostra complicità, qualcosa che non potrai dimenticare.
Ti amo, ti amo, ti amo ancora e ancora, sempre di più. Tua, Arianna.
Milano mi ha accolto con la sua pioggia sottile e un'aria umida che mi si è attaccata addosso appena sono scesa dal treno. Ho aperto la valigia nella stanza d’albergo, e tra i vestiti piegati con cura, ho trovato il tuo biglietto. Le tue parole... oh, erano come una mano leggera sulla mia pelle, un desiderio che mi seguiva ovunque, anche mentre mi preparavo per uscire. Lo sai che sei perverso? E che le tue perversioni mi eccitano?
Ho fatto ciò che mi hai chiesto. L’appuntamento era a CityLife, al centro commerciale dove ti ho portata quella volta con i tuoi. C’era una specie di euforia nei miei gesti, quella stessa trepidazione che mi invade ogni volta che faccio qualcosa di trasgressivo per te.
Monello86 mi aspettava seduto al tavolino del bar, si guardava continuamente attorno, i suoi movimenti tradivano una certa attesa. Si è alzato a salutarmi. Alto, ma non eccessivamente, con quel tipo di fisico che suggerisce una vita non dedicata alla palestra, ma nemmeno trascurata. Aveva spalle larghe sotto una camicia bianca, leggermente sbottonata al collo, abbastanza perché si intravedesse un accenno di petto, la pelle chiara che faceva contrasto con i peli scuri. I jeans erano aderenti, ma non troppo, morbidi sul corpo, lasciando immaginare più di quanto mostrassero. Scarpe sportive, ma pulite, come se avesse voluto mantenere una certa cura anche nel disordine.
Il viso... il viso era interessante. Non bello nel senso canonico, ma con una mascella pronunciata, segni di barba non rasata da un paio di giorni che gli davano un'aria trascurata ma non trasandata. Le labbra sottili, e gli occhi – gli occhi erano la parte più intrigante – di un marrone scuro, quasi nero, che sembravano studiarmi. I capelli erano corti, e portati in modo casuale, come se non gli importasse troppo dell'aspetto, abbastanza da volerne dare l'illusione.
Abbiamo parlato poco, parole superficiali che celavano il vortice sottostante. Io gli parlavo delle combustioni di Burri, lui non so di quale indice asiatico su cui aveva investito. Non gli prestavo molta attenzione: io ero in missione per te, il tuo biglietto mi bruciava dentro. Ci siamo mossi insieme verso i bagni, come se fosse l'unico posto in cui la finzione del quotidiano potesse frantumarsi. Ci siamo chiusi dentro nel bagno dei disabili, mi sono seduta sulla tazza e mi sono messa all’opera.
I miei gesti erano precisi, eppure morbidi, quasi reverenti. Sentivo il mio respiro farsi corto mentre gli sbottonavo i jeans.
Il suo cazzo non era particolarmente grande, ma perfettamente proporzionato, elegante nella sua forma. La pelle era liscia, tesa, e la venatura che correva lungo il suo asse lo rendeva quasi ipnotico. Quando l’ho liberato dai pantaloni, ha preso forma nella mia mano, caldo, vivo, pulsante. Il colore, un rosa scuro che virava verso il porpora alla base, contrastava meravigliosamente con il pallore della mia pelle.
Era un equilibrio perfetto tra forza e vulnerabilità, sentivo la tensione crescere sotto le dita mentre lo avvolgevo con delicatezza, le vene sottili che pulsavano sotto la mia presa. La sua cappella era liscia, leggermente lucida, il profumo leggermente salato, terroso, che si mescolava con il mio respiro e il calore del bagno.
Ogni movimento che facevo sembrava risvegliare un desiderio più profondo in lui, e la mia bocca lo accoglieva con la stessa reverenza con cui si assaggia un frutto proibito, il sapore salmastro si espandeva su tutta la lingua, fino a diventare parte di me.
Quando ho sentito il suo respiro farsi più corto, il ritmo irregolare, sapevo che il momento stava arrivando. Ho rallentato, assaporando quell'attimo di potere e anticipazione. Mi sono alzata in piedi senza mai distogliere lo sguardo dai suoi occhi, dal piacere che lo stava travolgendo. Ho lasciato che le mie mani scivolassero lungo il mio corpo, abbassando i miei pantaloni di Alviero Martini fino ai fianchi. Ho tirato verso l’esterno l’elastico delle mutandine mentre con l’altra mano ho guidato il suo pene verso di me, inclinandolo con una precisione studiata, permettendo ai suoi schizzi di centrare l’apertura creata tra le mutandine e la parte bassa del mio addome.
Il primo tocco del suo seme contro la mia pelle mi ha dato una scossa, la sua calda essenza che colava dal ventre arrivava alla vagina, impregnandola del suo odore, mischiandosi al mio desiderio. L'ho diretto verso la mia vagina, strofinandolo per recuperare le ultime gocce del suo dono.
Ogni goccia era una celebrazione del nostro gioco, del tuo desiderio che attraversava il suo corpo per arrivare a me. E io, fiera e soddisfatta, sentivo quella miscela preziosa di piacere e complicità appiccicarsi a me, penetrando la mia carne con il suo sapore che avrei portato con me, come un segreto, per tutto il resto della giornata.
Anche se lui avrebbe volentieri continuato la conoscenza in una camera da letto, l’ho salutato. Dopo essere uscita dal bagno ho preso un cestello a mano e sono entrata nel supermercato.
Mentre mi muovevo tra gli scaffali, la sensazione del suo seme, denso e ancora caldo, si mescolava al mio piacere, impregnando le mutandine in un modo che mi faceva sentire viva, consapevole di ogni piccolo movimento del mio corpo. Ogni passo diventava un segreto intimo, nascosto sotto i miei vestiti, una traccia visibile solo a me, ma che sembrava emanare una sorta di energia invisibile. Era come se tutti, attorno a me, potessero percepire quel sottile brivido che mi attraversava, ma nessuno osava guardarmi direttamente negli occhi.
La stoffa umida si appiccicava alla mia pelle, creando una sensazione di calore costante, quasi elettrica. Il mio sesso si contraeva leggermente a ogni sfregamento, come un promemoria di ciò che era appena successo, e io dovevo trattenere il respiro per non farmi sfuggire un gemito silenzioso di piacere. Ogni tanto, il seme scivolava appena, creando una scia umida lungo le mie cosce, un segno di quel desiderio consumato che portavo con me.
C’era qualcosa di deliziosamente perverso nel camminare tra le corsie, scegliendo frutta e verdura, mentre sotto i miei pantaloni la mia vagina era ancora intrisa di lui. Sentivo i miei fianchi oscillare più del solito, come se stessi inconsciamente cercando di prolungare quella sensazione, quella combinazione di umidità e calore che mi avvolgeva come una seconda pelle. Ogni gesto, ogni sguardo da parte degli altri clienti sembrava un gioco, una sfida segreta che solo io potevo vincere.
Il mio corpo era pesante di piacere eppure leggero, quasi euforico. Ogni cosa attorno a me sembrava più vivida: le luci troppo luminose, i suoni metallici dei carrelli, le voci basse e distanti. Ma in fondo, tutto era un sottofondo lontano, perché l’unica cosa che realmente contava era quella sensazione carnale che continuava a pulsare dentro di me, a ricordarmi che in quel supermercato, tra quelle persone ignare, io ero l'unica a portare dentro di me il nostro segreto.
Ho fatto esattamente come volevi, amore mio. Ho esaudito il tuo desiderio, ma anche il mio. Sentire quella forza dentro di me, il potere di fare quello che mi hai chiesto di fare. Ora sono qui, con il tuo biglietto tra le mani, il sapore ancora sulle labbra, e l’orgoglio di aver portato a compimento il nostro gioco.
Ma non è tutto, amore mio. Ho rispettato ogni singola regola che mi hai imposto, seguendo le tue parole con precisione. Ma, mentre il desiderio mi attraversava, ho sentito il bisogno di aggiungere qualcosa di mio, un tocco personale che potesse farti sentire ancora più vicino a me. Dopo aver lasciato il supermercato, ho preso le mie mutandine, ancora intrise dei miei umori e del suo sperma, calde e umide come il ricordo di ciò che abbiamo fatto. Le ho sfilate con un gesto lento, quasi solenne, sentendo l'ultimo residuo di piacere scivolare sulle mie cosce.
Poi le ho sigillate in un sacchetto per alimenti, un gesto che mi ha fatto sorridere, immaginando il momento in cui lo troverai. Quel sacchetto sarà il mio regalo per te, un'offerta intima, un frammento di ciò che ho vissuto e condiviso con te. Potrai annusare l'odore denso e selvaggio dei miei umori, mischiati al seme di Monello86, ogni volta che il desiderio ti invaderà. Lo potrai toccare, leccare, mentre penserai alla tua coniglietta, e il piacere che abbiamo condiviso si ripeterà, come un eco silenzioso che ci tiene uniti anche a distanza.
Immaginarti, mentre stringi tra le mani quelle mutandine, mentre le porti alla bocca e ne assapori ogni dettaglio, mi fa sentire ancora più tua. È il mio dono, un sigillo della nostra complicità, qualcosa che non potrai dimenticare.
Ti amo, ti amo, ti amo ancora e ancora, sempre di più. Tua, Arianna.
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